sabato 7 maggio 2011

Scoperto l'archivio segreto di Ciancimino tutti i pizzini del padre in uno sgabuzzino.


E' stato lo stesso Ciancimino a rivelare l'esistenza della stanza segreta ai magistrati che questa mattina l'hanno interrogato per quattro ore nel carcere di Pagliarelli. Lo stanzino si trova nella palazzina di via Torrearsa dove abita il supertestimone

di SALVO PALAZZOLO

L'archivio segreto di Massimo Ciancimino era dieci gradini oltre la porta d’ingresso della sua casa palermitana. Fra il piano terra e il primo piano della palazzina di via Torrearsa c’è una porticina che nessun investigatore, nessun magistrato ha mai varcato fino a questo pomeriggio. Quella porticina ha nascosto per anni uno sgabuzzino pieno zeppo di carte e appunti dell’ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino. Questa mattina, è stato Massimo Ciancimino a svelare ai magistrati della Procura di Palermo l’esistenza della stanza segreta. E subito, gli investigatori della Dia sono tornati in via Torrearsa, come già era accaduto nel corso del primo interrogatorio di Ciancimino dopo l’arresto: quella volta, furono trovati 13 candelotti di esplosivo sotterrati nel giardino. Oggi pomeriggio, la Dia ha sequestrato cinque scatoloni di documenti.

Si tratta di appunti manoscritti di Vito Ciancimino e di dattiloscritti molto simili a quelli già consegnati da Ciancimino junior nel corso delle sue audizioni in Procura. Saranno presto consegnati agli esperti della polizia scientifica, per gli gli esami necessari.

Questa mattina, Massimo Ciancimino era rimasto con i pm Ingroia, Di Matteo e Guido per ben quattro ore, all’interno della sala interrogatori del carcere di Pagliarelli. Il contenuto delle sue dichiarazioni è stato secretato, segno che potrebbero essere arrivate nuove rivelazioni, adesso al vaglio della magistratura.
Di certo, durante questo secondo interrogatorio, Massimo Ciancimino non si sarebbe solo difeso dall’accusa di aver calunniato l’ex capo della polizia Gianni De Gennaro, ma avrebbe anche offerto altri spunti d’indagine. Il primo, quello della misteriosa stanza.

Dopo gli ultimi colpi di scena - prima l’esplosivo, adesso l’archivio segreto del padre - Ciancimino si prepara all’audizione di martedì, al processo che vede imputato l’ex ufficiale del Ros Mario Mori di aver favorito la latitanza del boss Provenzano. Ciancimino è ancora teste d’accusa, la Procura non ha mai avuto intenzione di rinunciare. In più di una occasione i pm hanno ribadito: "Riscontriamo caso per caso le dichiarazioni del teste".

Ma adesso sorgono altri interrogativi. Perché Ciancimino non ha mai parlato di quell'archivio segreto in tre anni di collaborazione? Perché non ha mai consegnato quei cinque scatoloni pieni di documenti del padre? Cosa c’è scritto negli altri biglietti ritrovati oggi?

http://palermo.repubblica.it/cronaca/2011/05/07/news/scoperto_l_archivio_segreto_di_massimo_ciancimino_tutti_i_pizzini_del_padre_nascosti_in_uno_sgabuzzino-15927880/?ref=HREC1-5



L’uso della scorta secondo Razzi farsi portare le racchette da tennis. - di Davide Vecchi



E’ arrivato a Fiumicino giovedì pomeriggio per imbarcarsi sul volo Swiss Air delle 14.50 diretto a Zurigo, dove risiede. Raggiunto il gate, si è fatto consegnare il trolley e le racchette da tennis dai due uomini della scorta che gli sono stati assegnati a marzo. Sotto gli sguardi esterrefatti degli altri passeggeri e degli addetti della compagnia aerea che però sono abituati ad assistere alla scena che, pare, si ripeta ogni settimana. Del resto l’onorevole Antonio Razzi, ex dipietrista passato nella maggioranza il 14 dicembre per sostenere il governo Berlusconi, a Zurigo ci vive. Nato nella provincia di Chieti, Razzi è stato eletto alla Camera nella circoscrizione estero Europa ed è per “i miei elettori”, ha spiegato nei giorni scorsi, che ha proposto l’abolizione dell’Ici per gli italiani all’estero. “Lasciare l’Ici sulla prima casa sfitta a carico degli italiani residenti all’estero è una spiacevole e incomprensibile discriminazione”, ha detto. Omettendo però che lui è proprietario di un immobile in Abruzzo che è diventato il simbolo nei mesi scorsi della compravendita parlamentare: il Pdl, infatti, gli offrì di pagargli il mutuo acceso per pagare quella abitazione in cambio della sua fiducia al governo. E lo raccontò lui stesso (guarda il video).

