giovedì 22 settembre 2011

Il Sole e Il Corriere chiedono al premier di farsi da parte “per il bene dell’Italia”


Il quotidiano di Confindustria e quello di via Solferino, di solito cauti


nell'esprimere giudizi politici, escono allo scoperto: via Berlusconi per


voltare pagina e riacquistare credibilità agli occhi dell'europa e del 


mondo.

“Signor presidente, l’Italia prima di tutto” e “Una soluzione possibile”Roberto Napoletano eSergio Romano, il direttore de Il Sole 24 Ore e uno degli editorialisti più influenti del Corriere della Sera: unico comune denominatore, la richiesta al presidente del Consiglio di farsi da parte, di dimettersi per salvare il Paese ed evitare lo spettro del default. “Speranza dissolta”, “promesse non mantenute”, “comportamenti indecorosi”, “sorprendenti imprudenze”: la terminologia utilizzata dai due organi di stampa, tradizionalmente non ostili fino ad oggi al governo, sembrano il segnale della fine di un’era, quella dei buoni rapporti di Berlusconi con l’economia e l’establishment. E mentre il presidente del Consiglio è impegnato in una strenua difesa contro pm, stampa ostile, agenzie di rating e mercati negativi, dal Quirinale iniziano i sondaggi politici per comprendere come muoversi in caso di crollo improvviso della situazione.


Quello che più colpisce della presa di posizione di Sole e Corriere sono le argomentazioni a sostegno delle tesi espresse. Il direttore del quotidiano di Confindustria, ad esempio, partendo dal sogno mancato di una nuova Bretton Woods e ironizzando sugli odierni capi di Stato (“purtroppo, la cancelliera, Angela Merkel, e il presidente della Repubblica francese, Nicolas Sarkozy, insieme non fanno un Kohl”), arriva a parlare della difficile situazione dell’Italia e del premier che, secondo Napoletano, non può non fare un passo indietro, pena lo spettro di una nuova Grecia.


“Il presidente del Consiglio dimostri di amare davvero l’Italia e di avere, di conseguenza, la forza e la volontà di farsi da parte se è costretto (come tutto rende evidente) a prendere atto che non riesce a fare quello che serve – ha scritto Roberto Napoletano -. Lo faccia nell’interesse del Paese, si comporti da uomo di Stato e da uomo dell’economia. Dopo la Grecia, Signor Presidente, non ci può essere l’Italia, mai e poi mai, per una volta non si giri dall’altra parte e si ricordi che grandi responsabilità impongono anche grandi sacrifici. Sappiamo che le costerà, ma sappia pure che la storia (dopo questo gesto) saprà fare i conti giusti”. Una posizione, quella di Napoletano, che segue a stretto giro la stilettata del presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, la quale non più tardi di ieri aveva chiesto riforme strutturali al governo nell’arco di una settimana per evitare il baratro.


Molto netto anche Sergio Romano che sul Corriere, partendo dal declassamento del deficit italiano da parte di Standard&Poor’s, arriva a parlare del vero problema dell’Italia. “Esiste un altro rating , più importante, ed è quello del Paese – si legge sulla prima pagina del Corriere – . Il problema in questo caso è certamente il presidente del Consiglio. Berlusconi è stato per molti italiani una speranza di stabilità politica e dinamismo economico. Oggi quella speranza si è dissolta sotto il peso di una micidiale combinazione di promesse non mantenute, incidenti di percorso, scandali, comportamenti indecorosi e sorprendenti imprudenze. Oggi il maggiore problema italiano è la fine dell’era Berlusconi. Tutti, anche i migliori tra i suoi amici, sanno che l’era è finita e che Berlusconi deve uscire di scena. Ma non vi è ancora un accordo sul modo in cui voltare pagina”.


