mercoledì 23 novembre 2011

Padre Zanotelli, in missione contro la guerra: “In Italia ogni ora spesi 3 milioni per armi”. - di Antonella Beccaria



Da Bologna parte anche la campagna a difesa dell'acqua pubblica e del risultato del referendum: centinaia di giovani ad applaudirlo e pronti a sostenerlo nelle sue prossime battaglie.


Le spese militari in Italia in vent’anni sono quasi raddoppiate: dai 14 miliardi e 464 milioni di euro del 1990 ai 27 miliardi e 914 milioni del 2010. Il dato proviene dall’International Peace Research Institute di Stoccolma (Sipri) ed è stato utilizzato da padre Alex Zanotelli, il missionario comboniano d’origine trentina, per lanciare una petizione contro un ulteriore incremento di fondi destinati a finanziare interventi armati all’estero e il rinnovo del parco armamenti tricolore.

Oggi a Bologna ospite del Centro studi Donati per parlare di accoglienza e del rapporto che lega il nord e il sud del mondo, Zanotelli si è sempre occupato di migranti, poveri, sfrattati e rifugiati. Non solo in Africa, dove ha vissuto per anni e anni, ma anche nel nostro paese, dove da tempo si batte per l’acqua pubblica e contro le spese militari.

Ed è infatti proprio questo è il tema della sua petizione “Manovra e armi: il male oscuro”, che nel giro di qualche settimana è stata promossa via Facebook, attraverso siti d’ispirazione sociale e antimilitaristi (in primis IlDialogo.org, ma anche Altracitta.orgWelfare ItaliaAssistenti sociali senza frontiere), e ha registrato due risultati. Il primo che è in oltre 15 mila e 500 hanno apposto la loro firma avallando la richiesta del religioso di tagliare le spese militari. Il secondo invece è che le previsioni più pessimistiche sulla quantità di denaro che se ne va in armi è stato confermato via che la legge di stabilità per il 2012 e per il 2013 veniva elaborata. “Ma questo tutto i media si scordano di raccontarlo”, spiega Zanotelli a margine dell’incontro bolognese.

Ogni ora spesi 3 milioni, 76 ogni giorno”. È con questa affermazione, calcolatrice alla mano, che padre Zanotelli inizia la sua campagna di sensibilizzazione. E aggiunge: “In tutta la discussione nazionale in atto sulla manovra finanziaria, che ci costerà 20 miliardi di euro nel 2012 e 25 miliardi nel 2013, quello che più mi lascia esterrefatto è il totale silenzio di destra e sinistra, dei media e dei vescovi italiani sul nostro bilancio della Difesa [...]. Se avessimo un orologio tarato su questi dati, vedremmo che in Italia spendiamo oltre 50 mila euro al minuto”.

Per trovarne conferma basta vedere cosa tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre era previsto nella legge di stabilità che passava per le Camere in cerca di approvazione. Ed ecco che le cifre hanno registrato un doppio andamento. Da un lato alcune spese che afferiscono al ministero della Difesa sono state tagliate del 18,2% per quanto riguarda i cosiddetti fondi “per l’esercizio”,300 milioni di euro che in parte vengono recuperati da costi per il carburante, per i pezzi di ricambio, per la manutenzione del parco macchine e per l’addestramento del personale.

Confermati invece gli investimenti da completare entro la fine di quest’anno per un valore complessivo di 3 miliardi e 455 milioni di euro, 266 in più rispetto all’anno scorso. Questo denaro – ha dichiarato l’ex ministro Ignazio La Russa prima di lasciare il suo incarico – va in progetti che coinvolgono la Nato e che prevedono l’acquisto di caccia Eurofighter Typhoon, Tornado e F35 Joint Strike Fighter, di elicotteri Nh90 e di sommergibili U-212.

Le Ong: “La solidarietà invece è annullata”. In contemporanea alla conferma delle notizie sulle spese militari, sono insorte le organizzazioni non governative italiane, che con le leggi di stabilità e di bilancio si vedrebbero tagliare il 51% dei finanziamenti a loro destinati dal ministero degli Affari Esteri. “Per i fondi della cooperazione allo sviluppo (legge 49/87) gestiti dal Mae”, ha scritto in una nota l’associazione Ong Italiane, “s i passa dal minimo storico del 2011, pari a 179 milioni di euro, a un nuovo record negativo con soli 86 milioni di euro”.