Ma nel cambiar casacca per Razzi ci sono state anche conseguenze negative. Come le minacce che ha denunciato di aver ricevuto proprio per aver sostenuto il governo Berlusconi il 14 dicembre. Minacce che sono state prese sul serio, ovviamente, e hanno portato il Viminale ad assegnare a Razzi due uomini di scorta per la sua sicurezza e incolumità personale. Il Consap, sindacato di Polizia, ha reagito protestando davanti al ministero. Ma non c’è stato nulla da fare. Così, dal 15 marzo scorso, Razzi gira accompagnato con due body guard. Che però non potrebbero portare nulla, oltre agli “strumenti del mestiere”. E invece, secondo quanto raccontano passeggeri e stuart della Swiss air, Razzi li usa come portaborse, porta trolley, porta racchette da tennis, porta tutto insomma.

Testimone “involontario e indignato” anche Franco Narducci, deputato del Pd e, come Razzi, residente in Svizzera. “Io mi vergogno per lui”, ha detto Narducci. “Il contribuente italiano paga per quei due poliziotti che poveretti sono costretti a un’umiliazione simile. Razzi – secondo il deputato del Pd – non ha ricevuto minacce credibili, è più uno status symbol per lui avere la scorta. Come dice Curzio Malaparte l’Italia ‘è la terra del diritto e del rovescio”.

Del resto il tennis è tra le passioni di Razzi. Non l’unica per sua stessa ammissione. Mercoledì, appena nominato consigliere personale per la contraffazione del ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Saverio Romano, a chi gli chiedeva quali conoscenze ed esperienze avesse nel settore, Razzi ha risposto: “Sono un buongustaio, mi piace cucinare e spesso aiuto mia moglie ai fornelli”. Infatti l’onorevole è stato promotore della targa “ottimo ristorante italiano di qualità” che sarà garanzia della provenienza dei prodotti made in Italy e del rispetto della tradizione enogastronomica della cucina italiana.



B. annoia attaccando i giudici. La gente lascia il Palasharp


Quando il premier riprende il suo ormai consueto ritornello contro i pm, tra i fan serpeggia la stanchezza. Al PalaSharp in quattromila hanno seguito il discorso a tutto del Cavaliere, che è stato interrotto due volte da contestazioni

Silvio Berlusconi non ha ancora finito di parlare che il Palasharp di Milano si è cominciato a svuotare. Nessun pienone sin dall’inizio. Quattromila persone arrivate al comizio diminuite nel corso dell’intervento del premier. Dopo quasi un’ora del suo intervento molti hanno lasciato il palazzetto. Quando il premier ha iniziato il solito attacco alla magistratura e ai giudici di Milano, si sono svuotati rapidamente gli spalti e la parte centrale, ancora gremita invece la zona di fronte al palco. Quella occupata dai membri del governo, sottosegretari, coordinatori del partito e candidati. La capienza del palazzetto era ridotta rispetto al solito, visto che alcuni tendoni hanno escluso quattro ordini di poltrone, mentre il palco è stato spostato più avanti.

Un discorso a tutto campo quello di Berlusconi, che prende la parola subito dopo Letizia Morattie attaccare sinistra e magistratura, definendo i pm di Milano un “cancro da levare”. Il suo comizio a sostegno del sindaco uscente viene interrotto per ben due volte da contestazioni. A un ragazzo che gli ha urlato contro, il premier ha risposto dal palco: ”A noi liberali non passerebbe per la testa di disturbare una comunicazione di un leader della sinistra. E’ la dimostrazione di quanto siete illiberali”. Un signore di circa sessant’anni poi ha gridato “ladri” durante l’intervento del premier. Sono subito intervenuti gli uomini della sicurezza che l’hanno preso di peso, sollevato e trascinato fuori dal Palasharp. Una volta dietro le tende nere gli agenti hanno spinto a terra l’uomo e lo hanno circondato. Ci sono state grida e attimi di tensione fino all’intervento di alcuni carabinieri che hanno fatto sedere l’uomo. Anche un giornalista di La 7 è stato strattonato e allontanato, forse perché scambiato per il contestatore a cui si stava avvicinando.

