venerdì 20 luglio 2012

Pm Ingroia in Guatemala, ok da Severino.


Per incarico dell'Onu, ora deve dare via libera il Csm
(ANSA) - PALERMO, 20 LUG - Il ministro della Giustizia Paola Severino ha dato l'assenso al collocamento fuori ruolo del procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia: la pratica passa al Csm che dovrà autorizzare il pm ad andare a fare il capo dell'unità di investigazioni e analisi criminale contro l'impunità in Guatemala.
A fine maggio Ingroia aveva informalmente annunciato al Guardasigilli di avere ricevuto la proposta di incarico dall'Onu, anticipando l'intenzione di volerla accettare.


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L’ASSIST DELL’UDC, ATTACCHI ALLA SICILIA RAFFORZANO AUTONOMISTI




Il primo round l’ha vinto Raffaele Lombardo. L’assist è arrivato, assai probabilmente, dal suo nemico più feroce, l’Udc di Pierferdinando Casini, che per primo ha avanzato l’ipotesi di un commissariamento della Regione siciliana a causa del dissesto finanziario.

Gli attacchi furibondi rivolti alla Sicilia dalla grande stampa del Nord, alcuni partiti di governo, la lettera del presidente del Consiglio, ormai famosa, e da ultimo le aspre critiche dei governatori leghisti e della stessa Lega, hanno trasformato l’iniziativa dell’Udc in un “attacco alla Sicilia”, che ha compattato i partiti siciliani e, soprattutto, l’Assemblea regionale, fino a ieri molto critica nei confronti di Lombardo su tutti i fronti.
La qualità delle iniziative, apparse ai più strumentali e svantaggiose, è diventata un boomerang. Raffaele Lombardo ha spiegato nel dettaglio come stavano le cose, illustrando le criticità del bilancio, ma anche la sua distanza dai pericoli di un crack. Una mano è arrivata, inopinatamente, anche da una delle agenzie di rating, la Fitch, che ha “assolto” il bilancio della regione. Nessun pericolo di default per la Sicilia, hanno affermato i suoi portavoce.
Un ruolo, a nostro avviso, ha avuto uno dei tanti dati sciorinati da Lombardo e dai suoi assessori, riguardante il rapporto fra debito e il Pil:  il debito siciliano rispetto al Pil raggiunge il sette per cento, quello dell’Italia, il 120 per cento. Se la Sicilia fosse in default, l’Italia dove si troverebbe?
Gli aspetti politici di questa fase sono estremamente rilevanti, perché hanno aumentato vistosamente l’area autonomista interna ai partiti ed esterna ad essi, riproponendo il tema delle alleanze.
Intervenendo in aula, dopo le comunicazioni del presidente Lombardo, il capogruppo Pd all’Ars, Antonello Cracolici, ha detto chiaro e tondo che quello subito in questi giorni con il falso default, non è un attacco all’Mpa o a Lombardo ed al suo governo, ma un attacco alla Sicilia. C’è chi mira a tagliarle le gambe, ha concluso Cracolici, suggerendo al parlamento regionale di “viaggiare” compatti alla vigilia dell’incontro a Palazzo Chigi fra Lombardo e il presidente del Consiglio.
Il governatore, com’è noto, ha chiesto anche di partecipare ad un Consiglio dei Ministri che ponga all’ordine del giorno la questione siciliana, come pretende una norma (di valore costituzionale) prevista dallo Statuto speciale. Lombardo vuole essere ascoltato al Quirinale da Giorgio Napolitano, nella qualità di garante della Costituzione.
Lunedì prossimo, inoltre, in piazza Principe di Camporeale, dove ha sede il Commissariato dello Stato, è prevista una manifestazione a favore dell’autonomia e contro “gli attacco romani” allo Statuto siciliano.
In definitiva, il default ha creato un problema a coloro che l’avevano sventolato. Poteva forse essere previsto, valutando con più attenzione, gli elementi che avrebbero giustificato la richiesta del commissariamento e le possibilità concrete di successo dell’iniziativa.
Paolo Sapienza dice:
E' giunto il momento di levare l'ancora, la Sicilia lo può fare ha la propria Costituzione e il proprio Parlamento, può battere moneta, pochi debiti rispetto al PIL ( 7% contro il 120% dell'Italia) e la Repubblica Italiana ci deve una barca di soldi, quindi, è giunta l'ora di salpare con buona pace per la crisi, abbiamo tutto il petrolio che ci serve e controlliamo i rubinetti del gas, perchè subire le angherie di un paese che ci reputa mafiosi, disonesti e nullafacenti?
Dimenticavo la cosa più importante la nostra Sicilia ha una densità di popolazione, rispetto alla superficie del territorio a disposizione, molto bassa, solo 196 abitanti per Kmq.

