martedì 24 aprile 2012

Antipolitica? No, è ribellione. - di Michele Ainis


Quello che sta succedendo in Italia è semplice ed esplosivo: è nata un'opinione pubblica che non ne può più di questi mandarini appollaiati su un ramo dorato a difendere se stessi. E se ne vuole liberare in ogni modo.


In principio c'è un artificio semantico, una truffa verbale. "Antipolitica", l'epiteto con cui la politica ufficiale designa questa nuova cosa. Marchio di successo, tant'è che digitandolo su Google si contano 780 mila risultati. Ma che cos'è l'antipolitica? Un sentimento becero, un vomito plebeo?

No, un inganno. L'ennesimo inganno tessuto dal sistema dei partiti. Perché mescola in un solo calderone il popolo di Grillo e il think tank di Montezemolo, le signore della borghesia milanese che hanno votato Pisapia e gli studenti in piazza contro la Gelmini, i dipendenti pubblici bastonati da Brunetta e gli imprenditori taglieggiati dall'assessore di passaggio. E perché con questa parola i politici definiscono l'identità altrui a partire dalla propria. Come facciamo ormai un po' tutti, definendo extracomunitario il filippino o l'egiziano. Ma un siciliano non è un extrapiemontese, un indignato contro gli abusi della Casta non odia la politica, ne è piuttosto un amante deluso.

Ecco, gli Indignados. Ci sarà pure una ragione se il pamphlet di Stéphane Hessel ha venduto in Francia milioni di copie, se ha dato la stura a una protesta che divampa a Madrid come a Londra e a Berlino. 

E a Roma? Innanzitutto riepiloghiamo i fatti. Marzo 2010: alle regionali il non voto, sommato alle schede bianche e nulle, tocca il 40%. Tanto che il Pdl, pur vincendo le elezioni, ottiene la fiducia esplicita di appena un italiano su 7. Maggio 2011: alle amministrative sfondano gli outsider, e con loro una nuova generazione di politici. Giovani e sfrontati come il cagliaritano Zedda, che replica l'esperienza del fiorentino Renzi. Ma l'emblema è Napoli. Dove al ballottaggio un cittadino su 2 marina le urne, mentre il 65% dei votanti sceglie un uomo fuori dai partiti, perfino il proprio: De Magistris. Giugno 2011: dopo 14 anni, dopo 24 consultazioni senza quorum, 4 referendum raggiungono il 55% dei suffragi. Nonostante il silenzio delle tv, nonostante il rifiuto d'accorparli alle amministrative, che ci costringe al terzo voto in quattro settimane, uno slalom. Infine il tam tam contro gli sprechi e i privilegi di cui godono, ormai da troppo tempo, Lorsignori.



A tendere l'orecchio, quest'orchestra ci impartisce una triplice lezione. Primo: il ritiro della delega. Gli italiani non ne possono più della loro classe dirigente, di questi mandarini appollaiati su un ramo dorato da vent'anni. La seconda Repubblica ha fallito: ne è nato un girotondo di sigle, di liste, di partiti, ma le facce no, quelle sono sempre uguali. Facce che nel primo decennio del 2000 ci hanno recato in dono la crescita più bassa d'Europa. 

Per forza che ormai nessuno se ne fida: possono cantare in coro la Bohème, possono anche uscirsene con un'idea mirabolante, ma sono logori, senza credibilità. Secondo: un'istanza di democrazia diretta. In parte a causa del moto di sfiducia verso chi ci rappresenta nel Palazzo, in parte per una nuova voglia di decidere, d'impadronirci del futuro. Per darvi sfogo dovremmo rafforzare il referendum, abbattendo il quorum, affiancandogli quello propositivo, aggiungendo strumenti di controllo sugli eletti come il recall, la revoca anticipata del mandato. Terzo: il ritorno dell'opinione pubblica. O meglio della sua funzione critica, che è poi il sale delle democrazie moderne, come ha mostrato Habermas. Da qui parole d'ordine quali il dimezzamento dei parlamentari, delle province, di tutti gli enti, portenti e accidenti che ci teniamo sul groppone. Da qui la goffa rincorsa dei partiti, che a parole si dichiarano d'accordo, salvo rinviare ogni soluzione alle calende greche.

