venerdì 7 settembre 2012

D’Agostino difende Grillo e attacca il ‘marciume’ dei partiti.




Lungo ed appassionato intervento di Roberto D’Agostino a difesa di Beppe Grillo e del Movimento 5 Stelle, durante la trasmissione “Piazza Pulita”, su la7. Il “casus belli” è stato lo sfogo fuorionda del consigliere regionale Giovanni Favia contro il comico genovese e Casaleggio. Dopo gli interventi degli ospiti in studio, si è innescata una bagarre in crescendo nella quale il creatore di Dagospia ha ammonito pesantemente i presenti, accusandoli di “controllare le pulci di Grillo” e del suo movimento e di ignorare il marciume dei partiti tradizionali. “Ma tutta questa vostra attenzione su questo “scazzetto” tra i 5 Stelle la applicate per caso anche al signor Passera?” – chiede polemicamente D’Agostino – “o a Profumo o a tutti i Cuffaro che abbiamo da tanti anni tra i piedi o ai signori che detengono il potere all’interno del Corriere della Sera, come Ligresti e company?”. E sulla lista 5 Stelle dichiara: “E’ un movimento che alle amministrative ha raggiunto l’8%, più della Lega e più di quel ca…o di Casini che ogni volta viene intervistato come se fosse un dio“. E aggiunge: “Signori, Grillo, in paese di disgraziati come il nostro, è riuscito con un mouse a creare un movimento. Sarà un comico, ma gli altri sono criminali e malfattori“. Nella sua invettiva, D’Agostino sottolinea anche il fatto che il creatore del Movimento 5 Stelle non ambisce ad essere un leader di Palazzo Chigi e, rivolgendosi a Francesco Boccia, fa una domanda provocatoria: “Grillo ha per caso un Penati tra i suoi, come il Pd? Abbiamo visto che il Pdl di Berlusconi è un partito d’affari, ma questo conflitto d’interessi esce da tutti i pori, da tutti i partiti”. Piccata la reazione del deputato Pd, che invita D’Agostino a fare nomi per evitare la deriva demagogica. “Ho fatto il nome, a bello de mamma” – replica il giornalista – “Penati. Che caxxo vuol dire ‘Penati’?”. Il dibattito si infiamma quando l’esponente del Pd menziona il faccendiere Luigi Bisignani. “L’ho chiamato e lo dico davanti alle telecamere” – si difende D’Agostino – “per avere informazioni, perchè sono un giornalista, non per fare affari.D’Alema lo chiamava per altri motivi“. Il conduttore Formigli tenta di sedare la polemica, congedando il direttore di Dagospia con un ringraziamento. Ma D’Agostino non ci sta e, scatenando l’ovazione del pubblico, risponde: “Grazie al ca..o!”
7 settembre 2012

L'amaca di Michele Serra.



https://www.facebook.com/photo.php?fbid=314697145294851&set=a.294517440646155.59727.294507393980493&type=1&theater

5 Stelle, il fuorionda di Favia: ''Nel movimento la democrazia non esiste''



"Casaleggio prende per il culo tutti perché da noi la democrazia non esiste. Grillo e’ un istintivo, lo conosco bene, non sarebbe mai stato in grado di pianificare una cosa del genere". Le clamorose dichiarazioni di Giovanni Favia, consigliere regionale in Emilia Romagna del Movimento 5 Stelle, rilasciate durante il fuorionda di un’intervista esclusiva realizzata dall’inviato Gaetano Pecoraro per Piazzapulita, il programma de La7 condotto da Corrado Formigli.

http://video.repubblica.it/politica/5-stelle-il-fuorionda-di-favia-nel-movimento-la-democrazia-non-esiste/104537?video&ref=HRER3-1


Favia: “Ponto a dimettermi. Nel M5S il potere è concentrato in poche mani”

Il consigliere dell'Emilia Romagna su facebook fa chiarezza sul fuori onda trasmesso ieri sera a Piazzapulita. Spiega che non era concordato e sottolinea "la mancanza di un network nazionale del movimento dove poter costruire collettivamente scelte e decisioni, comprese le inibizioni e le attribuzioni del logo". Su Casaleggio: "Rapporti estremamente critici".

Leggi qui ,'articolo:


La democrazia del MoVimento Cinque Stelle.

