giovedì 9 agosto 2012

TOKELAU NEL PACIFICO: LA PRIMA NAZIONE CHE VA AD ENERGIA SOLARE.


DA SETTEMBRE CON 4MILA PANNELLI FOTOVOLTAICI

TOKELAU NEL PACIFICO: LA PRIMA NAZIONE CHE VA AD ENERGIA SOLARE
Tokelau, Nuova Zelanda. Ecco dove l'energia rinnovabile fa passi da gigante. Con oltre 4000 pannelli fotovoltaici installati, i tre atolli corallini nell'Oceano Pacifico potrebbero diventare dal prossimo settembre il primo Paese al mondo solare al 100 per cento. Come riporta 3News, fra poche settimane sui tre atolli tropicali potrebbero spegnersi per sempre i generatori diesel lasciando il passo ad un'energia più sostenibile: più di 4.000 pannelli solari forniranno elettricità alla piccola nazione di 1.400 abitanti. Il progetto da 7,5 milioni di dollari, finanziato dal ministero degli Affari Esteri e del Commercio della Nuova Zelanda, sarà in grado di evitare il consumo di oltre 2000 barili di benzina all'anno normalmente utilizzati per generare energia elettrica a Tokelau. "Sarà un cambiamento incredibile rispetto all'utilizzo dei combustibili fossili - ha commentato Foua Toloa, ministro dell'Energia a Tokelau - In questo modo verranno evitate forti spese, ma anche pericolose fuoriuscite che potrebbero danneggiare l'ambiente".

Truffata la più grande industria del fotovoltaico. Crollano i titoli di Suntech. - Roberto Cicchetti

Zhengrong Shi

Una truffa per mezzo miliardo di euro, è quanto ha subito la più grande azienda del mondo di pannelli fotovoltaici, la cinese Suntech, già entrata in conflitto con gli USA per i dazi sul fotovoltaico.


Tre anni fa iniziò il suo progetto fotovoltaico in Puglia e Sicilia per decine di MW, e venne finanziata dalla China Development Bank che trovò l'idea buona concedendo alla Puglia Solar II, una società veicolo di Suntech, un finanziamento di 560 milioni di euro.
La Puglia Solar II mise a garanzia del prestito dei falsi Bund tedeschi. I sospetti sono subito andati su Javrier Romero, un socio di minoranza e agente di Suntech Spagna, il quale nega tutto, ma ormai il titolo a Wall Street è crollato. I soci di minoranza americani hanno dato via ad una class action per recuperare i soldi perduti in borsa a causa della maxi truffa, ma resta da pagare il debito di mezzo miliardo entro marzo 2013.
Una mission impossible per il colosso cinese. Probabilmente finirà nelle grinfie del Governo Cinese che nazionalizzerà il tutto, con il risultato di un inasprimento delle tensioni tra Cina e USA già ai ferri corti in una guerra doganale che va avanti dalla primavera.
Fonte: Reuters
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TROVATA LA CURA PER IL CANCRO. NON INTERESSA PERCHÈ NON "RENDE".


