mercoledì 20 giugno 2012

Lusi, il Senato dice sì all’arresto con voto palese.


155 sì, 13 no e un astenuto. Il Pdl non ha partecipato alla votazione. "Sto vivendo un incubo, voglio rispetto" ha detto l'ex tesoriere della Margherita, indagato per associazione a delinquere. E ancora: "Non mi dimetto da senatore, voglio combattere".


L'Aula del Senato, con voto palese, si è espressa a favore dell'arresto di Lusi, l'ex tesoriere della Margherita indagato dalla procura di Roma per aver sottratto soldi al partito, circa 22 milioni di euro, per fini privati. 
I sì sono stati 155, provenienti dalle fila di Pd, Idv, centristi e Lega Nord. Quanto ai voti contrari il presidente di Palazzo Madama Renato Schifani ha letto tre no, ma dal tabulato ufficiale emerge che contro l'arresto si sono pronunciati 13 senatori. Uno si è astenuto. Il Pdl non ha partecipato al voto. Anche Francesco Rutelli, come parte offesa nel procedimento penale contro Lusi, non ha votato. 
I magistrati che hanno richiesto la custodia cautelare in carcere ritengono che, in attesa del processo, il senatore, accusato di associazione a delinquere, avrebbe potuto inquinare le prove e tentare di fuggire per sottrarsi al giudizio. La moglie del senatore, Giovanna Petricone, è già agli arresti domiciliari

"Sto vivendo un incubo, voglio rispetto" - "Non intendevo e non intendo sottrarmi alle mie responsabilità" aveva detto Lusi all'Aula prima del voto.   "Sono una persona che sta vivendo un incubo - commenta il senatore Luigi Lusi subito dopo il voto dell'aula del Senato - Con il voto segreto si mandano in galera i senatori senza che abbiano ucciso nessuno".  E ancora: "Sulla mia testa si è giocata una partita politica" e "questo voto è il segno dei tempi. Ma non mi dimetto da senatore, voglio combattere". 
Lusi attenderà nella sua villa di Genzano in compagnia degli avvocati i militari della Guardia di finanza che dovranno eseguire la misura cautelare firmata il 3 maggio scorso dal gip del tribunale di Roma, Simonetta D'Alessandro. Lusi è destinato ad andare nel carcere di Rebibbia, ritenuto dai difensori più confortevole di Regina Coeli.

"Non voglio sottrarmi al processo" - Prima del voto Lusi ha preso la parola in Aula. "Non intendo affatto sottrarmi al processo, ma affrontare nel dibattimento ogni ambito di responsabilità, nessuna esclusa, come ogni cittadino". "Assumersi la responsabilità non vuol dire essere reo confesso. Ammissione e confessione sono due cose diverse", aggiunge Lusi, che chiede di non essere individuato come "il capro espiatorio" davanti "ai forconi della piazza", come "il colpevole per tutte le stagioni dentro una vicenda che è pluridecennale". "Mi venga riconosciuto il diritto di accedere alle garanzie di un giusto processo senza inutili e fuorvianti misure afflittive - ha detto Lusi - senza inutili forzature che possono momentaneamente appagare l'antipolitica, tranquillizzare chi vuole un capro espiratorio o trovare un colpevole per tutte le stagioni dentro quella che invece è una complessa vicenda ultradecennale".

Nuovo attacco alla Margherita - Lusi è tornato poi ad attaccare i vertici della Margherita (lo aveva fatto anche durante l'intervista a SkyTg24) ribadendo che la gestione dei soldi avveniva "per comune assenso", in base ad un "patto fiduciario, oggi negato". I "milioni di euro potevo gestirli io da solo? Non solo non è credibile ma neanche materialmente realizzabile: il tesoriere autonomamente avrebbe deciso di finanziare Centro futuro sostenibile, ma è possibile?". E ancora, denuncia: "I massimi vertici della Margherita non hanno voluto accettare quanto io volevo restituire".  
"Resta singolare - ha proseguito - che io venga accusato di reticenza se non parlo, o di calunnia se parlo. Qualcuno potrebbe pensare che mi si voglia chiudere la bocca". Poi l'affondo nei confronti dell'ex segretario della Margherita: "Registro l'anomalia di un traffico telefonico senza precedenti che ha visto parte chiamante il senatore Rutelli con l'obiettivo di far ritirare firme già apposte per la richiesta del voto segreto”.