Insomma la Bella addormentata si è svegliata, liberando un'energia repressa troppo a lungo. Vi s'esprime una domanda d'eguaglianza, ma anche di ricambio, di legalità, di semplificazione dei labirinti pubblici nei quali ingrassano i professionisti del consenso. Sarà per questo, per esorcizzare il mostro, che i politici l'hanno chiamato "antipolitica". Sbagliano: è un'energia tutta politica, quella che ribolle nella società italiana. Sbagliano due volte: ormai la vera antipolitica è la loro.



http://espresso.repubblica.it/dettaglio/antipolitica-no-e-ribellione%3Cbr-%3E/2159095

Catanzaro, la candidata Laria condannata per concussione: “Assunzioni in cambio di fondi”. - Lucio Musolino



Due anni e dieci mesi in primo grado per l'ex assessore, con interdizione dai pubblici uffici. Ma il suo avvocato dice: "Può presentarsi lo stesso". Con la "Lista Scopelliti" sostiene l'aspirante sindaco Sergio Abramo, indagato per falsa testimonianza dopo una deposizione contestata nello stesso processo.


Due anni e 10 mesi di carcere e interdizione dai pubblici uffici per la durata della pena. È stata giudicata colpevole di concussione l’ex assessore al Comune di Catanzaro Caterina Laria, in carica fino al 2005 e oggi candidata alle amministrative di maggio con la lista “Scopelliti presidente” che appoggia l’aspirante sindaco Sergio Abramo. In primo grado, quindi, ha retto l’impianto accusatorio sostenuto in aula dal pubblico ministero Gerardo Dominijanni che, al termine della requisitoria, aveva chiesto 6 anni di reclusione.

In sostanza, Laria avrebbe chiesto alla Fondazione “Città Solidale”, che si occupa di assistenza ai disabili, di assumere alcune persone da lei segnalate in cambio di una serie di provvedimenti amministrativi per un progetto comunale. Il “j’accuse” nei confronti del politico di centrodestra portava la firma del presidente della Fondazione, padre Piero Puglisi. Quest’ultimo, nel 2004, aveva presentato un esposto in cui spiegava di aver ricevuto dalla Laria la precisa indicazione che lei si sarebbe impegnata per l’approvazione di un progetto presentato dall’ente, se padre Puglisi in cambio avesse accettato di impiegare nell’esecuzione alcune persone segnalate.

Secondo quanto riferito dall’avvocato Giancarlo Pittelli, difensore dell’ex assessore, «la pena non va immediatamente in esecuzione e quindi Caterina Laria può regolarmente candidarsi al consiglio comunale di Catanzaro». A margine dell’inchiesta è indagato anche il candidato del Pdl a sindaco di Catanzaro, Sergio Abramo, accusato di falsa testimonianza. Lo scorso 7 novembre, infatti, Abramo era comparso davanti al tribunale di Catanzaro per testimoniare nel processo a carico del suo ex assessore alle Politiche sociali. Secondo l’accusa si è contraddetto rispetto alle sue precedenti dichiarazioni rese nella fase preliminare dell’indagine e rispetto a quelle degli altri testimoni. Doveva essere poco più di una formalità e, invece, il suo interrogatorio si è concluso con l’iscrizione dell’ex primo cittadino nel registro degli indagati. La lista “Scopelliti presidente” si appresta, quindi, ad affrontare le prossime elezioni comunali di Catanzaro con un candidato condannato per concussione.

Finmeccanica, sequestri in Svizzera ecco la pista che porta alla Lega. - Sara Menafra

Finmeccanica, sequestri in Svizzera


L'indagine napoletana si intreccia con quella sui soldi
al Carroccio. Indagato il superconsulente di Agusta.


ROMA - Passava per la scrivania di un blasonato consulente che vive tra Lugano e Nuova Delhi, il rapporto tra la controllata di Finmeccanica Agusta Westland e la LegaNord. Ieri, i pm della procura di Napoli si sono precipitati in Svizzera per perquisire tutte le fiduciarie intestate a lui, Guido Raph Haschke, iscritto al registro degli indagati per riciclaggio e corruzione internazionale.

