giovedì 25 agosto 2011

Rivedere pensioni di chi non mai lavorato.


Calderoli,rivedere pensioni mai lavorato


'Ma non toccare invece le altre'. Quagliarello: 'Spiragli da ministro'


Le pensioni di chi ha lavorato non si toccano, ma ''bisogna andare ad interessarsi delle pensioni di chi non ha mai lavorato''. Lo afferma il ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli (Lega).
''Bisogna andare ad interessarsi - spiega Calderoli - delle pensioni di chi non ha mai lavorato, che forse e' davvero il caso di andare a rivedere. Per esempio, chi ha pensioni di reversibilita' eccessivamente alte, oggi percepisce degli accompagnamenti che attualmente vengono dati indistintamente a tutti senza dei limiti legati al reddito''. Quanto alla possibilita' di intervenire sulle altre pensioni nell'ambito della manovra Calderoli puntualizza: ''Il testo contenuto nella manovra e' stato oggetto di una lunga trattativa, e nasce da un accordo tra Berlusconi e Bossi. Non e' il testo di partenza: il decreto rappresenta il punto di approdo, e riteniamo che debba rimanere tale''

QUAGLIARIELLO, DA CALDEROLI SPIRAGLIO SU PENSIONI - Le parole pronunciate da Roberto Calderoli dal Meeting di Rimini sulle pensioni rappresentano ''una cauta apertura, uno spiraglio su cui lavoreremo''. E' il commento del vicepresidente dei senatori del Pdl, Gaetano Quagliariello, alle parole del ministro della Semplificazione. ''Sulle pensioni - aggiunge - dobbiamo ragionare anche insieme a quelle parti sociali che sono sempre state responsabili'' per ''conservare in tutti i modi il primato del minor conflitto sociale che abbiamo conseguito in questi anni di crisi''. Bisognera', quindi, ''andarci coi piedi di piombo''. Quagliariello assicura poi che ''prima o a ridosso della scadenza degli emendamenti'' ci sara' un momento di verifica con gli alleati leghisti. ''Con la Lega i contatti non sono mai venuti meno. Sicuramente ci sara' un momento di incontro'' almeno prima che si inizi a votare.

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/politica/2011/08/25/visualizza_new.html_732543803.html

Salemi, Sgarbi satirici con un tratto di penna.


''Ma quale mafia'' diventa ''qua e' la mafia'', con un invito ai cittadini a ribellarsi al sindaco che non l'ha presa bene e ha ''minacciato'' gli autori: ''uscite allo scoperto o vi denuncio''. I manifesti coperti con l'annuncio di una mostra di Cezanne.
di Giuseppe Lo Bianco

Non e’ facile rovesciare il senso di un’argomentazione di Vittorio Sgarbi, polemista urlante, principe dei paradossi e maestro della comunicazione. C’e’ riuscita a Salemi, proprio su quest’ultimo, difficile, terreno, una mano ignota, che con una buona dose di umorismo ha ribaltato il significato dei manifesti fatti affiggere dal sindaco-critico d’arte contro “le ricostruzioni false di alcuni investigatori” in relazione ai presunti “tentativi di condizionamento dell’attivita’ amministrativa” da parte dell’ex deputato della Dc Giuseppe Giammarinaro. Con due tocchi di pennarello e una buona conoscenza della sintassi la scritta originale “ma quale mafia! Cittadini, ribellatevi”, si e’ trasformata in “ma qua è mafia, cittadini, ribellatevi”, semplicemente cancellando la lettera “L” e aggiungendo l’accento sulla “E”. Ribellatevi a chi? Al primo cittadino, naturalmente, visto che e’ stata trasformata anche la firma in modo che si legge “Al Sindaco” invece che “Il Sindaco”.
La satira nei suoi confronti e’ un’arma del tutto nuova e Sgarbi non l’ha presa bene: “Non mi pare proprio uno scherzo – ha commentato, scagliandosi contro gli ignoti autori con il suo consueto furore -semmai una ulteriore diffamazione della citta’. Perché utilizzare uno spazio istituzionale del Comune di Salemi per dire che c’e’ la mafia, e’ un oltraggio al Comune, alle sue istituzioni, ai suo rappresentanti, ai cittadini umiliati dalla retorica dell’antimafia di carriera. C’e’ chi sparge letame dappertutto. La violenza di chi vede la mafia anche la’ dove non c’e', e dunque la inventa, e’ peggio della mafia. Diceva Sciascia che ‘un’idea morta produce piu’ fanatismo di un’idea viva; anzi soltanto quella morta ne produce. Poiche’ gli stupidi, come i corvi, sentono solo le cose morte’.
Come non deve averla presa bene davanti ai manifesti affissi da Sgarbi, l’ex capo della Mobile di Trapani,Giuseppe Linares, autore, nei suoi rapporti giudiziari, delle ‘’ricostruzioni false’’, secondo Sgarbi, dell’influenza mafiosa di Giammarinaro nell’amministrazione salemitana.
Dopo il pistolotto serioso, pero’, il sospetto di essere rimasto vittima di uno scherzo bruciante deve avere assalito il critico ravennate. Che ha aggiunto: ‘’Certo, se l’intenzione voleva essere una burla, mi auguro che l’autore, gli autori ed eventuali suggeritori degli esecutori materiali, lo dicano subito facendo pubblica ammenda, perche’ ho gia’ dato incarico di presentare una denuncia”.
Il manifesto intanto e’ stato coperto con un altro che pubblicizza l’esposizione al “Museo del Paesaggio”, per la prima volta in Sicilia, del capolavoro di Paul Cezanne, “Maison et bosquet”, in attesa che la tipografia ristampi quello voluto da Sgarbi.
Un maestro dell’impressionismo francese per coprire i rischi dello slogan piu’ famoso del ‘’maggio francese’’: ‘’una risata (almeno lui) lo seppellira’’’.