Appena ha iniziato a parlare dal palco, Berlusconi ha attaccato la sinistra. “Letizia dice la sinistra ha troppe anime? Beh, io di anima non parlerei proprio”. E sul voto che ci sarà fra una settimana il Cavaliere ha commentato: ”Se per caso il presidente del Consiglio prende meno di 53mila preferenza (preferenze avute nel 2006, ndr), tutta la sinistra gli fa il funerale”. E con questa battuta, ha invitato a votare il suo nome nella scheda per le comunali milanesi. In precedenza erano state distribuite circa duemila fac simili di schede elettorali: su tutte l’istruzione di votare Silvio Berlusconi, non Letizia Moratti.

Berlusconi ha parlato dei giornali: “Guardo la rassegna stampa e me ne frego e continuo a fare ciò che è giusto. Devo essere un po’ malato – dice ironizzando -. Con la rassegna stampa che mi consegnano dovrei avere una piva che non finisce più, invece io me ne frego”. Il premier ha poi nominato il candidato del centrosinistra Giuliano Pisapia: ”Uno che fino al ’98 pensava che fosse giusto rifondare il comunismo. E ce lo vorrebbero rifilare come sindaco, penso sia una cosa da pazzi”. Soprattutto considerando, dice Berlusconi, che “con Letizia Moratti, Guido Podestà e Roberto Formigoni, Milano e la sua Regione hanno toccato i più alti livelli di buon governo in Italia”. Una vittoria di Pisapia sarebbe rischiosa perché ”la sinistra vuole solo far nascere templi musulmani ovunque, ma noi crediamo che non è giusto costruire moschee qui quando nei loro paesi d’origine non si può neppure costruire una chiesa”. E ancora: ”Il programma della sinistra è più tasse per tutti”, a partire dalla patrimoniale. “Ma noi non lo possiamo permettere, in uno Stato libero”, no “finché avremo responsabilità di governo”.

Il presidente del Consiglio ha anche rivolto una serie di domande al pubblico, ognuna seguita da un coro di “no”. Ai sostenitori Berlusconi ha anche chiesto: “Volete voi la dittatura delle toghe rosse?”. Poi l’attacco all’uso delle intercettazioni: il fatto che un cittadino possa vedersi “violato” il sacrosanto diritto alla privacy nelle conversazioni telefoniche, “non è un Paese davvero democratico e libero e quindi noi dobbiamo far viaggiare velocemente la legge che modifica le intercettazioni in Parlamento”. Parole dure anche contro magistratura e Consulta, definita “prona alle richieste dei pm di sinistra, che impugnano le leggi che non gli garbano e le portano davanti alla Corte Costituzionale che ha 11 giudici di sinistra e 4 di centrodestra, grazie a un susseguirsi di Presidenti della Repubblica espressione della sinistra”. E sui pm di Milano ha parlato di “cancro che bisogna assolutamente levare” e ha bollato come “eversiva” la loro azione.

Quella italiana è secondo il Cavaliere una “democrazia malata, visto che la Costituzione dice che la sovranità appartiene al popolo”, ma poi alla fine a decidere sono i giudici di sinistra che con l’aiuto della Corte Costituzionale abroga tutte le leggi che non vuole. Da qui la necessità di portare avanti alcune riforme. Come quella della giustizia. Tra le proposte, ”nel Consiglio Superiore della Magistratura ci saranno laici e magistrati estratti a sorte tra i 9 mila magistrati italiani”. Da modificare, secondo Berlusconi anche la composizione del Parlamento: ”Subito dopo le amministrative, questo è il mio suggerimento, partirà una legge di iniziativa popolare per ridurre almeno alla metà il numero dei nostri parlamentari”.

Il premier ancora una volta ha detto di avere salvato il Paese dal comunismo nel ’94 e ha affermato che il voto a Milano ”sarà la spinta più forte al governo e alla maggioranza e quindi avrà valenza per Milano e per l’Italia”. Il suo discorso si è concluso sulle note di “Meno male che Silvio c’è”.

