domenica 16 ottobre 2011

La rabbia dei poliziotti sui forum web "Perché niente cariche ai Black bloc?"




Su internet i commenti degli agenti ai fatti di ieri. Tra perplessità sulla gestione dell'ordine pubblico e protesta contro i tagli alla sicurezza.


di MARCO PASQUA

CE l'hanno con chi, ieri, ha avuto la responsabilità di gestire l'ordine pubblico e i movimenti delle forze dell'ordine. Ma anche con il governo che, con i suoi tagli alla sicurezza, da tempo, non li mette più in condizioni di operare in sicurezza. Il giorno dopo la guerriglia che ha sconvolto Roma, i più indignati sembrano essere gli agenti di pubblica sicurezza che si sfogano sul forum di Poliziotti. it.

La rabbia è palpabile. Non si sentono più tutelati dallo Stato e, soprattutto, non capiscono perché ieri sia stata concessa la possibilità alle frange più violente di manifestanti di scagliarsi contro gli uomini in divisa. L'interrogativo viene sollevato da Mauro C.: "Una domanda mi sorge spontanea: perché polizia e carabinieri non hanno caricato i black bloc e se ne sono stati lì fermi? I manifestanti pacifici hanno chiesto a gran voce il loro intervento per disperdere le componenti violente che erano nel corteo". Gli risponde polemico un agente, che si firma Woobinda69: "La domanda la dovresti porre ai nostri superiori che coordinano e dirigono il servizio. Ai validi servizi informativi. Qui mi fermo". "Grazie a chi ha permesso a 400/500 teppisti di mettere a ferro e fuoco una città", commenta Gpg3. Ma per alcuni, la spiegazione di un atteggiamento piuttosto "morbido" da parte degli agenti va ricercata nei drammatici fatti del G8 di Genova, nel 2001: "Dopo Genova  -  scriva l'utente dago113 - nessuno ha voglia di passare per lo sbirro cattivo meglio fare la parte del fancacazzista. Si campa più a lungo". 


Una linea condivisa da uno dei moderatori, leone17: "Nessuno vuole più intervenire senza garanzie, e non parlo di garanzie di impunità, semplici garanzie per operare al meglio. Poi, per quanto mi riguarda, questi esseri sarebbero dovuti finire ad ingrassare le ruote dei blindati, perché quando si vuole la guerra quello si merita, e non mi si vengano a fare i soliti discorsi del piffero. Perché non interveniamo? Perché non abbiamo più voglia di essere indagati, condannati, messi alla gogna e fare un mutuo pure per ripagare questi rifiuti della società". Per "soldato. blu" la priorità per gli agenti deve essere quella di non commettere errori: "Dopo Genova c'è gente che si è ipotecata casa per pagare i danni ed io, il mio esiguo stipendio, me lo voglio mangiare e non certo regalare a qualche avvocato o a qualche babbione con la cresta da gallo in testa. Sindrome di Genova si chiama? Sì, e sindrome sia. Fin quando questi politici continueranno ad ingozzarsi senza pensare ad altri modalità di gestione dell'ordine pubblico, io continuerò a guardarmi le chiappe: sfasciano? Si riaggiusterà. Bruciano? idem. Distruggono statue sacre in puro stile talebano? Ci penserà la chiesa a scomunicarli".

Sul banco degli imputati finiscono anche i rappresentanti di un governo che taglia alle forze di polizia e che, in queste ore, hanno pure espresso la loro solidarietà agli agenti. "Tutti i politici ad esprimere solidarietà alle forze dell'ordine, a parole  -  attacca Hutchinson - perché i fatti dicono che questo governicchio taglia altri 80 milioni dalle tasche di poliziotti e carabinieri. Credo che sia giunto il momento che queste facce di bronzo (l'eufemismo è palese), si difendano da soli dai black bloc oggi, e dai comuni cittadini un domani". "Seppure perfettamente consapevoli di essere abbandonati a noi stessi senza risorse, ed ad essere presi a calci in bocca ingiustamente per delle loro macchinazioni politico giornalistiche,  ancora una volta abbiamo dimostrato di avere un senso dell'onore incommensurabile", commenta Kronos. Harryb è tra quanti non si sentono più tutelati nello svolgere il proprio lavoro quotidiano: "Basta, siamo stufi di fare da capri espiatori per una politica vigliacca, basta rischiare in prima persona quando il sistema giustizia fa acqua da tutte le parti, quando il Paese vuole questo. Con la solidarietà (falsa come una banconota da tremila lire) dei politici non si paga l'avvocato. L'Italia di oggi non merita il nostro impegno, il nostro sacrificio". Sfogo che viene subito raccolto da un altro agente: "E' ora di starsene a casa e far vedere a tutti quanto siamo indignati".

