venerdì 2 settembre 2011

«Sabina e Lele, tutti sistemati Adesso Silvio parli con me». di Fiorenza Sarzanini.


Sabina Began Tarantini: «Lui sa che prendo i soldi da Eni e Finmeccanica, a me ne servono 5 per domani»

NAPOLI -- «Sabina è sistemata tutta la vita, se vedi la sua casa dici non è possibile perché sembra la casa di Onassis... Lele Mora ha avuto 4 milioni di euro e Emilio Fede se n'è intascati 800... Ed io non ho mai chiesto un c...! Io sono sempre andato, attraverso te, con i piedi di piombo... Ora mi fai andà a parlà con lui, perché io sono sicuro che io e lui, davanti, da soli, a me lui non mi dà 500, perché lui mi conosce, sa che Gianpaolo Tarantini prende i soldi dall'Eni, prende i soldi da Finmeccanica... lui lo sa che io li prendo, a me ne servono 5 domani? Lui lo sa che io ne prendo 20, perché lui lo sa come so capace io a prenderli i soldi, io li ridò tutti e 5». È il 17 luglio scorso. Gianpaolo Tarantini ha appena scoperto che Valter Lavitola ha preso da Berlusconi 500 mila euro destinati a lui, ma gliene ha consegnati soltanto 100 mila. Lo chiama e al telefono la sua rabbia esplode. Lavitola è in Sudamerica, Tarantini insiste perché gli faccia incontrare il premier. La Sabina di cui parla dovrebbe essere la Began, soprannominata l' Ape regina proprio per essere stata una delle «favorite» del presidente del Consiglio. Fu proprio lei - più volte indicata come una delle «reclutatrici» per le feste a palazzo Grazioli e a Villa Certosa - a far incontrare l'imprenditore barese con Berlusconi. E Tarantini la prende ad esempio per quello che anche lui vuole ottenere. Una strategia che condivide con sua moglie Nicla, visto che la donna - indicata nell'ordinanza come amante di Lavitola - racconta nelle conversazioni intercettate di essere già stata nella residenza romana di Berlusconi per avere soldi e chiede di poterci tornare. Un piano andato a buon fine visto che - come rivela Tarantini nel memoriale che sarà consegnato oggi ai magistrati di Napoli dal suo nuovo legale Alessandro Diddi - con Berlusconi ci sono stati due incontri oltre a quello con la moglie: uno a marzo, l'altro agli inizi di agosto proprio per ottenere l'intera cifra.

«Lele Mora gli fa schifo»
Nella telefonata del 17 luglio Tarantini rivendica di voler trattare direttamente con Berlusconi, ma Lavitola cerca di convincerlo a non fare mosse azzardate, sottolineando come un incontro ci sia già stato.
Lavitola: Gianpà scusa, ma noi ci siamo andati e quello là ti ha fatto così.
Tarantini: E tu gli hai detto 500, perché se parlavo io gli chiedevo 3 milioni e quello diceva "si". Ti assicuro.
Lavitola: Gianpà se tu gli chiedi 3 milioni, quello ci cacciava fuori a tutti e tre
Tarantini: Ma che cosa dici? Ma tu non... con chi stai parlando, ma tu lo conosci a quello?
Lavitola: no, io non lo conosco, per fortuna che lo conosci tu
Tarantini: e allora agli altri sì e a me no? Io so' il coglione de tutta la storia?
Lavitola:
ma no, Gianpà io non ci credo agli altri, di tutte queste...
Tarantini: come non ci credo... stanno negli atti i bonifici a Lele Mora
Lavitola: ma lascia perdere, ma tu lo sai qual è il rapporto di Lele Mora con lui o non lo sai?
Tarantini: quale, che gli faceva schifo, te lo dico io che vivevo là dentro, io dormivo a casa sua... gli faceva schifo, gli faceva vomitare
Lavitola: vabbè Gianpà, lascia stà, allora c'hai ragione tu.
Tarantini: allora la casa di Sabina è una finta. Cioè, la casa di Sabina, dove vive ora, è finta.
Lavitola: ma non lo so, io la casa di Sabina non lo so, comunque io ti dico che per quella che è la mia esperienza, tu vai là e gli vai a chiedere tre milioni, quello ti caccia fuori a pedate.
Tarantini: ma io non glieli chiedo. Io a lui gli voglio dire una cosa, mi voglio mettere di fronte e gli voglio dire: «Presidè io non c'ho una lira, sono disperato, sto facendo sta c... di operazione, non ci sta, nel frattempo, per favore, mi vuoi mantenere come Cristo comanda, senza avere rotture di c..... di nessun genere?» Mi deve dire: «No»? Io non ci credo
Lavitola: Gianpà, quello che cosa ti deve dire? Ti deve dire: «lo sto facendo», com'è vero che lo sta facendo
Tarantini: oh! Ma io non voglio avere rotture di c...
Tarantini si mostra preoccupato di avere subito i 500 mila euro. Lavitola gli assicura di averli messi «su un conto chiuso in Uruguay». Tarantini lo invita a non sottovalutarlo: «Ricordati che io a vent'anni andavo in barca con D'Alema e a trenta dormivo da Berlusconi»