All’evento al Palasharp ha assistito tutto l’establishment del Pdl lombardo. Il coordinatore regionaleMario Mantovani, ha aperto nominando uno a uno i presenti, da Lupi alla Ronzulli, e ha poi invitato tutti i candidati alle Comunali a salire sul palco. Unico assente Roberto Rassini, indagato per i manidesti “fuori le br dalle procure”: lui non si è presentato perché invitato dai coordinatori nazionali La Russa e Bondi a non presentarsi. In compenso, nelle prime file, vicino a Daniela Santanchè, sedeva Tiziana Maiolo, braccio destro di Lassini. Organizzazione militarizzata fin da subito, quella del Palasharp. I sostenitori arrivati con i pullman dalla Liguria e da altre regioni del Nord, ai cancelli hanno incontrato i banchetti del Pdl in cui venivano distribuite magliette, mani di plastica per applaudire, penne, foulard azzurri e bandiere. In tutto sono stati distribuiti circa tremila gadget, dicono gli organizzatori.




Grillo a Bologna: “Rovineremo i giochi a tutti” Il VIDEO del comizio in piazza Maggiore


"Merola? E chi è? Conosco un cantante che si chiama così". "Voi giornalisti mi parlate di ballottaggio? Dovete vergognarvi". "E' l'ora di finirla con le spartizioni". "Sono tutti d'accordo, sono Coop rosse o altro?". "Oggi siamo in guerra e dobbiamo scegliere noi tra democrazia e partitocrazia"

Grillo non salva nessuno. Come in un videogioco. Solo che invece di arrivare a Bologna su un mezzo corazzato, pedala insieme al candidato sindaco del Movimento 5 Stelle Massimo Bugani e al consigliere regionale Giovanni Favia e Andrea Defranceschi. Sono tutti e tre su un risciò, qualche minuto prima delle 16, quando fanno il loro ingresso in piazza del Nettuno. Accanto, in piazza Maggiore, li attende il comizio, l’ultimo, di fronte a 15 mila persone. Poi il prossimo passaggio sarà nelle urne, con le elezioni amministrative del prossimo week end.

Ma prima di scendere e iniziare con il comizio, Grillo se la prende con due obiettivi: con il “palazzo” e con i suoi uomini da un lato e con i giornalisti. “Dovete vergognarvi”, sbotta quando gli viene posta una domanda sul ballottaggio. “Perché parlate di ballottaggio? Che cos’è il ballottaggio? Ma perché siete così ristretti nel vostro vocabolo? Noi stiamo cercando di cambiare generazioni che fanno politica”.

“Guardateli”, dice indicando i suoi referenti bolognesi, “sono giovani e incensurati. Trovarne di incensurati è stato un dramma. Io non rispondo a domande senza senso perché non abbiamo identità politica, per adesso siamo un programma buono che ci hanno copiato tutti”.

Eccola, l’antipolitica Grillo style, funzionale al passaggio alla politica vera e propria, quella che parla ai cittadini. E qua l’alzo zero è contro le stanze dei bottoni e coloro che le occupano, anche a livello locale e a iniziare al Partito Democratico, diventato nel linguaggio del comico genovese il “pd meno elle”. “I candidati a sindaco di Bologna? Non so chi siano. Conosco un cantante che si chiama Merola. Ma poi che dire? Sono tutti d’accordo: sono coop rosse o sono Impregilo, sonocemento, posteggi, supermercati, automobili. Arrivano, fanno raggruppamenti, fanno schede finte, liste finte, si accordano, partiti che vanno con il Pd perché sanno già che gli daranno tre consiglieri. Sono i famosi captive. In economia sono quelle aziende che lavorano per un’azienda sola. Sei fornitore della Fiat? E se la Fiat va male e decide di cambiare fornitore, tu hai chiuso e non hai mercato. Allora questi radicali, la sinistra, i socialisti, i verdi: tutta questa gente non ha più mercato e si accorda con il Pd senza che si riesca più a capire che cosa sia”.
Ok, ma la formula per cambiare Bologna? “Non lo so e non vengo a dirvi come dovete fare a Bologna, lo diranno loro che ci abitano. È questa la grandezza: loro verranno votati dai cittadini bolognesi perché sono cittadini bolognesi”.

