martedì 7 aprile 2015

Eurodeputato spagnolo nella stanza segreta del TTIP: "Mi hanno tolto carta e penna. Trattato come un criminale"

Eurodeputato spagnolo nella stanza segreta del TTIP: Mi hanno tolto carta e penna. Trattato come un criminale

“Tutte le condizioni a cui ci sottopongono sono contrarie al parlamentarismo 

e alla democrazia”, denuncia Ernesto Urtasun.

 
Cecilia Malmström, commissaria Ue al commercio, ha un solo obiettivo in questo “mandato” Juncker: la conclusione del famigerato accordo di libero commercio con gli Stati Uniti, il TTIP, che la Commissione, nel nome di tutti i popoli europei, negozia segretamente con Washington. 
 
L'anno scorso, Cecilia Malmström ha annunciato a sorpresa che ciascuno dei 751 eurodeputati avrebbe potuto accedere alla reading room, la stanza di sei metri quadri in cui si trovano i documenti classificati del TTIP. “Per maggiore trasparenza”, aveva detto. 
 
Ebbene martedì scorso, riporta eldiario.es, l'euro-deputato Ernest Urtasun, iscritto al Gruppo dei Verdi, ha fatto accesso alla famosa reading room. “L'esperienza è stata molto negativa”, ha dichiarato. “Mi hanno tolto la penna, mi hanno tolto la carta dove avrei potuto scrivere e mi hanno rimosso il telefono. Si firma un documento riservato di 14 pagine, il tempo massimo è di due ore e durante quel periodo c'è un funzionario che controlla in modo permanente". 
 
Meno di 150 eurodeputati hanno finora fatto accesso alla reading room. “Tutte le condizioni a cui ci sottopongono sono contrarie al parlamentarismo e alla democrazia”, denuncia  Urtasun. Prima di lui anche Lola Sánchez di Podemos aveva sottolineato la mancanza di trasparenza della procedura. “Siamo parlamentari eletti per rappresentare e informare i cittadini. E per una questione così fondamentale come un trattato internazionale, ci trattano come criminali o spie”.
 
Il rappresentante di ICV -  Iniciativa per Catalunya Verds – a Bruxelles deplora in particolare il fatto che il “carattere tecnico di alcuni testi tutti in inglese rende ancora più complessa la questione. Io non sono esperto in telcomunicazioni e ho bisogno di alcuni assistenti esperti per interpretare i documenti. E chiaramente ho bisogno di più ore”.   
 
Ma il peggio non sono le condizioni di accesso, ma quello che c'è dentro. "Quando i documenti ufficiali selezionati devono essere ordinati in anticipo, ci si rende conto che tutto ciò che è possibile vedere è ciò che è già stato pubblicato", ha detto l'eurodeputato catalano sempre a El Diario. 
 

Ma sono solo nella reading room i documenti legati al TTIP? "Niente affatto", conclude il politico spagnolo. "Sappiamo da varie fonti che ci sono documenti consolidati definitivi, che illustrano la parte europea e gli Stati Uniti già raggiunta. Su quelli non abbiamo accesso. Vorrei anche affermare che i documenti memorizzati nella sala di lettura per ogni individuo che vuole leggere sono già declassificati”. Urtasun ha poi denunciato come la semplice esistenza di quella stanza viola gli stessi regolamenti comunitari. "Il Trattato di Lisbona è molto chiaro nel sottolineare che, in tutto ciò che riguarda gli accordi internazionali, i deputati dovrebbero essere pienamente informati".

Per quella che molti in Italia considerano ancora un simbolo di democrazia, riprendendo le parole della Malmstrom, è un simbolo di trasparenza il solo fatto che alcuni rappresentanti dei popoli accedano senza penna, carta, telefono (e trattati come spie o criminali) per due ore a visionare la parte non importante e già declassificata dei documenti del TTIP. Tutto questo è l'Unione Europea di oggi, ma state tranquilli Repubblica, Corriere e gli altri giornali italiani stanno preparando la versione "ufficiale" dei fatti, quella a cui crederete ed, alla fine, accetterete anche quest'ultima imposizione, che rappresenterà la fine di tutti i diritti sociali conquistati dal dopoguerra ad oggi. Ma questo non ve lo diranno...

Stephen Hawking: il bosone di Higgs potrebbe distruggere l'universo. - Elena Re Garbagnati



Nella prefazione scritta per il libro "Starmus, 50 Years of Man in Space", lo scienziato allerta sui potenziali rischi legati agli esperimenti sulla cosidetta "particella di Dio"

IL BOSONE di Higgs - altrimenti conosciuto come "particella di Dio" - può avere il potenziale per distruggere l'universo. L'avvertimento è dell'astrofisico inglese Stephen Hawking, che lo scrive nella prefazione del libro "Starmus, 50 Years of Man in Space", una raccolta di conferenze tenute da scienziati e astronomi, tra cui Neil Armstrong e Buzz Aldrin.