Una cifra, questa, che solo due anni fa, nel 2009, copriva gli interventi umanitari da svolgere soltanto in due Paesi, l’Etiopia e l’Afghanistan. E a proposito di spese militare, aggiungono gli operatori delle Ong, “si continuano a stanziare 180 milioni di euro per il trattato Italia-Libia e si dispone lo stanziamento di 750 milioni di operazioni militari all’estero. Si conferma l’investimento di 375 milioni l’anno (fino al 2022) per la costruzione delle fregate italo-francesi Freem e di altri 70 milioni fino al 2023 per la partecipazione al consorzio europeo di aeronautica militare”.

In arrivo anche velivoli senza pilota da destinare a Foggia. A fronte di tutto questo, il presidente dell’associazione Ong italiane Francesco Petrelli ha parlato di “tagli [che] non sono affatto lineari ma selettivi e [che] colpiscono in modo abnorme e ingiustificato la cooperazione internazionale ”. E a questo si aggiunge quanto raccontato di recente dal giornalista Antonio Mazzeo che, per la Rete italiana per il disarmo, ha fornito un ulteriore tassello: l’acquisto di “due velivoli senza pilota Uav Predator per il bombardamento teleguidato contro obiettivi terrestri. A darne notizia non è il ministro della difesa italiano, come ci si aspetterebbe, ma il dipartimento della difesa Usa”.

Inoltre, aggiunge ancora il giornalista, “il contratto, per un valore di 15 milioni di dollari, è stato sottoscritto dall’aeronautica militare italiana e prevede pure la fornitura di tre radar Lynx Block 30 e un motore di ricambio”. I velivoli, una volta consegnati, andranno al ventottesimo gruppo “Le Streghe” di Amendola, in provincia di Foggia, “destinata a divenire entro un paio d’anni”, prosegue Mazzeo, “la prima base italiana per i nuovi cacciabombardieri Lockheed Martin F35 (Joint Strike Fighter) che nelle intenzioni del ministero della Difesa sostituiranno prima gli Am-X e poi i Tornado”.

Don Paolo Farinella: “Se anche i cappellani militari ci si mettono a sostenere le spese militari”. Don Paolo Farinella, parroco genovese di confine, aveva fatto da controcanto a Zanotelli già qualche settimana fa, quando aveva commentato la notizia di fare di Giovanni XXIII, il “papa buono” dell’enciclica “Pacem in terris”, nel patrono dell’esercito. Per lui si trattava senza mezzi termini di “una bestemmia, un insulto alla decenza che un prete non dovrebbe nemmeno pensare”.

E a ruota si era scagliato contro monsignor Vincenzo Pelvi, arcivescovo ordinario militare e direttore della rivista dell’ordinariato “Bonus Miles Christi”. L’ecclesiastico aveva dichiarato “amarezza e disagio [per] chi invoca lo scioglimento degli eserciti e l’obiezione contro le spese militari”. Si era aggiunto poi anche con don Vincenzo Caiazzo, sacerdote della portaerei Garibaldi, secondo il quale “i valori militari vanno a braccetto con i valori cristiani”.

“Di fronte a questo rinnegamento del Vangelo viene solo voglia di dire ‘Povero Cristo’”, ha commentato Farinella. “Costoro dovrebbero essere le ‘guide’, dovrebbero insegnare a ‘discernere’ la violenza dalla non-violenza, la pace dalla guerra. Invece sono l’autorità nella Chiesa che si annettono Cristo a loro uso e consumo, lo militarizzano, lo circondano di armi e di morte”.

“Ma perché i nostri pastori non alzano la voce e non gridano che questa è la strada verso la morte?”, ha scritto ancora Zanotelli nella sua petizione. “Come cittadini chiediamo di sapere quanto va in tangenti ai partiti, al governo sulla vendita di armi all’estero (ricordiamo che nel 2009 abbiamo esportato armi per un valore di quasi 5 miliardi di euro). È un autunno drammatico questo, carico di gravi domande”.