E poi avanti con i progetti che potrebbero diventare anche a Bologna oggetto di pratica amministrativa. “Siamo già in 30 Comuni con 32 consiglieri in città importanti. Non lo sa nessuno. Abbiamo già fatto dei progetti per la raccolta differenziata a Treviso, sull’energia idroelettrica per riattivare i fiumi sotterranei e Bologna ne è piena. Sappiamo comeelettrificare il traffico senza tram che vanno su gomma o mongolfiere su rotaie. Già con l’ibrido si potrebbe far funzionare il traffico pubblico con una fettuccia messa sull’asfalto, senza troller o fili sopra. Quando cambi itinerario sposti solo la striscia. Queste sono cose che abbiamo già in mente e che sono già state fatte. E poi ancora il car sharing o il telelavoro, il wi-fi in tutte le piazze pubbliche, l’efficienza degli edifici comunali. Questi sono progetti che prenderanno tutti. Ci hanno già copiato e siamo entusiasti che ci stiano copiando”.

Ma a questo punto, forse, si sta già parlando di politica, senza “anti”. E qua, quasi con un sospiro, Grillo afferma: “La politica è un passaggio successivo. Però io non sono in grado, non sono un politico, sono un comico”.

E da comico corre sul palco e inizia ad inanellare battute e stoccate a destra e sinistra: “Noi qui saremo poco più di duecento” scherza Grillo, riferendosi alla poca attenzione mediatica che a suo avviso gli viene offerta. “Sto girando l’Italia – continua – la gente mi abbraccia, non so cosa stia succedendo. È partito tutto da questa città e da questa piazza, con il V-Day del 2007”.

Arringa la folla con temi cari al suo Movimento, i soldi pubblici e la partitocrazia: “i partiti si dividono un miliardo di euro, vivono di soldi, la politica è soldi. Vanno sui tetti per essere solidali con operai e cassintegrati, ma nessuno ha donato a loro del denaro: rimborsi elettorali per la ricerca, per gli operai e per le scuole”. “L’unico vero referendum – continua – è quello dei nostri padri che hanno scelto fra monarchia e repubblica. Oggi siamo in guerra, e siamo noi a dover scegliere fra democrazia e partitocrazia”.

Si ferma un attimo: “devo calmarmi altrimenti mi viene un infarto. Ma a me chi lo fa fare di girare con un camper a presentare questi ragazzi? Quante possibilità di farcela hanno, con 4 mila euro per la campagna elettorale?” domanda alla piazza, che risponde con un boato.

Anche il presidente della Regione Emilia Romagna subisce un attacco dal comico genovese, a causa di una legge del 2004 che vieta più di due mandati consecutivi per i presidenti di Regione. Norma che interessa proprio Vasco Errani, ma anche il presidente della Lombardia, RobertoFormigoni. “E questo accade perchè le regioni non hanno recepito la legge nazionale. Nessuno dice nulla, nessuno ha alcun interesse a farlo”.

Poi si rivolge direttamente alle tante persone assiepate in piazza: “Voi è quarant’anni che aspettate che qualcuno faccia qualcosa. Mettete una croce sul simbolo e state a guardare. Ma con noi è diverso, siete voi ad essere attivi. Con pochi soldi, grazie alla Rete, perchè la politica senza denaro diventa una cosa meravigliosa”.

Prende il fiato per il finale: “Voglio cambiare questo Paese. Questo è il momento di mandarli a casa. Non abbiamo più nulla da perdere. Questi sono giovani, non hanno esperienza è vero, non sanno rubare, truccare bilanci, non sanno instaurare rapporti con la mafia. La loro inesperienza è il nostro valore aggiunto”.

I grillini vengono poi presentanti uno ad uno. È il turno del candidato sindaco del Movimento Cinque Stelle, Massimo Bugani: “con 4 mila euro è dura fare campagna elettorale, ma grazie a questi ragazzi è più facile”. “Siamo qualunquisti – continua – o lo sono gli altri?” e via ad elencare tutti i progetti portati avanti nel corso degli ultimi anni e le idee per il futuro. “Ogni sei mesi domanderemo ai cittadini se il nostro lavoro gli va bene. Se diranno di no, saremo pronti alle dimissioni”. Giovanni Favia, invece, loda i ragazzi del Movimento, “veri combattenti che vogliono riprendersi Palazzo D’Accursio”.

