domenica 15 gennaio 2012

Quelle verità scomode e le comode bugie. - di EUGENIO SCALFARI




All'indomani del cosiddetto "tsunami" provocato dall'agenzia di rating Standard&Poor's ci sono alcuni fatti certi dai quali bisogna partire. Sono i seguenti:
1. Lo "tsunami" non c'è stato. Le Borse hanno registrato modesti ribassi, Piazza Affari ha perso l'1 per cento, le altre Borse europee hanno oscillato intorno al mezzo per cento di perdita, l'Austria, colpita anch'essa dal "downgrade", ha addirittura chiuso in rialzo.
2. Standard&Poor's ha declassato nove paesi su diciassette, cioè ha attaccato non un paese specifico ma l'intera economia europea e quindi, indirettamente, anche la Germania che senza l'Europa vivrebbe malissimo. Si è trattato dunque d'un giudizio politico più che economico.
3. Per quanto riguarda l'Italia questo attacco ha avuto come effetto quello di rafforzare il governo Monti, tanto più che la stessa Standard&Poor's ha apprezzato la politica di Monti nel momento stesso in cui declassava di due punti il nostro debito sovrano mandandolo in serie B. 
4. I rendimenti dei nostri Bot e dei nostri Btp alle aste di giovedì e di venerdì sono stati ottimi per i Bot e buoni per Btp triennali.
5. La Bce ha confermato che il valore dei "collaterali" che le banche danno in garanzia dei prestiti loro accordati dalla Banca centrale non subiranno alcun mutamento; la Bce cioè non terrà in nessun conto i giudizi negativi dell'agenzia di rating. Le notizie che davano per certo un peggioramento del valore dei collaterali erano dunque sbagliate o false.

Le aste italiane di giovedì e venerdì hanno comunque confermato che la fiducia nel nostro debito sta tornando e dai Bot si sta gradualmente allargando anche sui Btp ed infatti, confrontando i tassi spuntati alle aste di gennaio con quelli delle aste di novembre si hanno i seguenti risultati: Bot a sei mesi dal 6,5 al 3,2; Bot a dodici mesi dal 5,9 al 3,2; Btp a tre anni da 7,9 a 4,8; Btp a dieci anni da 5,7 a 4,9.

È possibile che nella seduta di domani alcuni di questi tassi peggiorino sul mercato secondario che però, per quanto riguarda gli oneri del Tesoro, non hanno alcuna ripercussione. Per quanto riguarda l'Italia, se ne riparlerà soltanto alle aste di febbraio e marzo che avranno dimensioni imponenti. Il Tesoro tuttavia, come la stessa Bce ha suggerito e dal canto nostro abbiamo raccomandato, dovrebbe aumentare il numero dei titoli in scadenza a breve durata, che il mercato vede con favore. Dovrebbe altresì azzerare il fabbisogno con un'operazione che rientra agevolmente nelle sue attuali capacità.

La prima conclusione che questi dati suggeriscono nel loro complesso è dunque abbastanza rassicurante. I risparmiatori e le banche hanno ricominciato a investire in titoli italiani di breve scadenza ma anche in Btp di scadenza media. Auspichiamo che questo processo si estenda tenendo presente che il 19 febbraio la Bce aprirà un secondo sportello alle banche europee per prestiti triennali di ammontare illimitato al tasso dell'1 per cento e con collaterali a valore invariato. Si tratta di fatto di uno schiaffo sulla faccia dei dirigenti di Standard&Poor's.

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Il presidente Napolitano ha indirizzato due messaggi pubblici all'Europa con due principali destinatari: la Merkel e Sarkozy, che saranno a Roma nei prossimi giorni. Un messaggio, il giorno precedente al downgrade di Standard&Poor's, puntava sulla necessità di un governo economico europeo e in particolare dei diciassette paesi dell'Eurozona; il secondo auspicava un ruolo non solo economico ma politico dell'Unione, esteso dunque non solo all'economia ma all'immigrazione, alla giustizia, agli investimenti intraeuropei e a una diversa configurazione della governance.

