venerdì 20 aprile 2012

Brunamonti, l’assistente di Berlusconi, ecco chi è veramente il supertestimone della difesa. - di Emiliano Liuzzi


Su Facebook rivela l'agenda del premier, è amico di quasi tutte le ragazze dello scandalo Ruby e ha una grande ossessione. La stessa del suo datore di lavoro.


Nome: Lorenzo. Cognome: Brunamonti. Titolo di studio: diploma in perito chimico. Filosofia di vita: “Viva la f*** e che dio la benedica”. Datore di lavoro: presidente del consiglio dei ministri. Tradotto? Dal 2008 è uno degli uomini ombra del premier Silvio Berlusconi, assistente alla sua persona, dice la busta paga. Lavora a palazzo Grazioli, a villa san Martino di Arcore e, naturalmente, alla Certosa, Porto Rotondo, Sardegna. Insomma, uno dei pochi che conosce miracoli e, soprattutto, segreti del presidente del consiglio. È così che si presenta su Facebook dove parla del capo, dei suoi trasferimenti, delle cene. A chi gli chiede di più risponde, con improbabili termini in inglese, ma più o meno intende dire che la cosa è strettamente riservata. Del presidente non parla, ma con le amiche del presidente sì, visto che Brunamonti, foto di presentazioni accanto a uno degli elicotteri di Berlusconi, ama dialogare con Iris Berardi, 19 anni da Forlì, la probabile seconda minorenne dopo Ruby, Nicole Minetti, l’igienista dentale che secondo la procura seleziona le girls presidenziali, la 32 enne da Siena Elisa Toti, altro nome che ricorre con frequenza nelle carte dell’inchiesta.

Quando l’assistente del presidente parla del suo organo sessuale lo chiama l’etrusco e, proprio la Toti, tra le altre, commenta compiaciuta. Un nomignolo, così tanto per non essere troppo boccaccesco, ma – nonostante gli sforzi – non è che gli riesca troppo bene. Come il 10 gennaio alle 10.30 quando si sente di dire alla comunità di Facebook (non ha il profilo bloccato, tutti possono sbirciarlo) di aver avuto un risveglio vigoroso: “Ammazza, ci si può appiccicare il bollino blu”. Ancora un commento di Elisa Toti.

Strano tipo Brunamonti. Che sia una presenza fissa a corte lo dimostra il fatto che gli avvocati difensori di B. Piero Longo e Niccolò Ghedini lo hanno citato come teste a difesa nel corso della loro controindagine. È uno dei primi ad essere sentiti, il 21 ottobre. Speriamo che, davanti ai giudici, non ripeta la sua filosofia di vita, non dica dei suoi weekend ad Amsterdam, “nella zona rossa”: ancora traducendo è probabile che intenda il Red Light District, il quartiere a luci rosse della città, quello delle prostitute in vetrina, per intenderci. O che non gli mostri la foto di un apparente spinello preconfezionato di cui si complimenta con i tabaccai olandesi.

Nato a Spoleto nel dicembre del 1974, Brunamonti viene assunto dal presidente del consiglio, ma non si capisce bene cosa faccia per il presidente, probabilmente una sorta di cameriere personale, ma è sicuramente congruamente retribuito visto che può permettersi auto e motocicletta Harley Davidson 883XL, colore arancio, sulla quale sfreccia sulle strade sarde e nelle notti romane, almeno quando non lavora, e soprattutto ha una certa intimità con Berlusconi, come dimostra la necessità di ascoltarlo come testimone della difesa sulle feste di Arcore.

Per il momento il ragazzo (a proposito, volete sapere la sua trasmissione preferita? Colpo grosso, ovviamente) pare ben istruito. E’ stato ascoltato dagli avvocati del presidente e ha ripetuto una filastrocca che ormai conosciamo tutti abbastanza bene. Cene sì, ragazze sì, Emilio Fede anche, forse Ruby e le gemelle De Vivo, “una certa Maristelle” (sua amica su facebook da metà settembre) ma niente bunga bunga. “Cene normali, come tutti sanno il presidente Berlusconi è molto cordiale con i suoi ospiti. Riunioni nella discoteca di Arcore nel dopo cena? Sì, partecipavo anche io. Ragazze mezze spogliate? No, mai. Sesso tra gli ospiti, etero o omosessuale? No. Drink? Sì, champagne e gin tonic”.