Emilio Fede
Emilio Fede
Tre incontri dal premier
Nel memoriale Tarantini racconta di aver conosciuto Lavitola «perché i nostri figli vanno a scuola insieme» e di avergli manifestato le sue difficoltà economiche. Ammette di aver ottenuto i 20 mila euro al mese e poi dice di aver chiesto di vedere Berlusconi anche se cerca di negare ogni intento ricattatorio. Poi racconta nel dettaglio i tre incontri: «Il primo fu organizzato nel novembre 2010 a palazzo Grazioli e partecipò soltanto mia moglie; Berlusconi si mostrò dispiaciuto per il clamore mediatico subito dalla mia famiglia. Inizialmente il ruolo di Lavitola mi sembrò genuino, poi assai meno sincero. L'impossibilità di parlare direttamente con il Presidente, per molteplici e intuitive ragioni, mi ha costretto a usarlo come tramite. A marzo 2011, dopo molte insistenze, ci accompagnò ad Arcore. Io ero emozionatissimo e lo ringraziai per gli aiuti che ci faceva pervenire». Il terzo incontro avviene a palazzo Grazioli, Tarantini ha saputo pochi giorni prima che Lavitola si è tenuto 400 mila euro: «Chiesi personalmente scusa al Presidente per aver dubitato della sua generosità. Mi confermò di aver dato già da tempo la somma a Lavitola, dando immediatamente incarico di consegnarla a mia moglie che poteva iniziare un'attività lavorativa».

I pm di Bari e la D'Addario
Nella conversazione del 17 luglio Tarantini si mostra informato su quanto accade a Bari per l'inchiesta in cui è indagato per favoreggiamento della prostituzione per aver portato trenta ragazze a pagamento alle feste di Berlusconi nel 2009. Il giorno precedente sul quotidiano Libero è stata pubblicata un'intervista a Patrizia D'Addario che dice di essere stata «usata» per danneggiare Berlusconi.
Tarantini: è stato fatto per non chiudere le indagini, per non mandare l'avviso di conclusione, così non escono intercettazioni.
Lavitola: che c'entra questo?
Tarantini: perché così riapre il caso, riapre l'indagine.
Lavitola: il pm?
Tarantini: e certo!
Lavitola: embè, è che vantaggio ha il pm a riaprire le indagini, scusa.
Tarantini: no, il vantaggio ce l'abbiamo noi. L'ha fatto apposta Laudati (il procuratore di Bari ndr ) questo, perché, si sono messi d'accordo: nel momento in cui riaprono l'indagine e non mandano l'avviso di conclusione, non escono ... non diventano pubbliche le intercettazioni.
Lavitola: ah, dici tu.
Tarantini: sì e pure Nicola l'ha detto, pure Perroni l'ha detto oggi.

Le ragazze e i soldi
Il Nicola di cui parla Tarantini è l'avvocato Nicola Quaranta che lo difende insieme al collega Giorgio Perroni. Di loro Tarantini parla in altre due conversazioni agli inizi del luglio scorso proprio con riferimento ai rapporti con «il Procuratore».
Tarantini: ho parlato ora con Nicola, di Bari, l'avvocato che ha parlato l'altro giorno... ti dissi che andava a parlare al Capo... là c'è un problema grosso... per telefono come faccio a dirti ste c... di cose... hanno fatto un putiferio... hanno trascritto tutto, cosa che non dovevano fare...
Lavitola: ah...
Tarantini: le mie e le sue e quello lui, il Capo stava cacato nelle mutande, ha detto ti prego, aiutatemi... allora siccome questo dice che non se la può più tenere questa cosa finale, la deve per forza mandare... e se và... dice che non è quello che è uscito il mese scorso, due... sei mesi fà, dice che sono terrificanti... gli ha spiegato anche tutto gliele ha letto, si è molto aperto, gli ha detto tutto... tu mi devi fare un piacere, perché tra l'altro lui gli ha detto a Nicola che lui non poteva farlo, o meglio non sapeva come farlo, di avvisare l'avvocato di Milano, di Roma, quello mio...
Lavitola rifiuta e in una successiva conversazione Tarantini, riferendosi al procuratore aggiunge: «Lui ha detto a Nicola che il suo ruolo è fallito perché lui era convinto di archiviarla». E poi spiega perché sono preoccupati per le intercettazioni di Bari che si riferiscono a Berlusconi: «Ci sono telefonate tra me e le ragazze in cui loro mi dicono che lui il giorno prima gli ha dato i soldi».