Grillo prende nuovamente il microfono in mano, ma questa volta solo per una raccomandazione: “Per favore, lasciamo pulita la piazza, raccogliete tutto. Ve lo dico perché questo spazio verrà lasciato a gente (il comizio di Vendola alle 21, nda) che non sappiamo che cosa possa fare”.

di Antonella Beccaria, Nicola Lillo e il video di Giulia Zaccariello

Annozero 05/05/2011 part. 4




Marcegaglia denunciata per condotta antisindacale


Manodopera a basso costo assunta attraverso una società terza, creata apposta per aggirare l’accordo sul salario di ingresso: questa l'accusa del sindacato. Mercoledì è attesa la decisione del giudice

Manodopera a basso costo assunta attraverso una società terza, creata apposta per aggirare l’accordo sul salario di ingresso. Così laMarcegaglia spa, azienda metallurgica di proprietà dell’omonima famiglia (quella della leader di Confindustria), avrebbe violato l’articolo 28 dello statuto dei lavoratori, incorrendo nellacondotta antisindacale. A denunciarlo è laFiom-Cgil di Ravenna, che nei giorni scorsi ha fatto ricorso al tribunale di Ravenna contro l’acciaieria. La prima udienza era prevista per ieri mattina, ma il giudice del Lavoro, Roberto Riverso, ha ritenuto opportuno rinviarla a mercoledì prossimo per ascoltare altri testimoni.

“La decisione della Fiom Cgil di presentare ricorso al giudice del lavoro per
violazione dell’articolo 28 dello Statuto dei lavoratori – spiega il segretario
provinciale della Fiom, Milco Cassani – non è una risposta all’accordo che la
Fiom di Ravenna non ha firmato nei giorni scorsi, piuttosto la definirei
un’azione inevitabile per un sindacato serio che non può tollerare il
 comportamento che la Marcegaglia ha attuato e dichiarato a partire da novembre scorso, portando dentro all’aziendamanodopera a basso costo, grazie al mancato riconoscimento del contratto aziendale per quei lavoratori”.

Facciamo un passo indietro per ricostruire la vicenda. A fine 2010, l’azienda ha annunciato che avrebbe assunto 200 lavoratori, di cui 100 a Ravenna. Così, nello stabilimento di via Baiona si è aperta la consultazione interna con le rsu per trovare un accordo sul salario di ingresso. Ma prima ancora che l’accordo fosse raggiunto, la Marcegaglia ha fatto entrare in azienda 40 lavoratori attraverso un’altra società: la Nuova Inde. “Non essendo soggetta al contratto aziendale, questa società ha potuto fare assunzioni ai minimi contrattuali – spiega Cassani – ma di fatto, questi lavoratori erano dipendenti a tutti gli effetti della Marcegaglia. Tant’è che dopo il raggiungimento dell’accordo sono stati assunti dall’acciaieria”.

Ma chi c’è dietro la Nuova Inde? Dalla visura camerale risulta che si tratta di una srl creata il 15 ottobre 2010 (cioè poco prima dell’annuncio delle assunzioni), con un capitale sociale di 10.000 euro (il minimo necessario per costituire una srl), e il manager Fabio Londero nel ruolo di amministratore unico. La sede legale è a Buttrio (Udine), in via Nazionale 41: la stessa sede delle officine meccaniche del gruppo Danieli, “una società che lavora insieme alla Marcegaglia”, come rivela il leader delle tute blu ravennati. Allora, “è chiaro che si tratta di una società creata ad hoc per coprire le assunzioni, cioè per parcheggiare i lavoratori in attesa dell’accordo sul salario d’ingresso. Ma così è stata depotenziata l’attività sindacale – prosegue Cassani – infatti, che senso ha aprire una trattativa da una parte, e procedere con l’assunzione dall’altra? Perché di fatto, queste persone lavoravano in azienda, ce le ritrovavamo nella produzione”. Da qui il ricorso per attività antisindacale, ora al vaglio del giudice.

L’accordo sul salario d’ingresso raggiunto lo scorso 12 aprile, invece, è un’altra storia – non meno amara per la Fiom. A differenza di quanto stabilito dal contratto aziendale, infatti, Marcegaglia ha ottenuto di assumere nuovo personale attraverso un contratto di apprendistato con salario ridotto (circa 350 euro in meno al mese). “Chi entra adesso ci metterà circa sei anni e mezzo per raggiungere lo stipendio pieno. Un tempo che va ben oltre l’apprendistato”, afferma Landini. L’accordo è stato firmato da alcuni delegati Fiom, ma non dalla segreteria del sindacato.