Reazioni - "E' andata come doveva andare". Così Roberto Maroni ha commentato con i cronisti alla Camera il sì del Senato alla richiesta di arresto di Luigi Lusi. "L'arresto
è sempre una brutta cosa", ha spiegato il leader della Lega, "ma non c'era alternativa".
Quanto a Lusi, ha poi aggiunto, "ha sbagliato a non dimettersi sapendo che la richiesta di arresto sarebbe stata approvata visto che il Pdl non votava". 
Il deputato Pdl Alfonso Papa, che ha scontato una custodia cautelare a Poggioreale, commenta: "Un capro espiatorio dietro le sbarre, è questo il risultato dell'ennesima genuflessione del Parlamento al giustizialismo e alla demagogia". E definisce Lusi "l'agnello sacrificale di un regolamento di conti interno al Partito Democratico".



http://tg24.sky.it/tg24/politica/2012/06/20/luigi_lusi_senato_voto_autorizzazione_arresto.html

Terzi: 'Non faremo respingimenti di immigrati'.



Ministro: 'Non è in agenda governo. Nei rapporti con la Libia non c'è mancanza di trasparenza'.

"No ai respingimenti in mare, non ne faremo, non sono nell'agenda di questo governo". Così il ministro degli Esteri Giulio Terzi alle Commissioni Esteri congiunte sottolineando che nei rapporti con la Libia "non c'é mancanza di trasparenza".
RICCARDI: 'MAI PIU' RESPINGIMENTI INDISCRIMINATI' - "Il governo italiano non ha dilemmi. Abbiamo deciso che non ci saranno mai più respingimenti indiscriminati. E' questo il nostro impegno in onore dei tanti che hanno perso la vita e dei tanti ai quali abbiamo sottratto la speranza, un'accoglienza rispettosa della storia e dei diritti di ciascuno". E' quanto afferma il ministro per la Cooperazione Internazionale e l'Integrazione in occasione delle celebrazioni per la Giornata Mondiale del Rifugiato.
RICCARDI: 'RIPRISTINARE STRUTTURE LAMPEDUSA' -"Recandomi a Lampedusa ho constatato la necessità di ripristinare le strutture di accoglienza, perché non possiamo affidarci solo alla fortuna". E' quanto sottolinea Riccardi. Rendere operative ed efficienti le strutture di accoglienza é un atto che "dobbiamo non solo agli immigrati ma anche ai cittadini dell'isola perché anche loro sono protagonisti, più o meno silenziosi della scelta di stare sulle sponde del Mediterraneo con responsabilità", aggiunge il ministro, ringraziando "i cittadini di Lampedusa e del sud dell'Italia che da anni accolgono i profughi che giungono sulle nostre coste. Quanto accade in Calabria, a Lampedusa, nelle coscienze di tanti italiani, ci fa sperare e credere nella vitalità e nella forza di un umanesimo che ritrova le sue radici, nel Paese, tra la gente".
GASPARRI: 'DA RICCARDI FRASI INOPPORTUNE' - "Il ministro Riccardi farebbe bene ad evitare dichiarazioni inopportune. Un Paese ha pieno diritto a bloccare e scoraggiare il fenomeno degli sbarchi clandestini, che specie nel periodo estivo subiscono un deciso aumento. Tra gli obblighi del governo c'é proprio quello di garantire la difesa delle proprie coste. Perciò non si vede il motivo di mettere da parte lo strumento dei respingimenti, quando serve a colpire quegli stranieri che illegalmente tentano di introdursi nel nostro Paese. Lo dice il presidente del gruppo Pdl al Senato Maurizio Gasparri che invita il governo a non aver "alcun dilemma su questo punto".
SBARCO A LAMPEDUSA DOPO DUE MESI STOP - Un gommone con 51 migranti, tra cui cinque donne, è approdato stamani sulla spiaggia della Guitgia a Lampedusa, dove non si registravano sbarchi dall'aprile scorso. Sul posto hanno operato gli uomini della Capitaneria di Porto e i carabinieri. Il gommone quasi certamente sarebbe partito dalle coste libiche. Gli immigrati, tutti provenienti da paesi dell'area sub sahariana, sono stati accompagnati in un residence in attesa del loro trasferimento a Porto Empedocle con il traghetto di linea.

"Legge 194 è costituzionale" La Consulta respinge il ricorso.