Questo le dichiarazioni che Brunamonti ha reso senza addentrarsi in particolari. Il fatto è che era come essere in famiglia. Essendo l’ombra del presidente conosce bene sia l’avvocato Ghedini che l’avvocato Longo. O almeno – e questo si riscontra facilmente anche su Facebook – ha un rapporto molto intimo con la dattilografa che verbalizza le sue dichiarazioni, Federica Seregni, romana, classe 1969. Su Facebook i due si lasciano messaggi del tipo, “a Lorè”, dice lei, “come sei mieloso ultimamente”. “Etrusco (il suo organo sessuale, appunto) in love”. “Preferisco quello trombatore”, risponde la dattilografa dello studio legale del premier. E qui è meglio fermarsi perché se Ghedini e Grosso avessero avuto contatti con il teste prima della deposizione (e non spetta a noi stabilirlo) la sua versione dei fatti diventerebbe carta straccia.

Altro punto sul quale gli addetti alla sicurezza del presidente dovrebbero riflettere è la riservatezza di Brunamonti. Qualcosa che nel paese delle auto blu e delle scorte suona già strano e sarebbe inverosimile in qualunque altro. L’assistente del premier intrattiene le ragazze, è vero, con i racconti di cene e degli ospiti “importanti”, non aggiunge altro. Anzi, un giorno lui racconta di una cena ad Arcore dove ha fatto una gaffe: “Parlando con persone molto importanti ho parlato del mio albero ginecologico e tutti si sono messi a ridere. Che figuraccia”. Ma chi erano questi ospiti risponde un’amica: “No, questo lo sapete non posso dirlo”. Bene, integerrimo. Ma è in altri frangenti che sbaglia. Per ogni spostamento col premier Brunamonti fa sapere la destinazione. “@Brianza”, “@Porto Rotondo”, “rientro a Roma”. Insomma, chiunque voglia conoscere l’agenda del premier non fa fatica: basta aprire il profilo di Lorenzo Brunamonti, lui vi dirà tutto. Non avrà visto cosa succedeva nella discoteca di Arcore, ma per il resto è uno degli uomini più informati.

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Vauro.



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Diamanti consegnati a Mauro e Stiffoni. - di Francesca Brunati e Igor Greganti.




Diamanti consegnati a Mauro e Stiffoni.