http://www.iquadernidelora.it/articolo.php?id=551

Lira > Euro … ovvero il cetriolo e l’ortolano. - Claudia Petrazzuolo


E dunque …!. Quando ci si siede ad una macchina da scrivere, una cara vecchia Olivetti o tastiera di pc che sia, si sa già di cosa ci si vuole occupare o, per lo meno, questo succede nella maggior parte dei casi. A chi come me, però, a cui piace anche imbrattare qualche tela di tanto in tanto, capita spesso di attendere che sia il foglio stesso a suggerire cosa scrivere e, come succede per i quadri a volte non si fa altro che evidenziare ciò che su quella tela o su quel foglio, magicamente era già presente. Su questo foglio elettronico per esempio c’erano, stamattina, dei nomi Dell’Utri,Tarantini, Fede, Mora, Minetti, Olgettine variamente appellate, ciascuno dei quali associato a cifre in ragione di centinaia di migliaia di euro ed in qualche caso a milioni di euro. Ora, ci siamo talmente abituati all’euro che l’importo delle cifre passa un po’ più sotto silenzio rispetto alla rilevanza dei nomi. Quando si sente parlare di centinaia di migliaia o di milioni, istintivamente ed inconsciamente i più ne fanno una considerazione ad liram, quando cioè con 100.000 lire si comprava un vestito o un paio di scarpe o quando la stessa cifra era il corrispettivo di una serata un po’ birichina; eravamo tanto abituati al poco valore della lira che la cifra sentita non ci fa tanto impressione. Oggi, però, quando, per puro buon cuore, si ringrazia qualcuna per una serata di chiacchiere, barzellette e canzoni con 5/7/10.000 euro in realtà si sta affermando che lo si fa con, più o meno, 10/14/20 milioni delle stesse vecchie lire. Risulta assai evidente che il nostro presidente del consiglio con i suoi (?) soldi può farci ciò che vuole, quindi non è questo il punto di cui voglio occuparmi, ciò su cui mi piacerebbe attrarre la vostro attenzione è sulla sperequazione assurda che c’è tra il valore delle cose espresso in euro rispetto allo stesso valore espresso in lire.
Dal primo gennaio 2002 l’euro ha sostituito la lira. Il 31 dicembre 2001 una pizza margherita costava mediamente 4.500 lire il giorno dopo essa costava 2,324 euro e tutto ciò ha funzionato più o meno automaticamente fino a quando l’esposizione dei prezzi presso ogni esercenza commerciale c’era l’obbligo del doppio prezzo. D’un tratto, poi, senza una data stabilita cuifare riferimento le cose sono lentamente cominciate a cambiare, è sparito il doppio prezzo ed il rapporto 0,50 euro uguale più o meno 1000 lire è diventato per la maggior parte delle cose in vendita 1 euro uguale 1000 lire e cioè una pizza ex abrupto costava 4,5 euro raddoppiando così il proprio costo. Altro esempio una cinquecento costava 7/8.000.000 milioni che si trasformavano in 7/8.000 euro e così via. Non così succedeva, però, con gli stipendi o le pensioni che magari aumentavano di una qualche percentuale senza però adeguarsi agli effettivi aumenti del costo della vita: i più vedevano ridotto del 50%, o quasi, il potere d’acquisto del proprio salario. Chi doveva controllare e provvedere ad un cambio paritario ed equo tra lira ed euro, per propria incapacità o per effettiva e complice malafede, non vi provvedeva ed ecco che giorno dopo giorno chi con uno stipendio di un milione e