Marcello Dell’Utri: “l’uomo che non si vergognava mai”. - Lidia Ravera


Fra le varie brutte statuine del presepe politico contemporaneo, spicca da due decenni Dell’Utri Marcello: indagato dal 1994, condannato a nove anni di reclusione nel 2004, ridotti a sette nel 2010 (nonostante ne fossero stati chiesti undici), non ha mai perso un’oncia della sua squisita arroganza.
Oggi, in attesa di giudizio per Concorso esterno in associazione mafiosa, ostenta il consueto stato d’animo superbo: come se l’odioso crimine contestato fosse un blasone, un attributo nobiliare. Fatti di sangue blu. L’accusa di estorsione ai danni del compagno di collusioni (il povero Silvio che non chiarì mai l’origine delle sue fortune) la accoglie con un sorriso sprezzante: oddio, anche questa adesso, che mancanza di fantasia, perché non mi accusate, per una volta, di pedofilia?
Non serve, senatore: ci sono frodi fiscali, false fatture, ville da nove milioni vendute a 21… non s’ha bisogno di inventarsi nulla. Se un morboso ed estroso magistrato, ce la farà, finalmente, ad arrivare fino in fondo, possiamo sperare che, almeno Lei, ci si levi di torno. Nel frattempo, voglia accettare, in segno d’apprezzamento per il suo inimitabile stile, la nomination per il premio Faccia di Bronzo 2012. Un doveroso omaggio a “l’uomo che non si vergognava mai”.

Di Pietro, nuovo affondo al Colle: "Signor presidente sta tradendo la Costituzione".





Il leader dell'Idv rifila una nuova bordata al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Nuovo affondo di Antonio Di Pietro contro il Capo dello Stato. "Signor Presidente: ma si rende conto che così sta tradendo la Costituzione?", ha detto il leader dell'Idv rivolgendosi al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. "Su una questione - la trattativa Stato Mafia - dove chiede di intervenire ferma le indagini che la riguardano", ha aggiunto.
''Cosa ha detto a Mancino che non vuole farci sapere?''. Lo chiede, da Termoli al capo dello Stato, il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro, rivolgendo al presidente della Repubblica ''un'altra preghiera in modo formale. Dico in modo formale perche' oggi abbiamo depositato un'ulteriore interrogazione al ministro della Giustizia, avendo come presupposto questa precisazione: signor presidente, lei e' stato intercettato non direttamente, ma indirettamente, perche' altri sotto intercettazione parlavano con lei''.
''Questa volta e' capitato a Mancino, ma le altre volte e' capitato ad altre persone, a Bertolaso lo scorso anno; in Umbria ci sono inchieste in cui sono state intercettate telefonate di persone che parlavano con lei, ma se proprio deve porre la questione del conflitto di attribuzione, perche' non lo pone in relazione a quelle telefonate, e non alle telefonate di Palermo. Forse perche' in quelle telefonate lei diceva cose che si potevano ascoltare, potevano essere lette e sentite, infatti sono state pubblicate e lei non si e' offeso affatto. Anzi, si e' magnificato, e questa volta, invece, lei si sente offeso''.

Scheda, ecco le Province tagliate.



In Toscana ne saltano 9, 7 in Sardegna e 8 in Lombardia.

Sulla base dei criteri di riordino delle Province approvati oggi dal Cdm, secondo l'Ansa che si riferisce ai dati Istat, in Piemonte, su 8 Province attuali, quelle salve sarebbero Torino, Cuneo e Alessandria; via le attuali Province di Vercelli, Asti, Biella, Verbano-Cusio e Novara. In Lombardia rimarrebbero Milano Brescia, Bergamo, Pavia mentre dovrebbero essere accorpate le attuali Province di Lecco, Lodi, Como, Monza Brianza, Mantova, Cremona, Sondrio e Varese.
Nel Veneto rimarrebbero in vita Venezia Verona e Vicenza. Accorpamento in vista per Rovigo, Belluno, Padova, Treviso.

In Liguria su quattro Province attuali ne scompaiono due, Savona e Imperia; salve Genova e La Spezia.

In Emilia Romagna sì a Bologna, Parma, Modena e Ferrara; accorpate Reggio Emilia, Ravenna, Forlì-Cesena, Rimini e Piacenza.

In Toscana, su 10 Province, si salverebbe solo Firenze (via Grosseto, Siena, Arezzo, Lucca, Massa Carrara, Pistoia, Prato, Pisa e Livorno).

