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mercoledì 30 ottobre 2019

Questa immagine, chiamata Foto 51, è considerata la più importante fotografia di tutti i tempi. Ecco la sua storia. Avvincente. - Mariella Bussolati


La Foto 51, fatta da Raymond Gosling sotto la supervisione di Rosalind Franklin. Wikipedia.

Un quadro astratto, in bianco e nero, un thriller, rivalità professionali, questioni di genere. E la scienza, non la trama dell’ultimo film di Venezia.
La forma che si vede, una serie di strisce incrociate e un po’ fuori fuoco, sembra un’illusione ottica, ma per un gruppo di scienziati è stata una rivelazione che ha portato a un risultato di una enorme importanza, soprattutto se si considera l’influenza che la genetica ha raggiunto nei nostri giorni: è servita a stabilire la struttura del Dna. E’ una foto, in molti concordano sul fatto che sia la più importante mai fatta nella storia.
Foto 51, chiamata così perché era la cinquantunesima che i suoi autori avevano ottenuto, è un’immagine di diffrazione a raggi X di un filamento della proteina genica da cui dipende la trasmissione delle informazioni che controllano lo sviluppo di ogni organismo, il Dna. Venne catturata da Raymond Gosling, uno studente,  ma la sua paternità va attribuita alla scienziata con cui lavorava, Rosalind Franklin, una biochimica inglese esperta in cristallografia e una campionessa assoluta di indagini a raggi x su varie sostanze. E’ grazie a quelle strisce che si è potuto capire che il Dna era fatto di due molecole intrecciate tra loro, una doppia elica.

Rosalind Franklin. National Portrait Gallery
Rosalind Franklin però non è passata alla storia. Al suo posto ci sono invece James Watson, americano, e Francis Crick inglese ma emigrato in America, due biologi molecolariAssieme a Maurice  Wilkins vinceranno il Premio Nobel per la medicina nel 1962, per le scoperte sulla struttura molecolare degli acidi nucleici e il loro significato nel meccanismo di trasferimento dell’informazione genica negli organismi viventi.
Wilkins era un collega della Franklin al Dipartimento di fisica e biofisica del King’s College di Londra. Da subito i rapporti tra i due si erano mostrati tesi. La Franklin era una donna precisa, determinata, innamorata della scienza. Wilkins era un uomo, era il suo superiore, ed era il 1951. A quell’epoca neppure le scienziate più brave potevano credere di essere pari ai maschi. E atteggiamenti paternalistici e maschilisti erano da mettere nel conto. Il direttore del dipartimento, vista la situazione, decise di assegnare ai due due compiti diversi: la Franklin, viste le sue competenze avrebbe studiato la forma A (cristallina) del Dna, Wilkins quella B (paracristallina).
In quegli anni erano molti a inseguire l’obbiettivo di capire come funziona il nostro materiale genetico. I ricercatori usavano già il termine gene per descrivere l’unità base che codifica le informazioni trasmesse da una generazione all’altra. Non sapevano però in che modo questo avvenisse. Nel 1943 Oswald Avery aveva finalmente dimostrato che il Dna portava informazioni genetiche, ma nessuno sapeva in che modo. Tutti pensavano che non fossero gli acidi nucleici, come è il Dna, a svolgere il ruolo principale. Credevano che il gioco dipendesse invece da altre proteine. Tra gli scienziati che stavano lavorando su questi aspetti c’era anche Linus Pauling, famoso chimico americano, vincitore di due premi Nobel. Nel 1952 venne invitato alla Royal Society londinese e avrebbe dovuto incontrare sia la Franklin, che aveva appena fatto la foto 51, che Wilkins. Ma Pauling era un militante contro la guerra e contro le armi nucleari. Il Maccartismo era arrivato e il passaporto gli venne negato. Aveva già capito che probabilmente il Dna era elicoidale e che i gruppi fosfati si trovano all’interno, mentre la basi erano all’esterno. Ma in mancanza di evidenze convincenti, come avrebbe potuto essere la foto 51, aveva immaginato una elica formata da tre stringhe. Watson e Crick si incontrarono al laboratorio Cavendish di Cambridge nel 1951 e decisero di collaborare sulle indagini del Dna nel 1951. Non essendo chimici non facevano esperimenti ma, precursori dei modellatori 3D, si erano concentrati a creare un modello in cartone, asticelle e palline molto simile a quello che li ha resi famosi nella foto passata alla storia relativa alla loro scoperta.
Watson, Crik e il modellino del Dna a doppia elica.
Venne disegnato da un’altra donna, Odile, la moglie di Crick.
Watson, ancora vivo e ormai novantenne, in gennaio ha perso i titoli onorifici per riprovevoli frasi razziste: ha sostenuto infatti che esisterebbero prove scientifiche della differenza intellettiva e cognitiva tra bianchi e neri. All’epoca invece decise di recarsi al King’s college per capire se gli inglesi, che erano decisamente più bravi nella sperimentazione, avessero ottenuto qualche risultato interessante. Parlò con la Franklin che gli fece notare un errore nel modello. E stabilì uno stretto legame con Wilkins.
Nel maggio del 1952 Franklin ottenne la foto. Ma non la rese subito pubblica. I rapporti all’interno del laboratorio non erano di fiducia. E la gara alla scoperta del Dna stava facendo gola a troppi. Decise dunque di tenerla per sé. Aveva scoperto che il Dna era una doppia elica e forse poteva essere lei a pubblicare la struttura più attesa in quel momento. Ma aveva ancora bisogno di tempo. Wilkins però sapeva che l’aveva. E di nascosto se la fece dare proprio da Gosling. La passò al giovane Watson, che sapeva benissimo dove voleva arrivare. Pauling aveva torto: le catene erano due. La foto 51 lo diceva chiaramente. E a quel punto, grazie alle altre informazioni raccolte da altri, tutti i pezzi del puzzle andarono a posto: le posizioni delle basi (A, adenina, T, timina, C, citosina, G guanina) gli zuccheri, i gruppi fosfati.
Nel 1953 su Nature viene pubblicata la scoperta più importante di tutti i secoli: la struttura del Dna. L’articolo venne firmato da Watson, Crick e Wilkins. La Franklin non meritò neppure un ringraziamento.
Ma una giovane scienziata non aveva tempo da perdere. Lasciò l’ambiente ostile del King’s college per dedicarsi ad altre ricerche, su altre molecole, viaggiò e venne chiamata da molti istituti in tutto il mondo. E continuò a pubblicare fino a quando il cancro, dovuto all’eccessiva esposizione ai raggi x, non la portò via dalla vita. Aveva 38 anni.