mercoledì 9 novembre 2011

I finiani: “Vigilare sul Caimano”







Il salvacondotto. L’invito arriva dai finiani de Il Futurista. E si condensa in poche parole: “Al Caimano mai lasciare tempo, spazio e soldi. L’esperienza insegna”. Il quotidiano online diretto da Filippo Rossi – e vicino alle posizioni del presidente della Camera – solleva un interrogativo: “Non è che la legge di stabilità in realtà nasconda il compromesso finale, il famoso salvacondotto per Silvio Berlusconi?”. L’ipotesi è quella di un inserimento “di emendamenti ad personam finalizzati a tutelare il patrimonio di Silvio”. Il conflitto d’interessi, ancora una volta. “Bisogna vigilare: Berlusconi sta trattando la sua resa, ovvero la sua personale tutela”.

I metodi del Caimano. Una trattativa in cui Berlusconi “userà, purtroppo, i metodi che è solito usare”. Si legge: “Anche un anno fa quel tempo supplementare che fu concesso dalle opposizioni proprio per votare la legge finanziaria, permise a Berlusconi l’acquisto dei responsabili”. I timori: “Che si possa ripetere lo stesso modulo? Che davvero il presidente del Consiglio arrivi a rimangiarsi le parole pronunciate dinanzi a Giorgio Napolitano? Che stia preparando una trappola, un ultimo gioco di prestigio? Forse”. Poi l’enigma dei mercati: “Aspetteranno sul serio due settimane?”.

Gli appunti di Mister B. - di Andrea Scanzi



Andrea Scanzi


Le dittature terminano spesso in maniera ridicola. Salazar, per dire, cadde dalla sedia dopo aver vessato il Portogallo per decenni.


Non c’è quindi granché di inedito nel livello di ridicolo che tracima da questi titoli di coda (coda?) del berlusconismo. La scena di Stracquadanio che si asserraglia dietro un blindato dei carabinieri, per sfuggire ai cronisti (ai cronisti: non ai contestatori), racconta da sola tutta la mestizia di questi 17 anni vissuti vigliaccamente.


C’è però una sequenza più rilevante. Non sottovalutatela: è il momento in cui Berlusconi capisce che i voti sono stati solo 308.


Fino a quel momento ha esibito una faccia scura, tirata, impietrita. Nulla di nuovo: giusto un despota che soffre. Piacevole come tutti i despoti che soffrono, ma nulla di nuovo.
Andiamo un po’ avanti. C’è Berlusconi che scrive. Non ascolta Bersani che parla (e fa benissimo, beninteso) ma scrive. Sì, ma cosa? Ha appena scoperto che la maggioranza non esiste più, che forse (forse) è finita davvero. E lui che fa? Prende una penna e scarabocchia qualcosa: le ultime volontà, l’elogio del Tadalafil, la nuova canzone di Apicella? No. I fotografi sono stati bravi a scoprirlo.


E’ questo il dato realmente saliente dell’8 novembre 2011: quel biglietto. In quegli appunti schematici, ma significativi, c’è dentro tutta la psiche di Silvio BerlusconiL‘uomo a cui la maggioranza votante degli italiani ha demandato la concretizzazione delle loro più basse abiezioni e pulsioni.


Sono appunti che vanno a capo: ossessivi, compulsivi. Leggiamoli.


La prima riga è quella del livore. “308 (-8 traditori)“. Nella parentesi c’è tutta la virulenza del soggetto, la gravità degli sgherri che (lo) hanno tradito, il “-” algebrico che sancisce la scomunica.


La seconda riga è quella della paura atavica. “Ribaltone“. Anche nel solipsismo più ansiogeno, Berlusconi non si addebita colpe. Sono gli altri che tramano, che complottano: che lo “ribaltano”. Non teme tanto la sconfitta, quanto la defenestrazione (parola di cui ignora il significato ma conosce l’effetto) e l’idea che altri ne occupino il posto. Infatti non scrive: “sconfitta”. Scrive: “ribaltone”. Non è un caso. Non lo è mai.


La terza riga è quella del desiderio. “Voto“. Constatato il fallimento, Berlusconi lo allontana subito. E’ uno spauracchio disfattista che non ha diritto di albergare nella sua mente. Così, immaginando mondi altri, come del resto ha sempre fatto, ipotizza imminenti e ulteriori trionfi elettorali. La Santanché ha detto: “Berlusconi è nato nelle urne e morirà nelle urne” (disgraziatamente non parlava di un desiderio postumo e legittimo di cremazione).  Il despota cade, ma immagina nuove magnifiche sorti e progressive (anche se non le chiamerebbe così).


La quarta riga è quella della farsa. “Prendo atto (rassegno le dimissioni)”. Eccolo, di nuovo, il grande talento di Berlusconi: declinare l’atto dovuto (la dimissione) a farsa (il prendere atto tardivamente). A bluff, a recita. A sceneggiata attraverso cui ritornare protagonisti: Mi dimetto, ma prima faccio approvare qualcosaPrima prendo – guadagno – tempo. Sperando nel frattempo che l’opposizione (eh?) gli abbia nuovamente sgombrato il campo.