Un amministratore del forum respinge al mittente la solidarietà dei politici, visto che"sono i primi responsabili di questo stato di cose e che anche nelle nostre tasche hanno messo le mani e quando dico nostre intendo anche i tagli che, di Governo in Governo, hanno quasi messo in ginocchio la Polizia". Ma la responsabilità dei fatti di ieri va cercata, più che nei funzionari della Questura, nei vertici del ministero dell'Interno: "Il Questore Tagliente in fatto di ordine pubblico é tutto tranne che uno sprovveduto. E' evidente che la strategia viene imposta secondo le direttive impartite dal Ministro dell'Interno. Allora, se il Questore é da dimettere, il primo ad andarsene dovrebbe essere il Ministro, quindi il Capo, poi il Prefetto. Ma non é così che funziona. Oggi si protesta per un atteggiamento morbido, ma cosa sarebbe successo se si fosse usata una linea più dura e repressiva?", scrive Webcop. La voglia di adottare un approccio decisamente più duro, nei confronti dei violenti, è forte. Lo scrive a chiare lettere Folgore.45: "Io resto di un'opinione. Rompergli le rotule, così la prossima volta, con la sedia rotelle, non potranno fare questi macelli". "Che schifo ragazzi, questo Stato garantista perde su tutti i fronti, ci stanno schiacciando, solo perché i politici lo vogliono, solo perché questa Italia ha il ventre molle, perché non ci lasciano fare?", si chiede Skymap.


Stato sconfitto da un pugno di teppisti. - di EUGENIO SCALFARI


La notizia principale di oggi è la mobilitazione degli "indignati" in tutte le piazze dell'Occidente, da Manhattan a Londra a Bruxelles, a Berlino, a Parigi, a Madrid. Ma a noi preoccupa soprattutto ciò che è avvenuto a Roma. Mentre centinaia di migliaia di giovani tentavano di sfilare pacificamente nelle via della capitale poche centinaia di "black bloc" in tenuta da guerriglia hanno compiuto violenze e provocato la polizia tentando di forzarne i cordoni. Gli scontri hanno coinvolto la massa dei pacifici dimostranti, come è avvenuto in molte altre occasioni. Mentre scriviamo gli incidenti  sono ancora in corso, molti manifestanti hanno tentato di isolare i facinorosi che hanno reagito picchiandoli a colpi di spranghe. È deplorevole che ancora una volta la polizia e i servizi di sicurezza non siano stati in grado di neutralizzare preventivamente i teppisti e i provocatori che dovrebbero esser noti e rintracciabili. Speriamo che le violenze non continuino in serata. Le nostre cronache ne daranno ampia informazione.


Quali che ne siano gli esiti il fatto certo è comunque l'esistenza ormai evidente di un movimento internazionale. La sua antivigilia è stata la "primavera araba" come furono definiti i moti di piazza qualche mese fa al Cairo e poi a Tunisi e a Bengasi, senza scordare le sommosse del 2008 e del 2010 nelle "banlieue" parigine. 


La vigilia è avvenuta alcuni mesi fa a Madrid, poi la fiaccola è sbarcata a New York al grido di "Occupy Wall Street". Adesso le dimensioni del movimento sono globali. D'altronde, è contro i danni provocati dalla globalizzazione che il movimento è nato, si è diffuso e si rafforza col passare del tempo.


Effimero? Non credo. Esprime la rabbia d'una generazione senza futuro e senza più fiducia nelle istituzioni tradizionali, quelle politiche ma soprattutto quelle finanziarie, ritenute responsabili della crisi e anche profittatrici dei danni arrecati al bene comune.


Gli "indignati" non sono né di sinistra né di destra, almeno nel significato tradizionale di queste parole. Ma certo non sono conservatori. Hanno obiettivi concreti anche se talmente generali da diventare generici: vogliono che i beni comuni siano di tutti; non dei privati, ma neppure dello Stato o di altre pubbliche autorità poiché non hanno alcuna fiducia nella proprietà privata e neppure in quella pubblica amministrata da caste politiche e burocratiche. 
I beni pubblici debbono esser messi a disposizione dei loro naturali fruitori, cioè delle persone che vivono e abitano in quei luoghi e che decideranno sul posto le regole del valore d'uso nelle "agorà", nelle piazze di quel luogo. L'acqua è un bene d'uso comune, l'aria, le foreste, le reti di comunicazione, le case, le fabbriche, i trasporti, gli ospedali. Le banche? Non servono le banche, tutt'al più servono a render facili i pagamenti che avvengono sulla base del valore d'uso e non del valore di scambio.


