Io non faccio passi indietro. Ho una maggioranza e chi mi vuole sfiduciare se ne assuma la responsabilità in Parlamento. E se non dovessi avere più i numeri si va alle elezioni. E’ un Silvio Berlusconi determinatissimo quello che si presenta davanti a Giorgio Napolitano pronto a rispedire al mittente qualsiasi soluzione alternativa che preveda un suo passo indietro e l’addio da palazzo Chigi. Sente di poterselo permettere, raccontano i retroscena, dopo avere parlato ancora una volta con il Senatùr. Con Bossi il premier avrebbe tirato le somme: il governo va avanti, non fino alla fine della legislatura, ma almeno a gennaio. Intanto Berlusconi porterà avanti la sua operazione verità: parlare direttamente con gli elettori per cercare di risalire la china.
Tanto basta per ringalluzzire il premier e superare un confronto teso come quello con il Capo dello Stato, in cui il Cavaliere avrebbe ribadito ancora una volta la volontà a finire la legislatura mettendo mano, già nel Consiglio dei ministri di domani, a quelle misure per la crescita auspicate dal Colle. Napolitano non ha nascosto la sua preoccupazione di fronte alla situazione economica e alla difficoltà, vista la fragilità dell’esecutivo, di far fronte ad un eventuale peggioramento dell’economia italiana. Il capo dello Stato insomma ha messo in chiaro che l’esecutivo può andare avanti solo se garantisce di avere i numeri. Poco prima era toccato a Bossi spegnere le polemiche sulla tenuta dell’esecutivo. Argomento: il voto per l’arresto di Milanese, il parlamentare del Pdl che proprio ieri si è autosospeso dal partito. “Io voto per non far cadere il governo”. Questa la fine di una giornata di melina e di attesa in vista del verdetto di questa mattina alla Camera. In serata poi, le parole di Bossi prima e la fermezza del premier chiudono i giochi di chi, come Bersani, auspicava che il cavaliere andasse da Napolitano per rimettere il mandato.
Da un lato così Berlusconi resta ostinato sul ponte di comando, dall’altro l’ennesimo possibile sgambetto all’esecutivo rappresentato dal caso Milanese sembra disinnescato: in casa Lega si vota no. O almeno così vuole la versione ufficiale del Senatùr. Versione che dovrebbe, in ipotesi, mettere una pezza allo scivolosissimo voto segreto che potrebbe favorire gli indecisi. Nel frattempo, c’è spazio per il senatùr per confermare che vertice pomeridiano con Silvio Berlusconi è “andato bene”.
Ma la risposta (reale) la dà ancora una volta l’agenzia Standard & Poor’s, che ieri sera ha tagliato il rating di sette banche. Tra queste Banca Intesa e Mediobanca, non certo piccoli istituti. Notizia non confortante che inchioda il quadro economico dopo l’ennesimo tracollo di Piazza Affari e l’aumento dello spread che ha sfiorato di nuovo il tetto dei 400 punti.
E non è finita. Perché mentre il Tesoro conferma il pareggio di bilancio entro il 2013 (cosa peraltro smentita ieri da S&P), Moody’s ha declassato il rating della Fiat. Tutte questioni, quelle economiche, di cui si è discusso al Quirinale. Il Presidente della Repubblica ha ribadito la propria preoccupazione per la situazione economica del nostro Paese. Ma Napolitano ha ribadito anche la necessità di varare misure che siano il più possibile condivise tra le forze politiche in Parlamento e che siano frutto di “consultazioni ampie”, coinvolgendo anche le parti sociali. Quella “coesione”, più volte sollecitata dal Quirinale, che può consentire al Paese di affrontare e superare la crisi.
Sul tavolo del vertice anche la nomina del nuovo governatore di Bankitalia visto che Mario Draghida novembre siederà sulla poltrona di presidente della Banca centrale europea. Il Cavaliere ha fatto il nome di Fabrizio Saccomanni la cui nomina a palazzo Koch compie una nuova accelerazione. La procedura è di fatto avviata. E sarà ora il Consiglio Superiore di Bankitalia, che dovrebbe riunirsi il 28 settembre in seduta straordinaria, trasformando il carattere della riunione ordinaria già convocata, a esprimere il suo parere. Quindi il Cdm potrà deliberare a favore di quello che, salvo improbabili colpi di scena, sarà il nuovo Governatore della Banca d’Italia. L’obiettivo è quello di arrivare in tempi rapidi al decreto di nomina da parte del Presidente della Repubblica. La scelta è orientata a dare un segnale di affidabilità e di tempestività. Due fattori che hanno consentito a Saccomanni, con una accelerazione che si è concretizzata nelle ultime settimane, di superare l’altro candidato forte, l’attuale direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli. Il banchiere romano avrà il compito di assicurare continuità con il mandato di Draghi e di garantire l’autonomia alla banca centrale. Continuità e autonomia che, nel pieno della crisi del debito dell’Area Euro e con l’Italia sorvegliato speciale, vengono considerate fondamentali dalle autorità internazionali e dai mercati. La scelta di Saccomanni, è stata considerata da subito la migliore opzione possibile anche in Europa e al Quirinale. E ora, con il via libera del Governo, può concretizzarsi.