La Francia continua ad essere riottosa alla cessione di sovranità dagli Stati nazionali all'Unione; la Germania lo è altrettanto, ma ambedue cominciano a rendersi conto dell'urgenza di un nuovo trattato e della necessità di ridurre al minimo i poteri di veto dei singoli Stati. Sullo sfondo ci dovrebbe essere l'istituzione degli eurobond e i poteri di intervento diretto della Bce anche sui debiti sovrani.
Le dichiarazione della Merkel di ieri non dicono granché su questi obiettivi di sfondo ma finalmente puntano anche sulla necessità della crescita oltreché del rigore. Ma soprattutto vogliono sottoporre le agenzie di rating a una disciplina giuridica che vada al di là di un semplice codice etico peraltro inesistente, almeno finora.

Non c'è dubbio che l'esigenza di disciplinare le agenzie di rating con regole oggettive sia a questo punto una necessità senza tuttavia negare ad esse la libertà di esprimere documentati giudizi. L'attenzione va posta soprattutto su quell'aggettivo: documentati. Ma lo spazio pubblico europeo non può esser negato a nessuno. Se le agenzie di rating passano da giudizi strettamente economici a giudizi prevalentemente politici come è avvenuto l'altro ieri, le regole non valgono più ma in compenso l'oggettività del giudizio economico diminuisce di altrettanto.
Se l'onorevole Di Pietro e il senatore Bossi reclamano elezioni a primavera nessuno può né deve metter loro il bavaglio ma ogni persona sensata e consapevole del fatto che durante tutto l'anno ci saranno in Europa 1200 miliardi di titoli pubblici in scadenza non può che giudicarli demagoghi pericolosi o personaggi fuori di testa. Analogo giudizio daranno i mercati se le agenzie di rating attaccheranno l'esistenza d'una moneta e le politiche di un intero continente anziché dimostrare la fragilità dei suoi "fondamentali".
Da questo punto di vista la Merkel è sulla buona strada quando dice  -  come ha dichiarato ieri  -  che il Fondo di intervento sui debiti sovrani opererà comunque, anche se non otterrà la tripla A dalle agenzie di rating e Draghi ha fatto benissimo a mantenere inalterato il valore dei collaterali di garanzia ai prestiti della Bce anche se composti da titoli di debiti svalutati da quelle agenzie.

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Abbiamo già osservato che il downgrade di Standard&Poor's ha rafforzato la statura di Monti e del suo governo. Soprattutto gli ha dato ottime carte da giocare nei prossimi incontri trilaterali e alla riunione del vertice europeo di fine gennaio. Ma ha rafforzato il governo anche di fronte alle forze politiche e a quelle sociali.
Il programma di liberalizzazioni sarà varato tra pochissimi giorni. Ha già il pieno favore del Pd e del Terzo Polo. Il Pdl manifesta alcune incertezze e le maschera dietro la distinzione tra poteri forti da liberalizzare e poteri deboli (leggi tassisti ed altri) da risparmiare o postergare. La risposta di Monti è ineccepibile: le liberalizzazioni riguarderanno tutte le categorie, poteri forti e poteri diffusi. Tutti nello stesso decreto.
Osservo dal canto mio che i tassisti sono un potere diffuso ma non un potere debole. Come lo sono i camionisti. Come lo sono gli allevatori di mucche inadempienti alle regole comunitarie. Chiamarli poteri deboli è un errore lessicale e alquanto demagogico. Ci sono certamente alcuni punti sostenuti da queste categorie che vanno risolti con equità a cominciare da quello che riguarda le vecchie licenze dei tassisti. Per il resto, il trasporto urbano è un pubblico servizio e va regolato a vantaggio dei consumatori, altrimenti che servizio pubblico sarebbe?
Farmacie, notai, ordini professionali, vanno tutti ripensati alla luce del concetto di tutela della concorrenza. Così sembra formulato il decreto che sta per essere emesso. Gli ordini non vanno aboliti ma debbono avere un solo e fondamentale obiettivo: essere i custodi del canone etico e deontologico degli associati. Gli ordini non sono un sindacato, perciò non possono occuparsi di tariffe e di altre questioni economiche. Debbono occuparsi dell'etica e lo debbono fare nell'interesse della società civile per la quale l'esistenza degli ordini deve essere una garanzia di professionalità dei loro aderenti.

