lunedì 21 gennaio 2013

Elezioni 2013, Scajola si ritira: “Basta esami sulla mia moralità”.


Elezioni 2013, Scajola si ritira: “Basta esami sulla mia moralità”

Il fedelissimo di Berlusconi ed ex ministro allo Sviluppo economico ha deciso di non correre alle politiche in aperta polemica con il Pdl. Nel frattempo, tra deroghe e dossier "inquisiti", è caos liste nel partito, soprattutto nelle regioni chiave.


Claudio Scajola non farà parte delle liste Pdl per le prossime elezioni politiche del 24 e 25 febbraio. L’ex ministro, infatti, ha deciso di farsi da parte, in aperta polemica con il suo partito e dopo aver diramato una nota dai contenuti incendiari. “Per la dignità mia e della mia famiglia non sopporto più esami da parte di alcuno sulla mia moralità. Per queste ragioni ritiro la mia candidatura” ha annunciato il politico di Imperia, che poi ha sottolineato come “i miei valori, la mia storia e il mio stile di vita parlano per me. Con buona pace di qualunque arbitro”. Non poteva mancare un passaggio sulle vicende giudiziarie in cui è stato coinvolto e per cui – ha scritto l’ex coordinatore azzurro – “tocca ricordare, nero su bianco, che Claudio Scajola ha inanellato solo archiviazioni, proscioglimenti e tanti mal di pancia”.
Tra deroghe e dossier “inquisiti” il Pdl fatica quindi a far quadrare le sue liste, soprattutto nelle regioni “chiave”: Lombardia, Campania e Sicilia. Ma problemi ci sarebbero anche in Lazio, Liguria e Puglia. I tempi stringono, la dead line scatterà lunedì 21 gennaio alle 20, e i vertici del partito stanno cercando di commisurare le tantissime richieste di deroga arrivate, con l’esigenza di una necessaria “sforbiciata”, sia per dar spazio a quel rinnovamento tanto annunciato da Silvio Berlusconi che per ragioni di aritmetica: difficilmente, infatti, il Pdl riuscirà a garantire gli stessi numeri del 2008 (al partito la stima è di circa un centinaio in meno). Ma la questione più spinosa è la candidatura dei cosiddetti “impresentabili”. La commissione ad hoc sta spulciando i faldoni, ma alcuni nomi sono già circolati. E’ ormai certa la candidatura al Senato in Campania di Nicola Cosentino. Così come ci sarebbe stato il via libera a Cesaro e Laboccetta. In forse, dato molto in bilico, Papa, mentre non è stata ancora sciolta la riserva su Milanese. Ultima parola e sigillo ufficiale spetteranno al Cavaliere che dopo la vittoria del 17 gennaio sul processo Unipol, incassa il no alla sospensione del processo Mediaset.

Caso Parma, il ruolo di Maroni. - Gianluca Di Feo



Dall'indagine che ha portato all'arresto dell'ex sindaco Vignali emergono gli accordi con l'allora ministro Maroni perché mandasse in città un prefetto che «non rompesse le palle».

Un prefetto su misura, per evitare che gli scandali venissero a galla. E così anche la carica più importante, quella che rappresenta lo Stato sul territorio, viene trasformata in uno strumento dei giochi della politica più becera. Il tutto, stando all'atto d'accusa della procura di Parma, grazie alla connivenza dell'allora ministro dell'Interno Roberto Maroni, ora candidato del centrodestra alla guida della Regione Lombardia.

Il capitolo più inquietante dell'ordinanza che ha fatto finire agli arresti domiciliari l'ex sindaco Pietro Vignali riguarda proprio le manovre per ottenere la designazione di un prefetto "in sintonia" con la giunta di centrodestra. Nei bilanci della città emiliana si stava già materializzando un buco colossale, frutto di appalti insensati e spese allegre, e Vignali temeva che l'arrivo di un prefetto "spacabal" avrebbe fatto esplodere la situazione. Secondo i magistrati assieme a Luigi Giuseppe Villani, consigliere regionale e uno dei leader del pdl emiliano, nella primavera 2010 il sindaco si concentra per ottenere la nomina di «una figura che potesse allinearsi alla loro volontà». 

I due si scambiano sms in dialetto. Villani scrive: «Bisogna cat stag atenti al nov prefet ca vena miga un spacabal», che tradotto dal padano significa: «Bisogna che stai attento al nuovo prefetto che non venga mica un rompiballe». E il 19 aprile 2010 il sindaco chiama Villani e gli riferisce di «aver parlato con Maroni il quale gli aveva chiesto di segnalargli qualcuno per il posto di prefetto a Parma che sarebbe stato sostituito a maggio». 

