Il caso italiano sui giornali di tutto il mondo. Fotomontaggio a cura di nonleggerlo.blogspot.com
A partire da maggio 2012 le aziende potranno licenziare il personale «per situazioni di crisi economica». È l’affondo più duro sui diritti dei lavoratori contenuto nella lettera d’intenti consegnata dal governo italiano a Bruxelles nel pomeriggio di ieri. Secondo indiscrezioni la libertà di licenziare sarebbe stata inserita all’ultimo minuto, come tassello finale di un «mosaico» di 16 pagine e cinque capitoli, con l’intento di convincere i partner europei della solidità del Paese.
Il testo integrale della lettera all'Ue
Pd e Idv: bocciatura totale lettera. Cgil: mobilitazione
Studenti bocciano lettera: «In piazza 4 novembre»
L'Ue: lettera ben accolta
Draghi: «Non sperare sugli altri»
Risate sull'Italia
La genesi del testo è stata febbrile, con Gianni Letta tra i due fuochi della sua maggioranza e dell’Ue, e Silvio Berlusconi a limare il testo a Palazzo Grazioli fino all’ultimo minuto utile. Il risultato fa tremare i polsi. L’Italia è nel ciclone della speculazione, i suoi conti sono a rischio per la debolezza della ripresa, le imprese fanno fatica a finanziarsi per la crisi dei debiti pubblici, e la ricetta «sfornata» dal governo è far pagare i lavoratori e le loro famiglie. Il colpo che arriva oggi si aggiunge a quello dell’articolo 8 della manovra, che di fatto era solo l’antipasto. Chissà cosa racconterà la Lega ai «suoi» operai, che hanno perso la sicurezza del lavoro in cambio di una pensione di anzianità che non arriverà mai?
Dal testo emerge tutta l’emergenza in cui ci ritroviamo: sembra una rincorsa contro il tempo. Il programma presentato parte da un ruolino di marcia serratissimo: entro due mesi la concorrenza, entro 4 mesi nuovi contesti regolatori e amministrativi, entro 6 mesi misure per l’accumulazione di capitale fisico e capitale umano, entro 8 mesi la riforma del mercato del lavoro. Una marcia campale. Sulla carta. Ma anche, a ben vedere, l’ammissione di un fallimento: dopo un’estate a varare manovre, in autunno se ne annuncia un’altra. Altro che sviluppo e crescita. A smascherare la dura realtà è l’ultimo paragrafo. «Qualora il deterioramento del ciclo (cioè la bassa crescita, ndr)- si legge - dovesse portare a un peggioramento dei saldi il governo interverrà prontamente». Un avvertimento preventivo.
Nel lavoro si colpiscono i privati, e naturalmente anche i pubblici, altro comparto «ostaggio» del Carroccio. Nel testo si chiama «Modernizzazione della Pubblica Amministrazione». La «modernità» si declina così: «mobilità obbligatoria del personale, messa a disposizione (cassa integrazione guadagni) con conseguente riduzione salariale e del personale; superamento delle dotazioni organiche». Queste voci diventano «cogenti/sanzionatori». Una camicia di forza. Sui pubblici il governo «promette» a Bruxelles «la piena attuazione della riforma Brunetta - si legge ancora - in particolare per il ruolo della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche».
Sulle pensioni si inserisce il «numeretto» di 67 anni per uomini e donne. Sarà quello il requisito anagrafico minimo per il pensionamento tra 25 anni, nel 2026. Sostanzialmente un nulla di fatto, se si considera che già oggi la vecchiaia è a quota 66 (65+1 per la finestra d’uscita). Anche per le donne non cambia molto rispetto a quanto già si è toccato: nell’ultima manovra già si era deciso di equiparare di qui al 2016. Troppo rumore sulla previdenza, ma non per nulla. Il tambureggiare della stampa è servito a coprire il licenziamento facile, che spunta solo ora. Dopo aver «rottamato» i pubblici, il governo punta a dismettere gli immobili pubblici. Palazzo Chigi ha già pronta da tempo una lista di beni alienabili. Nella lettera il governo stima proventi per almeno 5 miliardi all’anno nel prossimo triennio. «Previo accordo con le Regioni - aggiunge l’esecutivo - gli enti territoriali dovranno definire con la massima urgenza un programma di privatizzazione delle aziende da essi controllate. I proventi verranno utilizzati per ridurre il debito o realizzare progetti di investimenti locali». Sulla concorrenza si parte dal settore più concorrenziale, grazie agli interventi del centrosinistra: il commercio. Si prevedono interventi anche per la liberalizzazione del settore dei carburanti, e quella della Rc auto. Sugli ordini professionali, settore su cui il centrodestra ha fatto vertiginose retromarce, tanto da provocare le proteste della Confindustria, il governo dichiara timidamente che le tariffe sarebbero «soltanto un riferimento per la pattuizione del compenso spettante al professionista». Si tratta di uno dei punti su cui la lobby degli avvocati ha fatto sentire la sua voce in parlamento. Non è affatto certo che stavolta staranno zitti. Nella parte finale si affronta il problema debito. Il governo annuncia l’istituzione di una commissione ristretta che dovrà studiare un piano organico per l’abbattimento del debito accumulato.