Secondo il celebre fisico, a livelli di energia molto elevati, il bosone potrebbe improvvisamente diventare instabile, causando un "catastrofico decadimento del vuoto" tale da far collassare il tempo e lo spazio, e non ci accorgeremmo nemmeno che sta succedendo. Hawking sottolinea che questo scenario è molto improbabile, perché i colleghi non hanno a disposizione un collisore di particelle abbastanza grande per un esperimento di questa portata. Con una nota sarcastica infatti Hawking aggiunge che "un acceleratore di particelle capace di raggiungere 100 miliardi di GeV sarebbe più grande della Terra, ed è improbabile che si possano ottenere i finanziamenti per realizzarlo nel clima economico attuale".

Secondo il fisico comunque, nell'eventualità che lo si costruisse, il bosone di Higgs "potrebbe diventare metastabile a energie superiori a 100 miliardi di giga-elettronvolt (GeV)". In sostanza, se gli scienziati dovessero intraprendere un esperimento simile, l'universo potrebbe subire un catastrofico decadimento del vuoto, cioè la bolla del vero vuoto si espanderebbe alla velocità della luce. Il disastro secondo Hawking "potrebbe accadere in qualsiasi momento".

L'affermazione ha portato il professor John Ellis, fisico teorico del Cern, a rispondere prontamente per tranquillizzare gli animi: "Deve essere chiaro che la scoperta del bosone di Higgs al Large Hadron Collider (Lhc) non ha causato questo problema, e le collisioni nell'Lhc non potrebbero innescare instabilità, perché le loro energie sono troppo basse". È dello stesso avviso Nicola Mori, ricercatore in fisica all'Università di Firenze, che abbiamo contattato per capire meglio il problema sollevato da Hawking. Mori ci spiega che da una parte "è vero che i fisici stanno cercando di studiare il fenomeno a energie molto alte con Lhc, e che progettano in futuro di costruire nuove macchine per aumentare questa energia, ma è bene sapere che nell'universo esistono oggetti e processi fisici che lavorano a energie molto maggiori di quelle di Lhc - per essere precisi fino a un milione di volte - e per ora nessuno di questi processi ha causato un 'catastrofico decadimento del vuoto'". In altre parole, "oggi siamo in grado di osservare raggi cosmici che arrivano dal Cosmo sulla Terra con un'energia un milione di volte maggiore di quella delle particelle che girano dentro all'Lhc, ma nessuno di questi raggi cosmici ha causato danni".

"Quella di Hawking - che resta uno dei più grandi luminari del nostro tempo - è quindi da vedere come una speculazione teorica, un fatto che si potrebbe verificare a energie ancora maggiori di quelle dei raggi cosmici di cui si parlava sopra", conclude Mori e sottolinea che "la cosa più importante, al di là di speculazioni e idee pindariche, e l'unica cosa sicura è che non siamo ancora in grado di distruggere l'universo".


http://www.astronomia.com/forum/showthread.php?7757-Stephen-Hawking-il-bosone-di-Higgs-potrebbe-distruggere-l-universo

lunedì 6 aprile 2015

Amenità.



https://www.facebook.com/radiokisskiss/photos/a.334156259338.147735.42632574338/10153156435189339/?type=1&theater

Scoperta in Sicilia la “superstrada” che oltre 2 mila anni fa collegava Siracusa a Selinunte

Sicilia - Scorcio della terrazza che sovrasta il Teatro Greco di Siracusa, V° sec. a.C. - Ph. Allie_Caulfield | CCBY2.0

