domenica 27 novembre 2011

«Vi racconto perché Bossi è prigioniero di Berlusconi». - di Marco Sarti



Umberto Bossi vuole le elezioni? Alla fine dovrà fare quello che gli dice Silvio Berlusconi. Anche perché già da qualche anno il simbolo della Lega Nord appartiene al Cavaliere». La storia non è nuova. Un’indiscrezione che gira da tempo a Palazzo: nel 2005 il premier avrebbe finanziato il Carroccio, a un passo dalla bancarotta. In cambio, avrebbe chiesto e ottenuto la titolarità del logo del partito. Lo «spadone» di Alberto da Giussano. A confermare la vicenda è Rosanna Sapori, già consigliere comunale della Lega, membro del direttivo provinciale di Bergamo e, soprattutto, (ormai ex) celebre giornalista di Radio Padania Libera. «Nessuna invenzione - spiega la diretta interessata - l’ho detto più volte, anche in tv. E finora nessuno si è mai permesso di smentirmi». E dire che fino a pochi anni fa Rosanna Sapori e Umberto Bossi erano grandi amici. «Con lui - continua la giornalista - ho sempre avuto un rapporto bellissimo. Una relazione che, a differenza di altre donne all’interno della Lega, non aveva alcuna implicazione sessuale». Il legame tra i due termina nel 2004, quando Rosanna viene cacciata da Radio Padania. Alla base di quella epurazione, racconta lei, ci sarebbe proprio il legame con il Senatur. «La nostra amicizia aveva creato molta invidia a via Bellerio. Non è un caso che mi licenziarono proprio durante la sua malattia». Nonostante tutto, Rosanna Sapori conserva un ottimo ricordo del leader della Lega: «Nella vita di tutti i giorni non era mica quello di Pontida. Lì recitava un ruolo: urlava e le sparava grosse perché la gente lo voleva così. Ma lui era tutt’altro. Una persona furba e capace. Con una enorme lungimiranza. Figurarsi che già sei anni fa odiava Gianfranco Fini. A Berlusconi lo diceva sempre: “Vedrai che questo qui prima o poi ti tradirà”». Un politico di razza, insomma. Ma anche un padre padrone. «Era un profondo conoscitore della psiche umana e del linguaggio del corpo. I suoi erano terrorizzati. Se ne prendeva di mira uno, lo massacrava. Lo insultava, lo umiliava. Godeva nel vederli prostrati davanti a lui». La presunta compravendita del simbolo? A sentire la Sapori, i problemi per la Lega iniziarono con la creazione di Credieuronord. «Per carità - rivela la giornalista, che ha raccontato questa vicenda nel libro “L’unto del Signore” di Ferruccio Pinotti - probabilmente quell’istituto di credito è nato con tante buone intenzioni. Anche se Bossi non ci ha mai creduto più di tanto». In realtà, in quegli anni il maggior sponsor di Credieuronord è proprio il Senatur. È Bossi a scrivere una lettera in cui invita i vertici del partito a sottoscrivere le quote della banca. «Sarà - continua la Sapori - ma lui in quel progetto ci mise solo 20 milioni di lire. Calderoli, per esempio, investì 50 milioni. Ricordo che molti parlamentari, anche per paura di non essere più ricandidati, ci buttarono un sacco di soldi». Il sogno bancario della Lega sfuma in poco tempo. Il bilancio 2003 dell'istituto di credito si chiude con 8 milioni di perdite. Nello stesso anno, un’ispezione di Bankitalia fa emergere il dissesto. «A quel punto Bossi, che forse aveva perso il controllo della banca - continua la Sapori - chiamò Giancarlo Giorgetti, suo confidente in materia finanziaria. Lo ricordo benissimo. Gli chiese: “Fammi capire cosa sta succedendo”. Giorgetti si recò nella sede della banca, a due passi da via Bellerio, entrò e non ne uscì per una settimana. Quando portò i conti a Bossi, gli disse molto chiaramente che rischiavano di andare tutti in galera». Misteriosamente, la Lega trova una via d’uscita. Nel 2005, la Banca Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani interviene per rilevare Credieuronord. E Silvio Berlusconi cosa c’entra in tutta questa storia? «Fu lui a permettere l’intervento di Fiorani - spiega la Sapori -. In ogni caso i conti dissestati della Lega non derivavano mica solo dalla banca. C’erano già i problemi finanziari dell’Editoriale Nord, l’azienda cui facevano capo la radio, la tv e il giornale di partito. Il primo creditore di Bossi, poi, era proprio il presidente Berlusconi. Le innumerevoli querele per diffamazione che gli aveva fatto dopo il ribaltone del ’94, le aveva vinte quasi tutte. La Lega era piena di debiti. Si era imbarcata in un’interminabile serie di fantasiosi e poco redditizi progetti come il circo padano, l’orchestra padana. Non riuscivano a pagare i fornitori delle manifestazioni. Ricordo che allora erano sotto sequestro le rotative del giornale e i mobili di via Bellerio». Così, secondo il racconto della Sapori, il Cavaliere decide di ripianare i debiti del Carroccio. Facendosi dare, in cambio, la titolarità del simbolo del partito. «Glielo suggerì Aldo Brancher - ricorda la Sapori -. La titolarità del logo di Alberto da Giussano era di Umberto Bossi, della moglie Manuela Marrone e del senatore Giuseppe Leoni. Furono loro a firmare la cessione del simbolo. È tutto ratificato da un notaio». E aggiunge: «Fini questa storia la conosce benissimo - taglia corto la Sapori -. Qualche anno fa lui e il premier si incontrarono a cena a Milano. C’erano anche altri parlamentari del centrodestra. Quando qualcuno si lamentò del comportamento della Lega, il Cavaliere si alzò in piedi e annunciò: “Non preoccupatevi di Bossi, lui non tradirà più. Lo spadone è mio”». Secondo indiscrezioni, il simbolo del Carroccio costò a Berlusconi circa 70 miliardi di lire. Sulla cifra, però, Rosanna Sapori non si espone. «So solo che il Cavaliere tolse le querele, si preoccupò di salvare la banca. Ma non saldò tutto con un unico versamento. Non gli conveniva. Decise di pagare a rate.