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Il referendum è stato respinto dalla Corte costituzionale. Era previsto e prevedibile. Una democrazia parlamentare non può restare priva di una legge elettorale neppure per un minuto. Il nostro istituto referendario è abrogativo e non propositivo. I referendum elettorali andrebbero dunque esclusi come lo sono quelli relativi ai trattati internazionali e alle leggi di imposta. Questa disposizione non fu messa in costituzione affinché fosse possibile anche un referendum elettorale quando si limiti ad abrogare qualche parola o qualche comma da una legge elettiva esistente trasformandola in una nuova legge attraverso l'istituto referendario. Nel nostro caso però il secondo quesito effettuava sulla legge esistente un'operazione chirurgica di tale complessità da non configurare una nuova legge attuabile e per questo è stato respinto come il primo quesito che si limitava alla richiesta di un'abrogazione pura e semplice.

Si può criticare nel merito la sentenza ma non si può accusare la Corte d'essere diventata un organo politico e fazioso, per di più alle dipendenze del Capo dello Stato. Da questo punto di vista personaggi come Di Pietro e alcuni editorialisti qualunquisti meritano d'esser considerati demagoghi e politicamente scorretti. Hanno evidentemente un disperato bisogno di "audience" e quindi di avere sempre e comunque un nemico sul quale sparare. Prima avevano Berlusconi, adesso Monti e Napolitano. Ed anche il Partito democratico. Usano un fucile a due canne con il quale dirigono i colpi su un duplice obiettivo nella speranza di mantenere e magari di estendere il consenso di un'opinione pubblica dominata dall'emotività e dall'incostanza.
La parola "casta" è così entrata nel lessico qualunquista ed è stata largamente applicata anche per quanto ha riguardato la votazione della Camera sul caso Cosentino. Quella votazione, come hanno detto giustamente Bersani e Casini, è stata una sorta di suicidio parlamentare. Ma chi ha compiuto quel suicidio e ha lavorato per ottenere quel voto? Il Pdl e la Lega di Bossi (non quella di Maroni). Pd e Terzo Polo hanno votato in massa per l'arresto di Cosentino (285 voti su 295). Dov'è dunque il voto di casta? Perché blaterano contro la politica invece di individuare i comportamenti dei singoli parlamentari e dei singoli partiti? Questo è l'opposto della ricerca della verità e come tale va condannato. 
Noi siamo favorevoli alle verità scomode ma contrari alle comode bugie. Trentasei anni di storia di questo giornale (l'anniversario era ieri) lo dimostrano ampiamente.

Post scriptum. Anche se ci hanno messo una pezza a colore nelle ultime ore, la spaccatura tra la Lega di Bossi e quella di Maroni è il fatto di maggiore importanza nella politica dei partiti. È un movimento democratico quello in cui il segretario impedisce con una pubblica deliberazione ad un esponente storico di quel partito di intervenire nel dibattito congressuale? Sembra la Corea del Nord. Ed hanno l'ardire di ridurre il grande Nord italiano alla loro miserabile Padania?



http://www.repubblica.it/politica/2012/01/15/news/scalfari-28136320/

Tragedia della disperazione nel palermitano, falegname disoccupato si suicida.



Palermo - (Adnkronos) - L'uomo, spostato e padre di due figli, si è impiccato nel balcone della propria abitazione, nel centro storico di San Giuseppe Jato. "Si era presentato al Comune alcuni giorni fa, parlando del suo dramma - racconta il sindato Giuseppe Siviglia - La disoccupazione dilaga e noi impegnati in prima linea siamo impotenti rispetto a questi seri problemi''.


Palermo, 14 gen. - (Adnkronos) - Un disoccupato di 63 anni si e' suicidato stanotte a San Giuseppe Jato. L'uomo, ex falegname, spostato e padre di due figli, si e' impiccato nel balcone della propria abitazione in via Ruggero, nel centro storico del paese. "Si era presentato al Comune alcuni giorni fa, parlando del suo dramma - racconta il sindato di san Giuseppe Jato, Giuseppe Siviglia, che e' anche vicepresidente di Anci Sicilia -. La disoccupazione dilaga e noi impegnati in prima linea siamo impotenti rispetto a questi seri problemi, in cui sembra che la nostra classe dirigente, a livello nazionale e regionale, non riesca ad immedesimarsi".
Per Siviglia si tratta di "un altro segnale inquietante provocato dall'assenza di posti di lavoro. Inviterei i nostri governanti a seguire gli amministratori locali per capire quali sono le vere esigenze e i drammi che giorno dopo giorno si consumano. Abbiamo assistito a gesti estremi compiuti anche da imprenditori, che non hanno piu' potuto adempiere ai propri doveri. Proprio giorni fa mi ero attivato per sensibilizzare attraverso i nostri deputati di Grande Sud il ministero dell'Economia, relativamente ai fondi Fas - continua il primo cittadino -, con l'intento di autorizzare le municipalita' che ne abbiano le condizioni, ad anticipare detti fondi, per iniziare i lavori gia' appaltati e quindi creare occupazione".
"Inoltre - conclude il sindaco - e' indispensabile che vengano esonerati dal computo del patto di stabilita' tutti gli investimenti, mentre le azioni di repressione relative agli evasori devono essere incentivate verso le categorie di contribuenti che costruiscono le proprie fortune proprio sull'evasione fiscale".