La vera questione, per Sergio Romano, passerebbe dalle modalità della via d’uscita scelta dal cavaliere, che dovrebbe adottare l’exit strategy già utilizzata da Zapatero: farsi da parte prima del tempo: “Berlusconi deve andarsene, ma in un modo che non faccia violenza alla Costituzione e salvi ciò che della sua fase politica merita di essere conservato [...], dovrebbe annunciare che non si candiderà più alla guida del governo e che le elezioni avranno luogo nella primavera del 2012. I sette od otto mesi che ci separano dalla prossima scadenza elettorale avrebbero un effetto simile a quello che si è prodotto in Spagna quando Zapatero ha rinunciato al terzo mandato e ha poi anticipato le elezioni al 20 novembre di quest’anno”. La conclusione a cui arriva Romano è all’insegna della speranza di voltare davvero pagina: “I vantaggi per l’Italia sarebbero considerevoli. Daremmo all’Europa e al mondo lo spettacolo di un Paese che è capace di organizzare razionalmente il proprio futuro, magari cambiando (ma non mi faccio grandi illusioni) una pessima legge elettorale. Restituiremmo la parola a un’opinione pubblica che oggi può soltanto manifestare rabbia e insofferenza. Daremmo ai partiti il tempo di prepararsi al confronto elettorale. Confermeremmo a noi stessi che gli italiani possono risolvere i loro problemi con i naturali meccanismi della democrazia. E Berlusconi potrebbe dire, non senza qualche ragione, che il merito di questa transizione è anche suo”.


Nel frattempo, però, c’è già chi lavora al domani e ai possibili scenari che verrebbero a crearsi all’indomani di un’ipotetica uscita di Berlusconi. Il crollo di credibilità internazionale, del resto, preoccupa non poco il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ieri ha iniziato una serie di colloqui politici con i maggiorenti di Pdl, Lega e opposizione. Il Capo dello Stato, infatti, ha incontrato al Colle il leader Udc Pierferdinando Casini, il segretario del Pd Pierluigi Bersani, il ministro degli Interni Maroni, i capigruppo del Pdl alla Camera e al Senato Cicchitto Gasparri. Una sorta di preconsultazioni, insomma, per comprendere la tenuta di una maggioranza che ieri è andata sotto alla Camera per ben cinque volte su un provvedimento del ministro Prestigiacomo anche a causa di ben 54 assenze all’interno del Popolo della Libertà. I generali del Pdl hanno attribuito la debacle in aula alla “trascuratezza” dei singoli deputati, ma a Napolitano le rassicurazioni di facciata non bastano più: teme che la maggioranza in Parlamento sia destinata a durare ancora per poco, e per questo motivo ha chiesto ai rappresentanti dell’opposizione se e fino a quanto siano disposti a dare una mano in caso di governo di emergenza nazionale. Casini, lo ha detto più volte, non avrebbe problemi; stesso discorso per Bersani. Se il governo va a sbattere, quindi, gli airbag sono già pronti ad attutire il colpo.


Satellite verso Terra, ignoto luogo impatto.



Rappresentazione artistica del satellite Uars (fonte: NASA)



Nasa: 'Arrivo domani sera ma non si conosce l'area del contatto'



Sulla base dei piu' recenti aggiornamenti della Nasa non c'e' al momento alcuna certezza sull'area sulla quale avverra' l'impatto con l'atmosfera del satellite Uars (Upper Atmosphere Research Satellite). L'impatto e' atteso nella serata di domani, ma non e' ancora possibile stabilire con certezza l'orario. Al momento il vecchio satellite della Nasa per lo studio dell'atmosfera si trova su un'orbita compresa fra 190 e 205 chilometri dalla Terra e i ricercatori ritengono che soltanto nelle prossime ore sara' possibile avere dati piu' precisi.
Tra gli scenari possibili resi noti ieri anche l'ipotesi che alcuni componenti del vecchio satellite della Nasa potrebbero finire sull'Italia. Per analizzare questi scenari e mettere a punto gli eventuali interventi che potrebbero coinvolgere il sistema di Protezione civile, il capo del Dipartimento, Franco Gabrielli, ha convocato per domani mattina una riunione del comitato operativo d'intesa con l'Asi, l'Agenzia spaziale italiana. Una conferenza stampa e' prevista per le 12.
E' previsto per venerdì 23 l'impatto che porterà a bruciare nell'atmosfera il vecchio satellite della Nasa Uars (Upper Atmosphere Research Satellite), per lo studio dell'atmosfera. Non ci sara' nessun pericolo per la Terra: soltanto un'esplosione spettacolare, al punto che sarà possibile vederla anche durante il giorno. Le variazioni nella luminosita', rilevano gli esperti, sarebbero infatti così rapide e importanti da essere visibili molto facilmente a occhio nudo.