Berlusconi: con Lega siamo uniti Calderoli: l'alleanza non c'è più.



Verona - (Adnkronos/Ign) - Il leghista all'Adnkronos replica alle parole dell'ex premier: "Ora c'è alleanza solo locale, per future intese dipenderà da come si comporta il Pdl in aula". Il Cavaliere al convegno dei Popolari liberali: "Pronti per le elezioni ma io resterò dietro le quinte". Acclamato dal pubblico, aggiunge: "Raddoppierò l'impegno, stiamo già lavorando per diffonderci capillarmente in tutta Italia".


Verona, 27 nov. (Adnkronos/Ign) - "Non so se la campagna elettorale sarà lunga, però dobbiamo essere pronti. E io lavorerò dietro le quinte". Lo ha detto l'ex premier Silvio Berlusconi al termine del suo intervento che ha concluso il quinto convegno nazionale di Liberali Democratici di Carlo Giovarnardi a Verona.
Un intervento breve che ha riscosso calorosi applausi dalla platea. Come tanti sono stati gli applausi che lo hanno accolto al suo ingresso all'hotel Leon d'Oro, accompagnato dal segretario nazionale del Pdl Angelino Alfano: una volta in sala, oltre agli applausi, si è sollevato un coro: 'Silvio, Silvio, Silvio'.
Poi ha esordito: "Dobbiamo continuare a combattere per la libertà". L'ex premier ha quindi sottolineato le ragioni dell'impegno che lo vede in politica dal 1994: "Non volevamo che il Paese cadesse nelle mani di coloro che nel profondo erano e sono rimasti comunisti".
"Il comunismo -ha detto, fra l'altro, Berlusconi- è stato la tragedia più disumana nella storia dell'uomo e per questo noi siamo e resteremo in campo. Vogliamo vivere in un Paese democratico e libero e lo faremo con tutte le nostre forze sulla base dei valori che sono gli stessi della Carta del Ppe".
Berlusconi nel suo intervento ha anche ringraziato Angelino Alfano: "Sono davvero felice ogni volta che ti ascolto, ogni giorno, perché per me è una certezza: per la vittoria che dobbiamo conseguire siamo in ottime mani".
E alla folta platea Berlusconi ha assicurato: "Voglio garantirvi il mio impegno: raddoppierò l'impegno per l'organizzazione della nostra forza politica. Stiamo già lavorando per diffonderci capillarmente in tutta Italia, per stabilire anche grazie alla rete un contatto quotidiano con gli italiani, per scrivere il programma che è frutto del lavoro di questi ultimi dieci anni".
E il Cavaliere è quindi tornato a sottolineare che "i nostri valori sono i valori che fanno il bene dell'Italia, mentre dall'altra parte non c'è stata una evoluzione democratica che faccia del Pd di oggi un partito veramente democratico. Sono gli stessi di quando Bersani era il presidente della Regione Emilia Romagna e ribadiva i valori dell'Unione sovietica". Per questo, ha proseguito Berlusconi, "noi abbiamo il dovere di continuare a combattere per la nostra libertà che è il primo dei nostri diritti e dentro il diritto di libertà ci sono tutti gli altri".
Quanto all'alleanza con la Lega, Berlusconi ha assicurato che "è solida e non può assolutamente essere resa più debole con questi ultimi accadimenti e con il governo dei tecnici: i motivi dello stare insieme sono importanti e direi decisivi per il futuro del paese". E ha aggiunto: "Saremo certamente alleati anche alle prossime amministrative".
Poco dopo arriva, però, la replica del leghista Roberto Calderoli che con l'Adnkronos ha commentato: "Davvero ha parlato di alleanza? L'alleanza a livello nazionale non può essere solida perché non esiste più".
Raggiunto al telefono, il coordinatore delle segreterie della Lega ha spiegato che "l'alleanza esiste al livello del territorio, dove siamo al governo insieme". Per l'ex ministro della Semplificazione, dunque, l'avvenire è tutto da scrivere.
"Rispetto invece a un discorso di tipo nazionale o a future intese -ha fatto osservare - tutto dipenderà dal comportamento in aula del Popolo della libertà. E se in tale sede le distanze tra noi dovessero risultare confermate, è impossibile pensare a qualcosa in comune".



