mercoledì 11 gennaio 2012

Stato vegetativo e minimo livello coscienza, medici ora ascoltano il cervello dei malati.








Lo stato vegetativo è sempre stato considerato un tipo di “patologia” particolare. Questo perché in un paziente in tale condizione non si poteva misurare la comunicazione (se esistente) tra le cellule del cervello. Fattore aggravato dall’impossibilità del pazientedi comunicare con l’esterno. Ora una valutazione della reale situazione cerebrale è possibile.
I ricercatori dell’università degli studi di Milano e del Coma Science Group di Liegi sono stati in grado di mettere a punto, grazie ad un protocollo attentamente studiato che unisce la stimolazione magnetica transcranica e l’elettroencefalogramma, un metodo per “ascoltare” la comunicazione tra le aree del cervello attive nei pazienti riportanti gravi lesioni cerebrali e permanenti in stato vegetativo. E’ come se si fosse bypassata  la persona per dialogare direttamente con il suo encefalo.
Lo studio relativo alla tecnica è stato pubblicato sulla rivista di settore Brain e si è basato su un preciso assunto: quello dell’attività onirica. In quel caso infatti l’esperienza cosciente (quella del sogno, n.d.r.) è generata per intero nell’interno del cervello in un momento nel quale la persona è totalmente “disconnessa” dall’esterno.
Si tratta di un passo in avanti tra i più importanti mai raggiunti perché dà la possibilità di distinguere i pazienti in stato vegetativo (Vs) e quelli che recuperano un minimo livello di coscienza ( conosciuto sotto l’acronimo Mcs). Finora non era possibile, dato che la valutazione del livello di coscienza della persona era basata solamente sulla sua capacità, seppur minima, di comunicare con l’esterno. Altro fattore molto importante: si tratta di un esame che può essere sostenuto direttamente dal paziente nel letto e non richiede  la capacità del malato di comprendere o eseguire dei comandi.
Le statistiche ci indicano una media del 40% di errore nella valutazione tra Vs e Mcs in campo clinico.  Lo studio ha mostrato  in 17 pazienti gravemente cerebrolesi come il coma, sebbene non fosse stato registrato un cambiamento cosciente, fosse evoluto verso altri stati clinici. E se nello stato vegetativo viene mostrata l’assenza di comunicazione tra le aree corticali, ciò non accade nei pazienti con un livello minimo di coscienza. E l’esame è in grado di provarlo.

L'equità secondo lo Stato.



Altra cartella di tasse: ho dimenticato di pagare la tassa sul possesso dell'auto, peraltro vecchia di 10 anni, nell'anno vattelappesca. Non gli sfugge niente al fisco, neanche la pagliuzza quando si tratta di perseguire chi, volente o nolente, paga le tasse fino all'ultimo euro perchè prelevate alla fonte. 
Quelle che ti debbono rimborsare, però, te le restituiscono a denti stretti, senza una lira di interesse, una volta all'anno.
E' proprio vero, si parla tanto di equità, ultimamente, ma senza comprenderne il concetto.
Per l'agenzia delle tasse è equo far pagare tutto, fino all'ultima goccia di sangue, e con l'aggiunta di interessi da anatocisto e da usura, a chi ha già poco di suo, tralasciando di perseguire chi si gode la vita evadendo totalmente il fisco e viaggiando in Suv, possedendo yacht di lusso ormeggiati con bandiera panamense nei porti più alla page, frequentando le località turistiche più trendy.
Le sanguisughe hanno anche diritto ad usufruire di agevolazioni a tutto spiano visto che risultano nullatenenti e, magari, anche disoccupati.

Eppure basterebbe fare dei controlli incrociati per scovare e smascherare queste sanguisughe, proprio come fanno, invece, con noi poveracci.

Questa è EQUITA'?


martedì 10 gennaio 2012

IOR, I SILENZI DEL VATICANO


La procura di Roma ha inviato tre rogatorie, tra il 2002 e il 2008, all’autorità giudiziaria pontificia per ricostruire il flusso di denaro della mafia transitato su alcuni conti segreti dello Ior, l’Istituto per le Opere di Religione. Un’indagine nata da una costola del processo sulla morte di Roberto Calvi, il presidente del Banco Ambrosiano trovato impiccato a Londra nel giugno del 1982. Ma la Chiesa non risponde.