L’obiettivo della destra? Annientare la Cgil. - di Piero Sansonetti


Annientare la Cgil sta diventando il principale obiettivo della destra. Dove per destra non si intende semplicemente Silvio Berlusconi o il Pdl, ma una galassia molto più complessa che comprende parte del berlusconismo (ma non tutto), l’intero gruppo delle “Quattro Emme” Montezemolo-Marchionne-Monti-Marcegaglia, gran parte dell’area De Benedetti (ma non tutta), e ancora buona parte del terzo polo (in particolare i gruppi che si raccolgono attorno a Casini) e un pezzo non indifferente del Pd (i miglioristi, una pattuglia consistente dei quarantenni, i veltroniani, la corrente di Letta e settori consistenti della ex Dc). A questo schieramento composito e assai vasto si unisce – con ruolo anche dirigente – quasi tutta la grande stampa. E si aggiungono – seppure in forme e con ruoli particolari e non facilissimi da capire – la Uil e anche la Cisl.

Chi resta a difesa del vecchio sindacato di Di Vittorio, Trentin e Cofferati? Sel di Vendola, l’Italia dei Valori di Di Pietro e – al momento: e questa in parte è una sorpresa – il pezzo di Pd che si riconosce nel segretario Bersani compresa una buona fetta di dalemiani.

La partita è una grandissima partita. L’esito avrà un peso determinante nel disegnare i rapporti politici ed economici della società italiana nei prossimi dieci o vent’anni. I giornali tendono a tenere un po’ in secondo piano questo scontro, perché i giornali preferiscono – da sempre – anche per loro limiti intellettuali (non tutto è disegno, manovra, perfido complotto…) occuparsi di questione morale, di gossip, di scontri personalistici nel ceto dirigente: ma la vera battaglia che è aperta oggi in Italia è questa. E il grande interrogativo è tutto nella domanda: ne uscirà viva e libera la Cgil, o sarà uccisa dai suoi nemici, oppure presa prigioniera e messa in condizione di non nuocere?

Le prove generali furono fatte lo scorso anno, sempre in estate, ai tempi dell’attacco di Marchionne a Pomigliano. Fu una specie di “prova in palestra”, con un bersaglio – e cioè la Fiom – più limitato e più facilmente contrastabile. Non ci fu una vittoria piena, ma la Fiom uscì ammaccata e la Cgil si fece mettere fuori gioco.

Ora l’attacco è al bersaglio grosso: direttamente alla Cgil cioè al più grande sindacato europeo. L’occasione è stata la manovra economica. Il governo, per compiacere gli industriali – che però non lo hanno ricambiato con molta gentilezza – ha introdotto nella manovra la demolizione all’articolo 18 dello statuto dei lavoratori (quello che vieta i licenziamenti immotivati). Probabilmente questa misura non ha nessuna ragione economica forte, ma una fortissima ragione simbolica: cancellare, di fatto, l’articolo 18, vuol dire chiudere la lunga stagione sindacale iniziata alla fine degli anni ’60 e che aveva avuto la sua prima e più clamorosa sanzione, ai tempi del ministro Brodolini, proprio nell’approvazione dello Statuto dei lavoratori. Lo Statuto era quell’atto legislativo che di fatto poneva i diritti essenziali dei lavoratori alla base delle relazioni industriali. E rendeva il profitto una variabile dell’attività imprenditoriale. Chiudere con quella stagione vuol dire rovesciare lo stato delle cose: tornare a porre il profitto come pilastro dell’attività economica e i diritti dei lavoratori – ed eventualmente i loro salari – come una variabile dipendente del profitto.

L’idea che ha in mente la destra dunque è chiarissima: entrare in una fase della modernizzazione post-socialdemocratica, liberandosi dai meccanismi della contrattazione sindacale che hanno caratterizzato i sessant’anni precedenti. La destra ritiene che il superamento del compromesso socialdemocratico debba prevedere, appunto, la fine dell’epoca dei diritti. Le relazioni tra dipendenti e imprenditori non dovranno più essere regolate dal conflitto, dai rapporti di forza e da una griglia intoccabile di diritti assoluti, ma dovranno, sempre, dipendere, dall’interesse generale, cioè dalla necessità del profitto di riprodursi e di aumentare, perché solo in questo modo è possibile produrre sviluppo crescente e dunque far crescere la società e dare impulso alla modernità.