A rivelare il suo nome agli inquirenti è stato l'ex capo delle relazioni esterne di Finmeccanica, Lorenzo Borgogni, sentito più volte a Napoli e riascoltato recentemente anche dai magistrati di piazzale Clodio. Borgogni, che dice di averlo saputo in ambito aziendale - e dunque sul punto le verifiche sono prudenti e ancora in atto - racconta che proprio Haschke si sarebbe occupato della compravendita di 12 elicotteri Agusta Westland in India. Ad affidargli l'incarico, Giuseppe Orsi l'attuale amministratore delegato di Finmeccanica ma all'epoca al vertice di Agusta. Che gli avrebbe chiesto, a margine della consulenza costata in tutto 41 milioni, di mettere da parte altri 10 milioni di euro «per le esigenze» della Lega Nord. 

Una vera e propria tangente, insomma, che sarebbe stata consegnata su indicazione di Giuseppe Orsi in persona, la cui vicinanza alla Lega Nord non è mai stata un segreto per nessuno.L'episodio raccontato e confermato da Borgogni, non sarebbe l'unico di cui si è occupato il consulente. L'ipotesi su cui lavorano i pm napoletani Vincenzo Piscitelli, Francesco Curcio, John Henry Woodcock e l'aggiunto Francesco Greco è che di meccanismi come questo le aziende del gruppo Finmeccanica ne abbiano creati anche altri. Una galassia di fiduciarie, tra le quali la principale sarebbe la Gadit, create per accumulare fondi neri destinati alla politica e che rappresenterebbero, spiega un investigatore, la «cassaforte delle tangenti». Tutte in Svizzera, dove Hascke ha da tempo la cittadinanza pur essendo nato e cresciuto in Italia. 

Sotto la lente degli investigatori c'è in particolare la fiduciaria Gadit, intestata al consulente. Ma quelle perquisite e riconducibili a lui sarebbero anche altre. E in ognuna di queste, il consulente potrebbe aver nascosto una fetta di denaro da dare alla politica. Nelle scorse settimane, i pm napoletani avevano convocato Haschke come persona informata sui fatti, ma lui ha risposto di essere cittadino svizzero e che non sarebbe mai andato a Napoli se non sulla base di una rogatoria internazionale. In realtà l'imprenditore sessantenne con una passione per le corse in auto d'epoca, ha vissuto nella zona del torinese fino alla seconda metà degli anni '90.

Nell'ambiente industriale si è fatto conoscere prima di tutto come consulente per aziende fornitrici della Fiat che avessero intenzione di lanciarsi nel mercato internazionale. Si è fatto strada grazie al lavoro presso la Word Bank di Washington e un rapporto consolidato con alcune aziende torinesi vicine alla famiglia Agnelli. Quindi, lo spostamento in Svizzera e i contatti con Agusta Westland raccontati, sebbene indirettamente, da Lorenzo Borgogni di Finmeccanica.

La decisione di avviare rapidamente le perquisizioni in Svizzera è stata presa dai magistrati napoletani nei giorni scorsi, dopo l'ultimo interrogatorio di Borgogni e un incontro al vertice a Roma, a piazzale Clodio, coi magistrati romani che pure indagano su Finmeccanica. Alcune verifiche potrebbero essere avviate anche sulla Alenia Aermacchi, altra società del gruppo Finmeccanica, in cui da tempo lavora la moglie di Roberto Maroni, Emilia Macchi. Ieri mattina, Piscitelli e Curcio erano a Lugano, al fianco dei magistrati svizzeri, per assistere alle perquisizioni in tutte le fiduciarie. Il materiale raccolto - documenti e scritture contabili soprattutto - sarebbe moltissimo.


lunedì 23 aprile 2012

Cellule staminali del cervello, scoperto meccanismo chiave. - Arianna Laurenti






Le cellule staminali del cervello restano ancorate alla loro nicchia, rimanendo bambine, oppure si distaccano per divenire adulte grazie ad un meccanismo simile ad una zip. 

A rivelarlo lo studio del team di ricercatori della Columbia University di New York coordinato dagli italiani Antonio Iavarone e Anna Lasorella.

La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature Cell Biology, non solo fornisce nuovi spunti per comprendere lo sviluppo normale e anomalo delle cellule del cervello, ma potrebbe anche condurre a nuove terapie rigenerative per le malattie neurologiche.

Le cellule staminali nel cervello, restano giovani finché si trovano nella loro nicchia e solo se e quando si staccano crescono fino a diventare adulte. Per capire cosa accade in questo processo, i ricercatori hanno condotto alcuni studi su topi transgenici nei quali sono state silenziate le proteine Id.