"Né io, né Beppe Grillo abbiamo mai definito le liste per le elezioni comunali e regionali. Né io, né Beppe Grillo, abbiamo mai scritto un programma comunale o regionale. Né io, né Beppe Grillo abbiamo mai dato indicazioni per le votazioni consigliari, né infiltrato persone nel MoVimento Cinque Stelle." 
Gianroberto Casaleggio




Io ho sempre pensato che entrare a far parte della politica fosse una grande responsabilità; amministrare una famiglia è già un responsabilità, amministrare un comune o una regione o una nazione lo è ancora di più. Per questo ho deciso che non avrei mai preso parte attiva in politica. Ed ho avuto sempre una grande ammirazione per chi, invece, ha voluto assumersi questa responsabilità. Ora mi rendo conto che un qualcuno che ha fatto questo passo, e nel M5s, non si è reso conto di cosa stava affrontando. 
Prescindendo da chi effettivamente gestisce il movimento, il che ha pochissima importanza, non lasciamoci deviare o irretire dalle accuse che ci verranno rivolte, sia interne che esterne, il movimento porta avanti programmi interessantissimi, è questo che ci rende forti.
Non ci curiam di lor, ma guardiamo, osserviamo e passiamo.
Io ci credo, sempre e comunque; gli intoppi sono ovunque, se ne trovano tanti durante l'arco della vita, andiamo avanti a testa alta, cercando di non perdere di vista l'obiettivo: pulire il parlamento da politicanti stantii, corrotti e inutili. 
E' un nostro dovere, oltre che un nostro diritto.
Cetta.

A mio modesto parere il Favia deve rassegnare le dimissioni dal movimento nel quale ha dimostrato ampiamente di non credere.
Leggo anche che è alla fine del suo secondo mandato, il che lo pone in una situazione ancora più sospetta.
Purtroppo è vero ciò che disse in passato un potente: il potere logora chi non ce l'ha.
E dire ciò che ha detto davanti alle telecamere e in un momento delicato in cui il movimento viene attaccato da tutti e di più, non è stata una mossa intelligente, ha dato il fianco all'avversario e non credo, al punto in cui siamo, che lo abbia fatto inconsciamente.
Io non lo conosco, ma da ciò che leggo, non penso che lo si possa definire un pivellino abbindola-bile. 
Cetta

giovedì 6 settembre 2012

Riforma Fornero, a Roma i primi due licenziamenti post articolo 18. - Cosimo Lanzo


huawei_interna nuova


Il caso sollevato dalla Cisl. La prima azienda ad approfittare della nuova normativa è il colosso cinese delle telecomunicazioni Huawei. Una ragazza rispedita a casa racconta a ilfattoquotidiano.it: "Via da un giorno all'altro, mi hanno detto che l'azienda è in crisi".

I primi due licenziati con contratto a tempo indeterminato per motivi economici, da poco introdotto con la riforma Fornero. Di cui ha approfittato un’azienda cinese. E’ questo il primato che un ragazzo e una ragazza dipendenti del colosso delle telecomunicazioni Huawei hanno sperimentato sulla propria pelle, il 29 agosto, poco più di due mesi dall’entrata in vigore della riforma che ha modificato l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. I due facevano parte della stessa unità di lavoro, però in due team diversi. La ragazza, 26enne romana, per motivi personali vuole rimanere anonima, ma dice a ilfattoquotidiano.it:”Sono stata convocata dall’azienda il 29 agosto e mi hanno riferito che l’azienda era in crisi. Mi hanno poi detto che la mia figura era superflua perché coperta da altre persone e senza giri di parole mi hanno comunicato che da quel giorno ero fuori dall’azienda. A quel punto – afferma la ragazza – non ci ho pensato due volte e mi sono rivolta al sindacato”.
Nella lettera di licenziamento (leggi il documento), si legge che “la crisi generale del mercato delle telecomunicazioni in Italia, ha causato una significativa contrazione dei ricavi attribuili alla vendita di apparati telefonici. La Huawei poi scrive che “ciò ha comportato l’esigenza di una riorganizzazione della business unit (gruppo di lavoro) finalizzata al contenimento dei costi e alla razionalizzazione del personale”. Infine le comunicano che, a causa di tali condizioni “non sussistono motivi per una ricollocazione interna, con conseguente necessità di procedere al suo licenziamento“.
Huawei è una multinazionale leader nel mercato delle telecomunicazioni in Cina e secondo produttore mondiale di apparecchiature elettroniche. La “telco” cinese in serata ha inviato un comunicato in cui commenta spiega come “non ha, ad oggi, al contrario di quanto asserisce Serao (il sindacalista che ha sollevato il caso) comunicato alcun licenziamento alla lavoratrice avendo semmai avviato la normale procedura di conciliazione prevista dal nuovo art. 7 della legge n. 604/66  (modificato appunto dalla riforma Fornero entrata in vigore il 28 giugno 2012), finalizzata a favorire la risoluzione consensuale del rapporto e a incentivare l’esodo della lavoratrice”. A rispondere all’azienda è proprio Giorgio Serao della Fistel Cisl che sta assistendo la lavoratrice: “Non è vero che non c’è nessun licenziamento in atto. Ho le prove di quello che dico perché alla lavoratice è stata recapitata una raccomandata con una lettera di licenziamento al suo interno, che è inequivocabile. Se l’azienda pensa che ci sia in atto una conciliazione si sbaglia, perché nell’incontro di conciliazione previsto dalla riforma Fornero, il 18 settembre, noi impugneremo la decisione”. 
Data per scontata l’impugnazione, ora toccherà al giudice del lavoro decidere se reintegrare la lavoratrice o come vuole l’azienda, corrisponderle una indennità di licenziamento. Per la ragazza però rimane la beffa di essere stata contattata dall’azienda senza aver mandato mai nessun curriculum vitae e ed essere stata licenziata a due anni dall'assunzione. “Sono stata chiamata quando lavoravo in un’altra azienda. Avevo un buon contratto, circa 26 mila euro lordi l’anno. Quando è arrivata l’offerta della Huawei non ci ho pensato due volte perché mi miglioravano il contratto di circa 6 mila euro, con molti benefit in più”. Secondo l”ex lavoratrice della Huawei il licenziamento è avvenuto “perché 4 mesi fa i miei capi hanno assunto una persona nel mio stesso ruolo”. Inoltre “non ci possono essere motivi economici alla base del gesto dell’azienda, perché lo stesso giorno l’amministratore delegato comunicava via mail l’assunzione di 112 persone da Fastweb”. 
Altre notizie da Tiscali
Sarà che sono per natura una complottista, ma io in questa legge ci vedo solo l'ennesimo favoritismo elargito ai partiti. Con questa legge, infatti, si licenziano i lavoratori che non hanno stipulato alcun patto con i partiti per assumere quelli che hanno accettato il compromesso del voto di scambio.