L’idea che hanno in mente la Cisl e la Uil (in particolare la Cisl, che su questo terreno ha una vecchia e gloriosa tradizione di pensiero e di elaborazione politica) è che questa linea della destra vada non fronteggiata facendo muro, ma, in qualche modo, utilizzata e modificata. Come? Puntando alla “cogestione”. Cioè a una condizione di relazioni industriali nella quale la rinuncia ai diritti e l’accettazione dell’interesse universale del profitto sia controbilanciato da una partecipazione dei dipendenti agli utili. È un vecchio pallino della Cisl: io lavoratore sono disposto a rinunciare a qualcosa, ma perché il tuo interesse di imprenditore assuma il ruolo di interesse generale, tu devi accettare che io sia compartecipe di questo interesse. Quindi i diritti vengono sacrificati sull’altare di una partecipazione al profitto.

Il problema è: quale idea ha in mente la Cgil e quella parte di sinistra che ancora resiste a fianco del vecchio sindacato? Se l’unica moneta da spendere è la difesa ad oltranza del passato, non è una gran moneta, e la Cgil allora è destinata ad essere sconfitta.

Proviamo a riassumere con una immagine la battaglia che si è aperta. La destra vuole riportare il funzionamento dell’economia e della produzione all’800. Cioè cancellare il ’900 delle lotte sindacali, degli ideali socialisti e dell’affermazione dei diritti. È possibile contrastare questa spinta reazionaria con una forza d’urto conservatrice che si attesta sulla dichiarazione di principio: “Non ci muoviamo dal Novecento”?

Probabilmente no. La pura conservazione è sempre destinata alla sconfitta di fronte a una ondata reazionaria forte, sostenuta da settori importanti di opinione pubblica e che ha fatto breccia in pezzi consistenti dello schieramento politico di sinistra Per opporsi alla destra occorre una idea di modernizzazione del lavoro che oggi la sinistra non sembra avere.

Cosa vuol dire modernizzazione? Probabilmente c’è una sola strada per opporsi all’“ottocentismo” di Montezemolo e soci: decidersi a scindere il diritto al reddito dal diritto al lavoro. Non considerarli più la stessa cosa. E quindi ricomporre l’unita del mondo del lavoro, che oggi è irrimediabilmente compromessa dalla divisione tra lavoratori a tempo indeterminato e lavoratori precari. Distinguere il diritto al reddito dal diritto al lavoro vuol dire chiamare la politica – e in particolare la sinistra, ma no son solo – a entrare a pieno titolo nella discussione tra imprese e lavoratori. Perché solo la politica può impegnarsi ad affermare il diritto al reddito per tutti, lasciando così lo spazio per una battaglia sul lavoro che possa svolgersi in termini del tutto nuovi e con tutt’altra forza e tutt’altra libertà. Per farlo bisogna che il sindacato rinunci a qualche certezza, a qualche “casamatta” del passato. Proprio così: capisca che se non esce dal Novecento, se non si spinge nel nuovo secolo, i padroni lo trascineranno indietro di cent’anni.

http://www.glialtrionline.it/home/2011/09/01/lobiettivo-della-destra-annientare-la-cgil/


giovedì 1 settembre 2011

Scoperta dalla Polizia di Stato di Caserta discarica abusiva nel centro di Casal di Principe.


Scoperta dalla Polizia di Stato di Caserta discarica abusiva nel centro di Casal di Principe.

Nella mattinata, la Squadra Mobile di Caserta, coadiuvata da personale del Posto Fisso Operativo di Casapesenna (CE), nell’ambito di indagini coordinate dalla Procura Antimafia di Napoli, ha proceduto al sequestro di un terreno di 8.000 mq ca., ubicato nell’area urbana di Casal di Principe (CE), in Via Circumvallazione, ove, secondo le indagini, nel corso degli anni 90’, sarebbero stati sversati ingenti quantitativi di rifiuti tossici e speciali. Il terreno, cinto da un alto muro in mattoni di tufo, è di proprietà dell’Istituto Diocesiano Sostentamento del Clero della Curia di Aversa, e, negli anni 80’, era stato fittato ad un uomo, deceduto, padre di un noto esponente del clan dei Casalesi, attualmente detenuto, genero di SCHIAVONE Carmine, cugino di Francesco “Sandokan”, primo e storico collaboratore di giustizia della camorra casalese. A seguito dei primi scavi e delle verifiche preliminari, sotto uno strato di terriccio e pietrisco dello spessore di circa un metro, è stato rinvenuto del materiale sabbioso maleodorante sulla cui natura saranno effettuate analisi da parte dell’Agenzia Regionale di Protezione Ambientale di Caserta.