C'è una dose massiccia di utopia in questo modo di pensare; c'è un'evidente reminiscenza di comunismo utopico; c'è anche una tonalità "francescana". E c'è - l'ho già scritto domenica scorsa e qui lo ripeto - un rischio estremamente grave: un contagio di populismo.


Esiste storicamente il populismo dei demagoghi, costruito per accalappiare i gonzi, e il populismo degli utopisti che predicono la Città del Sole. Ma non esistono Città del Sole, almeno in questa terra. Chi crede che ce ne sia una ultraterrena fa bene a vagheggiarla ma qui, tra questi solchi, neppure il Redentore la portò perché - fu lui il primo a dirlo - il suo regno non era di questo mondo.


Certo le foreste non vanno abbattute. Certo l'aria non va inquinata. Certo le banche non debbono truffare i clienti e ingrassare sulla truffa. Certo i cittadini debbono partecipare alla gestione della cosa pubblica e non limitarsi a votare con pessime leggi elettorali una volta ogni cinque anni. E così via. Bisogna dunque fare buone leggi e farle amministrare da buona e brava gente e bisogna infine che vi siano efficaci e imparziali controlli su quelle gestioni.
Gli "indignati" sono indignati perché tutto ciò manca e il futuro gli è stato rubato. Sono d'accordo con loro anche perché a me e a quelli della mia generazione è stato rubato il presente e la memoria del passato e vi assicuro che non si tratta d'un furto da poco. Ma so che non è con l'utopia che si risolve il problema.
L'utopia è una fuga in avanti alla quale subentra ben presto l'indifferenza. 


Il vostro entusiasmo è sacrosanto come la vostra pacifica ribellione, ma dovete utilizzarlo per la progettazione concreta del futuro, altrimenti da indignati finirete in rottamatori e quando tutto sarà stato rottamato - il malfatto insieme al benfatto - sarete diventati "vecchi e tardi" come i compagni di Ulisse quando varcarono le Colonne d'Ercole e subito dopo naufragarono.
* * *
Domani comincia a Todi un incontro promosso da una serie numerosa di associazioni, comunità, sindacati, di ispirazione cattolica sulla scia dell'allocuzione pronunciata un paio di settimane fa dal presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova. L'allocuzione era quella che propugnava un rilancio dell'etica pubblica capace di rinnovare "l'aria putrida" che aveva devastato le istituzioni e esortava i cattolici all'impegno civile e politico.
A Todi, secondo gli intendimenti dei promotori, dovrebbe prender vita un "soggetto pre-politico" che interloquisca con la politica, sia punto di riferimento dei cattolici impegnati ed anche centro di preparazione civile e sociale di una nuova classe dirigente d'ispirazione cristiana.


"Non è un partito" hanno ripetuto all'unisono i promotori dell'iniziativa "perché non è compito della Chiesa fondare e dirigere partiti".


I laici non cattolici (tra i quali mi ascrivo) prendono nota con interesse di questa iniziativa anche se alcune domande sorgono spontanee. 


Prima domanda: la Chiesa non ha mai fondato un partito. Il partito è, per definizione, una parte e non un tutto, mentre la Chiesa cattolica è ecumenica per definizione. Quindi l'affermazione che non fonderà nessun partito è talmente ovvia da apparire alquanto sospetta. Del resto, un sacerdote con tanto di veste talare un partito lo fondò. Era il 1919, il partito si chiamò "Popolare", in Italia ha cessato di esistere una decina d'anni fa, nel Parlamento europeo esiste ancora, il fondatore si chiamava don Luigi Sturzo.


