mercoledì 4 luglio 2012

Record di disoccupati tra i giovani E' senza lavoro il 36,2% di under 25.



In leggera flessione invece il dato globale: il tasso s'attesta al 10,1%

In Italia la disoccupazione a maggio fa un piccolo passo indietro, fermandosi al 10,1%. Ma per i giovani è un bagno di sangue: e il tasso degli under 25 alla ricerca di un posto supera il 36%, il livello più alto mai registrato. Un record definito dal ministro del Lavoro Elsa Fornero «non accettabile dalla società» e contro cui occorre «mettere in campo tutte le energie disponibili». Intanto il mercato perde pezzi anche nel Vecchio Continente, con il tasso di disoccupazione che nella zona euro raggiunge il valore più alto dalla nascita della moneta unica (11,1%).


La tensione sul fronte lavoro resta alta sia in Italia che in Europa. D’altra parte nella Penisola i miglioramenti rilevati dall’Istat nelle stime provvisorie reggono solo a confronto con aprile, mentre rispetto a un anno prima il deterioramento resta evidente. Nel dettaglio, se su base mensile i disoccupati scendono di 18 mila unità, in termini tendenziali salgono di oltre mezzo milione, con un esercito che complessivamente nelle sue fila conta quasi 2,6 milioni di persone. Lo stesso vale per il tasso dei senza lavoro, in discesa di 0,1 punti percentuali su aprile ma in crescita di 1,9 punti su 12 mesi prima. Le stime dell’Istat descrivono quindi, come spiegano i tecnici dell’Istituto, un quadro «sostanzialmente stazionario», con la disoccupazione che resta su «valori molto elevati». Passando a osservare gli occupati, il loro numero è in rialzo sia a livello congiunturale (+60 mila) sia su base annua (+98 mila). Ma il miglioramento probabilmente è frutto della stretta sui pensionamenti, con i più adulti obbligati a restare a lavoro. Un contributo all’allargamento della disoccupazione arriva invece dal calo degli inattivi.

Con la crisi sempre meno persone possono permettersi di stare a casa e a maggio i non interessati a cercare un posto scendono di 598 mila su base annua. Ma spesso trovare un lavoro risulta impossibile, e così molti ex inattivi si ritrovano disoccupati. Anche a maggio sono i ragazzi a soffrire di più: tra loro è in cerca di un posto il 36,2% delle forze lavoro under 25. Un dato in crescita di 0,9 punti in un solo mese, che tocca il valore più elevato mai comparso sia nelle serie storiche mensili dell’Istat, iniziate nel 2004, sia in quelle trimestrali, cominciate nel 1992. Si tratta quindi di un record assoluto, il tasso più alto almeno da venti anni. Non stupisce così che l’Italia si trovi tra il gruppo di Paesi con la quota più ampia di ragazzi a caccia di un posto. Una classifica comunque ancora capeggiata da Spagna e Grecia (52,1%). Invece il tasso complessivo dei senza lavoro si mantiene sotto sia alla media della zona euro, pari all’11,1%, sia a quella dell’intera Ue, salita al 10,3% (entrambi tassi record). Tutti numeri che suscitano timori su ogni fronte.

Per la Cgil le cifre sugli under 25 rappresentano «una drammatica emergenza nazionale». Sulla stessa linea la Uil: «I giovani sono le prime vittime della mancata crescita». E anche la Cisl parla di una situazione che resta «negativa», nonostante il primo calo congiunturale della disoccupazione complessiva dopo un anno e mezzo. Sulla quota record di senza lavoro sotto i 25 anni arriva anche il commento del presidente della Confindustria, Giorgio Squinzi: «È gravissimo», «è la cosa che mi preoccupa di più». Un dato definito «allarmante» pure dall’ex presidente del Consiglio Massimo D’Alema. Dello stesso parere il responsabile Economia e Lavoro Pd Stefano Fassina che definisce «drammatici» i numeri dell’Istat. Per il senatore Pdl ed ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, i dati suscitano «angoscia». Mentre il leader Idv, Antonio Di Pietro, chiama in causa l’esecutivo, «il peggior nemico dei giovani».


Quello che i giornali non dicono è che la percentuale è di gran lunga maggiore. Sono infatti tantissimi a non cercare più un lavoro perchè stanchi di aspettare e di girare a vuoto: sono i senza vita e senza un futuro, i futuri accattoni.. 



martedì 3 luglio 2012

Bufera sul vescovo: «I posseduti? Sono come i down».