Naufragio: in carcere il comandante. Tre i morti, si cercano 41 dispersi.







21:44 14 GEN 2012 
(AGI) - Porto Santo Stefano, 14 gen. - Il procuratore di Grosseto ha posto in stato di fermo Francesco Schettino, il comandante della Costa Concordia, naufragata a largo dell'isola del Giglio. Il comandante e' stato trasferito nel carcere di Grosseto.
I capi di imputazione sono omicidio colposo plurimo, naufragio e abbandono della nave.
Il legale del comandante, all'uscita della caserma dei carabinieri di Orbetello, ha riferito che e' stato emesso un provvedimento di fermo e verra' fissata dal gip la data dell'interrogatorio di garanzia.
Finora il bilancio della tragedia al largo dell'isola del Giglio e' di 3 vittime, due francesi e un peruviano; i feriti sono 67.
 
I VIDEO DEL RELITTO 1 - 4 - 5
UNITA' DI CRISI: DA RINTRACCIARE 41 PERSONE
E' di 41 persone la differenza tra gli imbarcati sulla Costa Concordia e i passegegri soccorsi. Lo ha riferito l'unita' di crisipresieduta dal prefetto di Grosseto, Giuseppe Linardi. "Dopo una serie di verifiche e controlli incrociati, al momeno ci risultano i seguenti numeri: 4232 sono le persone imbarcate sulla nave, secondo l'elenco fornito da Costa Crociere. Ci risultano censite finora un totale di 4191 persone, transitate dal centro e identificate a Porto santo Stefano. La differenza e' quindi di 41 unita'". "Non e' detto, tuttavia, che si tratti di dispersi: stiamo lavorando per verificare ogni eventualita'".
I feriti risultano 61, due dei quali gravi e 26 gia' dimessi in giornata. 
Il comandante della Guardia Costiera Cosimo Nicastro ha smentito le voci che parlavano di 40 morti: "e' una notizia che non mi risulta", ha spiegato.
  Nella parte della nave gia' ispezionata non sono state ritrovate altre vittime, oltre ai tre uomini morti per annegamento. "Oggi non c'e' stato alcun ritrovamento e questo ci fa sperare", ha concluso.
 
UNITA' DI CRISI, IDENTIFICATE LE TRE VITTIME
"Si e' risaliti, in via presunta, all'identificazione delle generalita' delle 3 vittime, attraverso i tesserini nominativi che custodivano indosso. Si tratterebbe di: Servel Francis; Micheaud Jean-Pierre- entrambi di nazionalita' francese - e Thomas Alberto Costilla Mendoza, di nazionalita' peruviana, che faceva parte dell'equipaggio. La Magistratura ha autorizzato la comunicazione dei nomi". E' quanto si legge in una nota dell'unita' di crisi presieduta dal prefetto di Grosseto, Giuseppe Linardi.
 
MINISTERO INFRASTRUTTURE AVVIA INDAGINE
Il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, "in stretto raccordo con il comando generale della Capitaneria di Porto", ha avviato un'indagine ministeriale per accertare le dinamiche, le cause, ed eventuali responsabilita' dell'affondamento della nave 'Costa Concordia'. Lo annuncia un comunicato del dicastero, dove si aggiunge che il vice ministro Mario Ciaccia e le strutture tecniche del ministero sono in costante contatto da stamane con la competente capitaneria per assicurare il massimo supporto del Mit alle operazioni di gestione dell'emergenza. E' detto inoltre che "nel corso delle operazioni, il Comandante della Capitaneria di porto di Livorno ha provveduto a mettere in sicurezza la nave per evitare fuoruscite di sostanze inquinanti, anche attraverso il travaso del prodotto verso altre unita'".

sabato 14 gennaio 2012

Nave Costa, il sindaco dell'Isola del Giglio: "La Concordia era fuori rotta per un saluto"







"Molte navi passano dal Giglio a salutare con un fischio di sirena gli abitanti dell'isola - ha aggiunto -. Ma questa volta è andata male".