La legge sull'aborto non verrà toccata. È questa la decisione della Corte costituzionale sul ricorso presentato da un giudice tutelare di Spoleto, che ne contestava la legittimità perché ritenuta in contrasto con sentenza della Corte di Giustizia Ue.


ROMA - La Corte costituzionale ha oggi dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 4 della legge n. 194 sull'aborto, sollevata dal Giudice Tutelare del Tribunale di Spoleto. Una nuova conferma per la norma che dal 1978 consente e disciplina in Italia l'interruzione volontaria di gravidanza.

La 194 era arrivata di fronte alla Corte 1 in seguito alla richiesta di una ragazza minorenne di Spoleto di ricorrere all'aborto senza informare i suoi genitori. Il giudice aveva ritenuto che la norma violasse, in particolare, gli articoli 2 e 32 della Costituzione, rispettivamente sui diritti inviolabili dell'uomo e sulla tutela alla salute, e citava a sostegno della sua tesi una sentenza della Corte di Giustizia Ue sul tema dell'embrione umano.

La sentenza non è stata preceduta da udienza pubblica: i giudici si sono direttamente riuniti in Camera di Consiglio per discutere, anche perché nessuna parte si era costituita e in questo caso il regolamento della Corte prevede che si possa andare subito a pronunciamento. A difesa della legge in vigore è intervenuto l'avvocato dello Stato, Maria Gabriella Mancia.

Ora bisognerà attendere le motivazioni della sentenza scritte dal giudice Mario Rosario Morelli (lo stesso che nel novembre 2008 disse sì all'interruzione dell'alimentazione per Eluana Englaro). Intanto la sentenza viene già accolta con sollievo da quanti e quante - soprattutto sul web - si erano mobilitati per scongiurare uno snaturamento della legge. La settimana scorsa, infatti, un gruppo di blogger e associazioni femministe aveva lanciato una battaglia a sostegno della norma 2, sotto l'hashtag #Save194. Le stesse che oggi hanno manifestato con striscioni e volantini fuori dal palazzo della Consulta, in attesa della decisione.

Soddisfatti anche Oliviero Diliberto, segretario nazionale del Pdci, Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione comunista, e Livia Turco, del Gruppo Pd alla Camera: "Si dimostra ancora una volta - ha dichiarato la deputata - che l'impianto della legge 194 è inattaccabile perché basata su un giusto equilibrio fra la scelta e la salute della donna e la tutela della vita".

Carburante a 1 euro: non fidarti dello spot Fiat.




Il prezzo del carburante non è davvero “bloccato” per tre anni. È scontato solo un limitato quantitativo di benzina e, a conti fatti, conviene più lo sconto del concessionario. Il nostro ricorso al Garante.

“Scegli un’auto della gamma Fiat e avrai il prezzo del carburante bloccato a 1 € per 3 anni”. Con questa martellante pubblicità in tv e sui giornali, Fiat sta facendo sperare gli automobilisti italiani di potersi liberare finalmente del caro benzina fino al 2015: compri una Fiat e per tre anni fai benzina sempre a 1 €.
Una tessera a scalareTuttavia, anche nello spot (scritto in minuscolo e per un tempo davvero ridotto) compare la spiegazione della vera natura di questa “promozione”, che è tutt’altra cosa rispetto a quello che il messaggio pubblicitario vuole far credere. Innanzitutto l’offerta è valida solo nei distributori IP (quindi se non ne avete uno vicino a casa dovete andarvelo a cercare) e ovviamente non è valido dopo gli orari di chiusura quando è in funzione il solo self service. Ma come funziona? All’acquisto di una delle auto della casa torinese, se accettate l’offerta (che per fortuna non è obbligatoria) vi verrà rilasciata una tesserina da presentare alla cassa ogni folta che fate rifornimento (non è necessario che lo facciate proprio sulla vostra nuova Fiat). Di fatto la card è precaricata con un tot numero di litri di carburante che di volta involta verranno scalati. La carta è valida fino al 31 dicembre del 2015, ma una volta finiti i litri a disposizione, finisce anche lo sconto: e, viceversa, se arrivate al 2015 senza aver consumato i litri a disposizione, quelli che vi restano li perderete.
Poco convenienteCome compare (sempre in caratteri microscopici) anche nello spot, questa offerta non è cumulabile con altri possibili sconti sull’auto che vi possono fare in concessionario. Abbiamo provato infatti a visitare qualche punto vendita Fiat e tutti erano disposti a farci sconti sull’acquisto dell’auto piuttosto consistenti a patto di rinunciare alla promozione. Qualcuno dei venditori si è anche lasciato sfuggire che per un guidatore medio si tratta di un’offerta davvero poco conveniente: di fatto si acquista un’auto a pressappoco il prezzo di listino e si beneficia (si fa per dire) dello sconto ogni volta che si fa benzina. Ma quanto ammonta questo “sconto” dilazionato in tre anni?
Meglio lo sconto del concessionario