mezzo due milioni si riteneva un quasi fortunato si ritrovava ad essere con uno stipendio di 750/ 1000 euro un morto di fame. Alcuni esempi: “ I dati raccolti si riferiscono a una media fra grande e piccola distribuzione. Per la prima colazione si registra un aumento del prezzo dei cereali da 1,83 a 2 euro e quaranta. E poi: saponette (+25%) e bagno schiuma (+26,2%). Un euro per il biglietto dell'autobus che vi porta al lavoro (contro i 77 centesimi del 2001). Dopo una mattinata in ufficio, pranzo al volo. Un supplì ed una birra (trenta per cento in più). Cinque euro se preferite una pizza margherita che nel 2001 costava 3,36 euro. Un'ora libera? Ne approfittate per andare in posta. Per il vecchio bollettino di conto corrente da 77 centesimi ora vi chiedono un euro. E se invece potete lasciarvi andare al relax pagate il cinquanta per cento in più rispetto al 2001 per parrucchiere, sigarette e fumetti. Al vostro bambino serve un quadernone? Costa il 38,8 per cento in più. Idem per collant, gambaletti e deodorante. E' finalmente ora di cena. Tra il quaranta e il cinquanta per cento di rincari le uova, il riso, la candeggina e la farina. 52 centesimi in più sui limoni. E il sale è ancora più salato dopo l'aumento del 59 per cento. Persino l'olio di semi è passato da 1,39 euro a 1,90. Se invece preferite accontentarvi di un veloce tonno in scatola, costa 9 euro e 99 al chilo (contro i 7 euro e 9 centesimi). Vi accingete a lavare i piatti: spendete il +65,2% per il detersivo. Meno caro quello per la lavatrice, passato da 5 euro e 5 centesimi a 6 e 80. E per rispettare le sane e vecchie abitudini dopo un pasto rincarato, mettete in conto due euro e cinquanta per lo spazzolino da denti (+38,1%).
La giornata è stata stressante e avete mal di testa? Anche l'aspirina è aumentata del 25,4 per cento. E se avete un gatto, i rincari scattano anche per lui. Una scatoletta grande è aumentata negli ultimi cinque anni del 31,5%.” DOVETE riflettere sul fatto che questi sono dati riferiti solo al dicembre 2006. Per concludere, un ultimo spunto di riflessione in relazione a due punti cardini: la GENEROSITA’ del nostro presidente del consiglio e la GROSSA TORNITURA ANALE a cui ciascuno di noi è andato, va, ed andrà incontro con le precedenti, con la presente, e con le future MANOVRE ECONOMICHE .Avanti popolo chè dietro di te, C’è SEMPRE QUALCUNO CON L’OMBRELLO PUNTATO SUL TUO … .


Il fattorino Oh Yesss


di Marco Travaglio

Mentre tutti si domandano dov’è Gheddafi, azzardiamo un interrogativo ben più angosciante: dov’è Frattini Dry? Perché c’è una sola notizia più divertente di B. che chiede la resa di Gheddafi: Frattini che chiede la resa di Gheddafi.

Il guaio che, come il beduino, nemmeno il fattorino (come lo chiamano i diplomatici Usa nei cablo diffusi da WikiLeaks) si sa dove sia.

Ieri per tutta la giornata ha diffuso dichiarazioni e interviste telefoniche dal suo misterioso bunker. Finora, a ogni crisi internazionale che si rispettasse, era solito apparire tutto unto e allampadato da un atollo caraibico o da una baita in alta montagna, dispensando i suoi inutili pensierini da seconda elementare con aria compunta e sofferente, come se partorire quelle frasette da bacioperugina gli costasse sforzi titanici, da ernia al cervello.