Secondo le previsioni della Nasa è probabile che il satellite Uars non sarà totalmente distrutto nell'impatto, ma almeno 26 frammenti potenzialmente pericolosi potrebbero disperdersi nel raggio di circa 600 chilometri. Il rischio che possano esserci danni per gli esseri umani è pari a 1 su 3.200. Grande quanto un autobus, il satellite era in orbita da 20 anni per raccogliere dati sulla fascia di ozono che protegge la Terra dai raggi ultravioletti. La sua caduta è probabilmente la conseguenza dell'impatto con i detriti di un altro satellite, avvenuto pochi anni fa.



Caso Ruby, la Procura di Milano: “La Camera interferisce oltre la Costituzione”







L'attacco contenuto nel memoriale presentato per il conflitto di 
attribuzione davanti alla Consulta. Nel mirino, il voto parlamentare che 
avallò la versione di Berlusconi su Ruby "nipote di Mubarak".

Sul caso Ruby, ”la Camera si è arrogata il potere di interferire con l’esercizio del potere giudiziario al di fuori di qualsiasi previsione costituzionale”. Lo scrive l’avvocato Federico Sorrentino che, per conto del Procuratore della Repubblica di Milano, Edmondo Bruti Liberati, ha depositato alla Corte Costituzionale una memoria per chiedere che venga dichiarato inammissibile o infondato il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal Parlamento sul processo che vede Silvio Berlusconi imputato per concussione e prostituzione minorile.

“Il dubbio sollevato dalla Camera sulla possibile natura ministeriale di una delle condotte contestate al Presidente del Consiglio”, continua la memoria della Procura, “è tutto fuorché ‘ragionevole’ e pone in luce la sua tendenza a proteggere la persona del presidente del Consiglio piuttosto che la sua funzione”. In sostanza, la Procura contesta alla Camera di avere dato credito alla tesi che Berlusconi, quando telefonò alla Questura di Milano per liberare la ragazza, fosse davvero convinto che si trattasse della nipote dell’allora premier egiziano Mubarak. E quindi, nelle sue funzioni di presidente del consiglio, si sia adoperato per evitare un incidente diplomatico, fatto che sposterebbe la competenza al tribunale dei ministri. Ma per la Procura, questa “supposizione” avvallata dal voto parlamentare, è “pacificamente infondata”, “risibile” e “urta contro il comune buon senso”.

La Corte costituzionale, con un’ordinanza del 6 luglio 2011, aveva dichiarato ammissibile il conflitto di attribuzioni tra i poteri dello Stato proposto dalla Camera dei deputati nei confronti del Tribunale di Milano, in merito alle indagini e alla successiva richiesta di giudizio immediato per concussione nei confronti del Presidente del Consiglio. Montecitorio aveva infatti chiesto di annullare tutti gli atti compiuti dalla magistratura milanese poichè “non spettava alla procura di Milano” avviare indagini nei confronti del premier.

Non si costituisce in giudizio , invece, l’ufficio dei giudici per le indagini preliminari. Nessuna polemica con i colleghi pm, assicura il vicepresidente dei gip Claudio Castelli. Sarebbe stato “superfluo”, afferma, perché “il nostro ufficio si è spogliato del fascicolo e non ha più nessun interesse al riguardo”. Il procedimento Ruby, infatti, è già approdato in aula.

Il premier è accusato di concussione per le telefonate fatte la notte tra il 27 e il 28 maggio 2010 in Questura a Milano per far sì che la giovane Ruby-Karima El Marough, fermata per un furto, venisse rilasciata e affidata al consigliere regionale del Pdl Nicole Minetti.



Berlusconi a Napolitano: “Non lascio Se vogliono mi sfiduci il Parlamento”







Il Cavaliere non molla. Lo ha ribadito in un'ora di vertice al colle. Mentre
 sul caso Milanese la Lega spegne l'incendio. Bossi: "Io voto per non far 
cadere il governo". Tradotto: niente manette al parlamentare del Pdl.