23:22 -La Costa Concordia sarebbe stata fuori rotta. Lo ha spiegato il sindaco dell'Isola del Giglio, Sergio Ortelli, ipotizzando la dinamica del tragico incidente. L'imbarcazione avrebbe prima sbattuto contro uno scoglio dell'isoletta Le Scole e poi sarebbe stata fatta arenare verso il porto per limitare i danni. "Molte navi passano dal Giglio a salutare con un fischio di sirena gli abitanti dell'isola - ha aggiunto -. Ma questa volta è andata male".
Il primo impatto, stando a Ortelli, sarebbe avvenuto a  circa 500 metri di distanza dall'Isola del Giglio, poi il comandante avrebbe preso "astutamente la decisione di  portare la nave verso il porto in una zona di basso fondale dove effettivamente si è adagiata ". La rotta delle navi che da Civitavecchia ''risalgono'' verso la Liguria, tuttavia, conferma il sindaco, è a circa 2-3 miglia dall'isola. La Costa Concordia, quindi, sarebbe stata fuori rotta. 
''Sa - ha spiegato Ortelli -, molte navi passano dal Giglio a salutare con un fischio di sirena gli abitanti dell'isola. E' uno spettacolo molto bello vedere da terra la nave illuminata e anche dalla nave e' suggestivo guardare l'isola nel buio, con tutte le luci accese. Ma questa volta è andata male''.

Fisco, Roma come Cortina Finanza in vie dello shopping.



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190 multe per mancata emissione di scontrini e ricevute fiscali. Il blitz delle Fiamme Gialle nella Capitale. Quasi il 50% dei negozi 'visitati' non è risultato in regola.



Anche le strade dello shopping di Roma, esattamente come quelle di Cortina, sono finite nel mirino della Guardia di Finanza. Il blitz delle Fiamme Gialle ha consentito di rilevare 190 violazioni legate alla mancata emissione di scontrini e di ricevute fiscali su un totale di 405 controlli effettuati: praticamente quasi il 50% degli esercizi visitati non è risultato in regola. Il bilancio dell'attività, che ha portato anche al sequestro di 500 mila prodotti contraffatti, è il risultato di un minuzioso lavoro attuato per tutta la giornata da 250 militari in borghese. Gli 007 del fisco hanno operato in quattro zone della città: sono state passate al setaccio tutte le vie del centro storico, quelle delle vetrine di lusso, la zona Colombo-Marconi all'Eur, così come quella di via della Conciliazione-via Cola di Rienzo nel quartiere Prati e sul litorale di Ostia. L'operazione, ha spiegato la Guardia di Finanza, ha avuto l'obiettivo non solo di tutelare gli operatori economici 'regolarì dalla sleale ed illecita concorrenza degli abusivi e di coloro che vendono merci fuori norma, ma anche «quello di evitare che gli esercenti che rispettano gli obblighi di emissione dei documenti fiscali finiscano con il risultare indebitamente 'svantaggiatì rispetto a loro concorrenti che violano le norme tributarie». Prima del blitz di oggi, le violazioni riscontrate nella capitale, dall'inizio dell'anno, per omessa emissione di scontrini fiscali, erano state 168. Nel complesso, lo scorso anno sono stati eseguiti ventimila controlli e le violazioni sanzionate erano state 9.100. Rilevante il numero dei prodotti contraffatti sequestrati: 80 mila solo dall'inizio dell'anno. Sulla via Prenestina, in un deposito gestito da un ambulante, sono stati scoperti 113 mila orologi falsi pronti per essere venduti sul web. Le Fiamme Gialle hanno avviato controlli a largo raggio in diverse città italiane. La caccia all'evasore, accompagnata da non poche polemiche, era partita da Cortina d'Ampezzo in occasione delle feste di Capodanno. A Roma, dopo l'operazione di oggi, gli uomini della Guardia di Finanza annunciano per la prossima settimana altri controlli a tappeto anche in tutta la provincia.