Stavolta invece si appalesa soltanto in forma vocale.

La spiegazione più accreditata della rinuncia al video è che il noto ministro a sua insaputa non sappia che faccia fare. Un sorriso a 32 denti? Un’espressione corrucciata, fronte aggrottata e ditino interrogativo sul labbro inferiore? E come sistemare il ciuffo corvino sulla fronte inutilmente spaziosa? Pettinarlo alla riga? O indietro alla Mascagni? O a mo’ di banana, alla Macario?

Nel dubbio, non avendo ancora ricevuto disposizioni in proposito da Palazzo Grazioli, latita. Ma le sue dichiarazioni sono trionfanti, militaresche, marziali. Come se fosse lui il capo della rivolta: “La capitale è per l’85-90% in mano agli insorti”, “Il cerchio si stringe intorno al compound del dittatore”, “Nessuna mediazione, il tempo è ormai scaduto, Gheddafi si arrenda”, “Che sia processato dalla Corte dell’Aja”.

Che strano. Fra il 2008 e il 2010 B. incontrò l’amico Muammar 11 volte. E il fattorino sempre un passo dietro, estasiato e sorridente, anche se nessuno capiva cosa avesse da sorridere, nemmeno lui. Amazzoni, gheddafine prese a nolo a 80 euro l’una, insulti all’Occidente, cammelli, camping nel parco di Villa Pamphili, lectio magistralis alla Sapienza, caroselli dei poveri carabinieri con 30 cavalli berberi. E lui sempre appresso, a reggere la coda della palandrana, lievemente piegato e beatamente giulivo. Baciamano di B., altri sorrisoni. “Trattato di amicizia partenariato e cooperazione italo-libico”, e giù inchini. “Yesss, yesss, oh yesss”, come gli fa dire Max Paiella nell’immortale imitazione nel programma di Guzzanti, mentre i giornalisti di tutto il mondo gliene dicono di tutti i colori in lingue sconosciute (tipo il francese e l’inglese).

Poi iniziano le rivolte in Maghreb.

Cade l’algerino Ben Alì e Frattini Dry indica come modello Mubarak. Il rais egiziano non fa in tempo a toccarsi e deve subito dimettersi.

Allora Frattini Dry cambia modello: “Credo si debbano sostenere con forza i governi laici che tengon lontano il fondamentalismo. Faccio l’esempio di Gheddafi”. E lì si capisce che pure il colonnello rischia grosso. Infatti dopo un paio di giorni esplode la rivolta anche in Libia. Gheddafi fa bombardare i civili in rivolta. Ma B. non si scompone: “Non lo chiamo perché non voglio disturbarlo”. Non si interrompe un’emozione. Frattini Dry è sempre sulla palla: “L’Europa non deve interferire in Libia. Non siamo noi a dire chi deve restare e chi se ne deve andare”. Naturalmente l’Europa interferisce, e anche l’Italia. Ma niente paura, a inizio maggio la Volpe del Deserto vaticina: “Ci sono ipotesi realistiche che parlano di 3-4 settimane per la fine della missione militare. Ipotesi ottimistiche dicono invece pochi giorni”. Infatti è durata altri quattro mesi.

Ecco, forse è per questo che Frattini Dry non ha ancora messo fuori il capino dal bunker: attende la dichiarazione del medico legale. Si spera che l’amico Gheddafi, divenuto improvvisamente tiranno, venga eliminato su due piedi, le ceneri possibilmente disperse in mare. Come per Bin Laden.

Perché se – Dio non voglia – il beduino dovesse sopravvivere, subire un regolare processo e lì parlare, ci sarebbe da divertirsi.

Oh yesss.

http://ilgiornalieri.blogspot.com/2011/08/il-fattorino-oh-yesss.html


BRIGANTI,EMIGRANTI E POI TERRONI,GRAZIE NORD!



VIDEO DIVULGATIVO,DI VERITA' STORICHE TACIUTE DALLA STORIOGRAFIA UFFICIALE.
RISPOSTA ALLE RIPETUTE OFFESE DEI MINISTRI LEGHISTI,ALLE BUGIE RISORGIMENTALI E ALLE RECENTI AFFERMAZIONI DEL MINISTRO BRUNETTA.