Allucinante!

Maltempo, frana investe casa in provincia di Messina: sono tre le vittime




Situazione critica in Sicilia e in Calabria: vittime, danni ingenti, scuole chiuse per evitare guai peggiori. E' stata salvata la ragazza data per morta. La pioggia dà una tregua, ma ora è massima allerta meteo in Puglia, in particolare nel Salento e in provincia di Taranto.

Il ponte crollato per la pioggia
Pioggia incessante, un torrente che s’ingrossa, argini che non tengono per via dell’incuria, uno smottamento che diventa frana, un costone di roccia che investe un gruppo di case. Tre morti. Ma il bilancio rischia di salire. Il maltempo miete ancora vittime in Italia. Questa volta è accaduto in Sicilia, in provincia di Messina, per la precisione a Scarcelli, una frazione di Saponara. “Abbiamo bisogno di aggiornare al più presto la mappa di tollerabilità del territorio, concentrare risorse per fare prevenzione, intervenire sui fattori che nel suolo possono causare disastri”: parola di Corrado Clini, il neoministro dell’Ambiente. Volto nuovo, problema vecchio.

Un bambino di 10 anni, un padre con un figlio grande: sono loro le vittime del fiume di fango che ha sommerso il paesino a ora di cena, al termine di una giornata di pioggia incessante che ha battuto per ore non solo la Sicilia, ma anche le isole Eolie, la Calabria (dove il giorno prima si era contato un altro morto per il maltempo), un pezzo di Sardegna, il versante ionico della Puglia(dove oggi c’è allerta nel Salento e in provincia di Taranto) e un pò tutto il Sud.

La tragedia, però, è a Saponara, dove sin da subito si è messa in moto la macchina dei soccorsi. Troppo evidente, del resto, che il costone di roccia franata avesse provocato danni e seminato morte. Inizia la ricerca dei dispersi, a lavoro gli uomini della Protezione civile, dei Vigili del fuocoe dei Carabinieri. Presto ne vengono segnalati due, un padre e un figlio che mancano all’appello. La madre si è salvata per miracolo, aggrappandosi alla ringhiera di un balcone. I pompieri riescono a salvare un ragazzo investito dal fiume di acqua e fango che ha invaso le strade. E non smettono di cercare.

“Il paese è in ginocchio – aveva detto il vicesindaco di Saponara, Giuseppe Merlino -, i danni sono ingenti e tutti speriamo che i due dispersi, travolti dalla frana, siano in vita”. Speranza purtroppo rivelatasi vana. “Non era una zona ritenuta a rischio quella in cui ieri si è verificata la tragedia” ha detto invece il sindaco, Nicola Venuto. “Lo scorso anno – ha aggiunto – c’erano stati degli smottamenti e segnalati dei rischi ma in un un’altra zona, non in questa”. Il sindaco ha confermato che per tutta la notte vigili del fuoco, Protezione civile, militari e volontari hanno scavato alla ricerca di dispersi nel tentativo di salvarli. Sul luogo del disastro, che si può raggiungere solo a piedi, i soccorritori continuano a scavare. Anche a mani nude. In un paese vicino, Monforte San Giorgio, il conducente di un mezzo scavatore che cercava di rimuovere massi e detriti dalla strada, viene intanto investito dal fango, restando gravemente ferito. ”In questo momento – ha detto il sindaco – c’è il rischio di dover disporre con una ordinanza l’evacuazione di 420 persone: 220 nel centro del paese e 200 nella frazione di Scarcelli. Ora ci sono una dozzina di famiglie senza casa – ha aggiunto – ma c’è un rischio residuo sui costoni che va analizzato da geologi della Regione, dopo decideremo”.