Io non faccio passi indietro. Ho una maggioranza e chi mi vuole sfiduciare se ne assuma la responsabilità in Parlamento. E se non dovessi avere più i numeri si va alle elezioni. E’ un Silvio Berlusconi determinatissimo quello che si presenta davanti a Giorgio Napolitano pronto a rispedire al mittente qualsiasi soluzione alternativa che preveda un suo passo indietro e l’addio da palazzo Chigi. Sente di poterselo permettere, raccontano i retroscena, dopo avere parlato ancora una volta con il Senatùr. Con Bossi il premier avrebbe tirato le somme: il governo va avanti, non fino alla fine della legislatura, ma almeno a gennaio. Intanto Berlusconi porterà avanti la sua operazione verità: parlare direttamente con gli elettori per cercare di risalire la china.

Tanto basta per ringalluzzire il premier e superare un confronto teso come quello con il Capo dello Stato, in cui il Cavaliere avrebbe ribadito ancora una volta la volontà a finire la legislatura mettendo mano, già nel Consiglio dei ministri di domani, a quelle misure per la crescita auspicate dal Colle. Napolitano non ha nascosto la sua preoccupazione di fronte alla situazione economica e alla difficoltà, vista la fragilità dell’esecutivo, di far fronte ad un eventuale peggioramento dell’economia italiana. Il capo dello Stato insomma ha messo in chiaro che l’esecutivo può andare avanti solo se garantisce di avere i numeri. Poco prima era toccato a Bossi  spegnere le polemiche sulla tenuta dell’esecutivo. Argomento: il voto per l’arresto di Milanese, il parlamentare del Pdl che proprio ieri si è autosospeso dal partito. “Io voto per non far cadere il governo”. Questa la fine di una giornata di melina e di attesa in vista del verdetto di questa mattina alla Camera. In serata poi, le parole di Bossi prima e la fermezza del premier chiudono i giochi di chi, come Bersani, auspicava che il cavaliere andasse da Napolitano per rimettere il mandato.

Da un lato così Berlusconi resta ostinato sul ponte di comando, dall’altro l’ennesimo possibile sgambetto all’esecutivo rappresentato dal caso Milanese sembra disinnescato: in casa Lega si vota no. O almeno così vuole la versione ufficiale del Senatùr. Versione che dovrebbe, in ipotesi, mettere una pezza allo scivolosissimo voto segreto che potrebbe favorire gli indecisi. Nel frattempo, c’è spazio per il senatùr per confermare che vertice pomeridiano con Silvio Berlusconi è “andato bene”.

Ma la risposta (reale) la dà ancora una volta l’agenzia Standard & Poor’s, che ieri sera ha tagliato il rating di sette banche. Tra queste Banca Intesa e Mediobanca, non certo piccoli istituti. Notizia non confortante che inchioda il quadro economico dopo l’ennesimo tracollo di Piazza Affari e l’aumento dello spread che ha sfiorato di nuovo il tetto dei 400 punti.

E non è finita. Perché mentre il Tesoro conferma il pareggio di bilancio entro il 2013 (cosa peraltro smentita ieri da S&P), Moody’s ha declassato il rating della Fiat. Tutte questioni, quelle economiche, di cui si è discusso al Quirinale. Il Presidente della Repubblica  ha ribadito la propria preoccupazione per la situazione economica del nostro Paese. Ma Napolitano ha ribadito anche la necessità di varare misure che siano il più possibile condivise tra le forze politiche in Parlamento e che siano frutto di “consultazioni ampie”, coinvolgendo anche le parti sociali. Quella “coesione”, più volte sollecitata dal Quirinale, che può consentire al Paese di affrontare e superare la crisi.