Un’iniezione di virus per uccidere i tumori.


Per la prima volta al mondo ricercatori canadesi hanno dimostrato che alcuni virus «oncolitici» aggrediscono le cellule malate ma non quelle sane.

MILANO - I virus sono capaci di uccidere i tumori. Una ricerca, appena pubblicata su Nature, dimostra, per la prima volta al mondo, che un’iniezione di virus cosiddetti “oncolitici” provoca la distruzione delle cellule tumorali, senza “infettare” i tessuti sani. L’idea di sfruttare i virus per combattere il cancro non è nuova. Anni fa si era pensato di utilizzarli per stimolare il sistema immunitario ad aggredire le cellule cancerose. Poi i progressi della genetica hanno aperto una nuova prospettiva: modificare i virus in modo da spedirli direttamente sul tumore. È il caso dell'OncoVex, (un preparato costituito da virus dell'Herpes labiale) che ha dimostrato una certa efficacia nel melanoma, quando è iniettato all’interno della massa neoplastica.

POCHI EFFETTI COLLATERALI - I ricercatori dell’Università di Ottawa, autori del lavoro di Nature, invece, hanno pensato di somministrare i virus per via endovenosa, con l’obiettivo di raggiungere tumori diffusi in diversi organi. Lo studio ha coinvolto 23 pazienti, tutti con forme di cancro avanzato e diffuso, insensibili alle terapie standard. Ai pazienti è stata somministrata una singola infusione endovenosa di virus, chiamati JX-594, a cinque differenti dosi. L’obiettivo, in questo studio, era quello di verificare la sicurezza della cura, ma parallelamente sono stati valutati anche gli effetti terapeutici. I ricercatori hanno osservato che i virus si replicavano nei tessuti tumorali, ma non in quelli sani, e nei pazienti, che hanno ricevuto le dosi più alte, hanno visto anche una riduzione o una stabilizzazione della massa tumorale. La terapia era ben tollerata e gli effetti collaterali limitati a sintomi simili a quelli dell’influenza, che duravano meno di un giorno.

CONTRO IL VAIOLO - «È la prima volta nella storia medica – ha commentato John Bell dell’Ottawa Hospital Research Institute – che i virus, somministrati per endovena, si replicano in maniera consistente e selettiva nei tessuti neoplastici. Non solo, ma i tumori, infettati dai virus, esprimono anche geni estranei, veicolati da questi ultimi, che possono rappresentare un bersaglio di nuove terapie». Il virus JX-594 è derivato da un ceppo di virus del vaccino, quello utilizzato per la vaccinazione antivaiolosa, ha una naturale capacità di replicarsi nelle cellule tumorali e può essere manipolato geneticamente in modo da aumentare le sue proprietà anti-cancro. «I virus oncolitici sono unici – ha aggiunto Bell – perché possono aggredire il tumore in molti modi, hanno pochi effetti collaterali, a confronto con altri trattamenti, e possono essere “personalizzati” e adattati a diversi tipi di cancro».

Adriana Bazzi
abazzi@corriere.it

http://www.corriere.it/salute/sportello_cancro/11_settembre_01/virus-contro-cancro_876cee66-d4a5-11e0-b70d-4333dfe15096.shtml

Manovra, in carcere con oltre 3 milioni evasi.



On line le dichiarazioni dei redditi. Tremonti: 'Saldi invariati'. Salta contributo per privati.


Manovra: in carcere subito chi evade oltre i tre milioni. E i Comuni metteranno on line le dichiarazioni dei redditi. Gli emendamenti del governo: nelle dichiarazioni si dovrà indicare con quali banche si hanno rapporti. Salta il contributo di solidarietà del 5% per i redditi sopra i 90.000 euro e del 10% per i redditi oltre i 150.000. L'ira di Regioni e comuni per i tagli e l'appello di Alemanno 'a tutti': testi inaccettabili. Bersani: basta ricette improbabili.

ERRANI, FORTEMENTE NEGATIVO INCONTRO GOVERNO
- "Il giudizio che diamo all'incontro con il Governo è fortemente negativo, non abbiamo avuto alcuna risposta". Lo ha detto il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, durante una conferenza stampa a Palazzo Chigi dopo un incontro tra Regioni, Anci, Upi e il Governo sulla manovra. "Chiediamo - ha aggiunto - al governo di dire ai cittadini cosa si taglia, non vogliamo essere noi i responsabili sui tagli ai cittadini".