http://www.adnkronos.com/IGN/News/Politica/Berlusconi-con-Lega-siamo-uniti-Calderoli-lalleanza-non-ce-piu_312689336706.html

ECCO COME 10 ANNI DI GOVERNO BERLUSCONI HANNO DISTRUTTO L'ITALIA: TUTTI I DATI,GRAFICI E TABELLE.



10 anni di governo Berlusconi, dovevano essere gli anni della "Rivoluzione liberale", del "Meno tasse per tutti" e del "Nuovo miracolo italiano". Sono stati 10 anni di fallimenti, sotto ogni punto di vista. Sfiga, ignoranza, incapacità, o tutte e tre le cose messe assieme, sta di fatto che il baratro si spalancava sempre con il Cavaliere al potere. E i grafici qui sotto riportati lo dimostrano.










Altri grafici nel link più sotto riportato

http://www.free-italy.info/2011/11/ecco-come-10-anni-di-governo-berlusconi.html

“Piano dell’Fmi per salvare l’Italia” Ma a rischio è la sopravvivenza dell’euro.



Il Fondo monetario internazionale sarebbe pronto a prestare 400-600 miliardi al nostro paese a tassi inferiori a quelli di mercato. Così Monti avrebbe "12-18 mesi" per varare le riforme. Ma un altro progetto segreto di Francia e Germania punterebbe a creare un'eurozona "di serie A" riservata ai paesi più solidi, nel tentativo di salvare la moneta unica.


Il direttore dell'Fmi Christine Lagarde
Un piano segreto dell’Fondo monetario internazionale per salvare l’Italia, con uno stanziamento di circa 600 miliardi di euro da prestare al nostro paese a un tasso inferiore a quello che lo Stato è ormai costretto a pagare per Bot e Cct, in tempi di spread e tassi d’interesse impazziti che mettono a rischio la sopravvivenza stessa dell’euro, una prospettiva già all’esame delle grandi banche internazionali, come ha scritto il New York Times. Lo svela La Stampa di oggi, in un articolo di Maurizio Molinari. Secondo La Stampa, l’Fmi non ha ancora cominciato le ispezioni in Italia, annunciate al G20 di Cannes, perché il direttore Christine Lagarde “vuole dare tempo a sufficienza a Mario Monti per varare le riforme, riservandosi la possibilità di aiutarlo con un programma di aiuti finanziari che potrebbe arrivare a valere fino a 600 miliardi di euro”. Italia come Islanda, Portogallo e Grecia, paesi che hanno già beneficiato dell’intervento economico dell’organizzazione.