Sul tavolo del vertice anche la nomina del nuovo governatore di Bankitalia visto che Mario Draghida novembre siederà sulla poltrona di presidente della Banca centrale europea. Il Cavaliere ha fatto il nome di Fabrizio Saccomanni la cui nomina a palazzo Koch compie una nuova accelerazione. La procedura è di fatto avviata. E sarà ora il Consiglio Superiore di Bankitalia, che dovrebbe riunirsi il 28 settembre in seduta straordinaria, trasformando il carattere della riunione ordinaria già convocata, a esprimere il suo parere. Quindi il Cdm potrà deliberare a favore di quello che, salvo improbabili colpi di scena, sarà il nuovo Governatore della Banca d’Italia. L’obiettivo è quello di arrivare in tempi rapidi al decreto di nomina da parte del Presidente della Repubblica. La scelta è orientata a dare un segnale di affidabilità e di tempestività. Due fattori che hanno consentito a Saccomanni, con una accelerazione che si è concretizzata nelle ultime settimane, di superare l’altro candidato forte, l’attuale direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli. Il banchiere romano avrà il compito di assicurare continuità con il mandato di Draghi e di garantire l’autonomia alla banca centrale. Continuità e autonomia che, nel pieno della crisi del debito dell’Area Euro e con l’Italia sorvegliato speciale, vengono considerate fondamentali dalle autorità internazionali e dai mercati. La scelta di Saccomanni, è stata considerata da subito la migliore opzione possibile anche in Europa e al Quirinale. E ora, con il via libera del Governo, può concretizzarsi.


Milan Channel, 35 dipendenti in cassa integrazione, pagherà 10mila euro la Polanco per leggere email.






Chi non sarebbe contento di guadagnare 2.500 euro alla settimana? E se poi il lavoro in realtà non è proprio quello che potremmo definire un «lavoro dei comuni mortali»? Insomma, tira aria di festeggiamenti a casa di Marysthell Polanco. La showgirl è stata assunta per leggere le mail durante una trasmissione calcistica. Alla redazione di Milan Channel la notizia dell’arrivo della nuova «collega» non è piaciuta per niente. Per chi avesse un vuoto di memoria circa il passato della Polanco, ve lo rinfreschiamo noi. La 31enne è diventata «famosa» per essere una delle ragazze dell’Olgettina, infatti è stata ricompresa nella lista delle 30 ragazze portate da Gianpaolo Tarantini a casa del premier. La redazione del canale telematico ha ribattuto dicendo che la Polanco non è nè una giornalista nè un’opinionista, ma gli spetta un contratto della durata di 9 mesi, con precisione dal primo settembre 2011 fino al 30 giugno del prossimo anno, che le farà incassare in totale la somma di 100 mila euro. Una cifra considerevole, vista la grave crisi economica che ha colpito il canale. E i dati lo dimostrano, da giugno 2010, 35 dipendenti, per lo più quelli tecnici, sono in cassa integrazione, con tagli dello stipendio che si aggirano fino al 35%. E per gennaio si attende la mobilità, così molti potrebbero rimanere a casa. Tuttavia il Milan si è giustificato dicendo di non aver nulla a che fare con questo genere di decisioni e la prova sta nel fatto che dall’anno scorso ha ceduto i diritti alla Infront. Perciò la Polanco avrebbe firmato il contratto con questa società. Chissà quale «santo in paradiso» avrà la Polanco? Qualche idea?


http://vergognarsi.it/2011/09/22/milan-channel-35-dipendenti-in-cassa-integrazione-paghera-10mila-euro-la-polanco-per-leggere-email/

Belgio senza governo da 400 giorni, ma il PIL cresce del 2,4%



(Teleborsa) - Roma, 19 lug - Tra due giorni in Belgio sarà festa nazionale ma quest'anno i festeggiamenti saranno in tono minore visto che continuano senza esito le consultazioni per la formazione del governo. Sono ormai quattrocento giorni o meglio 14 mesi che il Paese risulta senza esecutivo: un vero e proprio record.

Fiamminghi e valloni non riescono a trovare un accordo, con i primi incentrati su un maggiore controllo della politica fiscale e i secondi desiderosi di una maggiore protezione e più soldi per la regione attorno alla capitale, Bruxelles.

Il Paese però continua a crescere economicamente, con il Pil in aumento del 2,4% mentre aumenta anche la preoccupazione per il debito pubblico, diventato il terzo più elevato dell’Ue raggiungendo il 100% del prodotto interno lordo.