In Umbria rimane solo Perugia, salta Terni.

Nelle Marche sarebbero salve Ancona Pesaro e Urbino, mentre non hanno i requisiti per sussistere Ascoli Piceno, Macerata e Fermo.

Nel Lazio rimarrebbero Roma e Frosinone, ma dovrebbero essere accorpate Latina, Rieti e Viterbo.

In Abruzzo non subirebbero accorpamenti L'Aquila e Chieti.

In Molise rimarrebbe solo la provincia di Campobasso.

Iin Campania salve Napoli, Salerno, Caserta e Avellino, fuori solo Benevento.

In Basilicata rimarrebbe in vita la Provincia di Potenza, esclusa invece quella di Matera.

In Puglia su 6 Province se ne salvano solo 3: Bari, Foggia e Lecce, da accorpare Taranto, Brindisi e Barletta-Andria.

In Calabria, su 5 Province, si salvano Cosenza, Reggio Calabria e Catanzaro; da accorpare Crotone e Vibo Valentia. A queste sono da aggiungere le Province nelle Regioni speciali.

In Sicilia su 9 ne rimarranno in vita solo 4: Palermo, Agrigento, Catania e Messina. La scure si abbatterà su Caltanissetta Enna, Ragusa, Siracusa e Trapani.

In Sardegna una debacle: rimarrà solo la Provincia di Cagliari. Verranno eliminate le Province di Olbia Tempio, Medio, Ogliastra, Carbonia, Sassari, Nuoro, Oristano.

Infine in Friuli, su 4 Province iniziali, due rimangono in vita, Trieste e Udine, due vengono tagliate o meglio accorpate: Pordenone e Gorizia.

giovedì 19 luglio 2012

Il suicidio Borsellino. - Marco Travaglio


Ringraziamo vivamente, senz’alcuna ironia, il senatore Marcello Dell’Utri per aver commemorato come meglio non si poteva il ventennale di via D’Amelio: senza ipocrisie. Lui in fondo in questi vent’anni è stato uno dei pochissimi politici a dire sempre la verità. “La mafia non esiste”. “È uno stato d’animo”. “Le risponderò con una frase di Luciano Liggio: se esiste l’antimafia, esisterà pure la mafia”. “Mi processano perché sono mafioso”. “Silvio non capisce che se parlo io…”. “Vittorio Mangano era un eroe”. Ieri, bontà sua, ha aggiunto: “Vent’anni dopo ancora non si sa chi è stato (il mandante del delitto Borsellino, ndr)… Io sono stato, io e Berlusconi. Ma in che paese viviamo?”.
Dell’Utri, almeno, eviterà di inviare corone di fiori e messaggi ipocriti ai familiari di Borsellino e degli uomini di scorta: “Bisogna andare fino in fondo”, “senza guardare in faccia nessuno”, “cercare tutta la verità”, “mai abbassare la guardia”. Sono vent’anni che sentiamo ripetere, a ogni 23 maggio e 19 luglio, queste penose giaculatorie da parte di chi, fra il lusco e il brusco, lavora per insabbiare, occultare, deviare, depistare, inquinare, seppellire la verità. E fino a qualche tempo fa l’operazione era perfettamente riuscita. Ex ministri, soprattutto dell’Interno e della Giustizia, alti carabinieri, alti poliziotti, alti spioni, alti e bassi politici hanno fatto carriera tramandandosi la scatola nera dei segreti inconfessabili su stragi e trattative. Poi purtroppo i mafiosi come Brusca e Spatuzza e figli di mafiosi come Ciancimino jr. hanno violato il patto dell’omertà, che gli uomini del cosiddetto Stato avevano religiosamente rispettato. Politici muti come tombe hanno ritrovato improvvisamente la memoria e la favella, costretti ad ammettere almeno quei pezzi di verità che i mafiosi e i figli di mafiosi li obbligavano a sputare fuori, tra mille contorsioni e contraddizioni. I pm di Palermo e Caltanissetta, eredi e in molti casi allievi di Falcone e Borsellino, e tanti cittadini perbene hanno visto in quegl’improvvisi e inattesi squarci altrettanti varchi per lumeggiare il buio. E han lavorato sodo per due anni, pubblicamente incoraggiati dalle massime autorità dello Stato che invece, sottobanco, trescavano ancora una volta per insabbiare, depistare, deviare. E quando si erano illuse di averla fatta franca un’altra volta, un caso, il meraviglioso caso di un telefono intercettato ha illuminato l’osceno fuori-scena e messo a nudo le loro vergogne: il presidente della Repubblica, il suo consigliere giuridico (un magistrato che sa molte cose sulla trattativa, ma ne parla solo con Mancino, mentre davanti ai pm fa scena muta), procuratori generali della Cassazione e chissà quanti altri statisti si adoperano per avocare o almeno devitalizzare l’indagine di Palermo.
E poi, una volta beccati col sorcio in bocca, invocano inesistenti “prerogative” e ”doveri istituzionali”, amorevolmente assistiti da giuristi e commentatori di chiara fama, ma soprattutto fame. Alla fine il capo di quello Stato che trattò, e forse ancora tratta, con la mafia spedisce i pm che indagano sulla trattativa davanti alla Consulta con l’accusa, sanguinosa quanto infondata, di aver violato norme costituzionali e processuali inesistenti. Nella speranza di bloccare, o almeno screditare, l’indagine che li ha messo tutti a nudo.
E ancora una volta il coro unanime dei laudatores, salvo un paio di eccezioni, scioglie inni all’abuso di potere. Potrebbero ammettere, papale papale: sì, abbiamo trattato con la mafia, eravamo tutti d’accordo, tranne quell’ingenuo di Borsellino che non aveva capito come va il mondo, pace all’anima sua. Invece continuano la farsa dell’ipocrisia. Perciò la famiglia Borsellino invita i rappresentanti del cosiddetto Stato ad astenersi dall’invio di messaggi e corone di fiori in via D’Amelio. Perciò Dell’Utri va ringraziato per la franchezza. Non è affatto vero che Stato e mafia siano la stessa cosa: la mafia è molto più seria.
Il Fatto Quotidiano, 19 Luglio 2012