Seconda domanda: la Chiesa dispone dello spazio pubblico come ogni altra associazione, religiosa o no, sulla base della nostra Costituzione. Nessuno si è mai opposto all'uso di quello spazio del quale infatti la Chiesa, il Vaticano, le comunità cattoliche, i sacerdoti d'ogni genere e grado, si sono largamente serviti. Se il "soggetto" immaginato a Todi nascesse per usare lo spazio pubblico, sarà un'ennesima voce cattolica a farsi sentire e ben venga. Il rischio semmai è che sia un doppione della Cei. Niente di male, ma inutile. Oppure non sarà un doppione? Dirà cose diverse dalla Cei, dal Vaticano, dalla Gerarchia? Sarebbe molto interessante, potrebbe essere una forza di rinnovamento. In senso modernista oppure un richiamo all'ordine e alla tradizione? Comunque, in ciascuna di queste ipotesi, sarebbe rivolta alla comunità dei fedeli e non certo ai laici.


Terza domanda: se vuole essere invece un centro di preparazione della nuova classe dirigente cattolica, questa sì sarebbe un'ottima cosa. I cattolici impegnati in politica finora, salvo rare e importanti eccezioni, hanno avuto Cristo sulle labbra e Mammona nel cuore. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Se è questo l'obiettivo di Todi, sarà benvenuto.


Quarta ed ultima domanda: oppure il nuovo soggetto sarà il Quartier generale di tutte le forze cattoliche variamente impegnate nei partiti, in Parlamento, nelle Regioni, nei Comuni, nelle istituzioni? Questo sarebbe alquanto preoccupante. In realtà questo Quartier generale c'è già ed è la Segreteria di Stato vaticana. Questo sarebbe un Quartier generale in sembianze laiche. Non mi sembra una grande idea e non credo che i veri cattolici socialmente impegnati la gradiranno. Per quanto so, la regola è questa: la Chiesa diffonde la sua etica, le sue richieste, i suoi valori; i cattolici politicamente impegnati cercano di sostenere quella dottrina tenendo tuttavia presente che le leggi riguardano tutti, cattolici e non cattolici, e che tutti i cittadini sono eguali di fronte alla legge in uno Stato laico e non teocratico.
Non c'è bisogno di molti Quartier generali dunque, uno basta e avanza.
* * *
Concludo queste mie note con quanto è accaduto durante e dopo le votazioni di venerdì scorso alla Camera dei deputati sulla fiducia al governo. Le cronache ne hanno parlato diffusamente sicché mi soffermerò soltanto su alcune questioni non risolte.


1. Dopo la bocciatura di martedì scorso del Rendiconto generale dello Stato, tre questioni dovevano aver soluzione. Una era quella di risolvere quel problema estremamente complesso. Un'altra era verificare che il governo godesse ancora della fiducia del Parlamento. Un'altra ancora di constatare se la maggioranza avesse la credibilità e la compattezza necessaria ad affrontare i prossimi difficili appuntamenti politici ed economici. Tutti e tre questi obiettivi furono esplicitamente indicati dal capo dello Stato con pubbliche e chiarissime esternazioni.


2. La fiducia alla Camera è stata ottenuta e questa questione è quindi risolta.


3. La credibilità e la compattezza della maggioranza restano aperte e se ne avranno prove nei prossimi giorni e settimane soprattutto (ma non soltanto) su questioni economiche. Se i risultati richiesti dal Quirinale ci saranno il governo potrà andare avanti fino alla scadenza naturale della legislatura. Se non ci saranno il governo resterà egualmente in carica perché il Quirinale non ha gli strumenti necessari per farlo sloggiare senza un esplicito voto di sfiducia che finora non c'è stato anche a causa della compravendita di deputati e senatori che è avvenuta ed avviene sotto gli occhi schifati di tutto il Paese.


4. L'incidente (che non è affatto un incidente ma una questione di prima grandezza) del voto contrario dato dalla Camera sul Rendiconto generale non è stato ancora risolto. Il presidente della Repubblica, rispondendo l'altro ieri ad una lettera dei capigruppo di maggioranza, ha suggerito di ripresentare il Rendiconto al Senato dopo un ulteriore controllo della corte dei Conti. Così probabilmente avverrà sebbene esista una prassi secondo la quale quando una legge viene bocciata da una delle Assemblee, non viene ripresentata all'altra. Ma la prassi - quando è necessario - si può superare se non è esplicitamente vietata e questa non lo è.


5. Il Senato approverà certamente il Rendiconto e poi lo trasmetterà alla Camera affinché faccia altrettanto ma qui sorgerà un problema. Il regolamento della Camera prevede che una legge bocciata non possa essere ripresentata se non dopo sei mesi. Quindi, a rigor di logica, la Camera non dovrebbe mettere all'ordine del giorno il Rendiconto se non nel prossimo aprile con la conseguenza che il ministro del Tesoro sarebbe fino ad aprile sfiduciato su come ha gestito la pubblica finanza nell'esercizio 2010 e con lui l'intero governo di cui fa parte.