CON OLTRE 3 MLN EVASI SUBITO IN CARCERE - Per i reati fiscali "qualora l'imposta evasa o non versata sia superiore a 3 milioni di euro non trova applicazione l'istituto della sospensione condizionale della pena" prevista dal codice penale. E' quanto prevede l'emendamento firmato dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti e dal relatore Antonio Azzollini depositato in Senato.

COMUNI POTRANNO PUBBLICARE DATI DICHIARAZIONI - I Comuni potranno pubblicare sui loro siti i "dati relativi alle dichiarazioni" dei redditi. Lo prevede un emendamento alla manovra del ministro dell'Economia Giulio Tremonti e del relatore Antonio Azzollini."Con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell'Economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, sono stabiliti - si legge nell'emendamento Tremonti-Azzollini - criteri e modalità per la pubblicazione, sul sito del Comune, dei dati relativi alle dichiarazioni, anche con riferimento a determinate categorie di contribuenti ovvero di reddito".

SALTA CONTRIBUTO PRIVATI, RESTA PA E PENSIONI - Salta il contributo di solidarietà del 5% per i redditi sopra i 90.000 euro e del 10% per i redditi oltre i 150.000. Restano in vigore le norme precedenti alla manovra di agosto che prevedevano una misura analoga (tetto agli stipendi e non prelievo Irpef) per i dipendenti del pubblico impiego e per i pensionati. Lo prevede un emendamento alla manovra del ministro dell'Economia Giulio Tremonti e del relatore Antonio Azzollini.

'CONTRIBUTO DI SOLIDARIETA'?NO DALL'EVASIONE' - "Invece che un contributo di solidarietà avremo un contributo dall'evasione". Lo afferma il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, al termine della riunione della commissione Bilancio del Senato parlando delle novità presentate dal governo.

TREMONTI: 'IN DICHIARAZIONI RAPPORTI CON BANCHE' - L'emendamento fiscale presentato dal Governo e dal relatore alla Manovra prevede "l'indicazione nelle dichiarazioni dei redditi delle banche con cui si hanno rapporti". Lo ha detto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti parlando in Senato e aggiungendo che "é una norma che c'é nel resto d'Europa".

'LOTTA EVASIONE COPRE CONTRIBUTO SOLIDARIETA'' - Le risorse che arriveranno dalle nuove misure di lotta all'evasione sono "pari a quanto avremo preso dal contributo di solidarietà". Lo ha detto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti parlando in Senato.

'SALDI ASSOLUTAMENTE INVARIATI' - "I saldi resteranno assolutamente invariati". Lo afferma il ministro dell'Economia Giulio Tremonti riferendosi alla manovra, al termine della riunione della commissione Bilancio del Senato.

'CON BANCHE SI FARANNO LISTE CONTRIBUENTI A RISCHIO' - Nelle dichiarazioni dei redditi entreranno i nomi delle banche con le quali si hanno rapporti finanziari e "l'Agenzia delle Entrate può procedere, sulla base di questi dati, sentite le Associazioni di categoria degli operatori finanziari per le tipologie di informazioni da acquisire, alla elaborazione di specifiche liste selettive di contribuenti da sottoporre a controllo". Lo prevede l'emendamento fiscale alla manovra presentato in Senato dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti e dal relatore Antonio Azzollini.

'AGENZIA ENTRATE FORNIRA' DATI A COMUNI' - "I consigli tributari presso i Comuni riceveranno i dati dalle agenzie delle entrate e avranno una funzione di controllo. In Italia ci sono otto mila Comuni e molte auto di lusso rispetto a quanto si dichiara nelle dichiarazioni dei redditi". Lo afferma il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, al termine della commissione Bilancio del Senato, dove ha illustrato gli emendamenti presentati dal governo.

'DEFINITO DL CON EFFICACIA E RESPONSABILITA'' - "Oggi il Senato ha definito i contenuti del dl manovra, con grande efficacia e responsabilità. Il testo sarà approvato con due sole differenze rispetto a quello iniziale". Lo afferma il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, al termine della presentazione in commissione Bilancio del Senato degli emendamenti alla manovra economica e facendo riferimento alle novità introdotte, e cioé il gettito della 'Robin Hood tax', destinato interamente ai governi locali, e al posto del contributo di solidarietà il reperimento dei fondi con la lotta all'evasione fiscale.

'TAGLI A MINISTERI RESTERANNO INVARIATI' - "Il gettito della Robin Tax finirà tutto ai governi locali, mentre i tagli ai ministeri resteranno invariati". Lo afferma il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, al termine della riunione della commissione Bilancio del Senato.