Dell’Utri: “Trattativa giusta se fatta per evitare guai peggiori”.

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Invitato a La Zanzara di Radio 24 nel ventesimo anniversario della strage di via D'Amelio, il senatore spara a zero contro la commemorazione: "Una stronzata". E il pm Ingroia è "come Khomeini, mi ha rovinato la vita".


“La trattativa? Se si è trattato per evitare guai peggiori è stata la cosa giusta“. Lo afferma, nel giorno del ventesimo anniversario della strage di via D’AmelioMarcello Dell’Utri, senatore del Pdl, intervenuto a La Zanzara su Radio 24. “Anche se con la mafia non bisognerebbe mai trattare” aggiunge Dell’Utri. “Napolitano ha fatto benissimo a scontrarsi per le intercettazioni, è inaudito quello che è successo. E’ il minimo che si sia ribellato”.




E alla richiesta del perché non fosse andato alle commemorazioni per l’assassinio, Dell’Utri ha risposto: “Andare alla commemorazione di Via D’Amelio mi sembra una stronzata, io sono contro la mafia, non sono mafioso, non c’è bisogno di andare lì. E’ ovvio che sono per Falcone e Borsellino e contro i loro nemici. Tutto questo teatrino che ruota intorno a queste cose è fatto da approfittatori inutili che si fanno grandi davanti a queste cose. E poi mi attaccherebbero appena mi faccio vedere”.
Il senatore, sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa, attacca violentemente il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, che lo ha messo nuovamente sotto inchiesta per una presunta estorsione a Silvio Berlusconi, sempre nell’ambito dell’indagine sulla trattativa.  ”Ingroia? Un fanatico, un ayatollah. Ma lo vedete come è fatto fisicamente? Con quella barba, si mette un caffettano ed è perfetto. Come Khomeini, un persecutore, sarebbe capace di fare le peggio cose. A me ha provato a fare di tutto, ha rovinato la mia vita e quella della mia famiglia. Il danno che fanno persone come lui è enorme, e passa quasi senza attenzione. E’ il Khomeini della magistratura”.
Secondo il braccio destro di Berlusconi, il pm siciliano “non può essere normale, non può esserlo – continua Dell’Utri – è come quelli che continuano a raffinare, raffinare e alla fine arrivano all’eroina, al massimo dell’effetto. Per questo ho detto che è pazzo”. Quanto all’accusa di estorsione, “non c’è logica, non c’è niente, solo persecuzione politica, è un processo politico che mira anche a Berlusconi perché vuole tornare in campo. I magistrati dicono: ‘non deve dire che torna in campo, come si permette?’”.
Ma Ingroia scenderà in politica? Alla domanda dei conduttori Giuseppe Cruciani e David Parenzo, Dell’Utri risponde: “Non c’è dubbio che cosa vuole che faccia? Inaugura giornali della sinistra, libri della sinistra, senza vergogna. E’ scontatissimo che finisca così”.