domenica 5 gennaio 2020

Cavolfiori: antiossidanti, antitumorali, antinfiammatori, prevengono ictus e Alzheimer.


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Il cavolfiore è un ortaggio che appartiene alla stessa famiglia dei broccoli e dei cavoli ed è ugualmente ricco di nutrienti e benefici per la salute. Povero di calorie e ricco di proprietà terapeutiche, il cavolfiore andrebbe aggiunto alla nostra dieta.
Il cavolfiore è un alimento con un profilo nutrizionale completo, e contiene numerose vitamine e minerali fondamentali per l’organismo, come vitamine C e K, folati, potassio, manganese, magnesio e fosforo.
La fibra del cavolfiore lo rende un alimento eccellente per favorire la digestione e trattare stitichezza e infiammazioni, così come diverticolite e diarrea. La fibra aiuta anche a regolare il colesterolo.
Il cavolfiore contiene glucosinolati e isotiocianati, due antiossidanti ai quali è stata associata la capacità di contrastare lo sviluppo di cellule tumorali. Carotenoidi e flavonoidi del cavolfiore sono eccellenti per contrastare i danni causati dai radicali liberi.
Un altro interessante nutriente contenuto nel cavolfiore è la colina, una sostanza necessaria che, assieme a vitamina C e calcio, favorisce l’espulsione del grasso dal fegato.
I sulforafani del cavolfiore, infine, sono antiossidanti che evitano lo sviluppo di cellule tumorali e favoriscono la rigenerazione cellulare. I sulforafani aiutano, inoltre, anche a prevenire le malattie coronarie, abbassare la pressione e prevenire il diabete.