100% ROBIN TAX ENTI LOCALI, NIENTE A MINISTERI - I maggiori proventi che arriveranno dalla Robin Hood Tax andranno a ridurre i tagli solo agli enti locali e non ai ministeri. Lo prevede un emendamento alla manovra a firma del ministro dell'Economia Giulio Tremonti e del relatore Antonio Azzollini. Nella norma originaria era previsto un alleggerimento dei tagli al 50% per gli enti locali e al 50% per i dicasteri

BERSANI,GOVERNO FA FACCIA TRUCE,MA NASCONDE CONDONO - "Vedo il governo adesso fare la faccia truce con gli evasori, ma so già che dietro questa faccia truce si inventano un altro condono". Così il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, a chi lo interpella sulla manovra del governo. Bersani avverte: "Noi ci mettiamo di traverso. Condoni basta. Adesso le tasse si comincia a pagarle se no questo Paese non si mette sul cammino giusto".

ALEMANNO, APPELLO COMUNI 'VA RIVISTA' - "Così come lunedì hanno manifestato insieme i sindaci di centrodestra e centrosinistra, adesso il nostro appello a rivedere la manovra dando respiro agli enti locali, è rivolto veramente a tutti". Lo ha detto il sindaco di Roma Gianni Alemanno al termine dell'incontro tra la delegazione dell'Anci e il segretario del Pd Pier Luigi Bersani sul tema della Manovra. "Il sistema dei comuni - ha detto Alemanno che in quanto presidente del Consiglio dell'Anci ha guidato la delegazione dei comuni - si rivolge a tutti i gruppi parlamentari, di maggioranza e di opposizione: dobbiamo trovare una soluzione perché ne va del destino degli italiani e di loro diritti". E se le richieste non venissero accolte? "Adesso dobbiamo batterci - ha detto - perché le richieste vengano accolte: ora andiamo a Palazzo Chigi, presenteremo tutta la nostra preoccupazione e le nostre richieste di modifiche". Da parte di Alemanno, infine, un commento sulla sede del Pd che visitava per la prima volta: "é una bellissima sede, molto prestigiosa".

DA BARCA AD AUTO, USO BENI IMPRESA NEL REDDITOMETRO - Arrivano norme più stringenti per i casi di "concessione in godimento di beni dell'impresa a soci e familiari". In particolare "l'Agenzia delle Entrate procede a controllare sistematicamente la posizione delle persone fisiche che hanno utilizzato i beni concessi in godimento ai fini della ricostruzione sintetica del reddito". Lo prevede l'emendamento fiscale firmato dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti e dal relatore Antonio Azzollini alla manovra.

RELATORE AZZOLLINI,ORA FASE TECNICA, MA RISPETTEREMO TEMPI - "Il relatore ed il governo hanno depositato gli emendamenti, la fase di presentazione può dirsi conclusa e si passa a quella tecnica. Andremo avanti sereni nell'assoluto rispetto dei tempi stabiliti". Lo afferma Antonio Azzollini, presidente della commissione Bilancio del Senato al termine della riunione con il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Parlando dei saldi del provvedimento Azzollini aggiunge: "Con il riordino degli uffici giudiziari possiamo dire che la manovra si avvia a saldi migliorati".

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/politica/2011/08/11/visualizza_new.html_732511190.html

Berlusconi parla con Lavitola: “Vado per i cazzi miei. Vado via da questo paese di merda”



Si parlano l’uno su un cellulare panamense, l’altro con una scheda wind intestata a tale Ceron Caceres, cittadino peruviano. L’uno e l’altro sono Valter Lavitola e Silvio Berlusconi. Entrambe le schede sono un’idea del direttore dell’Avanti, che poche settimane prima ha consegnato a Palazzo Grazioli le sim card e i telefoni che poi il premier userà con lui. “Tra qualche mese me ne vado …vado via da questo paese di merda…di cui…sono nauseato…punto e basta…”. Comincia così lo sfogo del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in una conversazione intercettata la sera del 13 luglio scorso.

Secondo il gip di Napoli – che ha disposto l’arresto dello stesso Lavitola, di Giampaolo Tarantinie della moglie per estorsione a Berlusconi – la conversazione in questione è “rilevante” in quanto attesta la “speciale vicinanza” tra il premier e Lavitola e la “natura dei rapporti” tra i due, “rivelandosi Lavitola impegnato sostanzialmente quale attivo e riservato ‘informatore’ su vicende giudiziarie che, benché riguardanti terzi, appaiono di specifico e rilevante interesse dello stesso Berlusconi”.

