martedì 27 dicembre 2011

Candiolo, farmaco antitumore la scoperta di due ricercatori




Sulla rivista dell'Accademia delle Scienze americana pubblicato lo studio dei due professori dell'istituto piemontese sulla terapia giù utilizzata negli Usa.


Nuove importanti proprietà antitumorali di un farmaco sperimentale sono state scoperte dalle equipe guidate da due ricercatori dell'Istituto di Candiolo, i professori Alberto Bardelli, direttore del Laboratorio di Genetica molecolare, e Federico Bussolino, Direttore Scientifico della Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista dell'Accademia delle Scienze americana, "Proceedings of National Accademy of Usa". In collaborazione con l'Università di Torino e del Piemonte Orientale, i ricercatori di Candiolo hanno dimostrato che l'utilizzo di una terapia a bersaglio molecolare, già autorizzata negli Usa ma non ancora disponibile in Europa e in Italia, è in grado di intervenire non solo sulla cellula tumorale, ma indirettamente anche sul microambiente che la circonda, generando pertanto una doppia modalità terapeutica per inibirne la proliferazione.

Oggetto dello studio sono la mutazione dell'oncogene 'BRAF' (gene responsabile della crescita incontrollata di numerosi tipi di tumori) e il farmaco PLX472O, che nelle varie fasi di sperimentazione in cui è stato utilizzato finora nella cura dei melanomi si è dimostrato molto efficace nell'inibire l'oncogene mutato. La mutazione di BRAF è importante non solo nei melanomi, ma anche nei tumori del colon, dell'ovaio e della tiroide e spesso si correla a una cattiva prognosi della malattia. "Si è accertato - spiegano Bardelli e Bussolino - che il PLX472O non solo agisce sulla cellula tumorale bloccandone la crescita, ma anche un effetto effetto inatteso sul sistema vascolare del tumore". 

 
"Questa - concludono Bardelli e Bussolino - è una ulteriore tappa nella lotta contro il cancro che si sta globalizzando e allarga il fronte, avendo compreso la necessità di studiare e colpire le vie di comunicazione tra la cellula tumorale e il microambiente che la circonda. Infatti il destino di un tumore verso una veloce progressione, o nel permanere in uno stato di quiescenza, dipende sia dalle caratteristiche genetiche della cellula neoplastica sia dalle molecole e dei vasi sanguigni che circondano il tumore".

Composto di olio di pesce un composto per combattere la leucemia.



L'OLIO DI PESCE POTREBBE ESSERE UN VALIDO AIUTO PER CURARE LA LEUCEMIE. UNA NUOVA SCOPERTA NEL CAMPO MEDICO-SANITARIO ARRIVA AL TERMINE DI UNA RICERCA DELLA PENN STATE UNIVERSITY AMERICANA.


L'olio di pesce potrebbe essere un valido aiuto per curare la leucemie. Una nuova scoperta nel campo medico-sanitario arriva al termine di una ricerca della Penn State University americana, che potrebbe aprire una prospettiva importante nella lotta contro questa terribile malattia.

In poche parole, composto contenuto nell'olio di pesce potrebbe consentire di colpire le cellule staminali della leucemia e potrebbe quindi portare i ricercatori ad ideare una cura per la malattia.

Si tratta di un composto (ottenuto dal delta-12-protaglandin J3, o D12-PGJ3) avrebbe agito positivamente eliminando le cellule staminali della leucemia mieloide cronica o CML nei topi. Ciò è avvenuto attraverso un gene nelle cellule staminali leucemiche che programma la morte della cellula.

"Il gene p53 è un gene soppressore del tumore che regola la risposta ai danni del DNA e mantiene la stabilità genomica", ha spiegato Sandeep Prabhu, professore associato di immunologia e tossicologia molecolare presso il Dipartimento di Veterinaria e di scienze mediche.

Cuore: kit molecolare stimola "baby cellule".