Dagli studi è emerso che queste proteine regolano la produzione della proteina Rap1Gap, che a sua volta controlla un gene particolare chiave per l’adesione cellulare.

"Potrebbero esserci altri meccanismi coinvolti ma noi pensiamo che questo sia il meccanismo chiave", ha spiegato Iavarone. "Ci sono buone ragioni per credere - ha aggiunto - che questo meccanismo funzioni anche in altri tipi di staminali, e stiamo cercando di scoprirlo".



http://www.vitadidonna.org/salute/news/-cellule-staminali-del-cervello-scoperto-meccanismo-chiave-8678.html

Def, la Corte dei Conti: "Troppe tasse". -





«Il pericolo corto circuito rigore-crescita  non è dissipato»

Nel 2013 gli effetti recessivi delle manovre brucerebbero oltre 37 miliardi di euro. È l’allarme lanciato dal presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, durante l’audizione di oggi davanti alle commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato sul Documento di Economia e Finanza 2012. «Prendendo a riferimento il 2013 - l’anno del ’pareggio' - si può calcolare - ha aggiunto Giampaolino - che l’effetto recessivo indotto dissolverebbe circa la metà dei 75 miliardi di correzione netta attribuiti alla manovra di riequilibrio».

«La pressione fiscale salirà salirà dal 42,5 per cento del 2011 al oltre il 45 per cento per l’intero triennio successivo». È la previsione del presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, intervenuto oggi davanti alle commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato per il ciclo di audizioni sul Documento di Economia e Finanza 2012. Le scelte operate di recente, con il decreto legge di semplificazione fiscale modificato alla camera, «offrono più di un elemento di perplessità». È quanto afferma il presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino, nel corso dell’audizione sul Def nelle commissioni Bilancio di Camera e Senato. In primo luogo la necessità di ottenere un miglioramento nell’efficienza gestionale ha spinto finora a puntare a una «semplificazione nella gestione dei servizi offerti dagli enti locali prevedendo la gestione associata delle funzioni».

Il decreto che la scorsa settimana ha ottenuto la fiducia a Montecitorio e che è passato al Senato per l’ok definitivo, «ampliando i margini per assunzioni negli enti locali, oltre che ad indebolire il rigore delle scelte finora assunte, attenua la spinta per l’individuazione di assetti organizzativi dimensionalmente più efficienti rispondendo a logiche individuali di una struttura territoriale considerata, a ragione, troppo frazionata», dice Giampaolino. Altra critica mossa dalla Corte dei conti riguarda l’introduzione del Patto di stabilità orizzontale nazionale. «Di fatto -dice Giampaolino- neutralizza l’operare della concertazione a livello regionale che nell’anno appena concluso aveva conosciuto le prime esperienze di un qualche rilievo in molte realtà regionali». Una scelta, evidenzia la magistratura contabile, «che sembra contraddire gli interventi diretti a valorizzare il ruolo del decentramento, rafforzando le forme di cooperazione tra enti diversi della stessa regione e contribuendo, per questa via, ad attribuire al sistema delle autonomie un ruolo nella politica di risanamento della finanza pubblica».


Berlusque, la parodia delle cene eleganti.




Lo spettacolo teatrale della compagnia Oblivion ha anticipato clamorosamente le dichiarazioni di Silvio Berlusconi sui festini bollenti nella dimora di Arcore. Secondo l’ex premier, i vari travestimenti delle sue giovani e avvenenti ospiti, altro non erano che gare di burlesque (leggi)

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Tanzi, condanna confermata in Appello Dovrà scontare 17 anni e 10 mesi. - di Nicola Lillo



I giudici ribadiscono le accuse e la pena emessa dal tribunale in primo grado per l'ex re del latte di Collecchio. In aula aveva chiesto scusa alle persone che aveva contribuito a rovinare.


17 anni e 10 mesi. È questa la condanna inferta in appello a Calisto Tanzi, 73 anni compiuti lo scorso novembre, considerato dal 2003 l’uomo del crac del Secolo. Una lieve riduzione di pena rispetto al primo grado, quando il 9 dicembre 2010 era stato condannato dal tribunale diParma a 18 anni di reclusione. Fausto Tonna, l’ex direttore finanziario (14 anni nel processo di primo grado) è stato condannato a 9 anni, 11 mesi e 20 giorni.