Viene quindi riportato il contenuto della conversazione nella quale, scrive il gip, “al di là del merito delle considerazioni che provengono dal Lavitola, è soprattutto di procedimenti giudiziari che egli discorre, riferendosi in particolare a quello condotto qui a Napoli sulla cosiddetta ‘P4′ nonché ad altri potenziali procedimenti riguardanti fatti accaduti a Bari e di cui il Lavitola sembra avere notizie”.

E’ Berlusconi a contattare Lavitola sull’utenza panamense di quest’ultimo alle ore 23 e 14 del 13 luglio facendosi introdurre da un tale Alfredo. La telefonata dura più di 13 minuti, durante i quali si parla di vari argomenti, in particolare di vicende giudiziarie..

”Anche di questo – sostiene un Berlusconi che sembra essere molto consapevole che la telefonata sia intercettata – non me ne può importare di meno… perché io …sono così trasparente..così pulito nelle mie cose..che non c’è nulla che mi possa dare fastidio..capito?..io sono uno..che non fa niente che possa essere assunto come notizia di reato…quindi..io sono assolutamente tranquillo…a me possono dire che scopo..è l’unica cosa che possono dire di me…è chiaro?..quindi io..mi mettono le spie dove vogliono..mi controllano le telefonate..non me ne fotte niente…io..tra qualche mese me ne vado per i cazzi miei…da un’altra parte e quindi…vado via da questo paese di merda…di cui…sono nauseato…punto e basta…”.


Milanese diceva: “Guardate pure le cassette di sicurezza”. Ma per i pm prima le svuotava.


Un'informativa della Digos, raccontata dal "Corriere della Sera", spiega come il deputato del Pdl avrebbe approfittato dell'immunità parlamentare per togliere di mezzo indizi imbarazzanti. Il 7 settembre la giunta della Camera valuterà la richiesta d'arresto per corruzione.


Appariva molto tranquillo Marco Milanese, parlamentare del Pdl sotto inchiesta per corruzione e altri reati, quando esortava la Camera ad autorizzare senza problemi la perquisizione delle sue cassette di sicurezza. Perché tanto le aveva già ripulite, di persona, da ogni possibile indizio imbarazzante.

Lo sostiene un’informativa della Digos, raccontata oggi dal Corriere della Sera in un articolo di Fiorenza Sarzanini: “Nell’informativa sono annotate tutte le volte che Milanese si è recato nei caveau degli istituti di credito”, si legge sul Corriere. “E si evidenzia come una delle ‘visite’ sia avvenuta il giorno successivo all’arresto di Paolo Viscione, l’imprenditore che poi si è trasformato nel principale accusatore del deputato Pdl raccontando di avergli consegnato soldi e gioielli”. In quell’occasione, sospettano gli investigatori, “Milanese potrebbe aver portato via denaro contante, ma anche documenti che avrebbero potuto dimostrare lo stretto legame finanziario che aveva proprio con Viscione”.

La Digos ha incrociato le date in cui l’ex braccio destro del ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha messo mano alle cassette di sicurezza con quelle delle presunte consegne di mazzette emerse dalle indagini. Il sospetto, scrive ancora il Corriere, è “che quei forzieri servissero proprio a nascondere i soldi ottenuti illecitamente e che siano stati ‘ripuliti’ poco dopo l’avvio delle indagini”. Tutto in forza dell’incarico parlamentare: Milanese era perfettamente consapevole che nessun investigatore avrebbe potuto mettere il naso nelle cassette senza essere preventivamente autorizzato da un voto parlamentare.

Il deputato avrebbe operato sulle cassette di sicurezza “almeno tre o quattro volte al mese”, si legge ancora sul Corriere, e in quelle occasioni “potrebbe aver movimentato soldi in contanti oltre ad aver occultato alcuni documenti che riguardavano gli accertamenti avviati sulla sua attività”.

Il 7 settembre la giunta per le autorizzazioni della Camera si pronuncerà sulla richiesta d’arresto di Milanese arrivata dalla Procura di Napoli. I membri della giunta presieduta da Pierluigi Castagnetti del Pd potranno così leggere nuovi verbali di interrogatorio, compreso quello dell’ex comandante della Guardia di Finaza Cosimo D’Arrigo. D’Arrigo è il testimone d’accusa che ha confermato ai magistrati come il ministro Tremonti avesse completamente delegato a Milanese, ufficiale della Finanza fino al 2002, tutti i rapporti con le Fiamme gialle. Un “errore”, una “distorsione” secondo D’Arrigo, un potere enorme di cui Milanese avrebbe approfittato per ottenere vantaggi personali e informazioni riservate.




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