L’alluvione a Barcellona Pozzo di Gotto e Milazzo

Video 1
Video 2
Il primo corpo ad essere restituito è quello di un bambino di 10 anni. Si chiamava Luca Vinci e al momento della tragedia era in casa con la madre, che si è salvata. Tutto è accaduto troppo in fretta e, anche se distante solo pochi metri dal figlio, non ha potuto far nulla. Intanto esonda un torrente a Villafranca Tirrena (Messina), a valle di Saponara, e 20 famiglie rimangono isolate. Poco dopo, ormai a notte fatta, emergono dal fango anche i corpi senza vita di Luigi e Giuseppe Valla, padre e figlio, rispettivamente 55 e 25 anni, le due persone che risultavano disperse nella frana di Scarcelli. Passano pochi minuti e il responsabile della Protezione Civile siciliana, Pietro Lo Monaco, annuncia il recupero di un quarto corpo: è di una donna di 24 anni. La notizia, tuttavia, è smentita a distanza di ore. La ragazza, infatti, è stata salvata dai vigili del fuoco insieme a una donna di cinquant’anni: entrambe sono state recuperate all’interno di un’abitazione di Saponara con il fango che arrivava loro al collo. A quanto pare, però, vi sarebbero ancora dispersi.

Ora, invece, mentre il sole è coperto da un cielo velato di nero, si continua a scavare tra il fango. Anche le persone si sono attrezzate con vanghe e stanno pulendo strade e cantine invase dal fango. “Vivo qui da 20 anni – racconta Giovanni, 48 anni – non era mai successa una cosa del genere. Le case crollate erano lì da almeno 50 anni. In passato non c’è mai stato un caso del genere: è stata una tragedia. Eravamo tutti bloccati e non si poteva scappare”. Mentre con i familiari, armato di pale, toglie il fango dalla cantina della propria casa, Giovanni ricorda nitidamente cosa è accaduto ieri sera: “Ero bloccato in auto e non riuscivo neanche a scendere dalla vettura per aiutare i miei, non ho visto mai cadere tanta acqua tutta insieme”. Sui soccorsi dice che “sono stati veloci, perché sono arrivati subito i militari della brigata Aosta e i medici del 118, con appartenenti alla Protezione civile comunale, che hanno aiutato subito alcune persone rimaste bloccate a lasciare le loro abitazioni”.

Tutta la provincia di Messina è in ginocchio: allagamenti e piccole frane si sono verificate a Milazzo, Barcellona Pozzo di Gotto e Terme Vigliatore. La linea ferroviaria Palermo-Messina è interrotta a causa delle piogge che hanno causato allagamenti e smottamenti. A Barcellona Pozzo di Gotto, 50 famiglie sono rimaste isolate nella frazione di Migliardo Gala per l’esondazione di un torrente. Sempre a Barcellona, nove disabili e due operatori erano rimasti bloccati al primo piano di una comunità di contrada Oreto, perchè il piano terra dell’edificio era allagato. A Milazzo è allagato in parte l’ospedale cittadino e a Castroreale ci sono problemi per la viabilità con molte strade inagibili. Problemi alla A20 Messina-Palermo in entrambe le direzioni nel tratto tra lo svincolo di Milazzo e quello di Barcellona Pozzo di Gotto per smottamenti. Il sindaco di Barcellona,Candeloro Nania, ha invitato la cittadinanza a non uscire da casa, il primo cittadino di Messina,Giuseppe Buzzanca, ha disposto la chiusura di tutte le scuole della città, e lo stesso provvedimento è stato adottato dall’Università di Messina. Problemi anche per le isole Eolie: le condizioni del mare hanno determinato la sospensione dei collegamenti marittimi con la terraferma e a Milazzo sono rimasti bloccati i tanti pendolari e camion carichi di derrate alimentari. Stromboli, Ginostra, Panarea, Alicudi e Filicudi sono isolate da ieri pomeriggio.

Stamane, intanto, nelle zone colpite dall’alluvione è arrivato il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, che ha presieduto una riunione operativa nel municipio di Barcellona Pozzo di Gotto, il centro inondato ieri dalla piena del torrente Longano. In programma, poi, un sopralluogo a Saponara, il paesino che ha pagato il prezzo più alto alla furia della pioggia. ”Sono qui perché il presidente del Consiglio ha voluto che ci fosse subito una presenza del governo nazionale” ha detto Gabrielli, che poi ha aggiunto che “appena la Regione siciliana formulerà la richiesta di stato di emergenza, questa verrà sicuramente portata al primo Consiglio dei ministri utile”.