Tre rogatorie sul riciclaggio ma la Santa Sede non risponde.

IL CAso1  - 

 Tre rogatorie sul riciclaggio  ma la Santa Sede non risponde

Dall'inchiesta sulla morte di Roberto Calvi nascono una serie di domande imbarazzanti per il Vaticano sui rapporti dello Ior con la mafia e il crimine. Alla quale non è mai stata data risposta. Ora la procura di Roma, che indaga per riciclaggio, chiede l'intervento del neo ministro Severino. Si rischia un grave incidente diplomatico. Se il Vaticano non risponde, comprometterà la procedura per entrare nella lista degli "stati virtuosi", tradendo la richiesta del Papa di maggiore trasparenza fiscale.







 LA SCHEDA2 - IOR, TRA INDAGINI E MISTERI

Nel maggio del 2010 la procura di Roma apre un’indagine sui rapporti sospetti tra lo Ior e dieci banche italiane. L’istituto vaticano viene accusato di usare di riciclaggio. Il 20 settembre ancora la procura della capitale dispone il sequestro preventivo (non eseguito) di 23 milioni di euro depositati su un conto intestato allo Ior.


LA STORIA 3 - Quando il banchiere di Dio divenne 'uomo morto'
Quando il banchiere di Dio divenne 'uomo morto'
Nel 1947 inizia la sua carriera al Banco Ambrosiano Veneto. Fa strada grazie ai legami con la loggia massonica P2, di Licio Gelli. Quella di Roberto Calvi è una storia di banche e di cosche che si conclude tragicamente il 17 giugno 1982 a Londra, quando fu trovato impiccato sotto il ponte dei Frati Neri. Una prima indagine archivia la sua morte come 'suicidio'. Nel 1992 il caso si riapre. Nel 2007 la Corte d'Assise di Roma assolve tutti gli imputati. Nel 2010 la sentenza viene confermata in appello. Ma nelle motivazioni si legge: "Roberto Calvi è stato ammazzato, non si è ucciso" 

Vacanze di lusso, Malinconico ammette: “Ospite della Cricca, ma a mia insaputa”. - di Marco Lillo



Il sottosegretario alla presidenza del consiglio fornisce la sua versione sui soggiorni al Pellicano di Porto Ercole saldati - per decine di migliaia di euro - dall'imprenditore Piscicelli. Ma la sua ricostruzione non chiarisce la vicenda. E il premier Monti dovrebbe trarne le conseguenze.


Carlo Malinconico
Alla fine ha ceduto. Carlo Malinconico ha dovuto replicare alle domande del Fatto, dopo tre giorni di ostinato silenzio, e soprattutto grazie alla pressione insostenibile della verità portata a galla dal nostro giornale ha dovuto pagare il conto sospeso da appena tre anni all’hotel Il Pellicano di Porto Ercole. “Non ho mai fatto favori di nessuna natura ai personaggi coinvolti nelle vicende richiamate né a chiunque altro” comincia così mettendo le mani avanti nella sua nota all’Ansa il sottosegretario alla presidenza del Consiglio che poi cerca un timido contrattacco verso chi è reo “di forzare la realtà degli eventi, tra l’altro già da tempo noti”. La domanda che sorge spontanea è: egregio sottosegretario, se erano noti e se sono stati pure forzati, questi benedetti eventi, perché solo oggi ha trovato la forza per mettere mano al portafoglio?

Ecco la sua risposta traballante: “Sono stato Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri fino al 7 maggio 2008 per effetto del rapporto istituzionale, allora vedevo, come tanti, in Angelo Balducci un collega di prestigio. Ribadisco di non aver mai fatto favori a lui nè lui mai mi chiese di fargliene. Non ho mai conosciuto AnemonePiscicelli mi è stato presentato nell’estate 2007”. Poi finalmente Malinconico entra nel merito delle vacanze a scrocco: “Andai per la prima volta al Pellicano nell’agosto del 2007. Ci tornai all’inizio del maggio 2008 in concomitanza con la fine del mio incarico di Segretario generale. In quella circostanza chiesi a Balducci la cortesia di effettuare la prenotazione che, in quel momento, risultava difficoltosa, in un albergo e lui lo fece con riferimento al Pellicano”, cioé un relais & chateaux da 1500 euro a notte.