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sabato 4 gennaio 2020

Lo studente ripetente - Marco Travaglio

L'immagine può contenere: 4 persone, persone che sorridono

L’altro giorno, usando un verbo a lui piuttosto ostico, Salvini annunciava a Libero: “Sto studiando da premier”. Probabilmente per corrispondenza. Non conosciamo i testi né gli esiti di uno sforzo tanto vano. Ma la sua memoria presentata ieri alla Giunta delle Elezioni e delle Immunità del Senato sul caso della nave Gregoretti fa temere il peggio. A meno che non sia stata scritta prima che il nostro prendesse in mano quegli oggetti misteriosi detti comunemente “libri”. Il Tribunale dei ministri chiede l’autorizzazione a processarlo per un reato ministeriale, cioè commesso nelle funzioni di ministro dell’Interno: il sequestro di persona, per aver costretto per sei giorni a bordo della nave della Guardia Costiera 131 migranti soccorsi nel Mediterraneo il 25 luglio di quest’anno prima di autorizzarne lo sbarco il 31. Reato arduo da dimostrare, ma questo è affare dei giudici, non del Senato. Salvini risponde che: 
1) il suo fu un “intervento di competenza”, cioè agì in qualità di ministro dell’Interno;
2)la decisione fu di tutto il “governo in modo collegiale”, frutto della “attività di tutta la compagine governativa in modo del tutto sovrapponibile a quanto avvenuto per la nave Diciotti” (per cui il Senato negò l’autorizzazione a procedere); 
3)l’obiettivo non era politico o propagandistico, ma il “preminente interesse pubblico, rappresentato dalla salvaguardia dell’ordine e della sicurezza, che sarebbero messi a repentaglio da un incontrollato accesso di migranti nel territorio dello Stato”. 
E allega e-mail di funzionari del ministero e di Palazzo Chigi e due dichiarazioni dei ministri Di Maio e Bonafede che dovrebbero dimostrare il loro pieno accordo con lui. Ora, purtroppo per il nostro studente ripetente, il punto 1 non smentisce, ma anzi conferma la necessità di autorizzare il processo: lo sanno pure i giudici che Salvini agì da ministro, altrimenti non avrebbero chiesto l’autorizzazione a procedere al Parlamento, prevista solo per i reati ministeriali. 
Il punto 2 non sposterebbe di un millimetro la questione neppure se fosse vero: non tutti gli atti collegiali di un governo sono di per sé leciti (altrimenti non esisterebbero i reati ministeriali) e di essi, anche se sono tutti d’accordo, risponde penalmente solo il ministro competente (altrimenti, per ogni reato ministeriale, si processerebbe l’intero governo). 
In ogni caso il punto 2 è falso perché – diversamente dal caso Diciotti – il caso Gregoretti non fu mai affrontato collegialmente nell’unica sede deputata, il Consiglio dei ministri, ma fu gestito in solitaria da Salvini dalla spiaggia del Papeete. Il punto 3 è una frase a caso che Salvini non tenta neppure di dimostrare: per sottrarre un ministro al Tribunale, in base alla Costituzione, il Parlamento deve avere la certezza che abbia agito per un “interesse dello Stato costituzionalmente rilevante” e un “preminente interesse pubblico”. E come fa Salvini a sostenere che, se i 131 migranti fossero sbarcati dalla Gregoretti il 25 anziché il 31 luglio, avrebbero compromesso “l’ordine e la sicurezza” nazionali? 
Non c’era alcun “interesse dello Stato costituzionalmente rilevante” da tutelare. Quanto al presunto “interesse pubblico”, non era certo “preminente” sul dovere di far sbarcare in Italia una nave militare italiana (che ne aveva diritto, diversamente da quelle private e straniere delle Ong). Gli allegati che, come strombazzava Salvini, dovevano dimostrare il coinvolgimento di Conte sono un misero bluff: il premier non scrisse né disse una sillaba sul blocco della nave, mentre si attivò come sempre per ricollocare i migranti nell’Ue. E quelli che dovevano incastrare Bonafede e Di Maio sono addirittura un autogol: Bonafede commentava lo sbarco già avvenuto, non il precedente divieto di Salvini; e Di Maio, dopo aver ripetuto che dei migranti doveva farsi carico l’Europa, criticava proprio il no di Salvini alla Guardia Costiera: “Non si tràttino i nostri militari su quella nave come pirati. Pieno rispetto per le forze dell’ordine”. Il guaio è che lo studente ripetente non ha ancora capito perché i giudici vogliono processarlo: infatti, le nove pagine della memoria sono dedicate alla pratica per ricollocare i 131 migranti in Europa e in Vaticano. Ma l’accusa riguarda il rifiuto da lui opposto per 6 giorni alla Guardia Costiera di indicare un porto sicuro (Pos): su quel diniego, che è il cuore dell’accusa, non scrive una parola. Perché sa benissimo che per la Gregoretti, diversamente che per la Diciotti, spettava all’Italia indicare il Pos e che i due casi sono molto diversi. Per quattro motivi. 
1) La Diciotti rilevò i naufraghi dopo un’operazione di salvataggio coordinata da Malta, cui spettava l’obbligo del Pos, mentre la Gregoretti ospitava migranti “salvati” in un’operazione tutta italiana. 
2) La Diciotti è una nave adibita ai soccorsi in mare, dunque può ospitare decine di persone sottocoperta, mentre la Gregoretti è destinata alla vigilanza sulla pesca e non garantisce un’adeguata sistemazione, infatti i migranti restarono per quasi una settimana sul ponte, sotto la canicola. 
3) Dalla Diciotti furono subito fatti sbarcare dal governo donne e bambini; dalla Gregoretti la gran parte dei minori poterono scendere solo per ordine della Procura minorile. 4) L’attesa della Diciotti in porto (agosto 2018) fu decisa perché prima Malta sul Pos e poi la Ue sui ricollocamenti facevano le gnorri; quella della Gregoretti (luglio 2019) fu decisa quando il meccanismo dei ricollocamenti Ue era oliato e non c’erano più dubbi sulla distribuzione dei migranti. Di tutto questo, nella memoria smemorata di Salvini, non c’è traccia. Lo studente non si applica o non capisce. Però ha un’attenuante formidabile: prende lezioni da Giulia Bongiorno.

martedì 31 dicembre 2019

Autostrade, si stacca parte del soffitto di una galleria vicino a Genova: chiusa la A26. Martedì la concessionaria convocata dal Mit.

Autostrade, si stacca parte del soffitto di una galleria vicino a Genova: chiusa la A26. Martedì la concessionaria convocata dal Mit

Il materiale è crollato all'interno della galleria Bertè nel tratto tra Masone e Ovada, al momento non risultano feriti. La tratta è stata chiusa per permettere le verifiche tecniche di sicurezza. Faccia a faccia al ministero guidato da Paola De Micheli martedì mattina alle 10. Il governatore Giovanni Toti: "Sono allibito". L'ad della concessionaria: "Mi dispiace profondamente. Procederemo con il massimo rigore".

Una parte del soffitto della galleria Bertè tra Masone e Ovada, lungo l’autostrada A26 Genova-Gravellona Toce in direzione del capoluogo ligure, si è staccato nel pomeriggio di lunedì poco prima delle 18.30. Solo per puro caso le lastre di cemento non ha colpito le auto in transito lungo una delle tre corsie. Dopo il crollo, la tratta è stata chiusa tra Masone e il bivio A26/A10 per permettere le verifiche di sicurezza da parte della polizia stradale e dei tecnici di Autostrade. Secondo le prime verifiche, si legge in una nota del concessionario, “si sarebbe verificato il distacco di una ondulina e di parti dell’intonaco a cui era collegata, le cui cause sono in corso di accertamento”. Mentre il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti ha convocato con urgenza la concessionaria: l’appuntamento è per martedì alle 10 presso la sede del Mit.