Modello autoLitri scontati secondo l'offertaSconto reale a fine promozione (in euro)Chilometri totali percorribile con il carburante scontatoChilometri annui percorribili con il carburante scontato
5001200960188266275
Panda1200960214297143
Punto17001250237007900
Bravo20001500252008400
Freemont JTD25001750253588453


A seconda del modello di auto che si compra si ha un limitato quantitativo di litri da acquistare al prezzo scontato di 1€. Anche considerando che il costo della benzina non scenda mai sotto l’1,80 euro al litro (e che si faccia in tempo a utilizzare tutti i litri a disposizione), abbiamo calcolato che lo sconto alla fine dell’offerta è decisamente più basso di quello che normalmente applicano (magari con un po’ di contrattazione) i concessionari. Come si vede in tabella si tratta di risparmi che vanno dai 960 per una 500 o una Panda ai 1500 se si acquista una Bravo: considerando che in concessionaria proprio per una 500 ci avrebbero offerto più di 2000 euro di sconto immediato si può dire che il gioco non vale la candela.
Uno sconto per pochi chilometriDubbi anche sulla quantità di chilometri totali che si riuscirebbe a percorrere con la quantità di litri dell’offerta. Secondo il volantino pubblicitario ad esempio per una Fiat 500 si riuscirebbero a fare circa 23000 Km, poco meno di 8000 km all’anno. Abbiamo rifatto i calcoli basandoci sul consumo di carburante che risulta dai nostri test: poco più di 6000 km l’anno. Considerando che un guidatore medio ne fa circa 10.000 il rischio è proprio quello di terminare i litri scontati ben prima del 2015. Insomma: la tessere vale tre anni ma difficilmente farete benzina a 1 euro fino al 2015. 
Ricorso all’Antitrust
In questo periodo di offerte e promozioni (come quella di Eni) che scontano il prezzo del carburante, a tutto vantaggio del consumatore, reputiamo questa promozione di Fiat tutt’altro che conveniente e soprattutto a nostro parere la sua pubblicità presenta gli estremi dell’ingannevolezza. Per questo motivo abbiamo deciso di fare ricorso all’Agcm (l’Antitrust) per chiedere che venga bloccata la messa in onda degli spot e che fiat venga sanzionata.  

Emergenza sisma in Emilia? Intanto arrivano 51 milioni per il terremoto in Irpinia. - Amalia De Simone



Il pozzo senza fondo: dopo 32 anni (e 67 miliardi di euro) continuano a giungere altri soldi in Campania per il sisma del 1980.

NAPOLI - Case alveare, strutture pubbliche mai ultimate e abbandonate, strade statali costruite sui rifiuti tossici e pagate a peso d'oro ai clan. Il terremoto del 1980 in Campania è indimenticabile anche per questi sprechi, regalo dei fondi per la ricostruzione post sisma. Un pozzo senza fondo dal quale, in queste settimane, proprio mentre si cercano soldi per far fronte all'emergenza sisma in Emilia, arrivano altri 51 milioni di euro da distribuire dopo ormai 32 anni. 

I SOLDI DATI E MAI SPESI - Consultando atti e norme però, scopriamo una cifra perfino più paradossale: oltre 286 milioni di euro. Soldi che sono da tempo nelle casse di alcuni comuni della Campania ma che non sono mai stati spesi. Questi fondi sono presenti nei conti infruttiferi accesi proprio con la legge per il terremoto (la 219/81) a favore dei vari comuni presso la Tesoreria Provinciale dello Stato e vengono gestiti dai sindaci. E così, fino ad oggi, il sisma dell'Irpinia, che pesa ancora sulle accise per la benzina, è costato tra danni reali e sprechi più di 67 miliardi di euro (le cifre sono state ricalcolate in euro dal centro di documentazione e ricerche della Camera dei Deputati). Secondo la relazione conclusiva del gruppo di lavoro sul tema presso il Ministero delle infrastrutture, per completare la ricostruzione sono necessari ancora 2 mila milioni di euro. Insomma, il tempo passa facendo cadere in prescrizione i reati legati alla ricostruzione (molti processi che coinvolgevano anche politici, sono finiti così) ma non ferma il fiume di soldi pubblici previsti dalla legge. 