L’Fmi offrirebbe all’Italia denaro a condizioni migliori rispetto ai tassi del 7-8 per cento registrati negli ultimi giorni nel mercato dei titoli di Stato, in modo che Monti, sollevato dalla pressione quotidiana sul debito, abbia “12-18 mesi di tempo per varare le necessarie riforme”. L’Fmi presterebbe all’Italia una cifra compresa tra i 400 e i 600 miliardi di euro a un tasso “fra il 4 e 5 per cento”, scrive ancora La Stampa. Gli aiuti dell’Fmi furono respinti da Silvio Berlusconi al vertice di Cannes, poco prima delle sue dimissioni da premier, ma da allora la situazione è peggiorata. Ora la Germania, con un premier più credibile in Italia e la garanzia del Fondo monetario alle spalle, sarebbe più disponibile a un maggiore impegno della Banca centrale europea in soccorso dell’Italia.

Ma neppure con l’aiuti dell’Fmi Mario Monti è in condizioni di prendersela (relativamente) comoda. Perché a rischio non c’è soltanto l’Italia, ma l’esistenza stessa della moneta unica. L’8 dicembre è in programma una riunione del Consiglio europeo in vista del quale, secondo indiscrezioni del giornale tedesco Bild, Francia e Germania avrebbero messo a punto un piano segreto per formalizzare un’eurozona ristretta ai paesi più solidi, che si reggerebbe su vincoli di bilancio più stretti di quelli attuali. Per quella data, i partner europei pretendono di vedere già qualche provvedimento concreto del governo italiano, messo nero su bianco. In caso contrario l’Italia scenderebbe nella “fascia b”, perdendo contatto con l’asse franco-tedesco. Una prospettiva che Monti vuole assolutamente evitare.

Fare in fretta è ormai la parola d’ordine. Condivisa da Giuliano Amato, che su Il Sole 24 Oreracconta di “studi legali che già predispongono la conversione in valute nazionali dei contratti in euro”. Questo per dire che sono ormai in tanti a prendere in considerazione la prossima “disintegrazione” della valuta europea. E, scrive Amato citando l’Economist, “per molti la domanda non è più se accadrà, ma come accadrà. Se per il fallimento di una banca o invece per il fiasco di un’asta di titoli pubblici”. Quale che sia l’occasione, osserva l’ex presidente del consiglio, “è destinata a scaturire dal progressivo esaurimento della liquidità sui mercati europei”.

La responsabiltà del precipitare della situazione, però, è anche di Angela Merkel, scrive Guido Rossi sempre su Il Sole 24 Ore. Che “al vertice europeo di Strasburgo ha bloccato qualunque soluzione ipotizzata per risolvere la crisi, impedendo ulteriori interventi mirati della Bce sui titoli degli Stati membri e negando ogni possibile emissione di eurobond”. Un comportamento che rischia di “tradire” l’Europa così fortemente voluta dal suo predecessore Helmut Kohl.

sabato 26 novembre 2011

Operazione Amnesia. - Marco Travaglio.







Vederlo lì in un baretto fuori dal Tribunale di Milano, solo e abbandonato, nessuno che gli rivolga la parola, gli chieda un autografo o una barzelletta, gli gridi meno male che Silvio c’è, fa tenerezza. Sentirlo rispondere dalla tribuna vip del Milan a una domanda sul fisco “non so, ormai non conto più niente”,  fa quasi pena.  Almeno a chi non lo conosce. L’ultima maschera del Cainano è quella del povero vecchietto innocuo, dell’anziano guitto a fine carriera. Uno da lasciare in pace, anzi da ignorare, perché ora bisogna guardare avanti senza spirito di vendetta, anzi con un pizzico di gratitudine per tutti i sacrifici che ha fatto per noi, non ultime le dimissioni come estremo “atto d’amore per l’Italia”, purtroppo travisate dalla solita “piazza dell’odio”.

L’Operazione Amnesia, simile alla strategia della sommersione adottata da Provenzano dopo le stragi volute da Riina, è una nuova versione dell’eterno “chiagni e fotti”, che presto sfocerà in una campagna elettorale tutta basata su vittimismi vecchi e nuovi: i poteri forti nostrani e forestieri, l’euro, la culona tedesca, il De Funès francese, le solite toghe rosse che si portano su tutto. E infine, quando monterà il malcontento per i tagli del governo Monti, un’agile piroetta per fingere di averlo sempre contrastato e le solite litanie sulla sinistra delle tasse.