Non smette di piovere a Catanzaro, dove ieri un nubifragio ha provocato la morte di un uomo e dove le scuole domani resteranno chiuse. In provincia, invece, crollato un ponte che collega Calderà e Spinesante. A causare il cedimento è stato il fiume che scorre sotto la struttura ferroviaria, dove poco prima era transitato il treno regionale Lamezia Terme-Catanzaro Lido, deragliato nel tratto compreso tra Feroleto e Marcellinara. E’ quanto hanno accertato i vigili del fuoco, che hanno eseguito le prime verifiche sul posto nell’immediatezza del fatto, sotto una pioggia incessante. Il convoglio è uscito dai binari coricandosi leggermente di lato. Fortunatamente non ci sono state gravi conseguenze: sul convoglio viaggiavano una ventina di passeggeri, alcuni dei quali sono rimasti contusi. Gli accertamenti proseguiranno nella giornata di oggi, resi più facili dal leggero miglioramento delle condizioni meteo. Al momento infatti il cielo è coperto ma ha smesso di piovere.

In serata le condizioni meteo sono peggiorate ed è stata convocata una riunione in Prefettura. Su Catanzaro si è abbattuto un vero e proprio diluvio con tuoni e fulmini, decine le richieste di intervento giunte al comando dei vigili del fuoco. Il comune di Lamezia Terme ha invitato la cittadinanza ad evitare, se non per motivi strettamente necessari, di uscire di casa. Nella zona ionica – soprattutto crotonese – da pochi minuti è interrotta la linea ferroviaria jonica, tra Soverato (Catanzaro) e Crotone per un muro caduto e l’allagamento della stazione di Botricello(Catanzaro). Su gran parte della Calabria ha smesso di piovere dopo il nubifragio di ieri. Anche in Calabria sono i fiumi a fare paura. Risultano esondati diversi torrenti e tra questi l’Umbro, a Cropani, ha allagato un gruppo di case popolari. Nel capoluogo calabrese ci sono ancora famiglie isolate e si sta procedendo all’evacuazione di alcune persone. Allagamenti e disagi hanno segnato tutta la rete viaria, con alcune strade che restano chiuse come nel caso della Provinciale per San Floro. Difficoltà si registrano anche per l’approvvigionamento idrico e le linee telefoniche. Disagi alla viabilità sono segnalati anche nel Crotonese, mentre e’ stata chiusa la linea ferroviaria tra Crotone e Soverato.

La pioggia ha continuato a battere intensa anche sulla Sardegna meridionale, sulla costa orientale, nel nuorese e in Ogliastra. Il sindaco di Nuoro ha emesso una ordinanza per la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado, così come ha fatto il sindaco di Cagliari per l’area di Pirri. Scuole chiuse anche in alcuni comuni della Gallura. Nel Campidano sono esondati alcuni piccoli fiumi e a Guspini e Villacidro sono state evacuate dalle loro case una decina di famiglie. Frane e smottamenti vengono segnalati dall’Anas nella zona del cagliaritano. Durante la notte il maltempo ha provocato disagi alla circolazione sulla rete stradale dell’isola e anche una interruzione dell’erogazione idrica in alcuni Comuni. In serata la situazione è leggermente migliorata sulla Sardegna centromeridionale e orientale.

Nubifragi anche in Puglia, nel tarantino, con disagi soprattutto alla circolazione stradale e ferroviaria. Problemi anche in Liguria, soprattutto a causa del vento forte che ha provocato la caduta di alberi, problemi alla viabilità sulle autostrade e costretto il terminal commerciale Vte diVoltri a fermare le attività. Due aerei che avrebbero dovuto atterrare nel a Genova sono stati dirottati su altri scali. Il quadro sembra destinato a non migliorare: la perturbazione stazionerà fino a domani sull’Italia meridionale e in parte su quella centrale. La Protezione civile ha emesso una nuova allerta meteo che prevede temporali su Sardegna, Calabria, Basilicata e Puglia, con estensione anche a Marche e Abruzzo.