Debbo immaginare che gli uffici competenti del Quirinale conoscano questo problema e penso quindi di essere io in errore. Me lo auguro e mi farebbe piacere saperlo. Secondo me il solo modo per risolvere il problema erano le dimissioni del governo come insegnano i precedenti, anche perché la bocciatura del Rendiconto, cioè del consuntivo nell'esercizio 2010, è un voto estremamente politico. Significa che la Camera disapprova il modo con cui è stata amministrata l'economia in quell'esercizio. Più politico di così non ce n'è un altro.


Si obietterà che si tratta di questione procedurale. Obietto a mia volta che la procedura non è una formalità ma è la sostanza della politica, contiene le regole alle quali la politica deve conformarsi e affida alle autorità "terze" il compito di rispettarle e farle rispettare.


Vedremo come tutto questo finirà. Intanto abbiamo due viceministri e un sottosegretario in più ma non ho sentito che, a parte l'opposizione, questo vergognoso mercato sia stato censurato come si sarebbe meritato.


http://www.repubblica.it/politica/2011/10/16/news/stato_sconfitto_da_un_pugno_di_teppisti_di_eugenio_scalfari-23306498/?ref=HREA-1

Pannella cacciato dagli indignati.



http://video.corriere.it/pannella-cacciato-indignati/c5c4758e-f7e7-11e0-8d07-8d98f96385a3

Istigazione alla violenza - divide et impera.





Al governo addebitano le colpe degli accadimenti di ieri alla sinistra, ne ha dato il via ieri, prima che tutto incominciasse, l'ex guardasigilli Alfano, hanno continuato, dopo, tutti i fedeli di Berlusconi.
Ma al governo chi c'è? 
C'è Berlusconi, quello che il giorno prima ha operato l'ennesima forzatura in parlamento, mediante l'acquisto di politici vendibili al miglior offerente e regalando, a spese nostre, altre quattro cariche governative per restare incollato alla poltrona che gli evita i processi che egli stesso si procura ad ogni piè sospinto per dabbenaggine o per arroganza di potere, poltrona ottenuta, peraltro, con una legge elettorale definita porcata dallo stesso promotore. 
Oltretutto, a chi poteva giovare oscurare una manifestazione pacifica che aveva come unico scopo quello di mettere in evidenza le grosse falle e lacune di questo governo? 
Certamente non alla sinistra!
Basta leggere i titoloni di quotidiani vicini e del premier per capire che la linea del governo è, come sempre, quella di addebitare ad altri le proprie colpe. 
Divide et impera!
Questa è la linea che adotta un governo basato sull'assolutismo in mancanza di competenza!
Ora il governo deve ammettere di aver dato l'ennesima prova della propria inefficienza ed incompetenza, per non aver saputo prevedere ciò che è successo e non aver adottato gli opportuni provvedimenti. 
Altrimenti abbia il coraggio di ammettere di aver preventivato e provocato esso stesso la violenza.

Pdl, le nuove poltrone aumentano i mal di pancia. - di Fabrizio d'Esposito







Amicizie e affari dei nuovi premiati dal premier. Per Berlusconi è stato "sventato un golpe burocratico", ma nella maggioranza aumentano le tensioni, e cresce il timore di "imboscate" alla Camera
Il settantaseienne Aurelio Misiti era stato nominato sottosegretario alle Infrastrutture nel maggio scorso, quando Silvio Berlusconi saldò la prima tranche del conto pagato aiResponsabili salva-governo il 14 dicembre 2010. Misiti però ci rimase molto male. Voleva un poltrona di seconda fila, da viceministro, non di terza. Comunista, poi al centro e a destra nella Seconda Repubblica, poi ancora dipietrista e autonomista del movimento di Lombardo, infine repubblicano-azionista, Misiti in cinque mesi non sarebbe mai andato al ministero. Per ripicca. Del resto, l’anziano parlamentare è un calabrese aspro, abituato a ben altre battaglie. Professore di ingegneria, Misiti fu perito nell’inchiesta su Ustica e sostenne la tesi della bomba esplosa a bordo dell’aereo DC9, recentemente rilanciata da Giovanardi.