Il testo integrale della lettera all'Ue
Pd e Idv: bocciatura totale lettera. Cgil: mobilitazione
Studenti bocciano lettera: «In piazza 4 novembre»
L'Ue: lettera ben accolta
Draghi: «Non sperare sugli altri»
Risate sull'Italia
La genesi del testo è stata febbrile, con Gianni Letta tra i due fuochi della sua maggioranza e dell’Ue, e Silvio Berlusconi a limare il testo a Palazzo Grazioli fino all’ultimo minuto utile. Il risultato fa tremare i polsi. L’Italia è nel ciclone della speculazione, i suoi conti sono a rischio per la debolezza della ripresa, le imprese fanno fatica a finanziarsi per la crisi dei debiti pubblici, e la ricetta «sfornata» dal governo è far pagare i lavoratori e le loro famiglie. Il colpo che arriva oggi si aggiunge a quello dell’articolo 8 della manovra, che di fatto era solo l’antipasto. Chissà cosa racconterà la Lega ai «suoi» operai, che hanno perso la sicurezza del lavoro in cambio di una pensione di anzianità che non arriverà mai?
Dal testo emerge tutta l’emergenza in cui ci ritroviamo: sembra una rincorsa contro il tempo. Il programma presentato parte da un ruolino di marcia serratissimo: entro due mesi la concorrenza, entro 4 mesi nuovi contesti regolatori e amministrativi, entro 6 mesi misure per l’accumulazione di capitale fisico e capitale umano, entro 8 mesi la riforma del mercato del lavoro. Una marcia campale. Sulla carta. Ma anche, a ben vedere, l’ammissione di un fallimento: dopo un’estate a varare manovre, in autunno se ne annuncia un’altra. Altro che sviluppo e crescita. A smascherare la dura realtà è l’ultimo paragrafo. «Qualora il deterioramento del ciclo (cioè la bassa crescita, ndr)- si legge - dovesse portare a un peggioramento dei saldi il governo interverrà prontamente». Un avvertimento preventivo.
Nel lavoro si colpiscono i privati, e naturalmente anche i pubblici, altro comparto «ostaggio» del Carroccio. Nel testo si chiama «Modernizzazione della Pubblica Amministrazione». La «modernità» si declina così: «mobilità obbligatoria del personale, messa a disposizione (cassa integrazione guadagni) con conseguente riduzione salariale e del personale; superamento delle dotazioni organiche». Queste voci diventano «cogenti/sanzionatori». Una camicia di forza. Sui pubblici il governo «promette» a Bruxelles «la piena attuazione della riforma Brunetta - si legge ancora - in particolare per il ruolo della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche».
Sulle pensioni si inserisce il «numeretto» di 67 anni per uomini e donne. Sarà quello il requisito anagrafico minimo per il pensionamento tra 25 anni, nel 2026. Sostanzialmente un nulla di fatto, se si considera che già oggi la vecchiaia è a quota 66 (65+1 per la finestra d’uscita). Anche per le donne non cambia molto rispetto a quanto già si è toccato: nell’ultima manovra già si era deciso di equiparare di qui al 2016. Troppo rumore sulla previdenza, ma non per nulla. Il tambureggiare della stampa è servito a coprire il licenziamento facile, che spunta solo ora. Dopo aver «rottamato» i pubblici, il governo punta a dismettere gli immobili pubblici. Palazzo Chigi ha già pronta da tempo una lista di beni alienabili. Nella lettera il governo stima proventi per almeno 5 miliardi all’anno nel prossimo triennio. «Previo accordo con le Regioni - aggiunge l’esecutivo - gli enti territoriali dovranno definire con la massima urgenza un programma di privatizzazione delle aziende da essi controllate. I proventi verranno utilizzati per ridurre il debito o realizzare progetti di investimenti locali». Sulla concorrenza si parte dal settore più concorrenziale, grazie agli interventi del centrosinistra: il commercio. Si prevedono interventi anche per la liberalizzazione del settore dei carburanti, e quella della Rc auto. Sugli ordini professionali, settore su cui il centrodestra ha fatto vertiginose retromarce, tanto da provocare le proteste della Confindustria, il governo dichiara timidamente che le tariffe sarebbero «soltanto un riferimento per la pattuizione del compenso spettante al professionista». Si tratta di uno dei punti su cui la lobby degli avvocati ha fatto sentire la sua voce in parlamento. Non è affatto certo che stavolta staranno zitti. Nella parte finale si affronta il problema debito. Il governo annuncia l’istituzione di una commissione ristretta che dovrà studiare un piano organico per l’abbattimento del debito accumulato.
27 ottobre 2011