Per la Procura di Milano e' ormai quasi certo che il vicepresidente del Senato Rosi Mauro e il senatore Piergiorgio Stiffoni abbiano ricevuto, lo scorso marzo, diamanti per 300 mila euro. Quel che resta da capire e' se quell'acquisto sia stato un investimento personale dei due parlamentari, come loro stessi sostengono, o se siano stati usati i soldi della Lega, come invece avrebbe fatto Francesco Belsito, l'ex tesoriere della Lega indagato e che sara' probabilmente presto convocato per un interrogatorio. Mentre spunta un presunto dossier sull'ex ministro Roberto Maroni confezionato da investigatori privati assoldati da Belsito, i pm milanesi stanno ancora sbrogliando la matassa del 'tesoro' della Lega. Se da un lato sono convinti che l'ex amministratore, ora espulso dal movimento, abbia prelevato dalle casse di via Bellerio i soldi per comprare gli 11 diamanti e i 10 lingotti d'oro, restituiti proprio ieri al Carroccio, dall'altro stanno accertando che fine abbia fatto il 'malloppo dai molti carati' che i due senatori, per gli inquirenti, hanno ritirato circa un mese fa. Rosi Mauro nei giorni scorsi ha ripetutamente smentito l'acquisto ''con i soldi della Lega''. E in serata in tv ha spiegato di aver ''comprato tante cose'' con ''i miei risparmi'', anche ''le case''. ''I miei 730 parlano - ha sottolineato - e sono pubblici come i miei investimenti''. Tra la messe di carte dell'inchiesta sequestrate dalla Guardia di Finanza, nel frattempo, e' stato individuato il certificato dell'avvenuta consegna dei diamanti - comprati dalla 'Intermarket Diamond Business' - firmato dalla 'ex pasionaria' della Lega e da Stiffoni. Centomila euro di investimento per la vicepresidente di Palazzo Madama e 200 mila euro per il senatore. Saranno pero' solo gli accertamenti in corso a dire se l'operazione sia stata effettuata con denaro dei due parlamentari o con i fondi del movimento. Cio' che e' stato accertato finora e' che i due hanno aperto ciascuno a gennaio un conto personale alla Banca Popolare di Novara, che a febbraio poi e' stata realizzata la compravendita attraverso quei conti accesi 'ad hoc' e che a marzo, stando ai documenti raccolti, i preziosi alla fine sono stati consegnati in sicurezza da un apposito corriere. Gli investigatori stanno verificando se ci siano stati passaggi di denaro, attraverso bonifici, da altri istituti di credito, in particolare dalla Banca Aletti, anche in assenza di segnalazioni in base alla normativa anti-riciclaggio.
Proprio su questo capitolo dell'inchiesta Piergiorgio Stiffoni anche oggi ha ripetuto di voler presentarsi il prima possibile al quarto piano del Palazzo di Giustizia milanese con documenti a riprova della sua versione: ''Incontrero' nelle prossime ore i magistrati che stanno indagando perche' venga fatta completa chiarezza''. In questi anni, ha aggiunto, ''ho avuto la possibilita' di risparmiare del denaro che, d'accordo con i miei familiari, e' stato oggetto di investimenti nello scorso mese''.
Intanto, secondo le anticipazioni di Panorama, Belsito avrebbe incaricato 007 privati per 'confezionare' un dossier sull'ex ministro dell'interno Roberto Maroni. Visure camerali e appunti scritti a mano, in particolare, su tre barche che, a dire dei 'segugi' dell'ex tesoriere, sarebbero riconducibili all'ex numero uno del Viminale: un catamarano e due motoscafi, il primo sarebbe intestato a una societa' di un presunto prestanome, mentre uno dei motoscafi sarebbe stato recentemente trasferito a Portorose in Slovenia. Un fatto questo che Maroni ha definito ''molto grave'', anche perche' ha assicurato: ''E' un dossier che io ho visto''. Non l'hanno ancora visto, invece, i pm di Milano titolari dell'indagine sui fondi della Lega, cosi' come non hanno ancora visto gli altri dossier che fonti ben informate del Carroccio sostengono siano stati redatti anche 'contro' i deputati 'maroniani' Gianluca Pini, Giovanni Fava e Fabio Rainieri. Al momento tra la documentazione esaminata dalla Gdf milanese risultano solo tracce di pagamenti a societa' di investigazione per le attivita' di bonifica da microspie di locali usati dal partito, cosa che in assoluto non e' anomala.
Non e' escluso pero' che, continuando a 'spulciare' nella mole enorme di carte trovate e custodite in maniera disordinata da Belsito, possano spuntare anche le pagine di questa presunta 'spy story' tutta interna alla Lega che per Rosi Mauro non esiste. ''Mai sentito parlare di dossieraggio, di spiate o altro''.

Calderoli sulla torre antica. Spunta un’altra casa romana, con piscina e vista sul Cupolone. - di Marco Lillo



Prima di trasferirsi nella mansarda da duemila euro al mese a carico della Lega, l'ex ministro usufruiva di una dimora storica ancora più lussuosa alla Balduina. Un'abitazione da 3-4 mila euro di canone, ma sulle cifre tutte le bocche restano cucite.

Quando si trattava di sbugiardare i contribuenti, l’allora ministro alla Semplificazione Roberto Calderoli era implacabile: “Staneremo chi mente sulla prima casa”, dichiarava bellicoso nel gennaio 2011. Con un giornale che tentava di metterlo in difficoltà cercando la sua abitazione romana, piagnucolava: “Vivo in un appartamento in affitto di 65 metri quadrati, in periferia”. Sarà anche di 65 metri l’appartamento in questione ma si fatica a definirlo “in periferia” e soprattutto non è mai stato pagato da lui. Il Noe dei Carabinieri su delega della Procura di Napoli ha sentito il proprietario della casa sul Gianicolo e il signor P. C. ha dichiarato che il partito ha pagato per il “ministro con vista” ben 2 mila e 200 euro al mese in comode rate trimestrali da 6 mila e 600 euro, a partire dall’aprile 2010.
Siamo a due passi da Villa Sciarra, nel quartiere chic e sinistrorso di Monteverde Vecchio dove abitano Serena DandiniNanni Moretti e Nicola Piovani. I leghisti sono arrivati di recente e hanno evitato di pagare come i comuni mortali. Il viceministro Castelli era ricorso all’ente previdenziale degli agenti di commercio, l’Enasarco, per agguantare un affitto da 700 euro per 90 metri in via quattro venti. Sembrava uno scandalo: Castelli fu costretto a levare le tende da quell’angolo di Affittopoli grazie anche ai nostri articoli. Ma non era nulla a confronto di Calderoli, che ha ottenuto una casa molto più bella e pagata dalla Lega. A conferma del fatto che nel partito c’erano gli inquilini del cerchio magico e i “barbari paganti”, più che sognanti.