A metà maggio tornano a discutere della questione, fondamentale per il destino del centrodestra parmense. Villani chiede al primo cittadino «quale era il nome suggerito da Maroni per l'incarico di prefetto. Villani diceva Francesco Russo e che poteva andare bene anche quello di Piacenza, tale Viana». Il 19 maggio il sindaco dice che «Maroni lo aveva appena chiamato e che il giorno successivo il consiglio dei ministri nominava il prefetto di Parma. Pietro diceva di anticiparlo al candidato, in maniera che capisse che erano stati loro a fare il suo nome così da "mettersi in linea subito"». 


Il 20 maggio è il primo cittadino a contattare il prefetto di Piacenza Viana e dirgli «dell'ipotesi della sua nomina a prefetto di Parma. Vignali gli comunicava che il suo nome lo aveva consigliato al ministro Maroni, anche su indicazione di Villani». Poi il primo cittadino manda un sms a Villani: «Finito adesso con il prefetto, tutto a posto. Gli ho letto un po' di patti e gli anche detto che tu hai un rapporto personale, forte con Letta e Maroni».

La coppia di notabili parmensi non millanta. Nell'inchiesta i i magistrati hanno ricostruito come il sindaco stesse tessendo «una serie di rapporti con politici nazionali utili per varie finalità. Ciò si evince dal ricorso diretto a cariche istituzionali di spessore, ovvero i rapporti diretti con il sottosegretario Gianni Letta, o indiretti, attraverso il ricorso al ministro Angelino Alfano e all'onorevole Nicolò Ghedini, o infine con il ministro Maroni, in occasione delle varie attività di indagine che hanno riguardato da vicino l'amministrazione comunale. In tale ottica va letto anche il rapporto con il ministro Maroni in occasione delle varie nomine del prefetto, del questore e del commissario straordinario».

Nelle intercettazioni sono infatti finite anche manovre, non si sa con quale esito, per cercare di condizionare la nomina del commissario di governo, incaricato di mettere ordine nel baratro dei conti cittadini traghettando il municipio verso le elezioni. L'incarico è stato poi assegnato a Anna Maria Cancellieri, attuale ministro dell'Interno.

Pur di rafforzare il suo potere, Vignali usa ogni strumento. Come fa in occasione della visita di Berlusconi a Parma, quando mette l'allora premier in contatto con l'escort Nadia Macrì «compiacendosene con la stessa». Insomma, un bel bordello, che adesso rischia di aprire un altro squarcio nei giochi di potere del centrodestra, tornato unito proprio nel sostenere la candidatura di Maroni al vertice della Lombardia.


http://espresso.repubblica.it/dettaglio/caso-parma-il-ruolo-di-maroni/2198591/24

Mafia: fondi europei al nipote di Benedetto Spera, boss siciliano.


Guardia di Finanza


La guardia di finanza ha scoperto che il parente del capoclan di Belmonte Mezzagno in provincia di Palermo aveva ricevuto 230mila euro di contributi comunitari per tre terreni che erano stati confiscati al padre nel 1997. Era riuscito a non comparire direttamente nella richiesta del finanziamento.

Era riuscito a ottenere fondi comunitari per tre terreni che erano stati confiscati al padre per mafia. Il nipote di Benedetto Speraboss di Belmonte Mezzagno (Palermo) – catturato nel 2005, condannato per associazione mafiosa e deceduto due anni più tardi – e figlio di Giuseppe Spera, aveva ricevuto finanziamenti europei per terreni confiscati a suo padre. Lo ha scoperto la Guardia di finanza di Bagheria, che su provvedimento del gip di Termini Imerese, al termine di un’indagine in collaborazione con il Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata (Scico), ha sequestrato tre fondi agricoli al responsabile della frode.
L’uomo, tra il 2004 e il 2009, aveva ottenuto contributi comunitari per un totale di circa 230mila euro per promuovere lo sviluppo di iniziative di impresa nell’agricoltura e nell’allevamento, su terreni che non erano più nella sua disponibilità perché confiscati al padre mafioso nel 1997 e dunque che non potevano ricevere aiuti europei. L’uomo, però, grazie a contratti fittizi di comodato stipulati con la complicità di un altro soggetto, era riuscito a non comparire direttamente nella richiesta del contributo.