Tanto basta per ringalluzzire il premier e superare un confronto teso come quello con il Capo dello Stato, in cui il Cavaliere avrebbe ribadito ancora una volta la volontà a finire la legislatura mettendo mano, già nel Consiglio dei ministri di domani, a quelle misure per la crescita auspicate dal Colle. Napolitano non ha nascosto la sua preoccupazione di fronte alla situazione economica e alla difficoltà, vista la fragilità dell’esecutivo, di far fronte ad un eventuale peggioramento dell’economia italiana. Il capo dello Stato insomma ha messo in chiaro che l’esecutivo può andare avanti solo se garantisce di avere i numeri. Poco prima era toccato a Bossi spegnere le polemiche sulla tenuta dell’esecutivo. Argomento: il voto per l’arresto di Milanese, il parlamentare del Pdl che proprio ieri si è autosospeso dal partito. “Io voto per non far cadere il governo”. Questa la fine di una giornata di melina e di attesa in vista del verdetto di questa mattina alla Camera. In serata poi, le parole di Bossi prima e la fermezza del premier chiudono i giochi di chi, come Bersani, auspicava che il cavaliere andasse da Napolitano per rimettere il mandato.
Da un lato così Berlusconi resta ostinato sul ponte di comando, dall’altro l’ennesimo possibile sgambetto all’esecutivo rappresentato dal caso Milanese sembra disinnescato: in casa Lega si vota no. O almeno così vuole la versione ufficiale del Senatùr. Versione che dovrebbe, in ipotesi, mettere una pezza allo scivolosissimo voto segreto che potrebbe favorire gli indecisi. Nel frattempo, c’è spazio per il senatùr per confermare che vertice pomeridiano con Silvio Berlusconi è “andato bene”.
Ma la risposta (reale) la dà ancora una volta l’agenzia Standard & Poor’s, che ieri sera ha tagliato il rating di sette banche. Tra queste Banca Intesa e Mediobanca, non certo piccoli istituti. Notizia non confortante che inchioda il quadro economico dopo l’ennesimo tracollo di Piazza Affari e l’aumento dello spread che ha sfiorato di nuovo il tetto dei 400 punti.
E non è finita. Perché mentre il Tesoro conferma il pareggio di bilancio entro il 2013 (cosa peraltro smentita ieri da S&P), Moody’s ha declassato il rating della Fiat. Tutte questioni, quelle economiche, di cui si è discusso al Quirinale. Il Presidente della Repubblica ha ribadito la propria preoccupazione per la situazione economica del nostro Paese. Ma Napolitano ha ribadito anche la necessità di varare misure che siano il più possibile condivise tra le forze politiche in Parlamento e che siano frutto di “consultazioni ampie”, coinvolgendo anche le parti sociali. Quella “coesione”, più volte sollecitata dal Quirinale, che può consentire al Paese di affrontare e superare la crisi.
Sul tavolo del vertice anche la nomina del nuovo governatore di Bankitalia visto che Mario Draghida novembre siederà sulla poltrona di presidente della Banca centrale europea. Il Cavaliere ha fatto il nome di Fabrizio Saccomanni la cui nomina a palazzo Koch compie una nuova accelerazione. La procedura è di fatto avviata. E sarà ora il Consiglio Superiore di Bankitalia, che dovrebbe riunirsi il 28 settembre in seduta straordinaria, trasformando il carattere della riunione ordinaria già convocata, a esprimere il suo parere. Quindi il Cdm potrà deliberare a favore di quello che, salvo improbabili colpi di scena, sarà il nuovo Governatore della Banca d’Italia. L’obiettivo è quello di arrivare in tempi rapidi al decreto di nomina da parte del Presidente della Repubblica. La scelta è orientata a dare un segnale di affidabilità e di tempestività. Due fattori che hanno consentito a Saccomanni, con una accelerazione che si è concretizzata nelle ultime settimane, di superare l’altro candidato forte, l’attuale direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli. Il banchiere romano avrà il compito di assicurare continuità con il mandato di Draghi e di garantire l’autonomia alla banca centrale. Continuità e autonomia che, nel pieno della crisi del debito dell’Area Euro e con l’Italia sorvegliato speciale, vengono considerate fondamentali dalle autorità internazionali e dai mercati. La scelta di Saccomanni, è stata considerata da subito la migliore opzione possibile anche in Europa e al Quirinale. E ora, con il via libera del Governo, può concretizzarsi.