Malinconico prosegue: “Ricordo di averlo ringraziato per questa cortesia il 30 aprile prima di partire. Si sa che pagai una parte dei soggiorni. Mi fu detto dall’albergo che per i precedenti soggiorni era stato provveduto, ma senza specificare da parte di chi. Pensai fosse stato Balducci e ugualmente insistetti per non gravare su quest’ultimo. Non ci fu modo di riuscirvi, sicché irritato cancellai le permanenze successive e non tornai più all’albergo. Solo ora, a seguito delle indagini (di cui ho avuto conoscenza indirettamente) e alle dichiarazioni rese qualche giorno fa alla stampa – aggiunge – apprendo che Piscicelli avrebbe pagato di propria iniziativa e per ragioni a me del tutto ignote alcuni dei miei soggiorni presso la struttura alberghiera. È mia ferma intenzione rimuovere tutti gli effetti di episodi da me non voluti né sollecitati. Ho già proceduto, quindi, a versare all’albergo l’intera somma dovuta con bonifico bancario, comunicando all’albergo stesso che ogni precedente pagamento disposto da altri deve considerarsi inaccettabile e privo di effetti”.

Mario Monti domenica ha detto durante l’intervista a Fabio Fazio: “Vado fiero della mia squadra”. A questa nota manca solo una postilla: la data delle dimissioni. In nessun paese del mondo occidentale un sottosegretario alla presidenza del consiglio potrebbe restare al suo posto un solo giorno di più. Per capire perché bisogna rileggere con attenzione le informative dei Carabinieri che ilfattoquotidiano.it ha messo a disposizione dei lettori e del presidente Monti ormai da due giorni.

La verità che emerge da queste carte è incompatibile con la sua carica: 1) Gli imprenditori della Cricca pagavano le sue vacanze quando Malinconico era in carica a Palazzo Chigi e poteva influire dalla sua poltrona di segretario generale sugli appalti che Piscicelli e Anemone avevano in animo di prendere dalla Presidenza del consiglio. 2) Il sottosegretario è andato in vacanza a sbafo consapevolmente più volte; 3) Malinconico ha smesso di frequentare il Pellicano quando gli imprenditori della cricca che pagavano per lui (lui dice a sua insaputa) hanno smesso di saldare i suoi conti e ha dovuto mettere mano alla sua carta di credito. 4) Anemone e compagni, dopo la sua sostituzione con Mauro Masi a Palazzo Chigi cominciano a fare favori al suo successore, asumendo per esempio il fratello della fidanzata Anthony Smith, a dimostrazione del loro interesse per la carica pubblica rivestita prima da Malinconico e poi da Masi.

Partiamo dai fatti. Tutto inizia nel 2007, quando il segretario generale Malinconico va in vacanza con la moglie all’hotel Pellicano dal 12 al 19 agosto, una settimana di altissima stagione (1400 euro a notte). Il conto è saldato da Piscicelli: 9 mila e 800 euro più 685 euro di extra. La coppia Malinconico ovviamente gradisce il trattamento e torna nel 2008. Piscicelli stavolta però fa le cose in grande e prenota bene sette week-end tra maggio e agosto come risulta dal fax con l’elenco delle prenotazioni sequestrato nei suoi uffici. Il 30 aprile Malinconico chiama Balducci per ringraziare. Malinconico arriva il primo maggio e riparte in anticipo dopo tre notti. Anche stavolta paga Piscicelli ma in contanti, per 2342 euro, e anche stavolta Malinconico non si offende.

Anzi. Ritorna al Pellicano dal 31 maggio al 3 giugno, con sistemazione in suite deluxe con vista mare ma situata in cottage e quindi più “economica” (983 euro per notte) e dal 14 al 15 giugno in una vera reggia: deluxe suite con piscina privata riscaldata da 1666 euro. Malinconico riparte in entrambe le occasioni senza saldare il conto tanto che Il Pellicano emette due fatture sospese fino a quando, il 26 giugno passa, secondo i Carabinieri, il solito Piscicelli a saldare i 7049 euro, che sommati ai 10485 del 2007 e ai 2342 del ponte del primo maggio del 2008 più i 7049 dei due week end di giugno fanno 19 mila e 870 meuro.

