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domenica 4 febbraio 2024

L’oggetto che non dovrebbe esistere potrebbe essere il più piccolo buco nero mai visto. - Angelo Petrone

 

I ricercatori del gruppo internazionale Transients and Pulsars con la collaborazione di MeerKAT (Trapum) hanno scoperto un oggetto invisibile, mai previsto da nessun modello astronomico attuale. Situato a circa 40.000 anni luce di distanza, il corpo potrebbe essere il buco nero meno massiccio mai rilevato. L’oggetto misterioso è stato scoperto quando gli astronomi hanno osservato un sistema di due corpi in orbita reciproca nell’ammasso globulare NGC 185, nella costellazione della Colomba. La natura di uno degli oggetti è chiara: si tratta di una pulsar, cioè dei resti di una stella collassata.

Cos’è una pulsar?

Si tratta di stelle di neutroni con forti campi magnetici. Il magnetismo delle pulsar crea coni luminosi che si muovono come un faro, a intervalli precisi di pochi secondi o addirittura millisecondi. Misurando l’orbita e la luminosità di questa pulsar e della sua misteriosa compagna, gli astronomi sono riusciti a determinare le masse di entrambi gli oggetti e sono rimasti sorpresi dal risultato: il secondo oggetto aveva una massa compresa tra 2,1 e 2,7 volte quella del Sole, qualcosa di veramente inaspettato, a meno che non si tratti di una stella ordinaria.

L'immagine mostra una struttura a onde luminose perpendicolari a due getti.

Quando i ricercatori hanno utilizzato il telescopio Hubble per osservare il sistema sono andati incontro ad un’altra sorpresa: non c’era nulla di visibile; quindi non si trattava di una stella o di qualsiasi altro tipo di oggetto luminoso. Non c’è dubbio che ci sia qualcosa che interagisce gravitazionalmente con la pulsar, ma non è possibile rilevare questo misterioso oggetto in nessun altro modo. L’unica spiegazione è che si tratti dei resti di una stella collassata; quindi, lì deve esserci una stella di neutroni o un buco nero. Il problema è che, secondo i modelli, le stelle di neutroni hanno sempre meno di due masse solari, mentre i buchi neri hanno sempre più di cinque masse solari. Ciò significa che potrebbe trattarsi della stella di neutroni più massiccia mai conosciuta o del buco nero più piccolo mai trovato.

Ma il team sta pensando anche a qualcosa di ancora più entusiasmante: potrebbe trattarsi anche di qualcosa di completamente nuovo. Lo studio propone che l’oggetto sia un buco nero di piccola massa, formato dalla collisione di due stelle di neutroni. Dopo l’impatto, l’oggetto avrebbe viaggiato ad alta velocità fino a incontrare un altro sistema, formato da una pulsar e da una stella comune. Successivamente, i tre oggetti avrebbero eseguito una complessa danza gravitazionale, finché la stella comune non sarebbe stata divorata dalla pulsar. Una volta divorata, la stella avrebbe lasciato dietro di sé una nana bianca, che alla fine sarebbe stata espulsa dal sistema da un “calcio gravitazionale”. Sebbene complicata, questa dinamica di interazione tra due e tre corpi è abbastanza comune nell’universo. È possibile che la proposta degli autori della ricerca sia corretta, ma per esserne sicuri saranno necessarie ulteriori osservazioni e studi.

https://www.scienzenotizie.it/2024/02/01/loggetto-che-non-dovrebbe-esistere-potrebbe-essere-il-piu-piccolo-buco-nero-mai-visto-3279183

lunedì 3 febbraio 2020

Effetti della danza cosmica dello spaziotempo. - Maura Sandri


Il sistema binario nana bianca-pulsar Psr J1141-6545 scoperto dal radiotelescopio Parkes. La pulsar orbita attorno alla sua compagna nana bianca ogni 4.8 ore. La rapida rotazione della nana bianca perturba lo spazio-tempo attorno ad essa, facendo cambiare orientamento all’orbita della pulsar. Crediti: Mark Myers/ARC Centre of Excellence for Gravitational Wave Discovery (OzGrav), Australia.

Secondo la relatività generale di Einstein, la rotazione di un oggetto massiccio induce il trascinamento dello spazio-tempo nelle sue vicinanze. Questo effetto è stato misurato, nel caso della rotazione terrestre, da esperimenti satellitari. Con l’aiuto di una pulsar radio, un team internazionale di scienziati è stato in grado di rilevare la perturbazione dello spazio-tempo indotto dalla nana bianca in rapida rotazione, attorno alla quale orbita, confermando così la teoria alla base della formazione di questo sistema stellare binario molto particolare. Tutti i dettagli su Science.