cura-per-il-cancro

Le grandi Case Farmaceutiche la snobbano perchè non è un “affare”.
E’ una soluzione semplice ed è sempre stata sotto il naso degli scienziati. C’è da utilizzare semplicemente il di-cloro-acetato, che attualmente è impiegato nei problemi metabolici. La scoperta della sua efficacia contro i tumori è stata fatta nell’Università canadese di Alberta nel gennaio 2007. Stranamente, i media non ne hanno parlato. Eppure è una sostanza che può essere utilizzata da chiunque, non ha effetti collaterali particolari ed è estremamente economico (a differenza dei costosi farmaci antitumorali prodotti dalle grandi Aziende Farmaceutiche internazionali). Gli scienziati canadesi hanno testato il DCA (di-cloro-acetato) sull’uomo ed hanno ucciso le cellule tumorali dai polmoni, dal seno e dal cervello lasciando integre le cellule sane. Lo stesso risultato era stato ottenuto alimentando cavie ammalate con acqua contenente DCA. Nel corpo umano abbiamo già chi combatte le cellule tumorali: i mitocondri. Gli scienziati, però, hanno da sempre ipotizzato che fossero danneggiabili dal cancro e si sono indirizzati sulla glicolisi, che è meno efficace ma… più costosa.
Il DCA, che innesca la reazione nei mitocondri, è ampiamente disponibile e la terapia è relativamente semplice, potete trovare maggiori informazioni su thedcasite.com  sul quale vengono pubblicate le esperienze, i dosaggi, i vari casi, i pro e contro.
DOMANDA: perchè le Case Farmaceutiche snobbano la scoperta?
RISPOSTA: perchè il metodo è naturale e non può essere brevettato. Niente brevetto, niente affari. Senza brevetto non è possibile sfruttare la scoperta come stanno facendo, ad esempio, con le costosissime cure per l’AIDS. Meglio che la gente continui a finanziare campagne anti-tumori ed a pagare salate le cure sul mercato.
Ma forse c’è una speranza: piccoli Laboratori indipendenti potrebbero iniziare a produrre il DCA e, dopo le previste procedure, commercializzare finalmente il farmaco.

Province in Sicilia. Il TAR di Palermo sentenzia: incostituzionale la legge che ha introdotto le province “regionali”. I gattopardi in azione per salvare poltrone e potere …