Hanno suscitato scalpore, e non poche polemiche, le parole di monsignor Andrea Gemma, vescovo emerito di Isernia, a proposito di un paragone quanto meno infelice da lui fatto tra i "posseduti dal demonio" e gli affetti dalla sindrome di Down. «Il posseduto dal diavolo ha le movenze e il portamento simile a un down», aveva detto il vescovo, esperto di esorcismi, durante la trasmissione "Vade retro", andata in onda il 9 giugno su TV2000, il canale di proprietà della Cei. 

Il parallelo tracciato dall'ex vescovo di Isernia ha molto irritato un gruppo di 52 genitori di ragazzi affetti dalla sindrome, che hanno deciso di scrivere una lettera di protesta a un quotidiano nazionale. «È un pregiudizio sbagliato, il parlare senza sapere, il voler a ogni costo giudicare senza conoscere. Esigiamo le scuse del vescovo», hanno lamentato. I familiari di persone Down non possono «accettare che queste affermazioni vengano espresse dal paladino dei più deboli». E quindi, come genitori «chiediamo le scuse dal vescovo». Il consiglio rivolto a mons. Gemma è «di passare un po' del suo prezioso tempo con ragazzi disabili per conoscerli e confrontarsi con loro». «I nostri figli pur avendo questa condizione genetica che comporta dei ritardi cognitivi, non sono simili a degli indemoniati», afferma il gruppo dicendosi «amareggiato». 

Non manca un'accusa di fondo verso la Chiesa: «Sono troppe le discriminazioni che arrivano dal clero verso le disabilità - denunciano i genitori -. Un rappresentante della Chiesa non può e non dovrebbe permettersi di apparire in tivù e rilasciare certe dichiarazioni».

Il conduttore della trasmissione "Vade retro", David Murgia, in una nota seguita a uno scambio di email con il coordinatore della onlus CoorDown, Sergio Silvestre, ha detto: «Non c'è stato alcun accostamento e paragone tra indemoniati e persone down» e le polemiche nate in seguito alla sua messa in onda sono solo frutto di un «fraintendimento». 

«Si è voluto estrapolare poco più di un minuto da un programma che ne dura 42. Per noi di Tv2000 - conclude la nota - le persone affette da Sindrome di Down sono prima di tutto nostri fratelli e non certo indemoniati. A loro rivolgiamo sempre - ha aggiunto - le nostre attenzioni e le nostre premure». 


http://www.unita.it/italia/bufera-sul-vescovo-i-posseduti-br-sono-come-i-down-1.425741

Provata l’esistenza del bosone di Higgs? Il Cern presenta la “particella di Dio”. - Stefano Pisani