La lezione di Cerveteri: quando l’onestà paga .


Alessio Pascucci

Dunque, prendete un giovane di 29 anni, consigliere comunale di una città di Provincia, con una laurea in ingegneria informatica in tasca e alle spalle un record di preferenze (il più votato nella storia). Fate che questo giovane politico si veda offrire da un imprenditore del posto una tangente di 375mila euro per una variante urbanistica. E che la rifiuti, denunciando tutto alla Procura della Repubblica.

Fantascienza? No, pura realtà: il giovane, in questione, è Alessio Pascucci, la città invece è Cerveteri, in Provincia di Roma, 36mila anime. Alle ultime amministrative Alessio è stato eletto sindaco della sua città con 8.434 voti. Piccole storie d’Italia che ti rendono orgoglioso.

Ora, pensate un po’ se Alessio avesse accettato quella tangente: sarebbe stato ricchissimo, perché una volta che ne accetti una, poi ti integri nel sistema e vai avanti a prenderne altre: vacanze di lusso, rolex, macchina nuova, ci sono tante cose che si possono comprare. Magari estinguere anche il mutuo della casa, perché no. E se poi l’avessero scoperto? Processi, fango su di sé, la propria storia personale e la famiglia, nonché la nomea di politico corrotto agli occhi della gente.

Il che, per carità, non significa che magari non sarebbe stato rieletto e magari alla fine sindaco, tra una ventina d’anni, una volta dimenticato il peccatuccio di gioventù, lo sarebbe anche diventato. Eppure volete mettere il fatto di essere diventato Sindaco senza scendere a compromessi, senza doversi tenere impresentabili in giunta perché “portano voti”?

In definitiva, volete mettere la serenità di poter guardare senza vergogna in faccia i propri figli, i figli dei propri figli e, anzitutto, se stessi allo specchio? Qualcuno forse non lo capirà. Io dico però che i tanti buoni esempi come Alessio, in Italia, dovrebbero mettersi sotto una stessa bandiera contro corrotti e, anzitutto, corruttori.

E’ da storie come questa, dove la Questione Morale viene affrontata senza guardare alle tessere di partito, che passa il risanamento morale, politico, economico e sociale dell’Italia.


http://www.enricoberlinguer.it/qualcosadisinistra/2012/09/06/la-lezione-di-cerveteri-quando-lonesta-paga/
 — con Matteo Censori e Bruna Marzullo

L'Italia è il paese dove la legalità è l'eccezione.

Noi stiamo con i magistrati.



Marco Travaglio:
Cari amici,
domenica alla festa del Fatto quotidiano alla Versiliana, a Marina di Pietrasanta, insieme alla signora Margherita (la nostra lettrice che ci diede l’idea di raccogliere le firme in difesa dei magistrati di Palermo e Caltanissetta attaccati da varie centrali del potere), consegneremo ai pm Nino Di Matteo e Antonio Ingroia, alla presenza di Gian Carlo Caselli e Salvatore Borsellino, il dischetto con i nomi di tutte le persone che hanno aderito alla nostra petizione. I nomi sono ormai 140 mila, ma sarebbe meraviglioso fare cifra tonda e arrivare a 150 mila.