La quinta riga è quella della psicanalisi. “Presidente della Repubblica“. Berlusconi, con fare si direbbe autistico, ricorda a se stesso i passi elementari da compiere nelle ore immediatamente successive alla Waterloo. Come lo smemorato di Collegno, rammenta gli atti cardine di un’esistenza. Il bigliettino di appunti, visto con lo sguardo di Freud, ma pure di Jung, ma pure di Crepet, è una elencazione psicotica di banalità. Sarebbe come se una persona, da poco svegliatasi, cercasse un foglio e ci scrivesse: “Respirare”, “Minzionare”, “Bere”, “Mangiare”, “Dormire”. (Manca “macho clacson campana” e poi facciamo il Gioca Jouer).


La sesta riga è quella dell’agnizione. “Una soluzione“. Geniale, a suo modo. “Una soluzione“. Berlusconi è nella polvere, è il cattivo ferito a morte, è lo zombie apparentemente sconfitto per sempre: ciò nonostante, cerca “una soluzione”. Esplicitandone l’esigenza. E’ l’attaccante che non segna, ma quando entra al bar dice agli amici (o presunti tali): “Uè raga, oggi ho fatto 3 gol (e due in rovesciata, cribbio”. E’ l’amatore ipotetico che millanta erezioni monumentali, a uso e consumo di geishe che – distratte – neanche se ne sono accorte. E’ uno scrittore di gialli che, non avendo più vena creativa, scrive malinconicamente in fondo alla pagina bianca: “Il libro deve avere una fine”. E che sia una fine indimenticabile: per lui, non per i lettori.


La lista degli appunti poteva andare avanti ancora. Del tipo. Punto sette: “Telefonare a  Ghedini”. Punto otto: “Esprimere fiducia al Presidente della Repubblica (comunista!)”. Punto nove: “Portare a spasso Bondi”. Punto dieci: “Grattarsi gli zebedei (ma dopo aver lavato le mani)“. Punto undici: “Organizzare un bunga bunga (raccontare la barzelletta della mela, funziona)”. Punto dodici: “La patonza (farla girare)”.


Poteva andare avanti. Oppure, già così, basta e avanza come finale sghembo di una pessima tragicommedia.


Di sicuro manca l’ultimo punto. E’ il monito che ricordano a Massimo Troisi. In Non ci resta che piangere faceva ridere, in mezzo a quelle righe vergate nervosamente sarebbe parso l’unica cosa intelligente: ”Ricordati che devi morire (sì sì, mo’ me lo segno)“.


Ps: A chi mi farà notare che sono questi i giorni della liberazione e della gioia, rispondo – pur provando un vago accenno di giubilo – che Mister Wolf, in quella nota massima di Pulp Fiction, resta oltremodo attuale.





http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/09/appunti-mister/169357/

Le dimissioni si danno, non si promettono.




Rotondi va in tondo e non risponde alle domande sui contenuti della legge di stabilità. Naturalmente, nonostante le dimissioni annunciate alle quali sempre in meno crediamo, propone già Alfano al governo con la supervisione di Berlusconi.

Cambierebbe il nome del premier, come in Russia con Putin e Medvedev, ma la regia resterebbe la stessa. 

Del resto era prevedibile che B. non avrebbe mollato, ed è altrettanto evidente che il suo scopo non è quello di sacrificarsi per il bene del paese, ma solo voler prendere tempo per escogitare qualche espediente che lo salvaguardi dai processi che si tira addosso per mancanza totale di morale ed etica.

Che l'Europa non creda nelle sue capacità governative è risaputo, che non creda nelle sue dimissioni lo dimostra il fatto che il differenziale con i bund è oggi al 5.66%, record storico.

Ciò che fa maggiormente rabbia è che vogliano far credere che la colpa di quanto sta accadendo non sia da attribuire a B. che ha rassegnato, anche se solo "prossime-future", le dimissioni. 

Il mercato voleva le dimissioni subito ed una cambio di governo, cosa che non è avvenuta.
Mentono sapendo di mentire o pensano che noi non siamo in grado di capire e leggere tra le righe.

Come se al governo non ci fossero "loro" dal 2008, come se non fosse notorio a tutti che la crisi è stata sottovalutata, ignorata dalla loro dabbenaggine ed incompetenza.

Per quanto tempo ancora e quanto ci costerà lo stallo in cui ci ha sprofondato un gruppetto sparuto di incoscienti, incompetenti, corrotti, e chi più ne ha più ne metta, al soldo di un cafone privo di ogni morale, etica e coscienza?