IL TERREMOTO POLITICO - Franco Romano, ingegnere, componentdel gruppo di lavoro al Ministero, spiega che si tratta di soldi riferibili a richieste che lo Stato ha consentito e legittimato con delle leggi: «Si è data la possibilità di presentare domande per ottenere i fondi fino a otto anni dopo il sisma – spiega - mentre in un primo momento la forbice era di 4 anni. E' chiaro che chi veramente aveva necessità di quei soldi per rimettere in piedi la propria casa o le sue attività, ha fatto la domanda subito, mentre i "ritardatari", probabilmente non avevano fretta perché non avevano subito danni reali. Inoltre, il perimetro degli interventi si è allargato a dismisura fino a comuni come Sorrento o quelli della costiera amalfitana, che niente c'entravano con il sisma. Questo fu quello che io chiamo terremoto politico e cioè sprechi determinati da trattative politiche. D'altronde, i soldi utilizzati per la ricostruzione delle case (dati fino al 2002 ndr) sono circa 23 mila miliardi di vecchie lire (quasi 12 miliardi di euro): denaro speso bene, perché i paesi dell'Irpinia sono quasi tutti ricostruiti. Ciò che da dieci anni a questa parte viene distribuito è una percentuale irrisoria rispetto a quanto è stato speso (il rapporto è tra 67 miliardi di euro complessivi e segmenti da alcune decine di milioni di euro, come l'ultimo da 51 milioni di euro ndr). Anche questi nuovi fondi saranno difficili da assegnare perché è passato troppo tempo e le cifre sono esigue. O meglio, diventano esigue perché, nonostante nel complesso siano tanti soldi, bisognerà distribuirli in molti comuni e quindi la somma si assottiglia, soprattutto se si considera che le amministrazioni devono poi a loro volta cercare gli assegnatari e ulteriormente dividerle» 

«CI DANNO I SOLDI MA NON CI SERVONO» - Tra i comuni che in provincia di Napoli, hanno ottenuto l'assegnazione dei fondi c'è il caso di Scisciano, destinatario questa volta di una trance di 200 mila euro. Il sindaco, Patrizio Napolitano, ammette che lì non avevano bisogno di questi soldi, che Scisciano non ha mai veramente risentito del terremoto e che spenderà questi fondi per opere di pubblica utilità. Scorrendo invece l'elenco dei comuni che hanno beneficiato dei fondi per il terremoto per ben 32 anni, scopriamo che quasi tutti hanno ancora quattrini in cassa provenienti dai fondi; che la maggior parte ha più di 500 mila euro e in ben 75 comuni restano soldi non spesi per cifre che superano il milione di euro. Tra i comuni che hanno accumulato più soldi senza mai spenderli ce ne sono due del vesuviano Sant'Antonio Abate con 8 milioni e 600 mila euro e Torre del Greco con circa 8 milioni. Il vicesindaco di Sant'Antonio Abate Alfonso Manfuso, spiega che chi aveva fatto domanda per ottenere i fondi, poi non l'ha integrata e quindi non è stato possibile liquidare gli assegnatari. Aggiungendo poi che proprio in questi giorni («la sua telefonata arriva a puntino» dice) sarà inviata una comunicazione agli interessati. Il sindaco di Torre del Greco Gennaro Malinconico, invece, è alla guida della città da soli venti giorni - e dunque di questi fondi non sa nulla - ma gli è stato riferito che ci sono dei contenziosi sulla questione. Comunque si è impegnato a tenere sotto controllo la vicenda. 