Malinconico effettivamente comincia a pagare alla fine di giugno, quando non è più segretario generale da un mese mezzo. Dopo quattro soggiorni a sbafo paga per il weekend del 28 e 29 giugno con la sua carta di credito 1483 euro e ripaga ancora per le due notti del 25 e 26 luglio. Stavolta il conto è salato: ben 3168 euro. Una bella botta ma nulla al confronto di quello che Piscicelli ha pagato nel 2007 e soprattutto nulla rispetto a quello che aspetta Malinconico alla cassa del Pellicano ad agosto senza lo scudo spaziale dei suoi amici. Il professore, se tenesse fede al programma faraonico di Piscicelli, sarebbe dovuto tornare per dieci notti, pagando di tasca sua una somma tra i 10 mila e i 15 mila euro. A quel punto, dopo aver scoperto quanto costa il Pellicano davvero, Malinconico a Porto Ercole non si fa più vedere. Non per protesta, come dice lui, perché gli impediscono di pagare. Ma forse perché glielo permettono.

La versione fornita da Malinconico è comunque insoddisfacente. Non si comprende perché, solo dopo che Piscicelli ha rivelato al Fatto di aspettare ancora i soldi versati nel 2007, Malinconico ha ritrovato la memoria e la carta di credito. In questi anni gli imprenditori della cricca hanno protetto la reputazione del sottosegretario con la loro omertà come un tempo proteggevano il suo portafoglio. E non è detto che un domani uno dei protagonisti di questa storia non trovi la memoria. Mario Monti domenica da Fabio Fazio ha detto: “Sono fiero della mia squadra”. Ne è proprio sicuro professore?

F35? NO, GRAZIE. PREFERISCO PIU’ SCONTRINI. - di Anna Maria Russo







Che bel modo di iniziare l’anno! Ci hanno ripetuto allo sfinimento che dobbiamo …accettare gli aumenti e le tasse con spirito di sacrificio per il bene della nazione e che, per emergere dal baratro sconfinato della crisi, occorrono le ormai fatidiche lacrime condite con un po’ di sangue e noi a piangere perché così usciamo più in fretta dall’oscurità.
Poi, però, si scopre che le nostre lacrime e il nostro sangue servono anche a concedere alla nazione qualche piccolo “eccentrico” lusso, quel futile e superfluo che NOI ci siamo preclusi a Natale regalando solo cose utili… Come definireste, se non inutile, l’acquisto di N. 131(perché proprio 131?) caccia bombardieri F35 Lockheed all’esiguo costo cadauno di 200milioni di euro per un totale di spesa di più di 26 miliardi (praticamente una finanziaria!!!)? Ho fatto la moltiplicazione con la calcolatrice per sicurezza visto che in tutti gli articoli che ho letto si conferma il costo unitario ma si parla di una spesa che non supera i 20miliardi: forse ci sono i saldi…. E noi piangiamo…
A cosa servono 131 caccia bombardieri F35 Lockheed? Come si usano? Qualcuno ci minaccia e ce lo nascondono? La Merkel vuole ridurre lo spread invadendoci o si è arrabbiato Sarkozy perché Fiorello lo ha preso in giro in tv? O è in programma una invasione aliena? Da chi dobbiamo difenderci? Chi dobbiamo attaccare?
Qualcuno mi spieghi per favore perché blocchiamo l’adeguamento delle pensioni, aumentiamo la benzina, la luce il gas, reintroduciamo l’ici per poi spendere26miliardi in giocattoli ipertecnologici?
Mi è venuta una idea… Si parla tanto di lotta all’evasione fiscale, ma attualmente la Guardia di Finanza può contare solo su 65mila unità: troppo poche per rendere ordinarie le operazioni tipo quella recente di Cortina dove in un solo giorno magicamente i negozi, a seguito della “visita” in città degli ispettori dell’Agenzia delle Entrate, hanno moltiplicato del 400% l’emissione di scontrini rispetto allo stesso giorno dell’anno precedente. Magia che potrebbe ripetersi più spesso se invece di 131 aerei ci concedessimo il lusso molto più proficuo di assumere e formare altri 65mila finanzieri. Che ne dite? Immaginate quanti scontrini e fatture si moltiplicherebbero per incanto e quante entrate per lo Stato che non dovrebbe più far affidamento sulle lacrime e il sangue dei soliti noti…
Avete ragione: non è un’idea fattibile. Stavolta l’ho sparata troppo grossa. Altro che visione, è utopia pura! Dopo Cortina,infatti, si sono scatenate polemiche violente, alcuni hanno parlato addirittura di Stato di Polizia (???) e persino la stessa Guardia di Finanza ha manifestato perplessità.
Io non capisco: si polemizza se si scovano gli evasori, si acquistano aerei da caccia, i parlamentari non cedono sulla riduzione, anche minima, delle loro indennità (giusto un atto simbolico) e ai poveri mortali si chiedono lacrime e sangue?