Ricercatori dell'Università di Shangai (Cina) hanno individuato una classe di molecole capaci di stimolare la differenziazione di staminali in cellule cardiache. I composti - chiamati cardionogen -1, -2, -3 - potrebbero promuovere o inibire la formazione delle cellue,a seconda dello stadio in cui vengono utilizzate. Lo studio pubblicato sulla rivista Chemistry & Biology ha interessato circa 4.000 molecole, la cui capacità di stimolare la trasformazione delle "baby-cellule" è stata testata in laboratorio con la creazione di embrioni "trasparenti", che permettevano di osservare lo sviluppo e l'attività delle cellule cardiache. La sperimentazione è stata realizzata su zebra fish, un piccolo pesce che ha un patrimonio genetico molto simile a quello umano, ma per verificare le potenzialità di queste molecole come cura dei danni provocati dall'infarto ai tessuti cardiaci bisognerà aspettare ancora. "Lo sviluppo di terapie in grado di stimolare la rigenerazione del muscolo cardiaco in aree infartuate avrebbe un enorme impatto medico", afferma Tao P. Zhong, scienziato che ha coordinato lo studio.
(27/12/2011)

Scoperte molecole organiche: c'era vita su Plutone?

Plutone

Un gruppo di ricercatori del Southwest Research Institute di Boulder, Colorado, e della Nebraska Wesleyan University, hanno utilizzato il telescopio Hubble per effettuare una nuova, sensazionale scoperta in campo astronomico.


Su Plutone sarebbero presenti molecole di carbonio e azoto ma anche, almeno in base ad uno studio parallelo dell'Università della California, addirittura un oceano sotterraneo.


Secondo gli studiosi che hanno studiato i dati di Hubble, sulla superficie del pianeta Plutone (che più precisamente è un "planetoide") sono presenti molecole complesse di carbonio e azoto, ovvero le condizioni chimiche adatte alla formazione di forme di vita.


Uno studio dell’Università della California pubblicato su Astrobiology Magazine avanza però l'ipotesi che sotto la superficie gelata di ghiaccio d’azoto del lontano planetoide possano esistere oceani di acqua liquida.


Lo spesso strato di ghiaccio superficiale nasconderebbe dunque un enorme mare di acqua posto a 135 chilometri di profondità e non è escluso che possa presentare caratteristiche adatte all’abitabilità.


Secondo gli studiosi, le molecole di carbonio e azoto superficiali potrebbero risultare dalle reazioni tra la debole luce solare che raggiunge il planetoide o i raggi cosmici con il metano e il monossido di carbonio ghiacciato presenti su Plutone.


La superficie di Plutone è composta da ghiaccio d'acqua e metano, e non è uniforme, ed il suo colore tende a variare forse proprio a causa di queste molecole, che potrebbero anche essere legate all'avanzamento delle stagioni sul corpo celeste.



ARRIVA IL PANNELLO SOLARE CHE PRODUCE CALDO, FREDDO ED ENERGIA ELETTRICA IN PIENA AUTONOMIA. E IL BREVETTO E' ITALIANO




L'idea a Francesco Negrisolo è nata proprio con la classica illuminazione improvvisa, quella dell'eureka di Archimede. Ma da quando gli è piovuta nella testa ha continuato a svilupparsi, mese dopo mese e anno dopo anno, fino a coinvolgere altre persone che hanno cominciato a crederci come lui, fino a diventare un progetto e poi un prototipo, a convincerlo a lasciare il proprio lavoro per dedicarsi quasi solo al suo sviluppo fondando una società, fino a trovare il sostegno dei "business angels", gli angeli degli imprenditori che hanno deciso di finanziare la sua impresa e rischiare con lui. E adesso l'idea di Francesco Negrisolo sta per diventare un prodotto pronto per il mercato. 