Dopo il crollo del ponte Morandi e le verifiche imposte dalla procura di Genova su alcuni viadotti liguri dopo lo scandalo dei presunti falsi report, si tratta di un altro duro colpo alla viabilità in Liguria in giornate di particolare traffico durante le feste. “Ci vorranno almeno 4 ore per poter riaprire in sicurezza”, ha detto l’ad di Autostrade Roberto Tomasi che si trovava proprio a Genova per incontrare il governatore Giovanni Toti e il sindaco Marco Bucci alla ricerca di soluzioni per ovviare ai problemi di traffico in entrata e in uscita dal porto ligure. “Mi dispiace profondamente per quanto successo oggi. Daremo massima attenzione a quello che è successo. I tecnici sono subito intervenuti nella galleria e stanno verificando l’accaduto – ha aggiunto – Procederemo col massimo rigore, su tutti i fronti”.

Immediate le reazioni da parte di esponenti del Movimento Cinque StellePartito Democratico e di Liberi e Uguali. Per tutti “la misura è davvero colma”, e come dice l’ex ministro Andrea Orlando su Twitter, “ora credo sia ancor più difficile contestare le scelte fatte dal governo sul tema concessioni e mi auguro che Aspi ritiri la lettera dei giorni scorsi e chieda scusa”. Un riferimento agli articoli del Milleproroghe, approvato salva intese, che puniscono i concessionari inadempienti. Nessun commento invece dalla quarta anima del governo, i renziani di Italia Viva. Si dice “allibito” il governatore ligure Giovanni Toti: “Questo ulteriore episodio ci lascia allibiti. Da tempo chiediamo di conoscere la situazione di sicurezza di gallerie e viadotti. Ho parlato con il ministro De Micheli che mi pare sia ugualmente allibita”.

Con la convocazione fissata per martedì mattina diventa due i faccia a faccia tra il ministero e la concessionaria. Poche ore prima del crollo i vertici di Autostrade si erano riuniti a Roma con i funzionari del ministero delle Infrastrutture avevano promesso sul piatto la disponibilità a ridurre i pedaggi autostradali in Liguria per circa 10 milioni di euro. Alla riunione voluta dalla ministra Paola De Micheli hanno partecipato il capo di gabinetto del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il direttore generale per la Vigilanza sulle concessionarie autostradali, anche Aiscat, Polizia stradale, Protezione civile e il gestore autostradale. In merito alla situazione delle autostrade della Regione Liguria sono state verificate le soluzioni tecniche per limitare i disagi e accelerare la cantierizzazione inerenti alle verifiche e alla sostituzione delle barriere antirumore e antivento, oltre agli interventi per la sicurezza.

Banca Etruria, Pier Luigi Boschi e altri 13 ex dirigenti a processo per bancarotta colposa.

Banca Etruria, Pier Luigi Boschi e altri 13 ex dirigenti a processo per bancarotta colposa

Secondo la procura di Arezzo i membri del cda e i dirigenti citati a giudizio - compreso il padre dell'ex ministra Maria Elena - non avrebbero vigilato sulla redazione di consulenze che in procura ritengono in gran parte inutili e ripetitive, nonché tali da contribuire all’aggravamento del dissesto dell’istituto di credito.
Pier Luigi Boschi e altri 13 tra ex dirigenti e membri dell’ultimo consiglio d’amministrazione di Banca Etruria affronteranno un processo con l’accusa di bancarotta colposa. La procura di Arezzo ha infatti esercitato la citazione diretta a giudizio nei loro confronti. Questo filone riguarda consulenze per dare un partner alla banca, ma tali da causare il crac, ed è costola autonoma rispetto al maxi-processo per bancarotta già in corso con altri 25 imputati.
Tra le consulenze contestate dalla procura ci sono i 4 milioni di euro pagati per incarichi affidati a grandi società (Mediobanca e Bain) e importanti studi legali, come Grande Stevens a Torino e Zoppini a Roma. Secondo la procura di Arezzo i membri del cda e i dirigenti citati a giudizio – compreso il padre dell’ex ministra Maria Elena – non avrebbero vigilato sulla redazione di consulenze che in procura ritengono in gran parte inutili e ripetitive, nonché tali da contribuire all’aggravamento del dissesto dell’istituto di credito.
Su questo filone risultavano 17 indagati. Ai 14 per cui la procura ha esercitato la citazione diretta a giudizio – e che per le stesse consulenze erano indagati insieme agli altri – si aggiungono l’ex presidente Lorenzo Rosi, l’ex direttore generale Luca Bronchi e l’ex vicepresidente Alfredo Berni: ma questi, già coinvolti nel processo per bancarotta fraudolenta tuttora in corso (Rosi vi è imputato, Bronchi e Berni furono condannati in rito abbreviato in coda all’udienza preliminare), la procura non li ha citati essendo già a processo anche per gli stessi fatti.