Il braccio destro del Cavaliere protagonista del business petrolifero con la Russia. In affari con un calabrese ora latitante per mafia. E l'appoggio dei servizi segreti di Mosca. Ecco le intercettazioni esclusive.
Tra l'Italia di Berlusconi e la Russia di Putin ora spuntano gli affari petroliferi di Marcello Dell'Utri. Braccio destro del Cavaliere fin dagli anni Settanta, il senatore del Pdl è il mediatore d'eccezione in compravendite di greggio e trattative per forniture di gas definite "colossali". Operazioni commerciali che vengono gestite attraverso una società energetica che ha sede in Svizzera, ma è controllata da un miliardario russo di origine ucraina: tra i suoi amministratori c'è un manager italiano, che Dell'Utri indica come il suo emissario, impartendogli istruzioni e direttive. Ma il dato più strabiliante è che questo business viene organizzato dal parlamentare berlusconiano, da poco condannato anche in appello per mafia a Palermo, accordandosi con un pregiudicato calabrese, emigrato in Venezuela per sfuggire a precedenti condanne per bancarotta, che ora è ricercato dai magistrati di Reggio Calabria che indagano nientemeno che sul clan Piromalli, la cosca della 'ndrangheta di Gioia Tauro.
A svelare questo assurdo intreccio tra petrolio, politica, mafia e affari è un faldone di intercettazioni internazionali finora inedite. Tra dicembre 2007 e aprile 2008 Dell'Utri parla a lungo al telefono con un certo Aldo Miccichè, ex politico della Dc calabrese trasferitosi in Sudamerica per sfuggire alla giustizia italiana. Miccichè viene intercettato perché ha rapporti strettissimi con la cosca mafiosa di Gioia Tauro, in particolare con Antonio Piromalli, oggi 38enne, che guida la famiglia dopo l'arresto del padre. L'inchiesta è delicata per molti motivi: gli appalti del porto stanno facendo scoppiare una guerra di mafia tra i Piromalli e i Molè, alleati "da cent'anni"; e il figlio del boss incarica Miccichè di muovere le sue conoscenze, tra massoneria e ministero della Giustizia, per far revocare il carcere duro (41 bis) al genitore. Miccichè parla anche di affari e politica: alla vigilia delle elezioni del 2008 garantisce a Dell'Utri di poter "bruciare e sostituire" migliaia di schede con i voti degli italiani all'estero. La polizia avverte subito il Viminale. E così, già due anni fa, i giornali pubblicano le prime intercettazioni, quelle sui progetti di frode elettorale. Gli affari petroliferi invece restano segreti.
Nel frattempo sono successe tante cose: nel luglio 2008 i magistrati hanno ordinato l'arresto di Miccichè, che da allora è latitante; i suoi amici del clan Piromalli sono stati incarcerati e condannati in primo grado; e nei processi l'accusa ha dovuto pubblicare anche le intercettazioni su gas e petrolio. Mentre i messaggi svelati da WikiLeaks hanno mostrato la preoccupazione degli Stati Uniti per i rapporti tra Berlusconi e Putin, con richieste ai diplomatici di scoprire i possibili interessi personali e i misteri degli accordi Eni-Gazprom. Ora "L'espresso" è in grado di fornire una prima risposta, documentata dalle chiamate dello stesso Dell'Utri. Che, essendo parlamentare, non è mai intercettabile direttamente, ma solo quando è al telefono con un intercettato per mafia.
La prima chiamata è del 14 dicembre 2007, ore 18.39. Dell'Utri dice di aver "ricevuto il fax" su un affare petrolifero. Miccichè gli fa notare che "Massimo è un ragazzo in gamba". E il senatore commenta: "Trovare persone valide è il mio mestiere". Chi è questo "ragazzo" reclutato da Dell'Utri? E' Massimo De Caro, che ad appena 34 anni è vicepresidente della Avelar Energy (gruppo Renova), che ha sede in Svizzera ma appartiene all'undicesimo uomo più ricco della Russia, Viktor Vekselberg (vedi box a pag. 44). La prima sorpresa è proprio questa: Dell'Utri ha un suo uomo al vertice di un colosso russo-elvetico dell'energia.
Le intercettazioni registrano tutte le fasi del primo affare: greggio venezuelano, che però è esportabile solo tramite triangolazioni con Mosca.
Il 29 dicembre proprio De Caro è al fianco di Dell'Utri mentre il senatore telefona a Miccichè, che lo saluta come "il miglior del mondo". Leggendo "una nota segretissima", il calabrese propone di acquistare greggio dalla compagnia venezuelana Pdvsa. Qui interviene De Caro: "Però la Russia... Gli conviene che a farla sia Viktor". Viktor è il nome del padrone della Avelar. Eppure, secondo Miccichè, l'affare dipende da Dell'Utri: "Io vado lì e dico: mi manda Picone, e quando dico Picone intendo Marcello... E' un'operazione perfetta". Cosa c'entri la Russia con il greggio venezuelano, lo si capisce solo quando Dell'Utri tira in ballo un intermediario "che poi vende tutto a Gazprom", il gigante energetico controllato dagli uomini di Putin.
Le telefonate con il manager De Caro chiariscono anche le cifre di questo primo affare. Si tratta di vari tipi di petrolio: "Un milione di "crudo oriente" e tre milioni di "napo" ogni mese". Il calabrese Miccichè precisa che "il greggio parte per Mosca, ma poi in effetti va a Londra". E aggiunge che "il vero segreto è che bisogna dare 1,50 dollari al barile sottobanco" ai manager di Caracas. Solo questo "sottobanco", fatti i conti, vale "4,5 milioni di dollari al mese".