Quello che ha inventato è un nuovo sistema per sfruttare l'energia solare, un pannello capace di concentrare i raggi della nostra stella per arrivare a temperature molto più alte (http://marcominghetti.nova100.ilsole24ore.com/2009/01/il-futuro-del-s.html) di quelle dei normali pannelli per la produzione di acqua calda. Però senza i complicati sistemi (http://www.ilsole24ore.com/art/tecnologie/2011-09-14/cuore-solare-archimede-diventa-184812.shtmldi cui hanno bisogno gli impianti del solare termodinamico tradizionale, quelli con i grandi specchi parabolici che seguono la posizione del sole e riflettono tutti i raggi verso un unico punto dove c'è una cisterna da portare a oltre 300 °C. Il calore assorbito dal pannello potrà poi facilmente essere trasformato in acqua calda per il riscaldamento e per lavarsi, in freddo per gli impianti di condizionamento, in energia elettrica. Meglio ancora, avrà un sistema di immagazzinamento che renderà ogni impianto completamente autonomo. Un palazzo, una villetta, una piccola impresa quando monteranno questo sistema non avranno, in teoria, nemmeno bisogno di allacciarsi alla rete elettrica e potranno davvero fare tutto da sé.


Quando Negrisolo ha cominciato a pensarci aveva da poco lasciato Pirelli Cavi, dove si occupava di progettare fibre e amplificatori ottici, forte di un'esperienza fatta alla Stet sempre dedicandosi a cercare di realizzare il miglior hardware per la trasmissione di segnali. Il suo mestiere era diventata la progettazione di impianti di energia per grandi aziende come Eni ed Enel. Ed è proprio dall'unione di tutte queste esperienze, racconta, che è nata l'idea del nuovo sistema, capace di trasformare un pannello che assomiglia moltissimo a quelli tradizionali termici in un piccolo impianto di solare termodinamico. Invece di scaldare una miscela di acqua fino a 80-100 °C, infatti, la temperatura del liquido che circola nel pannello può arrivare anche a 250 °C. «La luce viene in un certo senso raddrizzata, grazie a un sistema di specchi, ma non solo, ci sono tanti principi che lavorano insieme. Diciamo che il risultato è un sistema capace di catturare la luce ovunque sia il sole senza bisogno di inseguirlo con sistemi meccanici che spostino il pannello», racconta. E il pannello, proprio quelli termici tradizionali, è in grado di raccogliere anche l'energia diffusa, quella delle giornate nuvolose, e non solo la luce diretta. Accanto a lui siedono Maria Cristina Rosso, project manager della società che hanno fondato insieme dopo essersi conosciuti lavorando in Pirelli, e Roberto Campagnola, il loro "business angel". Anche Maria Cristina Rosso, ingegnere come Negrisolo, ha lasciato quello che stava facendo per credere in questa avventura «perché mi piacciono le sfide, la tecnologia e il futuro». È lei che ha scelto di chiamare la loro start up Ohikia, una parola greca che indica la casa, ma anche nel senso della propria famiglia e della propria stirpe: qualcosa che è destinato a durare e ad essere solido, insomma. Campagnola arriva da quel gruppo di scout delle nuove idee imprenditoriali che si sono dati il nome di Italian Angels for Growth (http://www.italianangels.net/layout/layout9.asp?ARE_ID=13): 89 soci che abbracciano quasi tutta l'Italia e che, quando trovano un progetto valido, decidono di aiutarlo a crescere investendo direttamente i propri soldi. In questo caso Campagnola è proprio entrato a far parte della nuova società.