Dopo due settimane di camera di consiglio la corte d’assise d’Appello di Bologna, presieduta dal giudice Francesco Maddalo, ha emesso la sentenza di secondo grado per il filone principale del maxi processo per bancarotta fraudolenta nei confronti dell’ex patron della multinazionale di Collecchio. Processo per il crac da 14 miliardi di euro che nel 2003 mise in ginocchio il colosso agroalimentare Parmalat e sul lastrico oltre 30 mila risparmiatori.

Calisto Tanzi, l’ormai ex “Cavaliere” (il titolo gli è stato revocato dal presidente della Repubblica), fino al cinque maggio dello scorso anno, quando è stato arrestato, aveva ancora in mano le chiavi della sua città: Parma. Nonostante tutti i problemi giudiziari, dal 2003 allo scorso anno ha continuato a svolgere attività di impresa. E non solo. Nel frattempo, in piena bufera giudiziaria, avrebbe speso un miliardo di euro per ristrutturare e in parte acquistare le due ville intestate alle figlie, con soldi legati al crac della Parmalat, la provenienza sarebbe “accertata documentalmente” aveva specificato la Procura. Prima di finire nel carcere di via Burla, quindi, l’ex patron di Parmalat si permetteva non solo di continuare a fare il manager attraverso altre aziende riconducibili alla moglie, nonostante i centinaia di risparmiatori ridotti al lastrico grazie alla sua bancarotta, o di spendere una montagna di soldi per le figlie proprio con quei soldi. Collezionava anche quadri d’arte, ma soprattutto passava gran tempo al telefono. Ha continuato a influenzare imprenditori e uomini influenti della città, su decisioni per quanto riguarda le nomine di Cda e banche cittadine.


Lo stato d’insolvenza della Parmalat fu dichiarato il 22 dicembre 2003. Secondo Enrico Bondi, non ancora commissario straordinario, ma chiamato al capezzale dell’azienda di Collecchio dallo stesso Calisto Tanzi per un disperato tentativo di salvataggio, dalle casse della multinazionale mancavano quattro miliardi. Era un conto ottimistico, poco meno di un terzo di quello che si sarebbe poi rivelato. Il 26 dicembre l’anima “della più grande fabbrica di debiti del capitalismo europeo”, Tanzi, fu arrestato.
In manette finirono anche Francesca e Stefano Tanzi, i figli dell’ex patron, che nell’azienda di famiglia avevano rivestito incarichi direttivi (direttore commerciale e amministrativo, oltre che presidente del Parma calcio, lui, dirigente Parmatour lei), Fausto Tonna ed altri big del gruppo.

Calisto Tanzi non era presente nell’aula Bachelet della Corte d’Appello di Bologna, perchè ricoverato a Parma. Il 6 marzo scorso non mancò alla prima udienza del tribunale di sorveglianza in merito alla richiesta di scarcerazione avanzata dalla difesa. Il 9 gennaio, invece, Tanzi fu presente a una delle udienze di fronte alla terza sezione penale della Corte d’appello di Bologna per il crac Parmalat, e in quell’occasione accusò un lieve malore e abbandonò l’aula anzitempo. Il legale di Tanzi, l’avvocato Fabio Belloni ha già dichiarato di voler fare ricorso in Cassazione, perchè “rimangono ancora nodi irrisolti che devono essere dipanati”. Inoltre il 15 maggio chiederà nuovamente al tribunale del Riesame di concedere gli arresti domiciliari a Calisto Tanzi, perchè in pessime condizioni di salute.

Il crac Parmalat è il più grande scandalo di bancarotta fraudolenta e aggiotaggio in Europa. Le difficoltà finanziarie della società emersero all’inizio degli anni Novanta, ma soltanto alla fine del 2003 vennero scoperte. Una bancarotta da 14 miliardi dovuta a bilanci falsificati sin dai primi anni novanta, creando un sistema perverso che portava a ripagare debiti con altri debiti. Calisto Tanzi aveva creato un sistema fatto di convivenze con il mondo bancario e con quello politico, sulle spalle dei risparmiatori che avevano investito nella Parmalat, senza però sapere che da anni aveva accumulato debiti.