“Abbiamo bisogno di aggiornare al più presto la mappa di tollerabilità del territorio, concentrare risorse per fare prevenzione, intervenire sui fattori che nel suolo possono causare disastri”: parola del neoministro dell’Ambiente Corrado Clini che, intervistato da Sky Tg24, ha sottolineato sia indispensabile “intervenire anche sui corsi d’acqua e iniziare a considerare la possibilità che zone esposte vengano svuotate da attività produttive e residenze: il prezzo che si paga traccheggiando è molto alto, dobbiamo quindi anche pensare che alcune attività consolidate debbano essere spostate da alcuni siti. I tempi di lavoro sono lunghi ma dobbiamo attrezzarci per l’emergenza e in questo, il lavoro della Protezione Civile è essenziale”.

“La Protezione civile regionale è presente sui posti dall’inizio dell’emergenza e anche questa mattina il nostro capo del Dipartimento, Pietro Lo Monaco, sarà accanto alla gente. Dichiareremo immediatamente lo stato di calamità con l’auspicio che il governo nazionale sostenga, senza altri indugi, la messa in sicurezza del territorio”: lo ha detto il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, che ha espresso “solidarietà alla popolazione del territorio messinese e un sentimento di forte cordoglio per le vittime della frana di Saponara”. Lombardo, poi, ha assicurato che “non faremo mai mancare il nostro sostegno a un territorio già duramente colpito in passato e sin da oggi i componenti della giunta regionale di governo saranno sui luoghi colpiti dalle forti piogge per assistere la popolazione”.

Mentre le istituzioni prendono posizione, i tecnici tornano a battere sul solito tasto. “E’ un film già visto e che conosciamo, ahimè, anche troppo bene, ma nonostante abbiamo segnalato e segnaliamo da anni tutto in modo forte e chiaro alle istituzioni a vario livello, ad oggi assistiamo ancora all’assordante indifferenza della nostra classe dirigente. E’ evidente che la politica in tutte le sue forme non solo sottovaluta il fenomeno, ma soprattutto, si rende complice con la propria inerzia”: è il durissimo affondo del vicepresidente dei geologi di Sicilia, Carlo Cassaniti, che commenta così il nuovo disastro causato dal maltempo. “In questi anni – prosegue Cassaniti – noi geologi italiani abbiamo messo sotto i riflettori la problematica relativa al rischio idrogeologico, abbiamo studiato e approfondito tali fenomeni per farci trovare oggi pronti a dare il nostro contributo alla collettività, ma ancora una volta non si decide, non si prendono le misure serie e concrete per migliorare le condizioni di sicurezza del nostro territorio nazionale”. I geologi siciliani chiedono che “al ministero dell’Ambiente venga nominato un geologo come sottosegretario, che assuma l’impegno di commissariare l’Italia per l’emergenza idrogeologica. Abbiamo dimostrato -ha continuato Cassaniti- da Giampilieri in poi, che sappiamo assolvere anche alla funzione etica e sociale della professione di geologo la quale, a dispetto di quanto qualcuno vuole far credere, non è e non è mai stata una casta ma, invece, è ed è sempre stata, la forza di un gruppo al servizio della comunità e del territorio”.

Lavora 6 giorni in 9 anni: arrestata per truffa operatrice del Sant’Orsola Malpighi




La donna ha presentato una lunga serie di certificati medici falsi per malattie e gravidanze a rischio. 


Il gip le ha concesso i domiciliariI carabinieri del Nas di Bologna hanno posto agli arresti domiciliari una dipendente dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Orsola Malpighi di Bologna, indagata per truffa aggravata ai danni di enti pubblici e falso ideologico in documentazione pubblica. La misura, emessa dal gip di Bologna, Alberto Gamberini, su richiesta del pm Claudio Santangelo, deriva dalle indagini del Nas di Bologna a carico di un’operatrice tecnica (con funzione di supporto assistenziale dell’ospedale) poiché negli ultimi 9 anni aveva prestato servizio solamente per 6 giorni con lunghi periodi di malattie e assenze per maternità.


L’operatrice sanitaria, infatti, oltre ad essere risultata assente per continuati e prolungati periodi di malattia, sui quali sono in corso ulteriori indagini al fine di accertarne la veridicità delle condizioni, si era assentata per due presunte gravidanze, dapprima per complicanze della gestazione e poi per maternità obbligatoria, di fatto non vere o comunque non portate a termine.