SCRITTE DIVERTENTISSIME (VERE) TROVATE IN GIRO PER NAPOLI...



http://casalingafb.blogspot.com/2012/01/scritte-divertentissime-vere-trovate-in.html?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+blogspot%2FpLEFQ+%28.%29&utm_content=FaceBook

Alcoa, azienda conferma chiusura Sardegna.



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ROMA (Reuters) - Il colosso mondiale dell'alluminio Alcoa ha confermato oggi l'intenzione di avviare le procedure di mobilità per l'impianto sardo di Portovesme, rifiutanto una proposta di mediazione del ministero dello Sviluppo economico.
"Il governo ha tentato una mediazione chiedendo ad Alcoa di ritirare le procedure di mobilità (per oltre 500 dipendenti), mentre si cercano soluzioni per mantenere la continuità della produzione, ma l'azienda ha rifiutato", ha detto ai cronisti Fabio Enne, della Cisl del Sulcis, aggiungendo che il governo prevede di riconvocare le parti entro una decina di giorni.
Il rifiuto di Alcoa, ha detto una nota del ministero per lo Sviluppo economico, "appare inspiegabile", anche perché il governo si era detto disponibile ad avviare un confronto, anche a livello europeo, per l'eventuale proroga dello sconto sulla bolletta energetica dello stabilimento in vigore dal 2010.
"Il Ministero solleciterà nei prossimi giorni l'azienda a riconsiderare la scelta operata e ad attivare un percorso di gestione della vertenza condiviso con istituzioni e sindacati", prosegue la nota.
Dal canto suo Alcoa ha affermato di aver apprezzato "l'opportunità" del vertice di oggi, aggiungendo però che è disponibile "fin da subito ad avviare le consultazioni nell'ambito della procedura di mobilità e parteciperà attivamente e costruttivamente per individuare le soluzioni più appropriate per le persone coinvolte e la comunità".
"Non possiamo accettare un rinvio, abbiamo rifiutato la proposta di posticipare l'inizio della procedura di mobilità", ha detto oggi a Reuters Alessandro Profili, responsabile per gli affari europei di Alcoa, aggiungendo che gli alti costi dell'elettricità non rappresentano l'unica ragione per chiudere lo stabilimento di Portovesme, uno dei più costosi del gruppo.
Profili ha detto inoltre che Alcoa non intende chiudere l'altro stabilimento che ha in Italia, quello di Fusina, vicino a Venezia, che è ben integrato nel gruppo.
"A Fusina non succederà nulla", ha detto.
Nei giorni scorsi l'azienda ha annunciato la chiusura dell'impianto sardo e di almeno un altro in Spagna citando gli alti costi energetici e i bassi prezzi dell'alluminio.
L'azienda ha già beneficiato negli anni passati di aiuti dal governo sotto forma di sconti sulle tariffe energetiche, considerati dalla Corte europea di giustizia aiuti di stato illeggittimi, e quantificati in circa 295 milioni di euro.
Secondo stime di settore, nel solo 2011 le riduzioni tariffarie che hanno avvantaggiato Alcoa e altre aziende a forte impatto energetico sono costate circa 80 milioni di euro ai contribuenti italiani.
Vincenzo Scudiere della Cgil ha parlato di "irresponsabilità totale dell'azienda" e ha detto che ora "si tratta di definire quali sono le azioni che il sindacato metterà in campo" per evitare la chiusura del'impianto.
Secondo i sindacati, la decisione della Alcoa mette a rischio 1.500 posti di lavoro, compresi quelli dell'indotto.
"Un atteggiamento irragionevole, di cui prendo atto con sgomento", detto il presidente della Regione Sardegna Ugo Cappellacci, dopo la riunione di oggi, in un comunicato.
"Le regole del gioco non sono solo quelle dei mercati finanziari, ma anche quelle che impongo di fare impresa nel rispetto delle ricadute in termini economici e sociali nel territorio. Non voglio pensare che a Pittsburgh (sede di Alcoa) queste regole di natura etica siano diverse da quelle che vigono in Italia".
(Massimiliano Di Giorgio, Svetlana Kovalyova)