Le province in Sicilia, giusto l’art. 15 dello Statuto, peraltro mai modificato, sono state abolite nel lontano 1946.
Una legge “costituzionale” quindi, ha decretato la fine di questi enti inutili, o utili solo per poter avere a disposizione posti di potere, di sottogoverno e mantenere feudi territoriali.
Testo integrale dell’art. 15 : r.d.l. 15/5/1946, n. 455 e conv. con l. cost. 26/2/1948, n. 2),   recita: <
 Si evince quindi, che la regione ha materia di ordinamento e controllo ma non di reintroduzione di una istituzione abolita con legge costituzionale.
Qui c’è da precisare un fatto. Si parla sempre di Statuto come legge di rango costituzionale. In realtà anche qui ci troviamo di fronte ad un grande imbroglio. 
La legge istitutiva dello Statuto prevedeva il suo “coordinamento” con la costituenda costituzione italiana.
Ciò significa che lo Statuto andava inserito integralmente nella Costituzione italiana. Invece, con la prima truffa italiana ai danni della Sicilia, è stato ripromulgato con una legge costituzionale (la numero 2 del 1948).
Sappiamo tutti come è andata a finire. Lo Statuto è rimasto lettera morta e la grande ammucchiata DC/PCI italiana, ha permesso alla casta di vassalli siciliani di demolire lo Statuto e tenere in vita le province con proroghe fino al 1986 quando, con il classico uovo di Colombo, sono state istituite le “province regionali”.
Praticamente, a provincia è stato aggiunto l’aggettivo “regionale” ….
Geniale. Talmente geniale che anche la Corte Costituzionale con vergognosa sentenze “politica” che grida ancora vendetta, dichiarò, con argomentazioni illogiche che sfociavano nell’offesa alla pubblica intelligenza, corretto l’operato della Regione.
Ora, dopo decenni, un tribunale riporta le lancette indietro nel tempo e boccia di incostituzionalità la legge 9/1989 anche se lo fa intervenendo per una questione ben diversa, ovvero, una questione relativa ai comizi elettorali.
La  sentenza del TAR di Palermo del 19 giugno 2012, n. 1276, tenuta ”sotto tono” da media locali e politica,  emessa a seguito di un ricorso della Provincia Regionale di Ragusa contro il decreto con cui l’Assessorato Regionale Autonomie Locali ha revocato l’atto di indizione dei comizi elettorali e contestualmente ha disposto il commissariamento della Provincia fino al 31 marzo 2013, riapre la questione e rimette in discussione la l.r. 9/1986.
Secondo la Regione, le elezioni di Ragusa non vanno svolte nel 2012, ma nel 2013 nello stesso tempo in cui si sarebbero svolte le elezioni per tutte le altre province regionali.
Il TAR  ha ritenuto  legittimo l’operato dell’Amministrazione Regionale, che correttamente ha fatto buon uso del principiotempus regit actum a seguito della sopravvenuta legge regionale n. 14/2012, respinge anche la sollevata questione di costituzionalità per violazione dell’art. 15 dello Statuto siciliano.
Per il Tar la l.r. n. 14/2012 non viola alcuna norma costituzionale anche perché “…non sopprime in alcun modo le province regionali, ma rinvia solo ad una legge successiva (da adottarsi entro il 31712/2012) il riordino degli organi di governo delle stesse”.
Ma aggiunge in chiusura,  un passaggio fondamentale: Tuttavia: “Rileva, infine, il Collegio, ad abundantiam, che l’art. 15 dello Statuto della Regione Siciliana (approvato con r.d.l. 15/5/1946, n. 455 e conv. con l. cost. 26/2/1948, n. 2), avente rango di legge costituzionale, recita: <>. Detta norma attribuisce, evidentemente, una diversa configurazione all’assetto istituzionale sovracomunale rispetto a quello attualmente esistente e scaturito dalla l.r. 6/5/1986, n. 9 e s.m.i. che ha attuato la norma costituzionale solo apparentemente secundum legem nel momento in cui ha determinato l’organizzazione delle province nella Regione Siciliana, come nel resto dell’Italia, quali enti locali territoriali dotati di autonomia anche politica e non solo amministrativa e finanziaria”.
Il TAR in pratica, pone dubbi di legittimità costituzionale su quanto attuato in virtù della famigerata l.r. 9/1989 che mantenne lo status quo delle province aggiungendo soltanto l’aggettivo “regionale”.
Insomma, dopo quasi trent’anni, un tribunale amministrativo pone l’accento sul grande imbroglio siciliano e sulla incostituzionalità della norma siciliana perché  di fatto ha innovato le norme statutarie con l’ntroduzione delle province regionali. 
Per il Giudice amministrativo tutto quanto “inventato” per mantenere gli scanni provinciali con la l.r. 9/86  non è  conforme all’applicazione dell’art. 15 dello Statuto.