VIDEO DI FRANCESCO DE CRESCENZO(NEOBORBONICO),GIUSEPPE QUARTUCCI(NEOBORBONICO) E ANTONIO MARIA LO FARO(VOCE NARRANTE).


Giusto 'spostare' anche la festa del Primo maggio? - di Alberto Asor Rosa





Un paese senza memoria storica è destinato al deperimento e alla decadenza. L'Italia non ne ha mai avuta molta: preferisce al ricordo l'oblio e la dimenticanza. Non s'era mai visto però, neanche da noi, che la memoria storica fosse abolita per decreto: e invece è quanto accaduto negli ultimi giorni. Un paese vive il suo essere comunità solidale anche mediante un sistema di simbologie nazionali, che servono a rammentare il suo incardinamento in questo o quel fatto particolarmente fondamentale del proprio passato.

La pausa domenicale, o il venerdì islamico, o il sabato ebraico, sono sanciti ab origine dai rispettivi libri sacri, e va bene. Ma l'essere in un certo modo di una determinata nazione viene fatto riemergere ogni anno dalle cosiddette "feste nazionali", tutte di ponderata scelta umana (necessariamente laica, dunque). In Italia, per l'appunto, con notevole sobrietà, soprattutto da tre ricorrenze specifiche: il 25 aprile, festa della liberazione dal giogo nazifascista; il 2 giugno, festa dell'instaurazione del nostro regime repubblicano; il 1 maggio, festa del lavoro.

Il decreto emanato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 12 agosto le abolisce, accorpandole alle domeniche più vicine. E', fra i tanti possibili contenuti in quel decreto, un provvedimento inaccettabile, che andrebbe combattuto fino in fondo.

C'è in questa scelta la manifestazione di un disprezzo profondo, inqualificabile, per la nostra storia nazionale, per la storia italiana. Ed è proprio la crisi, ahimè, che consente ai nostri governanti di espurgare le loro pulsioni più profonde, i loro obiettivi più inconfessabili. Ne risulta confermata una nostra persuasione di antica data: siamo governati da "non italiani". Dei leghisti, da questo punto di vista, non mette neanche conto di parlare. Ma altrettanto è lecito pensare di Silvio Berlusconi: un meteco senza patria, che avrebbe potuto nascere indifferentemente ai Caraibi o in Russia, perché tanto il patrimonio di ideali sarebbe stato in ogni caso lo stesso, ossia il culto della propria (spesso indecente) persona e soprattutto del proprio portafoglio.

Lo schiaffo a quel tanto di comune che le festività nazionali continuavano a rappresentare fra noi è tanto più forte, se si considera che, contestualmente, tutte le festività religiose, in quanto garantite dal Concordato, vengono preservate. Si verificherà dunque questo paradosso: che quanto è cattolico, cioè patrimonio, sebbene rispettabilissimo, di una parte (una parte, fra l'altro, sempre più piccola), verrà celebrato da tutti; mentre quel che è di tutti - perché "italiano" è una categoria che sovraintende e comprende tutte le altre (cattolici, atei, marxisti, protestanti, musulmani) - non verrà neanche più ricordato. E questo per giunta, assicurano gli esperti, senza nessun vantaggio, anzi con molti inconvenienti economici.

Si tratta, in sostanza, di uno sfregio puro e semplice. Ce n'è abbastanza per costruirci una grande battaglia ideale sopra.


mercoledì 24 agosto 2011

Il governo taglia i piccoli comuni ma non sa quanto risparmierà. - di Thomas Mackinson


E' scritto nero su bianco nella Relazione tecnica del Senato: “Effetto che allo stato attuale non si è in grado di quantificare”. Intanto, continua la fronda dei sindaci che dopo Torino si preparano a marciare su Roma e Milano.


Un giro di vite per migliaia di piccoli amministratori e nessuna certezza di risparmio. La manovra“lacrime e sangue” arrivata al Senato per passare al vaglio della commissione Bilancio. Il decreto così com’è solleva troppi dubbi, ma i tempi sono stretti perché il governo vuole arrivare in Aula il 5 settembre con una soluzione accettabile.