Per firmare: http://bit.ly/firme-per-rompere-il-silenzio

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=483829308293923&set=a.438282739515247.107576.438277562849098&type=1&theater

No alla calendarizzazione. E ora la legge bavaglio sulle intercettazioni rischia grosso.


parlamento interna nuova


Il Pd ha impedito la messa in calendario del ddl a Montecitorio e il Pdl potrebbe 'vendicarsi' mettendo i bastoni tra le ruote all'iter parlamentare del disegno di legge anticorruzione. Cade comunque la principale arma in mano al Popolo della Libertà per fare pressing su un esecutivo che in vari settori del partito è stato visto fin dai primi mesi di vita come il fumo negli occhi.

La pistola in mano al Pdl e puntata alla tempia del governo si trasforma in un giocattolo. Il disegno di legge sulle intercettazioni – dopo le mille polemiche degli ultimi mesi rinfocolate dall’affaire Napolitano – resta in “stallo” e non appare all’ordine del giorno dei lavori della Camera di settembre. Anzi, ha dovuto fare un passo in avanti il capogruppo del Popolo delle LibertàFabrizio Cicchitto, per capire le sorti di quella legge che “riposa” alla Camera. Ma alla richiesta di calendarizzazione ha fatto scudo il collega del Pd di Cicchitto, Dario Franceschini. E cosa succede in questi casi? Il regolamento prevede che si possa anticipare un ddl rispetto agli altri solo in caso di unanimità dei gruppi, altrimenti sta alla decisione del presidente della Camera valutare l’opportunità di togliere dal calendario un disegno di legge già previsto per anticiparne un altro. Difficile che Gianfranco Fini possa prendere una decisione del genere. Tradotto: la nuova “legge bavaglio” verosimilmente tornerà a tramontare.
Cade quindi, come detto, la principale arma in mano al Pdl per fare pressing su un esecutivo che in vari settori del partito è stato visto fin dai primi mesi di vita come il fumo negli occhi. E, per contro, questo potrebbe diventare un punto di debolezza per il governo. E’ sufficiente attendere, infatti, che il Pdl realizzi che il disegno di legge sulle intercettazioni è destinato al naufragio, mentre al contrario quello sull’anticorruzione (sul quale Monti e la Severino puntano moltissimo) viaggia a buona velocità di crociera al Senato. Senza più contropartita su cui fare leva alcuni settori del Pdl potrebbero insomma voltare definitivamente le spalle al governo e andare a briglia sciolta, altro che responsabilità. 
Cicchitto, un po’ groggy, dissimula il colpo: “Abbiamo chiesto la calendarizzazione del ddl sulle intercettazioni ma abbiamo avuto risposta negativa dagli altri gruppi e quindi siamo in una situazione di stallo” ha detto. Ma insiste: “E’ chiaro che ritorniamo” sulla questione. Ma c’è di più e c’è di peggio. Il risultato di tutto questo è stato frutto di una serie di veti incrociati tra Pdl e Pd. Lo spiega Franceschini: “Abbiamo insistito perché si mettesse all’ordine del giorno un provvedimento unanimemente deciso in commissione, per risolvere il problema degli esodati, ma abbiamo avuto l’opposizione del Pdl, io mi sono opposto alla calendarizzazione delle intercettazioni, che è un testo, al momento, privo di ogni intesa”. ”Non mi pare il caso di portare in Aula un provvedimento privo di ogni intesa – spiega il capogruppo del Pd – che creerebbe una spaccatura nella maggioranza che sostiene Monti”.
Il Pd, insomma, gongola. Basta leggere qualche altra dichiarazione: “Riteniamo che l’agenda della giustizia non possa essere occupata da altri temi – sottolinea il responsabile giustizia del Pd Andrea Orlando - finché non si giunge all’approvazione definitiva della legge contro la corruzione che giace in Parlamento, fermo restando che il Pd considera prioritari argomenti urgenti che attengono alla dimensione economica e sociale come quello degli esodati”. “Man mano che passano le settimane – rivela – si evidenzia ancor più la volontà del Pdl di non approvare un provvedimento cruciale per la nostra economia e per il funzionamento della pubblica amministrazione, che consentirebbe tra l’altro di impedire che corrotti e corruttori siano candidabili alle prossime elezioni”. Ma ora la legge anticorruzione, sulla quale già il Pdl aveva già fatto partire fulmini e saette, trema ancora di più.