A chi, in questi cinque mesi, gli ha chiesto conto della sua “latitanza” al ministero, Misiti ha sempre risposto: “Comincerò a lavorare quando il premier mi farà viceministro. Questo è il patto che ho fatto con Berlusconi e lui deve mantenerlo”. Il Cavaliere, alla fine, lo ha mantenuto, per non perdere altri pezzi della sua maggioranza. Da venerdì, Misiti è viceministro e funzionari e dipendenti del dicastero delle Infrastrutture, la prossima settimana, finalmente lo vedranno per la prima volta al lavoro. Miracoli della fiducia. Un’altra promossa da sottosegretario a viceministro è stata Catia Polidori, ex finiana conosciuta come Miss Cepu, il “preparificio” a pagamento per ogni tipo di studenti. Lo stesso Misiti ha consegnato ieri a Tommaso Labate del Riformista una dichiarazione sulla Polidori che conferma le manovre dei montezemoliani per smontare il centrodestra, riportate dal Fatto giovedì scorso: “Montezemolo ha contattato Giustina Destro eFabio Gava, convicendoli a voltare le spalle al Cavaliere. Ha preso contatti con altri parlamentari. Di sicuro con Catia Polidori, che a quando mi risulta gli ha detto ‘no grazie’”.

Il movimento del presidente della Ferrari, Italia Futura, ha smentito questi sospetti, ma dentro il Pdl nessuno crede a Montezemolo. Anche perché quella della Polidori è stata una delle assenze decisive che martedì scorso hanno mandato sotto la maggioranza sul fatidico voto per l’assestamento di bilancio, che poi ha portato alla fiducia. Di qui la rivolta di colonnelli e peones di stretta osservanza pidiellina. Ministri come Galan e sottosegretari come Crosetto lo avrebbero detto a muso duro al premier: “Presidente qui sono tutti incazzati, furibondi per la Polidori e Misiti. Sono state due nomine inutili e che aumentano i mal di pancia del gruppo. Possiamo correre altri rischi”.

Così, nemmeno il tempo di gustare la festa per lo scampato pericolo di venerdì, che nel centrodestra è di nuovo allarme rosso sulle imboscate alla Camera. Un pessimismo che va nella direzione dell’editoriale di ieri di Avvenire, il quotidiano dei vescovi: “Tutto a posto e niente in ordine”. Berlusconi per il momento gode e parla di “golpe burocratico sventato” ma chi saranno la prossima volta gli assenti “strategici”, contando che pure gli ex An non hanno digerito l’ultima infornata di poltrone? Chi sarà il nuovo Pisacane, che ha guidato la rivolta dei peones prima della fiducia? Il deputato di Agerola, oggi con Pid del ministro Romano, ha votato solo all’ultimo. Eppure, appena un mese fa, aveva ricevuto un dono molto gradito: la nomina della moglie, consigliere regionale in Campania, ad amministratore delegato dell’Istituto di sviluppo agroalimentare. Una nomina di competenza del “suo” ministro alle Politiche agricole.

Uno degli scontenti è il portavoce degli ex Responsabili Francesco Pionati, che da mesi punta a fare il sottosegretario. Ma l’elenco dei mancati promossi ha anche altri nomi. Ci sono, per esempio, due donne: Paola Pelino e Nunzia De Girolamo. A dire il vero, nemmeno il ritorno di Giuseppe Galati nel governo ha fatto gridare di gioia il Pdl. Insieme con Mario Baccini e l’ultimo arrivatoGerardo Soglia, l’ex presidente del Pescara calcio accusato di bancarotta, il neosottosegretario all’Istruzione forma un altro partitino di ex dc che tiene sotto scacco la maggioranza. Calabrese come Misiti, Galati è alla sua seconda vita nella Seconda Repubblica. Nel 2001 era già sottosegretario dopo le elezioni. In quota con l’Udc di Casini. Ma due anni dopo il suo nome viene fatto nell’inchiesta “Cleopatra” su un giro di prostituzione e droga a livelli istituzionali, in cui sono coinvolti anche l’attrice Serena Grandi e il senatore a vita Emilio Colombo. Scrive il gip di Roma: “Galati, soprannominato Pino il politico, si rifornisce stabilmente di cocaina dal pusher Martello. Gli acquisti hanno cadenza almeno settimanale e sono effettuati direttamente o tramite Armando De Bonis, suo uomo di fiducia che ha libero accesso alle Attività Produttive”. Nel 2007 si è sposato con la collega deputata Carolina Lussana, leghista. È lo stesso anno in cui Luigi de Magistris lo ha messo sotto inchiesta per associazione per delinquere.