I carabinieri avevano intuito qualcosa. “Come minuziosamente descritto da Francesco Belsito in numerose intercettazioni telefoniche”, scriveva il Comandante del Nucleo Operativo del Noe,Pietro Raiola Pescarini, “rilevanti somme di denaro sono state utilizzate per sostenere esigenze personali e familiari, estranee alle finalità ed alle funzionalità del partito Lega Nord e a favore di:Bossi Umberto, (…..) Mauro Rosi, Calderoli Roberto”. L’intercettazione chiave era quella in cui si affrontava il capitolo dei soldi per Calderoli dopo avere parlato del milione di euro chiesto per la scuola cara ai Bossi: “e invece quelli (i soldi Ndr) di Cald (ndr, Calderoli) come faccio? Come li giustifico quelli?”.

Ora spunta la mansardina a carico del partito, un tetto su Roma, con vetrata ad angolo e vista mozzafiato più un terrazzo di venti metri quadrati, pagato dalla Lega. Sul citofono non c’è il nome dell’ex ministro ma quello del proprietario. L’ex ministro della semplificazione come un novello Nerone amava le fiamme per far fuori le pandette inutili ma non disdegnava la vista sui sette colli, a sbafo. Via Ugo Bassi è una strada poco leghista: termina con una scalinata che scende lievemente verso tre simboli della Roma più romantica: la scala di Righetto, Trastevere e Porta Portese. La casa non è enorme, dicono i vicini, una sessantina di metri quadrati coperti più la terrazza di venti metri. La vista però è impagabile.

“Mi si infanga per aver avuto in dotazione da parte del movimento una casa-ufficio dal costo di 2200 euro al mese, quando io ne verso mensilmente 3000 di euro alla Lega Nord’’, è il commento di Calderoli. “Da dieci anni svolgo l’incarico di coordinatore delle segreterie nazionali della Lega nord, che mi ha portato a lavorare quasi sette giorni alla settimana, feste, sabati e domeniche compresi, girando su tutto il territorio nazionale. Per anni il movimento mi ha riconosciuto solo un rimborso che è stato totalmente devoluto al movimento”.

Il Fatto ha scoperto però che Calderoli, prima di andare ad abitare al Gianicolo, viveva in una casa molto più bella e di valore: una torre antica sul colle della Balduina con piscina e parco a disposizione. Probabilmente per combattere meglio l’odiata Roma ladrona è bene guardare il nemico dall’alto. Se oggi l’ex ministro dal Gianicolo scorge in lontananza il Colosseo, dalla vecchia casa poteva quasi toccare il Cupolone. “La chiamano la ‘torre della luna’”, spiega l’inquilina che è subentrata nella torre, “si sviluppa su tre livelli. È molto romantica ma forse un po’ scomoda. La vista è unica. Calderoli abitava qui e poteva, come facciamo noi, usare la piscina. Non so quanto pagasse”.

VIDEO/2 – LA “TORRE DELLA LUNA”



La proprietaria, una nobildonna napoletana con accento britannico, abita nella villa accanto. Alla domanda del Fatto su chi pagasse (“la Lega o il ministro?”) replica: “Non ho intenzione di rispondere”. Certo è che Calderoli, nel suo comunicato relativo alla sola casa del Gianicolo abitata da due anni a questa parte, eccede ricordando che “da dieci anni svolgo l’incarico di coordinatore della segreteria”. Come a dire che anche il pagamento dell’affitto precedente per “la torre della luna” sarebbe giustificato.