Il Paese del gioco d'azzardo dove a vincere sono solo le mafie. - di Norma Ferrara



Sale Bingo, scommesse clandestine, videopoker, slot machine. Il mondo del gioco d'azzardo è interesse della criminalità organizzata. Piu' di un interesse. Un vero e proprio affare. Spesso gestito in regime di monopolio. Con un giro d'affari sottostimato di dieci miliardi di euro all'anno. E che non conosce confini. Da Chivasso a Caltanisetta, attraversando la via Emilia e la Capitale, sono 41 i clan nel Belpaese che gestiscono la “grande roulette”». Così la rete di associazioni di Libera racconta in un passaggio del dossier “Azzardopoli” la costante e penetrante presenza delle mafie e del malaffare in quella che le cifre testimoniano essere la “terza impresa” del paese con un giro di affari di 86mld di euro: il gioco d'azzardo. 

Il una ampia ricerca curata dal giornalista Daniele Poto l'analisi della situazione nel Paese che – dichiara alla conferenza stampa alla Fnsi, Poto – è il primo Paese in Europa per numero di giocatori e il terzo nel mondo. L'analisi di Libera affronta il tema a partire da tutti gli aspetti che lo caratterizzano: la dipendenza dal gioco e del gioco d'azzardo in particolare, il controllo da parte della criminalità organizzata di stampo mafioso di questo settore ma anche il disagio sociale e l'impoverimento delle famiglie che spesso finisco per diventare vittime di questo business sempre più gestito dai clan. Secondo il rapporto gli italiani spendono circa 1260 euro procapite per tentare la fortuna, per raddoppiare i soldi e si stimano 800mila persone dipendenti da gioco d'azzardo e quasi due milioni di giocatori a rischio. Un dossier – quello di Libera – che si avvale dei dati istituzionali, quelli delle forze dell'ordine ma anche di molte ricerche già effettuate in questi anni da associazioni, gruppi di cittadini, psicologi e operatori del sociale. 

Gioco d'azzardo, corruzione della speranza. «Da più di 15 anni – dichiara il presidente di Libera e Gruppo Abele, Luigi Ciotti – abbiamo denunciato il rischio, oggi certezza, che il gioco d'azzardo, così come è stato per le sostanze stupefacenti, diventasse una dipendenza, un disagio sociale e un luogo di malaffare criminale. Oggi ci troviamo in ritardo, a dover prendere atto che nulla è stato fatto e invece c'è urgenza di fare e fare bene al più presto sotto l'aspetto legislativo ma anche delle politiche sociali». Il presidente di Libera sottolinea i tanti aspetti sociali in cui incide, profondamente, l'abuso del gioco d'azzardo così come oggi si è diffuso nella società, trasformandosi in un businessa appetibile da numerosi clan e sottolinea: «quella del gioco d'azzardo è una forma di corruzione della speranza, nei dati che emergono dal rapporto che Libera presenta oggi, emerge soprattutto un problema di natura etica, culturale, morale e politica. E' stato dimostrato in questi anni – continua Ciotti – che il danno sociale e individuale che questi giochi d'azzardo arrecano alla società sono di gran lunga maggiori dei guadagni che lo Stato riesce a trarre da essi». Dipendenza e indebitamento sono i due problemi sociali che maggiormente sono collegati all'abuso nell'uso di videopoker, slot – machin – gratta e vinci, sale bingo. E a questo “costo sociale” elevato e ancora oggi sottovalutato si passa all'inquinamento ormai conclamato di questo business da parte delle mafie, presenti in tutta la “filiera” che gestisce buona parte del gioco d'azzardo. 