Ovviamente, anche il quarto premiato di venerdì è un malpancista. Si chiama Guido Viceconteed è stato uno dei congiurati di Claudio Scajola. Sostituito da Galati all’Istruzione, è stato nominato sottosegretario all’Interno. Una poltrona di peso, al Viminale. Di Viceconte si è parlato nell’inchiesta sulla cricca degli appalti del G8, ma il suo nome è legato alla prima indagine su Gianpaolo Tarantini in Puglia, nel 2002, condotta da Michele Emiliano, attuale sindaco di Bari. Al centro, i soliti appalti nella sanità. Alla regione il governatore era Raffaele Fitto, oggi ministro. I carabinieri, in un rapporto, scrivono che la suocera del fratello di Tarantini, Claudio, “sarebbe andata a Roma dove grazie all’appoggio del sottosegretario Guido Viceconte, pare abbia incontrato il ministro alla Sanità, Girolamo Sirchia, per discutere di questioni personali”. Poi le solite cene elettorali organizzate dall’imprenditore che portò la D’Addario da B. In un’intercettazione del 2004, ecco cosa dice Gianpy Tarantini a un amico primario: “Io sto appoggiando il sindaco di Bari, di Forza Italia, Lo Buono, e domani sera fanno una cena con Fitto e i direttori generali di Forza Italia. Sono tutti di Forza Italia tranne Bari 1 che è di An. Ci saranno Fitto, Viceconte, che è un amico…”.

Nel centrodestra, qureto genere di amicizia è un valore importante. Improbabile che riesca a scalfirlo l’avvertimento lanciato ieri dal segretario Alfano: “Dobbiamo adottare il principio anatomico: un uomo, una sedia. Non si può sedere su due contemporaneamente”. Nel partito dell’amore, l’anatomia che conta è un’altra. Chiedere a B.


Cento stronzi - e il resto. di Alessandro Gilioli - Piovono rane.


Qui sotto ho fatto una piccola cronaca, il più “entomologica” possibile.
Però un paio di cose in più bisogna dirle anche a caldo e con il naso ancora pieno di quell’odore schifoso.
Primo, vedo che già gira in rete questa foto, a «dimostrazione» che i black bloc sono «poliziotti travestiti», infatti avrebbero le stesse scarpe:
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Ora, è evidente che questi poliziotti non sono italiani, basta guardare le divise e i caschi.
Non mi pare si faccia buona informazione a diffonderla se non per smentirla.
Secondo, mi pare più interessante questa foto presa dal Colle Oppio prima che iniziassero gli scontri qui a San Giovanni:
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Ecco, questi sono quelli di cui oggi parla tutta Italia (e non solo).
Contateli.
Quelli che ho visto io in azione in Piazza San Giovanni – l’ho scritto – erano ancora meno: un centinaio, al massimo 150. Ma a esagerare.
Questo mi porta a una qualche tesi ‘ideologica’ e ‘preconcetta’ sui black bloc come «sbirri travestiti»?
No, assolutamente. Anzi, in tutta onestà penso che fossero cento autenticissimi stronzi incappucciati.
Quindi semmai la domanda è quella che mi ha fatto il mio vicino di casa quando, accanto a me, li ha visti passare di corsa lanciando di tutto: «Ma possibile che in cento riescano a combinare tutto tutto questo casino?».
Non lo so, non sono un esperto di ordine pubblico.
Quello che so è che questi cento stronzi hanno messo a ferro e a fuoco il mio quartiere, hanno azzerato il senso di una protesta di massa legittima anche nei contenuti, hanno conquistato ogni spazio mediatico possibile immaginabile di questo Paese e hanno tarpato le ali a ogni futura declinazione, in Italia, di un movimento mondiale.
Gliel’hanno lasciato fare?
Se è così, non lo sapremo se non fra trent’anni, come trent’anni dopo abbiamo conosciuto il sistema Cossiga, di cui da ragazzo vidi gli effetti senza conoscerne la cause (per la cronaca: «Infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città» Francesco Cossiga, 23 ottobre 2008).
Certo, anche senza aspettare trent’anni, è evidente che stasera c’è chi brinda per come sono andate le cose.
E sono in duecento: un centinaio di stronzi che si sono da poche ore tolti i caschi e un centinaio di politici e banchieri che si sono da anni tolti la coscienza.