Ma cosa succede al calore raccolto dai nuovi pannelli, che più correttamente vengono chiamati "collettori solari"? Qui c'è la seconda novità. Il calore viene immagazzinato in una "batteria termica" che ha le dimensioni di un grosso frigorifero. Le batterie di questo genere esistono già, non le ha inventate Negrisolo. Lui però ha trovato una miscela molto semplice del liquido con cui funzionano che può lavorare bene tra 100 e 200 °C. Le batterie, come i pannelli, sono un sistema modulare: a seconda delle esigenze ciascuno può scegliere quante installarne. Per una famiglia, una dovrebbe essere sufficiente: meno di 2 metri cubi di batteria possono accumulare energia termica pari a 75 kWh. «Per l'uso domestico limiteremo anche la temperatura a 160 °C. Ma la cosa più importante è che la nostra batteria si può adattare facilmente a diverse temperature di utilizzo».
Questo, spiega l'ingegnere, è un po' il cuore del sistema Ohikia. Perché è da qui che parte il vero sfruttamento dell'energia assorbita. Il primo uso è ovviamente quello del riscaldamento: non solo quello domestico, ma anche il riscaldamento che può servire a laboratori o piccole industrie come i birrifici o gli impianti di essicazione, per esempio. Oppure il calore può essere trasferito a un "chiller", ossia un apparecchio che trasforma il caldo in freddo, per rifornire impianti di condizionamento oppure frigoriferi grandi e piccoli, come quelli di un supermercato. Infine, il calore può passare a un generatore di corrente elettrica. Ma non un generatore tradizionale, né una turbina «che si romperebbe in fretta e avrebbe comunque un'efficienza bassissima». Ohikia si è rivolta a un partner specializzato nei sistemi di generazione per mettere a punto una versione particolare di un generatore che lavora con gas che si espandono a pressione costante. 

di Paolo Magliocco - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/Pp6L4


https://www.facebook.com/notes/partigiani-del-terzo-millennio/arriva-il-pannello-solare-che-produce-caldo-freddo-ed-energia-elettrica-in-piena/267125406682881

Monti ha aumentato anche la tassa sulla tv spazzatura.


da TWITTER : Microsatira Alberto 
il canone RAI sale a 112 euro. Monti ha aumentato anche la tassa sulla tv spazzatura.



https://www.facebook.com/photo.php?fbid=2951845199797&set=a.1061768989073.2010508.1371399799&type=1&theater

Spread, una parola lunga un anno. - di Matteo Cavallito



Solo nel 2006, quando la crisi era ancora lontana, il differenziale con i titoli tedeschi si fermava a 24 punti base, e il termine era una sintesi per addetti ai lavori. Prima di Natale la distanza dai bund si attestava intorno a quota 500. Ma non è solo il numero ad essere cambiato. Con l'economia mondiale, gli italiani hanno imparato a fare i conti con la finanza, e con il rischio di insolvenza del nostro Paese. Che per il 2012 si annuncia tutto tranne che scomparso.


Una parola sola che dice tutto ciò che c’è da sapere. Sei lettere diventate un incubo, e non solo per gli operatori. Spread, ovvero ampiezza, divario, differenziale. Per antonomasia, almeno per il pubblico italiano, il premio richiesto dagli investitori per acquistare Btp a dieci anni invece degli omologhi tedeschi, i solidissimi e rispettabilissimi Bund. In altre parole la misura del rischio d’insolvenza del nostro Paese nel sempre più impietoso confronto con la prima economia del Continente. Insomma, per chi ancora avesse dei dubbi è semplicemente la parola dell’anno.

A ben vedere la storia è tutta qui. E che storia, verrebbe da dire. La variazione di rendimento tra i nostri titoli di Stato e quelli di Berlino ha letteralmente invaso la vita quotidiana dell’ultimo semestre. Nell’ordine: ha scatenato la crisi nel Paese, ha cambiato la percezione della stessa presso i cittadini, ha contribuito a far cadere un governo e, particolare importante, ha alimentato in Italia un interesse mai sperimentato prima per le vicende finanziarie. Spread come termometro della crisi, spread come psicosi collettiva, spread come chiacchiera da bar, manco fosse il bel tempo, il gossip o la moviola. Insomma, è stata una rivoluzione. Pagata a caro prezzo.