DOVE SONO ANDATI I SOLDI - I fondi del dopo terremoto dell'80 come, risulta da alcune tabelle, sono serviti solo in parte alla ricostruzione degli alloggi. Una serie di opere pubbliche infatti sono figlie di quell'epoca: oltre ad alcune strade finite nel mirino dell'antimafia perché costruite da ditte legate ai clan della camorra e realizzate su rifiuti tossici smaltiti illecitamente, ci sono anche interi quartieri ghetto costruiti con i fondi post sisma, come le vele di Scampia, quartiere a nord di Napoli (alcune già abbattute, altre ancora da radere al suolo) e i rioni dormitorio di Ponticelli (area orientale della città) diventati terra di conquista di boss della camorra che addirittura decidevano l'assegnazione degli alloggi. Molte strutture pubbliche sono in stato di abbandono come asl e scuole che si trovano proprio difronte al cosiddetto lotto zero, tra i rioni della periferia est di Napoli più desolati e abbandonati. Si tratta di edifici mai ultimati che sono diventati rifugio per tossicodipendenti e restano lì, difronte ai casermoni-dormitorio a testimoniare degrado e indifferenza. 

I COSTI AUMENTATI E LA BEFFA - I paesi distrutti o disastrati dell'Irpinia e del salernitano sono stati quasi tutti ricostruiti ma anche qui non mancano opere che sono costate molto di più delle previsioni iniziali. Siamo andati nella provincia di Salerno, a vedere uno dei paesi disastrati dal sisma destinatario oggi del contributo più alto, un milione di euro. Valva è un paesello ricostruito fedelmente. Il municipio è un container e ha una stanza dedicata solo alle pratiche post sisma. Il sindaco Francesco Marciello, spiega che questi soldi, come anche altri che hanno in cassa non possono essere spesi perché non hanno un tecnico che istruisca le pratiche e hanno bisogno di una autorizzazione da parte del Ministero per utilizzare il 4% di quei soldi proprio per dare l'incarico ad un professionista. «Ho inviato la richiesta ma nessuno mi ha ancora risposto – spiega il sindaco – è paradossale, perché abbiamo i soldi e non possiamo utilizzarli!». Da queste parti al danno si è aggiunta la beffa: in quegli anni industrie del nord arrivarono attirate dai finanziamenti pubblici ma come raccontano anche alcune inchieste giudiziarie, a quanto pare non crearono occupazione né sviluppo: «Il nostro territorio – spiega l'assessore di Valva Fiorenza Vulturo – non ha una vocazione industriale, invece in quegli anni sono sorti degli stabilimenti. Fu un grande spreco... se quegli investimenti avessero prodotto concretamente lavoro e opportunità per il territorio avremmo potuto parlare di un bilancio positivo. Invece sono stati buttati via miliardi da imprenditori del nord che hanno aperto con strumentazioni obsolete e a volte con bilanci non troppo chiari; sono venuti qua, hanno preso sovvenzioni statali perché per aprire in queste aree lo Stato garantiva dei contributi, hanno aspettato il tempo minimo necessario per usufruire di queste agevolazioni e poi hanno chiuso».

martedì 19 giugno 2012

Terremoto, smantellato il campo di Alemanno: “Nelle tende fino a 47 gradi”. - Giulia Zaccariello