Per meglio comprendere, si deve risalire all’etimologia di consorzio che ha significato ben preciso:  “ …. unione di più individui (o istituzioni) con doveri e diritti uguali e per un fine determinato. Di conseguenza,  il consorzio (provincia regionale) è rappresentativo degli stessi soggetti che lo istituiscono, ha i soci (comuni) con i propri rappresentanti (espressione dei soci), i rappresentanti  sono gli stessi rappresentati, tutte le cariche sono decise ed approvate dall’assemblea  e sono espressione diretta dei soci (comuni) e quindi non sono eletti a suffragio universale, di conseguenza i costi degli stipendi dei politici (eletti a suffragio) sarebbero azzerati!
Di conseguenza: ………..la legge 9/86 è incostituzionale perché non è rispettosa “del quadro  dei principi generali costituzionali” Però,  le province regionali garantiscono una infinità di posti di potere, hanno un giro vorticoso di finanziamenti, nel solo anno 1987 la somma globale di contributi per il loro funzionamento distolta incostituzionalmente dalle casse regionali e quindi dalle tasche dei contribuenti per le province regionali è stata di  150 milioni di euro (trecento miliardi delle vecchie lire). Oggi si parla di quasi un miliardo di euro l’anno! Una fetta enorme di finanziamento pubblico per mantenere in vita solo posti di potere. Nove presidenti di provincia, nove vice presidenti, nove capi di gabinetto, nove uffici stampa, decine di dirigenti, enti provinciali, uffici, un centinaio di assessori e qualche  centinaio di consiglieri. Un esercito che vive e prospera con i soldi pubblici. Le province “regionali” in Sicilia sono un’offesa alla Costituzione ma soprattutto un’offesa al popolo Siciliano, ma… nessuno se ne cura. Osservatorio Permanente per la tutela dell’immagine della Sicilia
La Corte Costituzionale nel 1956 a proposito delle norme di attuazione degli statuti con la sentenza  n. 20/1956,  ha chiarito alcun aspetti relativi alle norme di attuazione praeter legem, o anche apparentemente secundum legem, risolvendolo testualmente come segue: “Se poi le norme di attuazione siano praeter legem, nel senso che abbiano integrato le disposizioni statutarie od abbiano aggiunto ad esse qualche cosa che le medesime non contenevano, bisogna vedere se queste integrazioni od aggiunte concordino innanzi tutto con le disposizioni statutarie e col fondamentale principio dell’autonomia della Regione, e se inoltre sia giustificata la loro emanazione dalla finalità dell’attuazione dello Statuto. Laddove, infine, si tratti di norme secundum legem, è ovvio che se esse, nel loro effettivo contenuto e nella loro portata, mantengano questo carattere, non è a parlarsi di illegittimità costituzionale, ma sarebbe pur sempre da dichiararsene la illegittimità nel caso che esse, sotto l’apparenza di norme secundum legem, sostanzialmente non avessero tal carattere, ponendosi in contrasto con le disposizioni statutarie e non essendo dettate dalla necessità di dare attuazione a queste disposizioni”.
Il combinato disposto delle due sentenze è inequivobabile … La legge regionale 9/86  è chiaramente non costituzionale perché “elude” il principio costituzionale dei liberi consorzi di comuni – enti sprovvisti di autonomia amministrativa e finanziaria – e istituisce  enti territoriali dotati non solo di autonomia amministrativa e finanziaria ma anche di autonomia politica i cui membri sono eletti con suffragio universale e non nominati dai soci.
Era ora quindi. La Sicilia dalla promulgazione dello Statuto, avvenuta oltre 18 mesi prima della Costituzione italiana, ha subito truffe politiche inimmaginabili per chi non conosce i fatti storico-politici italiani e siciliani, tra tutte le truffe, oltre la truffa relativa alle province regionali, lo scippo delle prerogative dell’Alta Corte paritetica.
La Corte Costituzionale che “modifica” le norme della Costituzione.
Più attentato alla Costituzione di così … Unico caso al mondo di una corte costituzionale che deve regolare la conformità delle leggi ordinarie con la costituzione, che modifica di fatto la Costituzione stessa a cui deve obbedienza ….
Chissà cosa dirà Giorgio Napolitano … !
E ora, Trapani, che è indicata fra le proice da sopprimere,  chiede a Menfi di entrare a far parte del suo territorio … così che la poltrona sotto il Monte Erice può rimanere …
Cultura, territorio, identità, storia  ed economia arattate per un pugno di poltrone …
Che tristi episodi di “normale” vita politica di casta feudale siciliana !