L’indicatore era un tempo materia per gli esperti. Un dato significativo per gli operatori, forse, ma non certo per i cittadini. E non è difficile capire il perché. Nel 2006, quando la crisi era ancora lontana, il differenziale Btp/Bund segnava 24, trascurabilissimi, punti base. In pratica, i nostri titoli rendevano lo 0,24% in più rispetto ai Bund dimostrandosi addirittura più sicuri, nella percezione degli investitori, di due mostri sacri come i bond statali britannici (82 punti base in più rispetto agli omologhi tedeschi) e i Treasuries di Washington (87 punti). Ma in fondo stiamo parlando della preistoria, un’epoca felice in cui la Grecia vantava un rating da serie A e l’ipotesi di una crisi debitoria sovrana europea appariva fantascienza pura. Poi, improvvisamente, l’apocalisse.

In pochi se ne accorgono, ma nel 2008 il processo di deterioramento è già in atto. Lo spread Btp/Bund passa a quota 92 punti, con i titoli italiani al 4,59%, quasi l’1% in più rispetto ai tedeschi. Nel 2010 si sale a 160 ma il peggio deve ancora venire. Il 23 dicembre di quell’anno, i dati sui titoli sovrani sono già un mezzo bollettino di guerra: i bund salgono di prezzo trasformandosi in bene rifugio con un calo dei rendimenti sotto quota 3%. Lo spread italiano viaggia a 176 punti base, quello irlandese a 621, contro il 377 del Portogallo, il 251 della Spagna e il 932 della Grecia. A distanza di un anno, e siamo ai giorni nostri, il peggioramento risulta a dir poco mostruoso: 667per l’Irlanda, 347 per la Spagna, 1.120 per il Portogallo, 500 per l’Italia. Fino all’astronomica cifra di 3.682 punti base che separa i rendimenti del bund da quelli dei titoli di Stato della Repubblica Ellenica. Un autentico disastro. Ma, almeno per l’Italia, non si tratta del risultato peggiore.

200 punti a fine giugno, 300 a inizio luglio, 400 ad agosto, addirittura 500 ai primi di novembre.L’andamento dei differenziali Italia/Germania assume toni raccapriccianti. Da una parte c’è la crescente sfiducia verso la solvibilità del debito italiano, dall’altra la corsa al rifugio sicuro dei titoli berlinesi. Fatto sta che di fronte alla soglia del 7% che caratterizza i rendimenti del decennale italiano qualcuno inizia a parlare di costi insostenibili per un Paese chiamato a rifinanziare quello che in valore assoluto resta il terzo debito pubblico del mondo (dopo quelli di Stati Uniti eGiappone). Il 9 novembre del 2011 è una data storica, e non solo perché vi cade il 22esimo anniversario della caduta del Muro di Berlino. Nel corso delle contrattazioni, lo spread di casa nostra tocca i 575 punti, ennesimo disastroso record dall’introduzione della moneta unica. “Siamo sull’orlo del baratro” dichiarerà la presidente degli industriali Emma Marcegaglia. Il giorno dopo, lo stesso quotidiano della Confindustria, il solitamente pacato Sole 24 Ore, titolerà con due sole parole: “Fate presto”. Citazione dichiarata alla storica prima pagina che il quotidiano napoletano Il Mattino dedicò al devastante terremoto in Irpinia nel lontano 1980.

Il resto è cronaca. L’atteso “effetto Monti” non si è visto, se non per un breve intermezzo. Il peso della crisi europea e la carenza di risposte tanto da parte della Bce quanto da i leader europei continua a condizionare negativamente la fiducia del mercato. Una cosa è comunque certa: i vecchi livelli di differenziale non torneranno mai più. D’altra parte quell’Europa del passato in cui investire in bund o in titoli ellenici faceva relativamente poca differenza è naufragata con l’idea stessa di un’eurozona capace di rispondere tempestivamente alla crisi con contromisure degne di questo nome. Ridurre la tensione sui mercati alleggerendo il peso dei rifinanziamenti sui debiti, pur nel contesto di un’Europa a rischio variabile, resta oggi il massimo obiettivo possibile. E il fatto che il 2012 si annunci già come un anno di diffusa recessione non aiuterà di certo. Insomma, buon spread Europa. Ne hai veramente bisogno.