La situazione era diventata insostenibile: allagamenti, problemi con la rete elettrica, le fognature e una temperatura che in alcune ore ha sfiorato i 47 gradi. È durato meno di tre settimane il campo donato dal Comune di Roma agli sfollati di Rovereto di Novi, una delle città in provincia di Modena più colpite dal sisma. Allestite il 30 maggio, ieri le tende regalate dal Campidoglio sono state smontate e rispedite al mittente. Gli ospiti sono stati trasferiti in una nuova struttura messa in funzione dalla Protezione civile nazionale nel campo sportivo. Con buona pace del sindaco capitolino, Gianni Alemanno, che a pochi giorni dalla seconda violenta scossa del 29 maggio aveva fatto il giro delle zone rosse, con tanto di caschetto giallo e t-shirt della “sua” protezione civile, promettendo una tendopoli targata Roma Capitale da 240 posti.
In realtà di persone ne sono state accolte poco meno di 150, e, più che un campo sfollati, quello regalato da Alemanno si è rivelato un campo da scout in gita, adatto a una notte o poco più. “La zona individuata dal Comune di Roma era un’area privata, dichiarata non a norma dalla Protezione Civile”, spiega l’assessore alle politiche sociali di Novi di Modena, Dario Zenoni. Un terreno in piena periferia, in mezzo al nulla. “Non aveva le caratteristiche per ospitare una tendopoli – continua l’assessore – Mancava tutto, dalle fogne alla pavimentazione. E bastava qualche goccia di pioggia per allagarlo”.
Già al battesimo il Campo Roma non prometteva nulla di buono: gli ospiti, tutte persone con la casa gravemente danneggiata dalle scosse, sono rimasti per tre giorni senza servizi igienici, né luce, né acqua. E nei giorni successivi la situazione non ha fatto altro che peggiorare. Pozzanghere di fango vicino ai bagni e un’aria soffocante. La maggior parte degli sfollati non dormiva nelle tende blu in dotazione al ministero dell’Interno per le emergenze, ma in semplici tende da campeggio. Piccole e prive di teloni per ripararsi dal sole. Per questo, con il caldo degli ultimi giorni, la temperatura interna ha raggiunto i 47 gradi centigradi. Impossibile dormire e addirittura respirare bene.
Praticamente un inferno, che ha costretto la Protezione civile a correre ai ripari, allestendo in fretta e furia un’altra tendopoli al campo sportivo di Rovereto: 350 posti (di cui al momento 90 occupati) in una zona definita dal Comune “a maggiore ricettività, più vicina al centro e con un comfort abitativo e servizi migliori rispetto a quello precedente”. Qui, oltre alle cucine gestite dalla Croce Rossa e ai servizi di assistenza psicologica, arriveranno presto anche i condizionatori. Indispensabili per portare un po’ di sollievo a chi, oltre ad avere perso la propria casa, in questi giorni deve fronteggiare un caldo africano.
Di Alemanno, dopo la visita dei primi giorni, si è persa traccia. A futura memoria della sua tendopoli invece rimangono solo alcuni container abbandonati al sole e i costi dell’allacciamento alla rete elettrica e d’allestimento delle fognature, tutti a carico del comune di Novi di Modena.

Intercettazioni, il ministro Severino prepara la nuova legge bavaglio. -

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La bozza del testo, fortemente voluto dal Pdl, è già circolata tra i partiti. Rispetto al ddl Alfano, introdotto il divieto di pubblicare gli atti anche solo per riassunto fino al termine delle indagini preliminari. Carcere fino a tre anni per i giornalisti.

Torna il rischio della legge bavaglio. Perché tra il ministro della Giustizia Paola Severino e i partiti sono iniziate le trattative per mettere mano al ddl sulle intercettazioni pensato da Angelino Alfano e congelato alla Camera. La nuova bozza del testo prevede il divieto di pubblicare, anche per riassunto, gli atti di un’indagine fino all’udienza preliminare: il giornalista che non dovesse rispettare la norma rischierebbe l’arresto fino a 30 giorni. Pena che salirebbe fino a tre anni nel caso in cui sul giornale finissero intercettazionio di telefonate da distruggere o riguardanti persone non indagate.
La discussione del nuovo testo sarebbe dovuta iniziare a Montecitorio oggi, ma la Guardasigilli ha chiesto più tempo ai partiti, in particolare al Pdl che più di tutti preme per l’approvazione del nuovo bavaglio. Le bozze che il ministro ha fatto circolare nei giorni scorsi partono dal testo Alfano, che già prevedeva il carcere fino a tre anni per chi pubblicava stralci di intercettazioni destinate a essere distrutte. A questo Severino ha aggiunto le pene per chi trascrive parte degli atti riguardanti persone estranee alle indagini.
Un’altra novità riguarda i giornalisti che riportino intercettazioni durante le indagini preliminari: il divieto è stato reso più pesante rispetto al bavaglio pensato da Alfano, visto che riguarderebbe la pubblicazione di atti anche solo per riassunto. Il cronista che violasse la norma, rischierebbe multe fino a 10mila euro e l’arresto fino a 30 giorni, mentre verrebbe graziato l’editore.
Secondo Repubblica, il rafforzamento del bavaglio sarebbe ottenuto attraverso la cancellazione di due righe del precedente testo: l’articolo 114 stabiliva che “è vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare”, ma dopo la mediazione della presidente della commissione Giustizia di Montecitorio Giulia Bongiorno era stata inserita la frase “di tali atti è sempre consentita la pubblicazione per riassunto”. Una frase che ora è saltata, garantendo così il silenzio sulle inchieste fino al momento del processo. Proprio quello che Berlusconi ha sempre cercato di fare approvare.