Getta la spugna anche il socialista Elio di Rupo, ultimo mediatore nominato dal Re, che aveva presentato un piano per un risanamento rigoroso delle finanze pubbliche da 22 miliardi di euro entro il 2015, per evitare di finire sotto la lente delle agenzie di rating, che ultimamente stanno tenendo sotto scacco molti paesi della zona euro.

Intanto il Re Alberto II ha deciso di non concedere favori nobiliari per il secondo anno consecutivo, a denuncia dell'insoddisfazione per la situazione politica del Paese. Niente visconti e baronesse, dunque, contrariamente a una tradizione secolare.



http://finanza.repubblica.it/News_Dettaglio.aspx?code=633&dt=2011-07-19&src=TLB

L’Islanda si libera del Fondo monetario internazionale.





L'Islanda è fuori dal Fondo monetario internazionale.
La Nazione-isola del Nord Europa si sta riprendendo dalla crisi economica indotta dal monetarismo usuraio internazionale e lo sta facendo in modo del tutto opposto a quello che viene generalmente propagandato come inevitabile. Niente salvataggi da parte di Bce, Fmi o Banca Mondiale, niente cessione della propria sovranità a nazioni straniere, ma piuttosto un percorso di riappropriazione dei diritti e della partecipazione, e un coinvolgimento dell’opinione pubblica nazionale tra le più alte d’Occidente.
Anzi, dopo circa tre anni di aut aut rigettati dal popolo islandese attraverso un referendum e una Assemblea Costituente, il Fondo Monetario Internazionale e l’Islanda hanno preso strade diverse.
In tempi di presunti salvataggi nazionali portati avanti con ricette neoliberiste, di annullamenti di sovranità monetarie nazionali e di politiche di tagli violenti alle strutture amministrative, sociali ed economiche dei singoli Stati, lo stato islandese ha deciso di proseguire fermamente nella strada intrapresa oltre un anno fa, attraverso un imponente consenso dell’opinione pubblica nazionale, generalmente formata ed informata su temi così delicati e importanti.
Come riportato da diversi servizi della tv pubblica islandese Ruv, l’Fmi, portato a termine la sua sesta revisione dell’economia nazionale islandese a Washington, non proseguirà con altri “rapporti” o “consigli” pertinenti l’isola dell’Atlantico. L’Fmi conclude quindi le operazioni in Islanda, e la lascia.
Il Primo Ministro islandese Johanna Siguroardottir ha annunciato la partenza dei funzionari in una conferenza stampa nella cittadina di Iono nei giorni scorsi, aggiungendo che la ricostruzione economica islandese è sulla retta via, con miglioramenti in corso e risultati ottenuti prima del previsto. Ha inoltre detto che la ricostruzione islandese dopo il collasso bancario del 2008 “è andata oltre ogni aspettativa” ...
Il ministro delle Finanze Steingrimur J. Sigfusson ha preso parte alla conferenza sostenendo che la stabilità finanziaria islandese sarebbe nuovamente solida.
Il ministro dell’Economia e del Commercio Arni Pall Arnason ha ricordato come molte persone fossero preoccupate e avverse alla cosiddetta cooperazione tra Fmi e Islanda, proprio per il timore che il loro “benessere” – altro elemento di vanto e di efficienza - sarebbe stato tagliato duramente e che sarebbero state prese misure drastiche, basate sui diktat classici utilizzati dal Fondo Monetario nei suoi interventi in Europa, Estremo Oriente e in Sudamerica.
L’arrivo del FMI in Islanda fu accolto in maniera estremamente fredda da gran parte della popolazione, convinta che il Fmi avrebbe affogato la nazione in uno stato di permanente debito, come ormai troppi paesi hanno già sperimentato in passato. La partenza dei funzionari del Fmi è stata quindi vista con soddisfazione da gran parte dei cittadini.
L’Islanda ha seguito un particolare percorso per questo sganciamento dal sistema monetario occidentale. Anche chiedendo un aiuto alla Russia (4 miliardi di euro) nel 2008. E di fatto duplicando quanto a suo tempo operato sia dalla stessa Russia (caduta nel baratro monetarista ai tempi di Eltsin) che dall’Argentina, la cui economia - fermato il debito pubblico sotto la presidenza Kirchner - è tornata a volare a tassi del’’8% annuo.

 

http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=10290