Infatti, la signora, con artifizi e raggiri, riusciva dapprima ad ottenere da medici del consultorio familiare e dell’Ospedale Maggiore di Bologna i certificati di maternità a rischio, omettendo poi di sottoporsi a specifici esami diagnostici per l’accertamento dell’effettivo stato di gravidanza. Successivamente induceva in errore anche la Direzione del Policlinico Ospedaliero e la Direzione Provinciale del Lavoro usufruendo indebitamente dei periodi di assenza.


Inoltre, producendo false certificazioni comprovanti la nascita dei due figli a febbraio 2004 e nell’ottobre 2009, usufruiva indebitamente dei benefici di detrazione d’imposta per figli a carico. Il danno erariale, al momento, è stato quantificato in circa 33.117 euro.


http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/23/lavora-giorni-anni-arrestata-truffa-operatrice-santorsola/172538/

martedì 22 novembre 2011

Il vescovo che violentava i ragazzini africani.



Le forze dell’ordine olandesi stanno cercando prove per incriminarlo

Sta acquisendo dimensione internazionale lo scandalo a base di pedofilia che coinvolge il vescovo olandese Cornelius Schilder: il prelato è ormai sotto attenzione dalle forze dell’ordine di almeno tre istituzioni, ovvero: quelle irlandesi, quelle olandesi e l’Interpol a coordinare le operazioni. Il tutto per una brutta storia di violenze sessuali perpetrate in Kenya negli anni ’50: il prelato, in effetti, è stato in servizio in Africa fino al 2009.
IL CASO – Le informazioni che hanno portato alla riapertura del caso su Schilder sono arrivate all’Interpol dalla divisione “crimini sessuali” della polizia irlandese, divisione sorta all’indomani dell’esplosione dello scandalo della pedofilia nel clero. Le informazioni sono state passate al coordinamento della polizia internazionale dunque dalle forze dell’ordine di Dublino; l’Interpol ha così ufficialmente chiesto ad Amsterdam di aprire un’inchiesta sul vescovo in possesso di passaporto olandese. Ad accusarlo “un seminarista kenyota, Emmanuel Shikuku”, appartenente alla tribù Masai e quattordicenne al tempo delle presunte violenze.”Le dichiarazioni fatte da questo aspirante prete coinvolgono alcuni appartenenti alla società missionaria inglese “Mill Hill”, scrive Vatican Insider, organo di informazione religiosa della Stampa. L’episcopato olandese ha già da tempo aperto un’inchiesta, che si definisce “aperta, indipendente e completa” sul dossier abusi nel clero; secondo l’autorità ecclesiastica è più che sufficiente. Secondo quella civile, in effetti no: anche perché le confessioni del seminarista fanno il paio con quelle di un anziano olandese di 63 anni che solo in tarda età ha raccontato le violenze che ha subito dai sacerdoti in un istituto cattolico nel sud dell’Olanda.
INCHIESTA APERTA – Le inchieste sul vescovo Schilder sono state dunque aperte. Il prelato si èdimesso dalla diocesi di Ngong nel 2009, “per motivi di salute”, ufficialmente. “Ma voci dal Vaticano parlano di una richiesta di dimissioni, e l’ordine Mill Hill lo ha sospeso dal ministero”, il che dona solidità alle accuse nei suoi confronti. Finora non era stato perseguito dal braccio della giustizia olandese “per mancanza di una richiesta formale”; richiesta che è invece arrivata, come dicevamo, giorni fa direttamente dall’Interpol. Lo scandalo preti pedofili ha avuto in Olanda un eco ancora maggiore che altrove, considerando, come ricorda VA, che all’indomani del Concilio Vaticano II i Paesi Bassi hanno visto una deviazione molto liberale dell’approccio liturgico, con la pubblicazione del Nuovo Catechismo Olandese che aveva parole di comprensione e accoglienza per “l’omosessualità, l’aborto, le pratiche contraccettive, l’ordinazione femminile e il celibato del clero”.