Forse in commissione potranno essere approfondite le zone d’ombra in cui l’esecutivo si è mosso finora con tanta libertà, sparando nel mucchio e senza sapere esattamente con quali effetti per le casse dello Stato. L’esempio più clamoroso arriva dai tagli dei piccoli comuni, una misura che la maggioranza ha venduto come segnale di contenimento dei costi della politica. E’ la sera del 13 agosto quando l’esecutivo mette la firma al decreto che taglia, cuce e accorpa 1936 comuni sotto i mille abitanti e stravolge la vita di 17.667 amministratori locali, 73mila dipendenti, un milione di cittadini.

L’operazione viene presentata dal premier Silvio Berlusconi come un toccasana per i conti pubblici. Una grande rivoluzione amministrativa per il Paese. Ma la verità è un’altra. Il governo non abolisce le province, non tocca i privilegi di deputati e senatori ma abolisce giunte e consigli degli enti locali più piccoli senza sapere neppure con quali benefici per le casse dello Stato. E lo scrive pure, nero su bianco. Basta sfogliare la Relazione tecnica al decreto 138, pagina settanta, articolo 16. In cinque righe, l’imbarazzante verità sui dubbi effetti del provvedimento che diventerà presto legge: “Tale previsione – si legge – determina un effetto finanziario positivo sui saldi di finanza pubblica che, allo stato attuale, non si è in grado di quantificare“.

I comuni cancellati per decreto hanno manifestato a Torino, venerdì marceranno su Roma e il 29 saranno a Milano.

In mancanza di dati certi da parte del governo, sono le stesse vittime della manovra a contare i danni e a fornire qualche cifra sugli effetti dell’articolo 16. L’Anpci, l’associazione dei piccoli comuni, ha diramato una relazione di sintesi in cui indica in 1936 i comuni aboliti (499 sotto i 500 abitanti e 1.126 da 500 a 999).

Gli amministratori “tagliati” sarebbero 17.667 e non 50mila come dichiarato da Silvio Berlusconinella conferenza stampa di presentazione della manovra. Individuate le poltrone che saltano la relazione fa di conto sui costi che si risparmierebbero. I compensi dei vicesindaci dei comuni più piccoli sono decisamente micro: 193 euro al mese che moltiplicati per 1963 poltrone e per 12 mensilità portano a un risparmio di 4.546.308. Stesso discorso per i 3.926 assessori che incassano 129 euro al mese e quindi in un anno costano 6.077.448 euro. Dieci milioni di euro e mezzo in tutto, meno del costo annuo di 27 parlamentari. Fra le altre cose, “il 50 per cento dei piccoli amministratori già rinuncia volontariamente alla propria magra indennità, quindi il risparmio reale ammonta massimo a 5.841.888 euro, meno del costo annuo di 13 deputati”, puntualizza il presidente dell’Associazione Franca Biglia, sindaco di Marsaglia (To) che sta guidando la fronda dei primi cittadini.

Critico anche il vice presidente dell’Anci, Mauro Guerra: “l’aspetto inaccettabile di questa manovra è che la creazione delle unioni municipali con i relativi tagli per i comuni sotto i 1.000 abitanti venga proposta come taglio alla casta e ai costi della politica. Si accomodassero su quelle poltrone! Un consigliere in un comune con meno di mille abitanti percepisce la bellezza di 17 euro lorde di gettone a seduta e mediamente in comune di queste dimensioni si fanno 3-4 consigli all’anno. Un assessore percepisce un’indennità pari a 65 euro lorde al mese, quando la prende perché spesso in questi comuni consiglieri e assessori neanche le ritirano, le lasciano per le attività del Comune”. Secondo l’amministratore, “confondere tutto ciò con la casta e i tagli alla politica è offensivo, ma anche ridicolo dal punto di vista della manovra. Mettendo tutto insieme si ricaveranno qualche milione di euro in tutta Italia: possono andare dai 2-3 milioni fino ai 4-5 al massimo perché non abbiamo il dato di quanti non percepiscono nemmeno l’indennità e la lasciano per l’asilo, per l’assistenza agli anziani piuttosto che per tenere in piedi le casse del comune stesso quando è necessario”.

I grandi assenti da questo ragionamento sono appunto i dati. Che non sono in possesso di coloro i quali verranno sacrificati sull’altare dei costi della politica. E neppure il governo che ha varato il provvedimento a occhi chiusi falcidiando i piccoli amministratori locali senza potare la gramigna parlamentare. Un taglio alla cieca al ramo probabilmente sano della politica.