By cettina de giosa


martedì 8 novembre 2011

Dimissioni, aspettando la vendetta del Caimano. - di Peter Gomez






Avviso ai naviganti. Non è ancora finita. Prima che Silvio Berlusconi se ne vada ne vedremo delle belle. Anzi delle brutte. Il premier, raccontano i suoi, si sta preparando al colpo di coda. Da assestare alla prima occasione. Che, in questo caso, si chiama legge di stabilità. È in quella legge, destinata in teoria a soddisfare i mercati, che i suoi uomini tenteranno di inserire un pezzo della buonuscita del Cavaliere.

Il capo del governo, del resto, è stato chiaro. Le dimissioni scatteranno solo dopo l’approvazione della nuova manovra, nella quale verrà aggiunto al Senato un maxi-emendamento contenente parte delle misure riportate nella sua lettera d’intenti inviata la scorsa settimana in Europa. Interventi che, proprio dopo il voto alla Camera, il commissario europeo agli affari economici Olli Rehn ha giudicato “insufficienti”.

Ora il punto è che nessuno conosce il contenuto del maxi-emendamento. Mentre si conoscono (e bene) alcune bozze dei lavori preparativi al Consiglio dei ministri del 24 ottobre che avrebbe dovuto licenziare il decreto sviluppo.

Qualcuno se le ricorderà: s’introduceva una legge ad personam post mortem per favorire i figli di primo letto del Cavaliere dopo la dipartita del loro illustre genitore, si parlava di condoni, di militarizzazione della Val Susa. E quello era solo l’antipasto. Perché se si pensa ai conti dello Stato con un certo disagio viene in mente che con (inesistenti) ragioni economiche sono state in passato motivate dal Pdl pure le norme sulla prescrizione breve e quelle sulle intercettazioni.

Insomma il dibattito al Senato sarà l’occasione giusta per provare a far passare molto di ciò che davvero interessa a Berlusconi, assieme a norme draconiane sul mercato del lavoro e, probabilmente, le pensioni.

Una medicina amarissima che il futuro ex presidente del Consiglio vuole fare trangugiare a tutti in un colpo solo. Contando sulla spinta di uno spread sempre più alle stelle, sulle richieste dell’Unione Europea e sulle opposizioni costrette già oggi, e a scatola chiusa, a promettere che la legge di stabilità verrà votata celermente.

Allora e solo allora, si potrà capire se andremo a elezioni o se nascerà un nuovo governo. E Berlusconi, anche nella sconfitta, potrà ancora una volta pensare di aver vinto. Sarà la vendetta del Caimano. Gli italiani, c’è da giurarlo, la ricorderanno a lungo.



http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/08/dimissioni-aspettando-vendetta-caimano/169358/




http://www.ilfattoquotidiano.it/

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Gli 11 che hanno voltato le spalle al Cav. E lui: «Mi sento tradito»

Cinque deputati del Pdl e cinque del Misto non hanno partecipato al voto; uno si è astenuto.

Berlusconi e Bossi si tengono per mano al momento del voto (Reuters)
Berlusconi e Bossi si tengono per mano al momento del voto (Reuters)
MILANO - Sono undici i deputati di area centrodestra che non hanno partecipato al voto sul Rendiconto generale dello Stato, andando così di fatto ad aggiungersi alle opposizioni. Si tratta dei deputati del Pdl Roberto Antonione, Fabio Fava, Gennaro Malgieri, Giustina Destro, più Alfonso Papa (agli arresti domiciliari). Assenti anche gli esponenti del gruppo Misto Calogero Mannino, Giancarlo Pittelli, Luciano Sardelli, Francesco Stagno D'Alcontres e Santo Versace. Si è invece astenuto Franco Stradella, del Pdl. Lo stesso Silvio Berlusconi aveva chiesto subito dopo la proclamazione dei risultati di poter consultare il tabulato con il resoconto ufficiale della votazione e controllare di persona i nomi dei «traditori».
«DOVE VOGLIONO ANDARE?» - Di «tradimento» ha parlato lo stesso Berlusconi nei primi commenti a caldo con il suo inner circle a negli istanti immediatamente successivi alla proclamazione del risultato. «Mi hanno tradito, ma questi dove vogliono andare?» avrebbe chiesto retoricamente il leader del Pdl ad un gruppo di parlamentari riuniti attorno ai banchi di governo durante la «spunta» dei tabulati. Il premier non si aspettava, riferisce chi gli ha parlato pochi secondi dopo l'esito delle votazioni, che la maggioranza sarebbe andata sotto i 310 voti. A questo punto, ha detto il Cavaliere, bisogna capire cosa fare, ma io non mi abbatto, voglio andare avanti. Al presidente del Consiglio hanno spiegato che alcuni deputati erano assenti per motivi giustificati (Nucara) e altri non hanno potuto partecipare per altri impedimenti. «Ero al bagno, non sono riuscito a votare», dice Gennaro Malgieri. Ad un altro deputato Berlusconi ha ripetuto di voler riflettere, ribadendo poi di avere l'intenzione di fino in fondo.