La risposta di Calderoli, a leggerla in filigrana, legittima altre domande inquietanti anche sulla casa abitata da Umberto Bossi. Si tratta di un quinto piano su via Nomentana composto di sei vani catastali che dovrebbe superare di poco i 150 metri quadrati. È stato ristrutturato nel 2008 prima di essere affittato al leader della Lega. Il canone dovrebbe aggirarsi sui 3-4 mila euro, stando alle quotazioni della zona. Casa Bossi è di proprietà della Immobiliare Elma. Il Fatto ha chiesto al titolare, Guido Cespa chi pagasse l’affitto. La risposta è stata: “Non lo dico certamente a un giornalista. Se mi chiameranno i magistrati lo spiegherò a loro”.

Il Fatto ha girato le domande sulle case leghiste all’unica persona titolata a parlare in materia: il tesoriere del partito. Stefano Stefani, però, sui canoni della torre di Calderoli e sull’attico di Bossi replica: “A queste domande io non voglio rispondere”.



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Abolita Commissione per Olimpiadi a Roma. «È costata 80mila euro l'ora»


Il presidente del consiglio regionale del Lazio Mario Abbruzzese

Ok dal Consiglio Regionale del Lazio dopo due mesi dallo stop di Monti ai Giochi del 2020. I Radicali: 400 giorni per 3 sedute ufficiali sono costati 250mila euro.

ROMA - Alla fine è stata abolita. Ci hanno messo due mesi, ma alla fine ce l'hanno fatta: il Consiglio Regionale del Lazio ha dato l'ok all'abolizione della Commissione speciale denominata Olimpiadi e grandi eventi. Lo ha fatto sapere il presidente del Consiglio regionale del Lazio, Mario Abbruzzese, spiegando che «dopo aver acquisito il parere positivo disposto dalla commissione Affari Istituzionale e Statutari, l’Aula ha oggi approvato la proposta di legge che avevo presentato nei giorni scorsi per l’abolizione». Era «un passeggio obbligato quello di stabilire con legge questa abolizione», ha aggiunto Abbruzzese: «A questo punto mi auguro si possa mettere un punto a tutte le polemiche scaturite all’indomani della decisione del governo nazionale di non sostenere la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2020».
COSTI ALTISSIMI - Ma la polemica invece continua. Perché i consiglieri regionali Giuseppe Rossodivita e Rocco Berardo Lista Bonino Pannella, Federalisti Europei fanno un po' di conti: «La commissione è vissuta per 400 giorni e 3 sedute ufficiali. Il suo costo è stato di 200.000 euro l’anno, possiamo stimare 250.000 euro dalla sua istituzione fino a oggi. Se calcolassimo per 60 minuti il tempo di ciascuna seduta, sapremmo che il costo di ciascun minuto di vita di questa commissione è stato di 1388 euro. Oltre 80 mila euro l’ora». E in una nota spiegano: «Come Radicali abbiamo tentato, da soli, al tempo della istituzione di questa e delle altre commissioni speciali di fermarla. Non ci fu consentito, neanche di approvare un emendamento che prevedesse lo scioglimento automatico della commissione qualora non fosse stata scelta Roma quale sede dei giochi. Ci saremmo risparmiati due mesi di altra inutile attesa e spreco».
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Assenteismo al Comune di Roma



Parla Monica Cirinnà. Sotto di lei, seduto, Alfredo Ferrari. Scranno centrale il presidente del consiglio comunale Marco Pomarici

Si discute una manovra da 730 milioni, vendono l'acqua pubblica, tagliano i fondi all'assistenza sociale e cultura, ma i consiglieri non ci sono.


ROMA - Comincia l'iter per l'approvazione del bilancio del Comune di Roma. Quando l'Assessore competente, Carmine Lamanda, illustra la relazione l'aula è vuota. La maggioranza non c'è, e neppure il Sindaco Alemanno. L'opposizione decide di sedersi fra il pubblico. Sembra che la cosa non interessi a nessuno eppure le cifre non sono rassicuranti e i consiglieri comunali, che rappresentano i cittadini romani, intascano di diaria circa 1500 euro al mese, e il loro gettone di presenza è comunque salvo perché la seduta era iniziata al mattino e all'appello hanno risposto in più di 30. Hanno chiamato la pausa per avere il tempo di leggere la relazione tecnica. Ma poi si sono dati alla fuga.
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