In Sicilia,  nei pressi di Siracusa, durante le indagini sui resti di una necropoli di età preistorica a Cozzo del Pantano portata alla luce dall’archeologo Paolo Orsi nel 1893, ed ora oggetto di studio da parte degli archeologi Davide Tanasi e Giancarlo Germanà, è emerso il tracciato di un’antica ”superstrada” costruita dai Greci per collegare la città di Siracusa alle sue colonie Akrai e Kasmenai e inoltre a Gela e Akragas arrivando fino a Selinunte (vedi nella foto in basso la ricostruzione grafica del tragitto). La straordinarietà del ritrovamento sta nel fatto che si tratta della seconda arteria stradale più importante della Sicilia antica, dopo la via Elorina (che collegava Siracusa a Eloro, vicino all’attuale Noto). Sono addirittura ben visibili le tracce delle ruote dei carri che oltre due millenni or sono la percorsero.
Dalle prime ricerche sulla necropoli che la costeggia emerge che il sito funerario di Cozzo Pantano fu utilizzato fino all’età precoloniale, cioè prima dell’arrivo dei Greci che da Corinto giunsero in Sicilia a fondare la città di Siracusa nel 734 a. C. e poi ancora in epoca greca con un reimpiego delle tombe – spiegano gli archeologi – anche in epoca romana e in quella successiva. Ciò testimonia una continuità di frequentazione forse da rapportarsi proprio al passaggio dell’importante arteria di collegamento.
Mentre la succitata via Elorina si articolava verso est,  la via diretta a Selinunte, oggetto della recente scoperta, conduceva in direzione ovest.Erano queste della Sicilia sud-orientale vie lungo le quali gli abitanti delle antiche città di epoca greca conducevano i loro scambi commerciali o che all’occorrenza gli eserciti utilizzavano per manovre belliche. I viaggiatori le percorrevano a piedi oppure servendosi di carri trainati da buoi o cavalli e di quest’ultimo tipo di transito, come si accennava prima, rimangono tracce visibili nei solchi generati dall’attrito delle ruote sulla pietra.
Le tombe che costeggiano la via sono una cinquantina a grotticella artificiale (cioè scavate nella roccia) e sono a forma di tholos. Sono databili all’età del Bronzo medio ed hanno restituito ricchi corredi che comprendono, oltre a ceramiche indigene, altre di importazione micenea e maltese.
Le nuove indagini su questo sito permetteranno una nuova edizione dello scavo dell’Orsi muovendo dagli oltre 200 reperti raccolti dall’archeologo di Rovereto a fine Ottocento, custoditi nei depositi del Museo Archeologico Regionale “Paolo Orsi” e  solo in parte analizzati in una relazione scientifica. Infatti, dopo una pubblicazione preliminare a cura dello stesso Orsi, l’interesse verso il sito scemò e i pochi reperti dell’età del Bronzo medio esposti al museo non hanno permesso di avere un’idea precisa della reale portata del ritrovamento. Gli archeologi impegnati sul posto, al contrario, non considerano affatto Cozzo Pantano un sito minore identificando appunto la strada che lo fiancheggia con la Via Selinuntina, esistente in epoca greca e poi prolungata dai Romani, i quali la spinsero ancora più ad Ovest fino a Lilibeo, come del resto testimonia l’Itinerarium Antonini, una rara carta geografica d’epoca tardoantica, che descrive questa strada come la principale della Sicilia meridionale.
Ricostruzione grafica del tragitto seguito dalla Via Selinuntina fra Siracusa e Selinunte

Euro, brrrr che paura.

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Le 7 paure infondate sull'uscita dall'euro
1) Mutuo
I mutui verranno convertiti nella nuova valuta il giorno di uscita dall'euro, per chi ha il tasso variabile questo rimarrà comunque legato all'euribor e quindi stabile.Sul fronte dei mutui gli italiani ne beneficeranno.
2) Inflazione
Se pensiamo che i beni (casa, macchina, telefono) che vogliamo comprare scenderanno di prezzo non spendiamo e l'economia si ferma. Questo è quello che succede oggi con la deflazione. Un po' di inflazione è quindi necessaria a far girare l'economia. Dall'altro lato non deve essere troppo alta per non svalutare la nostra capacità di spesa. Questo non succederà perchè i prodotti italiani diventeranno più competitivi rispetto agli esteri e i prodotti che siamo obbligati a importare dall'estero (es. petrolio) hanno un impatto limitato sul prezzo finale (es. nell'ultimo anno l'euro si è svalutato di circa il 25% sul dollaro, ma le accise alte sulla benzina non hanno fatto vedere la differenza).