Azzardo, nuova frontiera del business criminale. A parlarne durante la conferenza stampa di presentazione di “Azzardopoli” è il magistrato della Direzione nazionale antimafia, Diana De Martino. «Sono circa 41 i clan coinvolti in operazioni direttamente o indirettamente collegati a questo business in diverse città italiane a dimostrazione che il gioco d'azzardo è oggi la nuova frontiera per le mafie, il nuovo business che unisce bassi rischi e massimo rendimento». Sono dieci le direzioni distrettuali antimafia che nell'ultimo anno hanno effettuato indagini: Bologna, Caltanissetta, Catania, Firenze, Lecce, Napoli, Palermo, Potenza, Reggio Calabria e Roma. Nel 2010 sono state 6.295 le violazioni riscontrate dalla Guardia di finanza: oltre 8mila le persone denunciate, 3.746 i videogiochi irregolari sequestrati (alla media di 312 al mese) e 1.918 i punti di raccolta di scommesse non autorizzate o clandestine scoperti, il 165% in piu' rispetto all'anno precedente. «Sono tante, svariate e di vera fantasia criminale i modi e le tipologie con le quali le mafie si infiltrano in queste imprese che si occupano della “macchina del gioco”. Dalle infiltrazioni delle società di gestione di punti scommesse, alle Sale Bingo, che si prestano in modo "legale" per diventare invee "lavanderie" per riciclaggio di soldi sporchi, all'imposizione di noleggio di apparecchi di videogiochi, alla gestione di bische clandestine, sino al toto nero e clandestino». E poi ancora «..il grande mondo del calcio scommesse, un mercato che da solo vale oltre 2,5 miliardi di euro. La grande giostra intorno alle scommesse delle corse clandestine dei cavalli e del mondo dell'ippica. Sale giochi utilizzate per adescare le persone in difficoltà, bisognose di soldi, che diventano vittime dell'usura. Il racket delle slotmachine. E non ultimo quello dell'acquisto da parte dei clan dei biglietti vincenti di Lotto, Superenalotto, Gratta e vinci. I clan sono pronto infatti a comprare da normali giocatori i biglietti vincenti, pagando un sovrapprezzo che va dal cinque al dieci per cento: una una maniera "pulita" per riciclare il denaro sporco. Esibendo alle forze di polizia i tagliandi vincenti di giochi e lotterie possono infatti giustificare l´acquisto di beni e attività commerciali. Eludendo così i sequestri».

I clan coinvolti. Tante le operazioni attraverso le quali Libera racconta questo business che assume tratti criminali e coinvolge clan del calibro dei Casalesi, dei Bidognetti, dei Mallardo, dei Santapaola e dei Condello, dei Mancuso, dei Lo Piccolo. Dati illustrati, con precisione dal giornalista Daniele Poto che con Libera ha curato il rapporto includendo anche il lavoro di ricerca fatto dall'associazione Giovanni XXIII del novembre del 2011 - si legge nel rapporto - «ha realizzato una ricerca sulle abitudini al gioco d'azzardo stimando circa un 1 milione e 720 mila giocatori a rischio e ben 708.225 giocatori adulti patologici, ai quali occorre sommare l’11% dei giocatori patologici minorenni e quelli a rischio. Il che significa che vi sono circa 800 mila dipendenti da gioco d’azzardo all'interno di un'area di quasi due milioni digiocatori a rischio. I giocatori patologici dichiarano di giocare oltre tre volte alla settimana, per più di tre ore alla settimana e di spendere ogni mese dai 600 euro in su, con i due terzi di costoro che addirittura spendono oltre 1.200 euro al mese». Tutti dati che hanno un impatto sulla vita di tutti i giorni, sulle persone. Come sottolinea lo psicologo, Mauro Croce, oggi il gioco d'azzardo è diventato un fenomeno di massa che niente ha a che vedere con quel rito “culturale e di tradizione” che era un tempo. E ancora oggi non viene riconosciuta come una patologia da curare ed è ancora largamente negato il diritto a curarsi gratuitamente come per altre dipendenze. 