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Il bosone di Higgs sarebbe finalmente stato scoperto. L’annuncio dovrebbe essere dato ufficialmente mercoledì in un seminario che il Cern ha fissato a Ginevra e in cui saranno presentati i dati raccolti dai due esperimenti dell’acceleratore Lhc (Large Hadron Collider) che qualche mese sono a caccia della sfuggente ‘particella di Dio’, l’esperimento Atlas (A Toroidal LHC ApparatuS) e l’esperimento Cms (Compact Muon Solenoid). Si tratta di apparati che hanno osservato gli scontri protone-protone alle altissime energie che avvengono nell’Lhc, analizzando le particelle che si producevano. “Credo che siamo a un passo dall’annuncio della scoperta – commenta Marco Napolitano, Ordinario di Fisica nucleare e subnucleare dell’Università “Federico II” di Napoli – che d’altronde era stata già prefigurata alla fine dell’anno scorso”.
Alla fine del 2011, infatti, un’altra conferenza del Cern aveva annunciato di aver individuato un indizio del bosone di Higgs, ma “la precisione statistica non era abbastanza significativa. Attualmente, invece, si dovrebbe aver raggiunto un’accuratezza tale da determinare la scoperta vera e propria” commenta Napolitano. Indiscrezioni trapelate in questi giorni parlano infatti di una certezza che oscilla fra il 99 e il 99,9 per cento. ‘’E inoltre sarebbe stata anche scoperta la massa del bosone, che dovrebbe essere intorno ai 125 GeV/c^2, una massa non molto alta, ma nel range di quelle aspettate. E la massa era uno di quei dati ottenibili solo sperimentalmente’’ aggiunge Napolitano. Ma cosa significherebbe la conferma dell’esistenza del bosone di Higgs? “Esiste un costrutto teorico, chiamato Modello Standard delle interazioni fondamentali, in particolare elettrodeboli e forti, che è stato costruito a partire da certi principi. Questo Modello finora ha funzionato benissimo, ed è riuscito a spiegare, sia nel mondo visibile che nell’invisibile, una serie di osservazioni sperimentali ben note. All’interno del Modello c’è un settore particolare, il Settore di Higgs, ossia il meccanismo con il quale il modello descrive la generazione della massa delle particelle che entrano nel modello. Questo meccanismo, che è cruciale all’interno della teoria, impone necessariamente l’esistenza del bosone di Higgs. Esso prevede infatti che esista almeno una particella – finora non osservata – la cui esistenza è legata al meccanismo col quale tutte le particelle acquistano massa. Aver scoperto il bosone significa aver trovato il tassello mancante fondamentale che dà validità a tutto il costrutto teorico del Modello Standard” spiega Napolitano.
Dunque si tratterebbe di una scoperta che rafforzerebbe l’attuale Modello attraverso cui leggiamo l’Universo. Qualcosa quasi da premio Nobel. “Anche se, al limite, il Nobel potrebbero darlo giusto a Peter Higgs, che ha previsto teoricamente l’esistenza del bosone, dato che l’osservazione della particella, sperimentalmente, ha coinvolto così tanti ricercatori che sarebbe ben difficile individuarne uno che abbia meriti maggiori degli altri” conclude Napolitano. E intanto Peter Higgs, che oggi ha 83 anni, a 48 anni esatti dalla sua previsione teorica sarà in prima fila a Ginevra dopodomani per assistere alla conferenza indetta dal Cern. In molte università italiane e nella sede romana dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), l’ente che contribuisce per l’Italia alla ricerca del Cern, sono previsti collegamenti video con Ginevra aperti al pubblico alle 9 del mattino.
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lunedì 2 luglio 2012

Il corpo delle donne.

Washington Post: nepotismo e corruzione minacciano il futuro dell’Italia.


Una “crisi endemica di produttività”, figlia di una cultura “nepotista”, eccessivamente legata alla famiglia, in definitiva fortemente “limitante”. E’ ciò che caratterizza il sistema economico italiano nell’analisi espressa in questi giorni dal Washington Post, uno dei più prestigiosi quotidiani statunitensi. Un quadro estremamente negativo a partire dalla tesi di fondo: è la stessa cultura italiana minacciare il futuro economico del Paese.
C’è una parte di Italia, scrive l’editorialista Steven Pearlstein, “composta, soprattutto al Nord, di diverse migliaia di grandi e medie imprese che sono innovative, efficienti, competitive a livello internazionale”, e ce n’è un’altra “soprattutto al Sud, composta di imprese statali, piccole aziende familiari, giganti delle utilities e banche che operano in mercati protetti o non competitivi la cui produttività è in calo da decenni. Mettete tutto insieme e, facendo una media, otterrete un’economia a crescita zero incapace di sostenere una popolazione che invecchia o di generare buoni posti di lavoro e adeguata formazione per i giovani o di mantenere gli attuali standard di vita della classe media”.
L’aspetto peggiore è però un altro: ad oggi, rileva il Washington Post, il trend continua ad essere negativo. In altre parole, i settori improduttivi crescono, quelli più efficienti perdono terreno. “Dall’introduzione dell’euro – scrive il quotidiano della capitale Usa – la produttività italiana ponderata con l’inflazione è diminuita del 30% rispetto a quella della Germania. A partire dalla recessione del 2008, la produzione industriale è calata del 25%”.
Gli aspetti culturali, come si diceva, risulterebbero quindi decisivi. A cominciare dalla centralità concettuale della “famiglia”, un aspetto particolarmente limitante. Sono poche le imprese capaci di crescere ampiamente, e anche quelle che raggiungono grandi dimensioni “tendono a restare private, con i componenti della famiglia che finiscono per occupare tutte le posizioni chiave” e un fabbisogno di capitale tendenzialmente compensato “dai prestiti delle banche locali”. Insomma, non c’è da stupirsi se “la dimensione relativa del mercato azionario italiano sia una delle più ridotte nel mondo industrializzato e se tanto i venture capital quanto le società di private equity abbiano fatto poche incursioni nel mercato italiano”. Aggiungiamo la diffusa presenza del nepotismo e delle raccomandazioni, sistemi non certo confinati alle sole imprese familiari, e il gioco è fatto. In fondo è il destino di un Paese dove resta determinante “la mancanza di senso civico”, dove “è diffusa l’evasione fiscale” e la Mafia “mantiene la propria forza”. Un Paese, insomma, dove “nessuno si aspetta che l’altro sia onesto” e nel quale, di conseguenza, “resta difficile creare un ambiente economico in cui il business e la competizione possano crescere e prosperare”.
Certo, rileva in conclusione il Washington Post, “vi sono pur sempre migliaia di imprese di successo che rendono l’Italia il 2° produttore industriale europeo e che generano un export complessivo capace di compensare la bilancia nazionale dei pagamenti (…). Ma queste imprese sono troppo poche e il loro sviluppo è minacciato spesso dalla cultura economica prevalente e dalla necessità di sostenere quelle parti del Paese che, dal punto di vista economico, assomigliano di più alla Grecia e al Portogallo”. L’agenda delle riforme del governo, la vera missione di Monti, in altri termini, passa necessariamente dalla costruzione di un nuovo sostegno politico attorno alle aziende di successo. “In assenza di una rivoluzione politica e culturale – conclude il quotidiano – è difficile intravedere come questo meraviglioso e affascinante bastione della vecchia Europa possa emergere dalla crisi dell’euro con grandi speranze per il suo futuro”.

