L’ex ministro leghista Roberto Calderoli è indagato dal pm romano Emanuele Di Salvo per truffa nei confronti di funzionari della presidenza del Consiglio dei ministri per potere utilizzare un volo di Stato a cui non aveva diritto. Il fatto è avvenuto il 19 gennaio 2011, quando Calderoli ha preso l’aereo di Stato per andare e tornare in giornata a Cuneo, dove è atterrato all’aeroporto di Levaldigi. Il procedimento penale è già incardinato dal 20 luglio scorso al tribunale dei ministri, che ha svolto indagini in proprio, ricevuto una memoria difensiva di Calderoli e accolto le tesi dell’accusa che ipotizza la truffa, attribuendo al ministro un danno da 10.271,56 euro e chiedendo al Senato l’autorizzazione a procedere in giudizio.
L’ex ministro leghista ammette di essere corso a Levaldigi per un’emergenza familiare e non istituzionale: una visita in ospedale al figlio di 10 anni della compagna Gianna Gancia, presidente della provincia di Cuneo. Calderoli si è giustificato però spiegando di avere solo deviato il volo, che sarebbe stato previsto per due impegni istituzionali di quel giorno, che avrebbero preceduto e seguito la visita in ospedale. Per sua sfortuna Calderoli quel giorno è stato pizzicato da un avversario politico: Fabrizio Biolè, il grillino eletto in consiglio regionale del Piemonte. E’ stato lui a presentare un esposto alla procura di Saluzzo, che poi ha girato per competenza a Roma gli incartamenti.
Il tribunale dei ministri ha preso molto sul serio la vicenda, facendo fare indagini a due sovrintendenti di polizia e sentendone un terzo come testimone. Ed è riuscito a ricostruire tutti i fatti, smentendo anche la ricostruzione di Calderoli. La relazione della polizia nega l’esistenza dei due appuntamenti istituzionali rivendicati da Calderoli. E minuziosamente mette in fila i fatti. Primo: l’incidente al figlio della Gancia mentre era in auto con la tata, è accaduto alle 8 del mattino dell’11 gennaio 2011. Ritagli della stampa locale ne riportano al gravità (il bambino si è fratturato i due femori, la tibia e il perone), la corsa al capezzale della madre e l’intenzione di Calderoli di correre a Cuneo, fermato però da una telefonata della compagna che lo rassicurava chiedendogli di restare a Roma, dove gli impegni politici erano più importanti.
Il 13 il bambino avrebbe dovuto essere operato per ridurre le fratture, ma poi l’operazione è stata rimandata al 18 gennaio ed è perfettamente riuscita dopo 5 ore di intervento. Quello stesso 18 gennaio il capo di gabinetto di Calderoli ha chiesto alla presidenza del Consiglio dei ministri l’utilizzo del volo di Stato per il giorno 19 dal mattino alla sera motivando la domanda con “comprovate e inderogabili esigenze di trasferimento connesse all’esercizio di funzioni istituzionali”. E’ la frase che condannerebbe Calderoli. Secondo il rapporto di polizia infatti appena atterrato l’ex ministro è andato a casa della Gancia. Con lei poi è andato in un’altra abitazione dove si è trattenuto per un’ora. Il poliziotto riferisce: “sul citofono non sono presenti denominazioni di pubblici uffici”. Da lì i due sono andati in ospedale dal bambino e poi Calderoli è ripartito subito per Roma. Non avendo diritto all’aereo il ministro non avrebbe compiuto né abuso di ufficio, né peculato per l’utilizzi a fini personali. Il reato di truffa è proprio nella frase usata per avere il permesso dalla presidenza del Consiglio, che secondo i giudici rappresenterebbe un “artifizio e un raggiro idoneo a indurre in errore”. Fine della storia con Calderoli indagato. E la beffa di una autorizzazione a procedere per truffa proprio all’indomani delle sue polemiche sul veglione di Capodanno di Mario Monti a palazzo Chigi. Costato probabilmente meno dei 10 mila euro del volo di Stato..