Elena Boromeo




Spiagge in concessione, imprenditori balneari esultano. I giuristi: “Decreto incostituzionale”



Piace ai gestori il nuovo dl che concede ai privati il diritto di superficie sul demanio marittimo per 90 anni. "Un bene di diritto pubblico" però, secondo gli esperti di diritto ambientale. E anche l'Ue ha espresso parare contrario

“E’ quello per cui ci battiamo da sempre. Quelle strutture sono nostre, per quelle abbiamo fatto tanti sacrifici rispettando la legge. E questo provvedimento di sdemanializzazione è sacrosanto”. Così Giuseppe Ricci dell’ITB (Associazione Imprenditori Turistici Balneari) commenta il nuovo decreto del Consiglio dei Ministri che istituisce il diritto di superficie concesso ai privati per 90 anni sul demanio marittimo e la reazione negativa dell’Unione Europea. ‘Sdemanializzazione‘, dice Ricci, perché di questo in realtà si tratta. Ma le cose forse non saranno così semplici. ”Andare contro le decisioni che ci impone l’Europa è incostituzionale, visto che l’articolo 11 ci impone di adempiere agli obblighi comunitari” spiega l’avv. Stefutti, esperta di diritto ambientale. “Ed è chiaro che, con questo provvedimento, andiamo contro tutte le raccomandazioni, vincolanti, che la Commissione ci ha dato quando ha aperto la procedura di infrazione contro di noi. Con questo atto, invece di riparare agli errori aggraviamo il contenzioso con l’Europa”.

Ci dicono che siamo fuori della legge e noi, per tutta risposta, ne usciamo ancora di più. Ma altri profili di incostituzionalità li intravede anche il prof. Paolo Dell’Anno, professore di diritto dell’ambiente alla Bocconi. ”Il demanio marittimo è da sempre considerato un bene indisponibile e sottoposto al diritto pubblico; applicarvi un diritto di superficie significa portarlo sotto un regime privatistico. Si andrebbe così a violare l’art 42 della Costituzione perché si trasforma la proprietà pubblica in privata; si sdemanializza e si privatizza senza seguire le procedure previste dalla legge. E soprattutto l’interesse pubblico, il fulcro delle concessioni demaniali, di colpo sparisce”. In pratica, per venire incontro alle richieste dei balneari che chiedevano solo un allungamento delle concessioni, opzione bloccata dalla Ue, si stabilisce che il demanio non c’è più, o meglio, rimane, ma solo formalmente.

Il provvedimento, infatti, lascia aperta la porta a tante opzioni. Vi leggiamo infatti: “Il diritto di superficie si costituisce sulle aree inedificate formate da arenili, con esclusione in ogni caso delle spiagge e delle scogliere”. Ecco perché il ministro Tremonti può affermare che le spiagge resteranno pubbliche, perché il decreto le esclude formalmente. Ma cosa sia arenile e spiaggia, dove inizi uno e finisca l’altra, lo lasceranno stabilire alle regioni. Ma questo per le aree ancora vergini. Dove invece è già stato costruito, si tratti di spiaggia, arenile o scogliera, praticamente dappertutto, qualunque sia la destinazione d’uso, il diritto di superficie si applica senza problemi. Chiunque abbia già costruito anche sulla spiaggia stia tranquillo, nessuno glielo toglierà più fino al tempo in cui lo gestiranno i suoi bisnipoti. E chi non ha ancora costruito non si preoccupi, a breve potrà farlo pure lui.

“Stiamo preparando una memoria per il Presidente della Repubblica che a breve dovrà decidere se firmare questo decreto”, aggiunge Angelo Bonelli, leader dei Verdi. “Speriamo che questa follia legislativa non esca autorizzata dal Quirinale”. Un provvedimento che sembra un pozzo di San Patrizio, più lo esamini a fondo più sorprese rivela. “Spesso ho usato toni duri contro i provvedimenti di questo governo” dichiara Massimo Donadi dell’IdV, “ma oggi sono senza parole, sono sgomento davanti a quello che vedo. Al tentativo di smantellare pezzo per pezzo lo stato italiano”. Nell’incipit del provvedimento un diritto viene però preservato: “Fermo restando, in assoluto, il diritto libero e gratuito di accesso e fruizione della battigia…”. Dopo aver privatizzato la spiaggia pubblica, verrà concessa ai vecchi proprietari, i cittadini, una servitù di passaggio per arrivare al mare. L’ultimo brandello di quella che una volta era “res publica”.

di Emilio Casalini