3) Conto corrente
Il conto corrente in euro verrà convertito nella nuova valuta. Ma come oggi uno può tenere conti in valute diverse nel suo conto in banca, la stessa cosa potrà fare dopo l'uscita dall'euro tenendo conti in dollari, euro, sterline, franchi e nuova valuta.
4) Titoli di stato
I titoli di Stato italiani saranno convertiti per il 95% nella nuova valuta (dato che per il 95% sono emessi sotto legislazione italiana e per cui ereditano la valuta nazionale). Lo Stato li pagherà e li emetterà nella nuova valuta. Visti i bassi rendimenti e l'alto rischio già oggi i titoli di Stato italiano non sono convenienti per il cittadino italiano.
5) Passaggio dall'euro alla lira
Il cambio probabilmente sarà 1 a 1 con la nuova valuta che poi si svaluterà un po'. L'effetto sui prezzi farà si che da subito probabilmente rimarranno uguali a quelli che vediamo oggi semplicemente denominati nella nuova valuta.
6) Aumento della benzina
La benzina è un falso problema in quanto la maggior parte del suo costo (64%) è dovuta alla tassazione. Le quotazioni internazionali del greggio e il rapporto di cambio incide solo sul 26% del prezzo. Se si aggiunge che il petrolio è ai minimi storici in questo periodo non sarà sicuramente un problema l'uscita dall'euro per questo aspetto.
7) Import: aumento dei prezzi dei prodotti importati
Questo problema, che esiste in particolare sui prodotti tecnologici, può essere risolto solo investendo in innovazione dopo la distruzione di aziende come Olivetti e il ridimensionamento di Telecom Italia. L’innovazione è l’unico modo per sviluppare il Paese, non certo rimanere nell’euro.Abbiamo storicamente sempre esportato e commerciato con i Paesi più vicini a noi, ma non perchè hanno l'euro, semplicemente perchè sono più vicini e la vicinanza geografica li rende i più facili con cui commerciare da quando c'era l'Impero romano.
Al contrario le esportazioni verso l'area euro sono in continua decrescita da quando abbiamo l'euro. Solo nel 2007 erano quasi il 60%, oggi meno del 50%. Le uniche aree in crescita per le nostre esportazioni sono quelle fuori dalla zona euro come evidenziato da studi sull'export italiano: "i mercati emergenti rappresentano attualmente la quota maggiore delle esportazioni, mentre la rilevanza dell’area euro si è notevolmente ridotta"

sabato 4 aprile 2015

Australia, per l’orchidea orientale che vive sottoterra al via il test sul DNA. - Gabriele Vallarino


Il mondo delle orchidee, lo sanno bene i botanici, è un mondo a sè. L’orchidea evoca, agli studiosi e appassionati, bellezza, specializzazioni, coevouzione coi più disparati insetti e animali. Ma l’orchidea in questione è un esemplare raro, forse unico. Vive nel continente grande come la luna, l’Australia, che, tuttavia, è come un’isola dispersa nel mondo: qui l’evoluzione ha lavorato con un ritmo tutto diverso regalando agli uomini non pochi gioielli.
In un angolo sud-orientale vive questa rara orchidea, senza foglie e radici, e con una preferenza per il sottosuolo.
Davvero criptica e insolita, per questo è stato deciso di sottoporla a test genetici accurati in Olanda, i quali ci diranno una volta per tutte se si tratta di una nuova specie da aggiungere all’album della biodiversità. L’orchidea sotterranea orientale (Rhizanthella slateri), così l’ha battezzata il mondo, se ne infischia del sole e perciò della fotosintesi. Sono i miceti, in simbiosi con essa, a garantirle il nutrimento necessario.
È una specie saprofita che spazia dal sud est del Queensland alla costa sud del New South Wales. Nel NSW attualmente sono note 10 localizzazioni, nelle quali si contano soltanto pochi individui. Tra le aree d’interesse spiccano: Watagan Mountains, Blue Mountains, Wisemans Ferry area, Agnes Banks e Nowra.
Rhizanthella slateri è difficile da rintracciare, per questo chissà quante altre localizzazioni devono essere scoperte. Le piante crescono nelle foreste di eucalipto, ma i botanici sono incerti anche sul tipo di habitat specifico che predilige quest’orchidea sotterranea. Se non fosse per i fiori che escono oltre il suolo, l’intera pianta non si scoverebbe per l’intero anno. I fiori devono uscire allo scoperto per permettere l’impollinazione che avviene grazie agli insetti.
È il professore Greg Steenbeeke, funzionario per le specie minacciate del Dipartimento dell’Ambiente, a studiare questa incredibile specie dai fiori violacei.
Il botanico attende fiducioso i risultati genetici per poter “leggere” nel DNA più informazioni possibili.
La sequenza genetica di questa orchidea orientale verrà inclusa in una banca dati globale chiamata Genbank, dove sarà messa a confronto con altre orchidee sotterranee. Tutto questo permetterà di evidenziare le particolari variazioni tra le singole specie, servirà per capire se si tratta di una specie nuova e aiuterà a individuare quali tracce genetiche siano da collegare al comportamento sotto il suolo.
Come si sono evolute nel mondo le orchidee sotterranee? Quali differenze strategiche ci sono tra le specie non fotosintetiche? Sono tutte domande che assillano i botanici e più si arricchisce la piattaforma Genbank più si potrà ottenere informazioni per provare a rispondere.
Per adesso sappiamo che l’orchidea sotterranea orientale fiorisce nella primavera australe da settembre a novembre, per poi nascondersi sotto il suolo assieme ai suoi misteri. Un piccolo miracolo di luce viola regalato all’umanità per qualche istante, d’altronde le cose belle durano sempre troppo poco.