Roma, 15 ottobre 2011 - E’ iniziata a Oriente la protesta globale degli indignados che, tra oggi e domani,diromperà in più di 900 proteste in oltre 80 paesi in tutto il mondo.

LONDRA - Alla protesta di Londra si è unito ancheJulian Assange. Il fondatore di Wikileaks, a cui la polizia ha impedito di indossare una maschera (come di solito fanno i manifestanti), è stato accolto trionfalmente dall folla che ha ripetutamente scandito il suo nome. Una dei suoi legali, Jen Robinson, ha commentato su Twitter: "Noi non possiamo indossare una maschera per renderci anonimi, mentre questo è consentito ai conti bancari in Svizzera".

MADRID - Gli indignados spagnoli, i primi che che dal 15 maggio hanno dato il via al movimento globale dalla Porta del Sol di Madrid, hanno invitato il principe delle Asturie ed erede al trono, Felipe, a unirsi alla manifestazione per le strade dellla capitale. Lo riferisce il britannico Guardian che ha pubblicato un video del momento dell’incontro tra Felipe e i manifestanti. A Madrid sono sei i cortei, tutti sono confluiti in Plaza de Cibeles.

GERMANIA - Migliaia di indignados sono scesi in strada anche in Germania. Oltre alla manifestazionedavanti alla sede della Bce a Francoforte, anche a Berlino e Monaco di Baviera si sono radunate migliaia di persone che protestano contro l’avidità delle banche. In 5.000 sono partita dalla Alexanderplatz nella capitale diretti alla Porta di Brandeburgo, attraversando il centralissimo Unter den Linden (creato nella Germania imperiale per far sfilare le truppe del Kaiser). Obiettivo degli indignados berlinesi il palazzo della Cancelleria. Un imponente schieramento di polizia in assetto antisommossa ha circondato i palazzi del Potere tra cui la sede del Parlamento, il Reichstag. Altre manifestazioni sono in corso a Colonia, Amburgo, Hannover e Stoccarda.

IL RESTO DEL MONDO - Ma la solidarietà con il movimento americano Occupy Wall Street è iniziata nella notte in Nuova Zelanda dove centinaia di manifestanti hanno marciato per le strade delle principali città. A Wellington 200 persone hanno sfilato per la città e occupato la Civic Square dove intendono rimanere per una settimana. Proteste di massa anche ad Auckland e nell’isola di Christchurch.

In protesta anche la capitale della Corea del Sud dove il movimento 'Occupa Seul' ha bloccato tutte le strade del centro finanziario della città.

La protesta è comunque entrata già nel vivo anche negli Usa dove nella notte sono iniziati gli scontri con la polizia che hanno portato all’arresto di una cinquantina di persone. Tre manifestanti sono stati fermati a Denver: erano accampati davanti al Capitol building, altri 10 a Seattle, Washington e San Diego. Tensioni anche a New York dove sono state arrestate, nei dintorni di Wall Street circa 14 persone.

A Sidney 2000 persone, inclusi i gruppi aborigeni, i comunisti e i sindacati, hanno protestato davanti la Banca centrale di Australia. In mille hanno occupato la città di Melbourne guidati dall’organizzazione OccupyMelbourne.org.

Sull’onda del 'No al nucleare' hanno marciato gli indignados di Tokyo. I manifestanti sono arrivati fino alla centrale di Fukushima, epicentro della crisi, per chiedere un’interruzione immediata delle attività nucleari.

A Manila, nelle Filippine un folto presidio ha affollato l’area antistante l’ambasciata Usa con striscioni e slogan contro l’’imperialismo americano’. Proteste anche a Taiwan dove la manifestazione è stata guidata da un imprenditore, il presidente della Semiconductor Manufacturing Corp, Morris Chang, in protesta contro il gap tra ricchi e poveri del Paese.

PLAUSI DA SEAN PEAN - "Un applauso allo spirito di quello che sta succedendo a Wall Street". CosìSean Penn, una delle star di Hollywood più impegnate sul fronte sociale e politico, ha espresso il suo sostegno al movimento di protesta degli indignati che oggi si sta mobilitando in tutto il mondo.

In particolare su ‘Occupy Wall Street', il premio Oscar ha espresso la speranza che la grande risonanzadata al movimento si accompagni "a una maggiore organizzazione, credo che sia necessario avere una certa pazienza prima che un movimento del genere sia organizzato".
Redazione