Nell’attesa, mentre Angelino Jolie gioca al piccolo segretario vaneggiando di congressi e primarie come se fosse davvero il leader Pdl, il Cainano pensa alla roba sua. Il vicemonti è un clone di Letta, Catricalà, che ha dato buona prova all’Antitrust senza mai vedere il trust Mediaset e conflitti d’interessi collegati, ma in compenso nel 2008 sgominò il cartello dei fornai (la celebre multa di 4. 430 euro all’Unione Panificatori, e non una per ciascuno: una per tutti). Alle Comunicazioni c’è Passera, che di conflitti d’interessi se ne intende, dunque non disturberà il suo. Alla Giustizia c’è la Severino, ex avvocata Fininvest, e non abbiamo ancora visto i sottosegretari (gira persino il nome della signora Iannini in Vespa). La Rai è sempre in buone mani e Minzolingua continua imperterrito a dirigere il Tg1. Tutto come prima, ma con un vantaggio in più: nessun attacco, nessuna polemica, tutto dimenticato. E, se qualcuno si azzarda a ricordare che le dimissioni le ha date proprio per il conflitto d’interessi (i titoli del gruppo colavano a picco, Doris lo chiamò e disse “molla la Lega, pensa alle aziende”, come ha confermato ieri Bossi: “B. s’è dimesso perché l’hanno ricattato con le aziende”),  scatta immediata la litania dei servi: “Ecco, gli antiberlusconiani sanno parlare solo di lui, temono di restare disoccupati”.

Se al “chiagni” provvede l’amnesia generale, al “fotti” ci pensa Mediaset. È notizia dell’altroieril’ennesima causa milionaria di Mediaset contro un giornalista che non si piega: Santoro, che il 1° luglio aveva osato ipotizzare, dietro l’inspiegabile retromarcia di La 7, prima interessata a lui e poi non più, “un intervento esterno per bloccare un terzo polo tv che poteva diventare dirompente per il duopolio Rai-Mediaset”. E a questo intervento esterno aveva dato “un nome e un cognome:conflitto d’interessi. Politico e industriale. Un’azienda, Mediaset, occupa governo, Parlamento, Autorità, Rai e piega tutto al proprio tornaconto”. 



Ora però Mediaset dovrà denunciare anche quel tizio che nel 2000 disse: “Se B. non fosse entrato in politica, noi oggi saremmo sotto un ponte o in galera per mafia”; e nel 2010 aggiunse: “Il conflitto d’interessi ormai è endemico: scegli B. e prendi tutto”. E poi quell’altro che nel 2008, dopo le elezioni vinte da B., dichiarò: “Mediaset l’ha scampata bella, la legge Gentiloni era un pericolo”; e nel 2010, quando Fini chiese la sfiducia al governo B. e Mediaset crollò in Borsa, osservò: “Sull’andamento del titolo la politica pesa più della crisi”. 


Il primo si chiama Fedele Confalonieri, presidente Mediaset. 
Il secondo Piersilvio Berlusconi, vicepresidente Mediaset. 


Diffamatori.


http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/26/operazione-amnesia/173268/comment-page-4/#comment-2677572

Termini Imerese, accordo trovato: mobilità, pensione e incentivi per 640 dipendenti.






Raggiunto l’accordo tra governo, sindacati (Fiom compresa) e Fiat sulla chiusura dello stabilimento di Termini Imerese. I 640 i dipendenti andranno in mobilità verso la pensione. Fonti sindacali spiegano che l’accordo prevede un incentivo complessivo alla mobilità medio di 22.850 euro più l’indennità per il mancato preavviso e il premio fedeltà.

“Abbiamo raggiunto l’intesa con Fiat e con le parti sociali per la dimensione economica degli incentivi che l’azienda erogherà ai lavoratori nel periodo in cui verranno messi in mobilità”, spiega Domenico Arcuri, amministratore delegato di Invitalia, al termine della trattativa iniziata questa mattina al ministero dello Sviluppo economico sul futuro della fabbrica automobilistica siciliana.

“Siamo disponibili a ragionare su cifre inferiori a quelle previste nelle tabelle della Fiat – aveva spiegato Bruno Vitali della Fim Cisl, in una pausa degli incontri al ministero dello Sviluppo economico – siamo disposti a trovare una soluzione, ma stiamo trattando per un accordo. Le cifre di cui si parla sono tra i 25-30 mila euro di incentivi per ogni persona che finirà in mobilità. Se riusciamo a trovare un accordo già oggi, mercoledì prossimo si potrebbe chiudere definitivamente la vicenda dello stabilimento siciliano”.