mercoledì 8 agosto 2012

Olimpiadi, la Cina fa il pieno di medaglie. Ecco come allenano i bambini.



Disumano!

Nell'orto aveva 970 piante di cannabis: nonnina di 80 anni nei guai.

foto archivio

ROMA - Al posto di pomodori e fagiolini nell'orto aveva 970 piante di cannabis, una delle più grandi piantagioni mai scoperte in Liguria. Per colpa di quest'orto una donna di 80 anni di Casanova Lerrone, nell'entroterra di Alassio, è finita nei guai: denunciata dai carabinieri perché in un terreno di sua proprietà hanno scoperto una distesa di piante di cannabis, per un peso complessivo di oltre 1.200 chili. 

A gestire la coltivazione delle piante erano la figlia della donna e il convivente, che sono stati arrestati: i due avevano anche studiato un sistema per preservare e migliorare la qualità delle piante. Divise per tipologia di semenza, venivano innaffiate con un sofisticato impianto, e protette dagli attacchi con concimi e antiparassitari. Per far crescere le piante più piccole, invece, i due avevano costruito una serra. Ad aiutare i carabinieri di Villanova d'Albenga nella scoperta e nella perquisizione della piantagione un elicottero e i cani antidroga del Nucleo carabinieri cinofili.


http://www.ilmessaggero.it/societa/nolimits/cannabis_liguria_marijuana/notizie/213035.shtml

Evasione fiscale, burocrazia e giustizia L'Italia maglia nera in Europa e non solo.


Evasione fiscale, burocrazia e giustizia L'Italia maglia nera in Europa e non solo

I dati in uno studio realizzato da Confcommercio. Sotto osservazione il rapporto tra impresa privata e sistema giudiziario. Noi ultimi per la qualità complessiva delle infrastrutture.

ROMA - Le tangenti, il rapporto falsato tra impresa e giustizia, il labirinto della burocrazia. Poi la qualità dei servizi, sempre più bassa. L'Italia risulta ultima per efficienza del sistema giudiziario tra i Paesi dell'Unione Europea. E le cose non vanno meglio nel confronto con nazioni extra Ue. E' quanto emerge dal rapporto sulle determinanti dell'economia sommersa realizzato dall'Ufficio studi di Confcommercio, in base alle elaborazioni di dati del World Economic Forum e della Banca Mondiale. Nella ricerca dei fattori che sono alla base dell'evasione fiscale, l'associazione ha messo a punto un indicatore composito, in cui rientrano i diversi aspetti del rapporto impresa-giustizia. 

Tangenti. Sono stati considerati, infatti, la presenza di un quadro normativo di riferimento efficiente, la diffusione di pagamenti irregolari e tangenti, i tempi di attesa della giustizia nella soluzione dei problemi legati all'attività economica, la complessità delle pratiche burocratiche legate alla giustizia. Nel confronto tra l'Italia e gli altri Paesi sono stati presi a riferimento gli Stati che presentano evidenze statistiche attendibili su questi fenomeni. Si tratta di Paesi che fanno parte dell'eurozona, dell'Unione europea e di Paesi fuori dai confini del Vecchio continente, come Usa, Canada, Giappone, Australia e Messico. E il risultato è negativo: per le tangenti l'Italia è al terzultimo posto superata, nel 2011, solo da Grecia e Slovacchia.

Infrastrutture. Secondo lo studio "nel confronto con altri Paesi europei ed extra europei la qualità-quantità dell'output pubblico in Italia è tra i peggiori, ricoprendo il terzultimo posto nella graduatoria dei 26 Paesi presi in considerazione". In particolare, l'Italia è in ultima posizione per qualità complessiva delle infrastrutture e in quartultima per qualità ed efficienza delle istituzioni. Inoltre, per l'adempimento degli obblighi fiscali in Italia occorre un numero di ore quasi cinque volte superiore a quello del Lussemburgo.

Efficienza del sistema giudiziario. Secondo l'analisi della Confcommercio, l'Italia mostra il più basso livello di efficienza del sistema giudiziario tra i Paesi considerati, situazione che non ha registrato negli anni grandi cambiamenti. Nella graduatoria 2010, l'Italia occupa l'ultimo posto preceduta da Grecia, Slovacchia, Slovenia e Messico, segnalando un peggioramento di una posizione rispetto al 2000. E le valutazioni espresse nell'indagine del World Economic Forum sull'idoneità del nostro sistema a risolvere le controversie in maniera rapida ed efficiente sono decisamente negative.

Sentenze, istruzione e sanità.
 Inoltre, negli ultimi dieci anni, il tempo di attesa per una sentenza di fallimento o di insolvenza è praticamente raddoppiato: si è passati da uno a quasi due anni, comunque quasi cinque volte i tempi dell'Irlanda e il doppio del Regno Unito. Nel campo dell'istruzione, a una percezione abbastanza positiva della qualità della scuola primaria, fa riscontro una minore performance del sistema educativo superiore, anche a causa della scarsa diffusione del web all'interno delle scuole. Solo sul versante della sanità si registra un risultato positivo.