Miccichè però punta molto in alto. "Dopo il petrolio, cominciamo l'operazione gas, che è di un'importanza colossale... E' l'operazione che stanno tentando la Germania, la Francia...". E Dell'Utri, elogiandolo, cita ancora i russi: "Perfetto... Può essere che Gazprom faccia da copertura".
Il 10 gennaio il calabrese di Caracas parla di una "seconda operazione petrolifera": stando alle intercettazioni, almeno "sei milioni di tonnellate metriche" di greggio russo, chiamato in gergo D2. Trattando l'affare con il solito Miccichè, il manager De Caro spiega che "Avelar non ha raffinerie", ma fa parte del gruppo Renova e quindi del consorzio russo Tnk-Bp, per cui potrà usare gli impianti di Mosca. C'è però un problema, annunciato da un avvocato italiano: la raffineria russa ha bisogno dello "svincolo dei servizi". E il 19 febbraio Avelar viene bocciata, perché gli 007 di Mosca sospettano che voglia "rivendere il petrolio a paesi ostili". Lo stop sembra insuperabile. Invece, per gli amici di Dell'Utri, si risolve in dieci giorni. Il 28 febbraio infatti Miccichè comunica al senatore lo sblocco del contratto con queste parole: "I russi hanno mollato, stasera dovremmo avere il via libera per il D2. Questo è un colpo grosso, ma ricordati che tutto deve passare attraverso di te, se no io non faccio niente". Dell'Utri: "Benissimo".
Come sia stato possibile superare così in fretta il veto dei servizi di Mosca, resta un mistero solo fino a quando scoppia una lite sui profitti dell'affare. Sentendosi dire dall'avvocato che "De Caro vuole prendersi tutti i meriti e i compensi", Miccichè diventa furibondo: "Farò intervenire direttamente Dell'Utri... perché chi ha messo lì Massimo è stato Marcello!". E di seguito aggiunge: "I rapporti con il russo sono di Marcello perché Berlusconi, allora, ha dato a lui questo rapporto, chiaro?". Come dire che De Caro è nella Avelar solo perché lo ha scelto Dell'Utri. E il senatore, a sua volta, può entrare nel business del petrolio solo perché lo ha voluto Berlusconi. Forte di un accordo personale con la Russia di Putin, mai rivelato, che sembra risalire al suo secondo governo (2001-2006), visto che nel 2007-2008 viene già rispettato.
Da notare che Miccichè, infuriato dopo lo stop dei servizi di Mosca, spiega al suo avvocato che "questo russo fa parte della catena di Putin", però "sta giocando con tutti, anche con Berlusconi e quindi con Marcello". E l'8 marzo 2008, quando protesta che "il ragazzo, De Caro, non si muove bene", Dell'Utri gli risponde così: "Per questo bisogna accreditarlo".
La Avelar, in tutti questi affari, fa solo da intermediario: compra, rivende all'estero e trattiene un guadagno. Le intercettazioni fanno pensare che tra gli acquirenti finali del petrolio ci fosse un gruppo americano con uffici a Los Angeles. Ed è alla fine di questo giro stesso di telefonate che Miccichè spiega al senatore come truccare "i cosiddetti voti di ritorno" degli italiani all'estero. Con Dell'Utri che risponde: "Chiarissimo".
Il 18 marzo anche l'affare D2 sembra chiuso: l'avvocato comunica che potranno usare quattro diverse raffinerie russe, ma "il massimo della produzione lo determinerà Gazprom". E il primo aprile De Caro annuncia di aver fissato "la prossima settimana l'appuntamento tra Marcello Dell'Utri e Igor Akhmerov", che è il manager numero uno della Avelar. Ma proprio alla vigilia dell'incontro tra i big, la nostra polizia non sente più nulla: una talpa ha avvisato gli indagati che "tutti i telefoni sono sotto controllo".
Le intercettazioni, quindi, non svelano altri dettagli o ulteriori affari. Per saperne di più, "L'espresso" ha interpellato De Caro, che nel frattempo ha lasciato la Avelar ed è diventato consulente ministeriale, mentre il gruppo Renova creava in Italia un impero nei parchi eolici e nelle bio-energie. Sugli affari con Dell'Utri nel 2008, però, oggi De Caro ricorda poco: non fa alcun cenno al greggio russo D2 e cita solo "due trattative tra Avelar e Pdvsa, una per il petrolio venezuelano, l'altra per commercializzare in Italia il loro gas", sostenendo che "non andarono in porto, perché Miccichè si vendeva come rappresentante della Pdvsa e invece non aveva alcun mandato".
Una versione che contrasta con quelle fornite proprio da Dell'Utri e Miccichè nel 2008, quando nessuno parlava della Avelar e il loro unico problema era smentire brogli elettorali. Dell'Utri spiegava così a "La Stampa" le sue telefonate al calabrese: "Lui in Venezuela si occupava di forniture di petrolio. Io ero in contatto con una società russa che ha sede anche in Italia, per cui conoscendo questi russi ho fatto da tramite... Non vedo dove sia la materia del contendere". E Miccichè, da Caracas, ribadiva al "Corriere": "Non ci siamo mai visti. C'eravamo sentiti via telefono alcuni mesi fa per un contratto di compravendita di petrolio. Io da una parte, alcuni suoi amici russi dall'altra e lui da trait d'union. Ho capito che avrebbe potuto portare a compimento il contratto. Cosa fatta magistralmente e con molta affettuosità".
(art. del 6 dic 2010)