Alle 12 è terminato il primo incontro tra sindacati e i vertici del ministero dello Sviluppo economico e del Lavoro sull’entità degli incentivi per la mobilità da corrispondere ai lavoratori. Subito dopo, come previsto, è iniziata la riunione con i rappresentanti del Lingotto, giunti poco prima al ministero. “Siamo sempre fiduciosi – ha detto Paolo Rebaudengo, responsabile relazioni industriali di Fiat conversando con i giornalisti -. Ora aspettiamo di sentire cosa dice il ministero”. Secondo quanto trapela, il ministero e Invitalia – anche attraverso riunioni ‘ristrette’ – hanno presentato ai sindacati la disponibilità della Fiat di salire dalla cifra iniziale di 15 milioni di euro per chiudere la trattativa. I sindacati, che inizialmente chiedevano circa 27 milioni di euro, hanno accettato la mediazione del ministero e di abbassare la cifra degli incentivi rispetto alle tabelle storiche di Fiat.

Prosegue intanto il presidio permanente dei metalmeccanici dello stabilimento Fiat di Termini. Le tute blu hanno atteso dei risultati degli esiti del tavolo riunito dal ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera. A Termini, picchetti sono stati organizzati in tutti gli ingressi per impedire che nulla entri o esca, soprattutto il migliaio di Lancia Ypsilon, tenuto ‘in ostaggio’ fino alla firma di un accordo ritenuto soddisfacente per il dopo Lingotto che vedrà protagoniste cinque imprese, con capofila la molisana Dr Motor.



http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/26/termini-imerese-tratta-sugli-incentivi-pensionamento-lavoratori/173352/

Energia alle stelle, 2400 euro a famiglia Confartigianato lancia l'allarme.




A far esplodere il costo energetico, aumentato del 26,5% negli ultimi 12 mesi, l'aumento del prezzo del petrolio attestato a settembre a 108,56 dollari al barile, +143% rispetto all'anno precedente. Ripercussioni sui prezzi dei carburanti, dei trasporti e del gas.


ROMA - La bolletta energetica pesa come un macigno sulle tasche degli italiani. La Confartigianato calcola che a settembre il caro-energia ha toccato la cifra record di 61,9 miliardi, pari al 3,91% sul Pil. In pratica, dice la confederazione, ogni famiglia paga una bolletta di 2.458 euro all'anno.

A far esplodere il costo energetico, aumentato del 26,5% negli ultimi 12 mesi, ha contribuito l'aumento del prezzo del petrolio attestato a settembre a 108,56 dollari al barile (+143% rispetto a marzo 2009).

Inevitabili le ripercussioni sui prezzi dei carburanti, dei trasporti e del gas. E l'Italia - dice la Confartigianato - fa registrare aumenti ben superiori a quelli medi europei. Infatti, tra ottobre 2010 e ottobre 2011, in Italia il prezzo del gas è aumentato del 12,2%, mentre nell'area euro la crescita si è fermata al 10,1%. 

Ad allontanarci dai prezzi medi registrati in Europa è anche l'aumento del prezzo di carburanti e lubrificanti: tra ottobre 2010 e ottobre 2011 la variazione è stata del 17,4%, vale a dire 3,3 punti in più rispetto al 14,1% dell'area euro. In particolare, da novembre 2010 ad oggi, la benzina senza piombo ha fatto registrare un rincaro del 15,3%, mentre il prezzo del gasolio auto è salito, nello stesso periodo, del 22,1%.

Differenze fra Italia ed eurozona anche per il capitolo trasporti: negli ultimi 12 mesi - segnala ancora l'ufficio studi della Confartigianato - i prezzi in Italia hanno mostrato un'impennata del 7,7%, vale a dire 3,2 punti in più rispetto all'aumento del 4,5% dell'area euro. La confederazione mette quindi in evidenza che in alcune zone d'italia i prezzi dei trasporti hanno subito incrementi superiori all'8%: la maglia nera va a Potenza con un aumento del 10,5%, seguono Venezia con il 9,1%, Verbania con il 9%, Trento con l'8,8%, Pescara e Piacenza con l'8,4%, Varese con l'8,1 e Mantova con l'8%.



http://www.repubblica.it/economia/2011/11/26/news/bollette_alle_stelle_2400_euro_a_famiglia_confartigianato_lancia_l_allarme-25630204/?ref=HREC1-2