Vengo a prenderti stasera su "La mia Torpedo blu". - di Ketty Iannantuono







Il bel Paese ha decisamente un debole per i motori. I suoi politici ne hanno fatto, nel tempo, un emblema di distinzione, tanto che, oggi, l’autoblù è uno dei primi segnali di riconoscimento dell’appartenenza alla Casta.
Ovviamente, dal momento che la Casta è gerarchizzata, anche la regal vettura ha subito un processo di classificazione: in Italia ci sono autoblùblù – automobili di rappresentanza politico-istituzionale che hanno l’ambito compito di trasportare i deretani di “autorità e alte cariche dello Stato e delle amministrazioni locali”, auto una sola vota blù – a disposizione dei “dirigenti apicali” (definizione quanto meno ambigua che porta ad un’inevitabile domanda: ma all’apice de che?), e infine vi sono le auto grigie ma comunque blù –senza autista, a disposizione degli uffici per attività strettamente operative.
Nel 2011 un’ indagine condotta da Formez, incaricata dall’ex Ministro Brunetta, ha stimato che, nel nostro Paese, le auto blu risultano essere circa 72mila. Gli addetti sono 35mila (di cui 14 mila sono autisti). La spesa per il personale ammonta a 1,2 miliardi di euro all’anno; quella di gestione a 350milioni di euro che, sommando gli ammortamenti e i costi di stazionamento e logistica, diventano 650milioni di euro annui. Sono escluse da questa rilevazione sia le circa 50mila autovetture usate per scopi di sicurezza e difesa personale e nazionale, sia le 16mila auto della polizia municipale e provinciale (la polizia municipale ha a disposizione poco più di un quinto del parco auto della politica!).
Quella dell’autoblù è un’immagine forte dei privilegi riservati alla politica, una goccia nel mare ma una goccia molto visibile.
Già il 3 agosto scorso un decreto definiva nuove regole per l'utilizzo di vetture di Stato ma escludeva Regioni ed enti locali, lasciandoli così liberi di agire in deroga alle nuove regole. Tale decreto limitava alle massime cariche dello Stato l’uso delle auto di rappresentanza, con o senza blindatura, e conteneva a 1.600 cc la cilindrata per tutte le altre vetture di Stato e di servizio. Il nuovo governo dovrà decidere, in due mesi, seestendere la stessa normativa anche a Regioni ed enti locali. Il Tar del Lazio, accogliendo il ricorso del Codacons, ha infatti spiegato che "la limitazione all'uso delle auto blu - segnatamente per quanto concerne Regioni ed Enti Locali - non solo non trova fondamento nella norma primaria in pretesa attuazione della quale il Decreto presidenziale è stato emanato, ma neppure rivela profili di ragionevolezza e logicità con immediatezza apprezzabili, atteso il considerevole onere riveniente per le finanze pubbliche dall'utilizzo di mezzi di servizio proprio con riferimento a tali soggetti". In tale occasione, potrebbe anche accadere che si decida di perfezionare o limitare ulteriormente l'utilizzo di vetture di servizio per il mondo della politica e della pubblica amministrazione.
Il governo Monti è composto da persone con delle “facce normali”, diceva Concita De Gregorio ieri sera intervistata da Fazio, “non sono tumefatti”. Senz’altro questo esecutivo –per quanto discutibile sotto diversi punti di vista- saprà dare un segno di discontinuità rispetto al regnum Berlusconis: un taglio netto all’opulenza truffaldina della politica, un ritorno alla sobrietà. Di sicuro non vi sarà un altro Ministro della Difesa che, nottetempo, procederà all’acquisto di una ventina di marzialissime Maserati Quattroporte blindate (a 117mila euro l’una –escluso il costo della blindatura).
Non mi stupisce particolarmente, quindi, veder scendere il neo Presidente-professore da un’italianissima Lancia Thesis, anzicchè da un’Audi A8, e i suoi collaboratori da delle vecchiotte e misurate Alfa Romeo 166.Monti riporta fuori dal garage Fiat Croma della prima serie, Alfa Romeo 166 e, addirittura, Lancia K e Dedra.
Torna, quindi, il "blu Lancia”, il colore delle auto di stato italiane degli anni ‘50 e ‘60. Il cosiddetto “blu ministeriale” delle Lancia Aurelia, Appia e soprattutto Flaminia, delle Fiat 124 e 125 o dell'Alfetta degli anni ‘70.
Torna soprattutto un po’ di serietà.