Una legge sul gioco d'azzardo. Numeri, storie e cifre di un fenomeno complesso, quelle contenute nel dossier di Libera (scarica qui il dossier “Azzardopoli) che affrontano il problema e denunciano i casi più eclatanti in cui le mafie hanno preso la gestione delle slot machine, di biglietti gratta e vinci del “mercato nero” e di altre attività che si rivelano, alla luce di queste cifre, un affare sicuro e redditizio. «Questa è la situazione oggi – conclude Luigi Ciotti – ma questa analisi deve servire soprattutto per agire, per mettere sul tavolo proposte, che abbiamo elaborato con le tante realtà che lavorano su questo tema da anni – e che adesso vanno applicate al più presto». Una proposta articolata in dieci punti, fra gli altri la necessità di una legge quadro che si occupi di inasprire le pene (al momento irrisorie) e prevenire il diffondersi di questa dipendenza dal gioco, una maggiore attenzione a politiche che siano in grado di intervenire prevenendo il fenomeno e i suoi effetti sociali e una più efficace comunicazione e informazione fondamentale per comprendere il fenomeno. (leggi qui le proposte di Libera)



http://www.articolo21.org/4551/notizia/il-paese-del-gioco-dazzardo-dove-a-vincere-sono.html

Roma, un altro processo per i “furbetti”. A giudizio Caltagirone, Ricucci e Fazio.



Le accuse riguardano il rastrellamento di azioni della Banca nazionale del Lavoro per contrastare l'offerta d'acquisto del Banco di Bilbao. Molti degli imputati sono già stati condannati a Milano per la fase della scalata vera e propria.



L'ex governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio
Ancora un rinvio a giudizio per lo scandalo dei “furbetti del quartierino”, emerso nel 2005. Quindici persone saranno processate a Roma per le operazioni relative al tentativo di scalata della Banca nazionale del lavoro da parte del cosiddetto ‘contropatto’, l’accordo occulto messo in atto da immobiliaristi e raider che, tra il 2004 e il 2005, rastrellarono azioni dell’istituto di credito per contrastare gli spagnoli del Banco di Bilbao a un passo dall’acquisto dell’istituto di credito grazie all’appoggio di Generali e di Diego della Valle.

Il gup Giovanni Ariolli ha rinviato a giudizio, tra gli altri, Francesco Gaetano Caltagirone (presidente del patto di sindacato denominato ‘contropatto’), Stefano RicucciVito BonsignoreDanilo CoppolaEmilio GnuttiGiovanni Consorte e Ivano Sacchetti (ex responsabili di Unipol), Gianpiero Fiorani e Gianfranco Boni (di Banca privata italiana), e l’ex governatore di Bankitalia Antonio Fazio
Il processo prenderà il via il 23 aprile davanti ai giudici della quinta sezione penale del tribunale. Aggiotaggio e ostacolo alle funzioni di vigilanza sono i reati contestati, a vario titolo, dalla procura. Una sanzione di 298mila euro è stata inflitta alla Bpi, che ha patteggiato la pena. Il processo chiamerà in causa anche società e aziende riconducibili a Caltagirone, Coppola e Statuto.

Molti dei rinviati a giudizio sono stati a condannati nell’ottobre del 2011 a Milano per la stessa vicenda, e in parte per gli stessi articoli del codice penale. Tra loro, Consorte, Fazio, Caltagirone, Gnutti, Bonsignore, Ricucci, Coppola e Statuto. Ma a Milano sono stati giudicati i fatti relativi alla la fase della scalata vera e propria, iniziata il 23 maggio 2005, mentre il processo di Roma si occuperà del rastrellamento di azioni Bnl avvenuto prima di quella data.