Integrazione a Palermo.




Bellissima foto. Un altro mestiere in via di estinzione.


https://www.facebook.com/photo.php?fbid=4195678019519&set=a.2996109231049.152186.1511764653&type=1&theater

Arriva il Super Porcellum. - Paolo Flores d'Arcais




Tempi bui, quando i proverbi sono all’ordine del giorno. Quello di oggi suona: al peggio non c’è mai fine.

Il triumvirato della partitocrazia sta infatti approntando nelle basse cucine della riforma elettorale una sbobba peggiore dell’attuale “Porcata”. I delegati di Alfano, Bersani e Casini nella preparazione dell’immondo intruglio si chiamano Quagliariello, Violante e Adornato/Cesa (per l’Udc un’intelligenza sola non bastava, evidentemente). L’osceno della “Porcata”, come è noto anche ai sassi, consiste nel fatto che la libertà dei cittadini si riduce a un altro proverbio: o mangi questa minestra o salti dalla finestra. I parlamentari sono “bloccati”, nominati dalle nomenklature partitocratiche, se non ti vanno bene non ti resta che non votare.
Una riforma elettorale degna del nome, perciò, dovrebbe togliere il maltolto ai capibastone dei partiti e restituirlo ai cittadini elettori, rendendoli di nuovo sovrani almeno in quantità omeopatiche (con la “Porcata” contano zero). Ma la sbobba della quadriglia Q-V-A-C non ci pensa affatto. Anzi, hanno in mente di blindare come “cosa loro” l’attuale monopolio elettorale: metà dei seggi con la “Porcata” e l’altra metà con l’uninominale a turno unico (una “Porcata” al quadrato), il tutto condito da sbarramenti e altri marchingegni che impediscano il nascere di liste della società civile. 

Contano sulla disattenzione che accompagna anche presso l’opinione pubblica democratica la discussione sui sistemi elettorali, in apparenza così astratta e “tecnica”. E sull’afa estiva, quando la sbobba arriverà nelle aule parlamentari. Non bisogna cadere nella trappola. Bisogna costringere Bersani a finirla con lo slalom sulle primarie (di coalizione e “aperte”, ma solo per chi sottoscrive un programma già confezionato dai partiti, come dire: un ottimo Barolo, ma analcolico). E pretendere da Vendola e Di Pietro l’evangelico “sì sì, no no” anziché l’ennesimo ultimatum non-ultimatum. 

Non si illudano Bersani & C. Gli elettori democratici sono ormai una massa incontenibile di “dissidenti” e “disobbedienti”. Le pastette di vertice sono puerili, scambiano la realtà col gioco di Monopoli. I cittadini che hanno a cuore “giustizia e libertà” vogliono liste civiche e primarie vere, nelle quali decidere sia il programma che il candidato (altrimenti è solo l’elezione del “più bello del reame”, un concorso tra “velini” partitocratici).

Deluderli porterà solo a clamorose riedizioni della fallimentare “gioiosa macchina da guerra”. L’establishment, che si presenterà con abiti politici nuovi di zecca, già brinda.



http://temi.repubblica.it/micromega-online/arriva-il-super-porcellum/