Nel 1999 il radiotelescopio australiano Parkes scoprì un sistema binario veramente unico nel suo genere, nella costellazione Mosca, vicino alla famosa Croce del Sud. In questo sistema, la pulsar radio Psr J1141-6545 orbita attorno a una nana bianca in poco meno di 5 ore. «L’orbita di questa pulsar è molto speciale. La stella si muove lungo la sua orbita con una velocità massima di quasi un milione di chilometri orari, e la massima separazione tra le due stelle è appena più grande del nostro Sole». Vivek Venkataraman Krishnan, primo autore dell’articolo apparso su Science, è lo scienziato del Max Planck Institute for Radio Astronomy che ha eseguito l’analisi dei dati e le osservazioni di Psr J1141-6545, quando ancora era uno studente di dottorato alla Swinburne University of Technology in Australia.
A differenza di altri sistemi binari costituiti da una pulsar e una nana bianca, i modelli teorici indicano che, in questo caso, la nana bianca compagna di Psr J1141-6545 dev’essersi formata prima della pulsar. In base a tali modelli, prima dell’esplosione della supernova che ha portato alla formazione della pulsar, dev’esserci stato un significativo trasferimento di massa dal progenitore della pulsar alla nana bianca. Questo ha comportato un’enorme accelerazione della rotazione della nana bianca. «Misurare questa rotazione è un test importante dei nostri modelli di evoluzione dei sistemi binari», dice Thomas Tauris, coautore dello studio ed esperto di stelle di neutroni e nane bianche all’Università di Aarhus in Danimarca.
Per misurare la rotazione di una stella quello che si fa normalmente è studiare le sue righe spettrali. Tuttavia, la nana bianca compagna della pulsar Psr J1141-6545 è troppo debole per poter usare questo metodo. Allora come si può fare a misurare la sua rotazione? La risposta è giunta da una direzione inaspettata e riporta indietro nel tempo di oltre 100 anni, all’epoca in cui si è sviluppata la fisica teorica.
Ancor prima del completamento della relatività generale nel novembre del 1915, Albert Einstein aveva già capito che in una teoria in cui la gravitazione è il risultato dello spazio-tempo curvo, la rotazione di una massa, a differenza della teoria della gravità di Newton, avrebbe contribuito direttamente al campo gravitazionale. Più semplicemente, la rotazione di una massa perturba vorticosamente lo spazio circostante, un effetto comunemente noto come frame-dragging, o “trascinamento dei sistemi di riferimento inerziali”. Più tardi, nel 1918, Josef Lense e Hans Thirring – con il sostanziale supporto di Albert Einstein – calcolarono questo effetto per il Sistema solare usando la relatività generale. In particolare, calcolarono come il trascinamento dello spazio-tempo causato dalla rotazione del Sole influenzi il movimento dei pianeti, concludendo che questi effetti erano troppo piccoli per poter essere misurati, a quell’epoca.

Il satellite Lageos. Crediti: Nasa
Nel frattempo, la tecnologia è progredita e l’effetto frame-dragging causato dalla rotazione terrestre è stato rilevato da esperimenti satellitari come Gravity Probe B e dalla combinazione dei satelliti Lageos 1 e 2 e Lares. Mentre Gravity Probe B ha utilizzato un set di quattro giroscopi di precisione per misurare questo effetto, gli ultimi esperimenti citati hanno misurato una lenta precessione del piano orbitale dei satelliti nella direzione della rotazione terrestre, la cosiddetta “precessione Lense-Thirring“.
A oggi questa precessione è stata confermata con un’accuratezza di circa il 2 per cento, in accordo con la previsione della relatività generale. L’effetto è estremamente ridotto: Lageos-1, ad esempio, si trova in un’orbita circolare con un raggio di circa 12300 chilometri. Il suo piano orbitale precede di soli 0.0000086 gradi all’anno, che corrisponde a una rotazione completa di circa 40 milioni di anni.
La situazione della compagna nana bianca di Psr J1141-6545, secondo i modelli di evoluzione stellare, dovrebbe essere piuttosto diversa: sebbene sia leggermente più piccola della Terra, la sua massa è 340mila volte più grande, simile alla massa del Sole, e si prevede che ruoti attorno al suo asse in pochi minuti. «Se Lageos-1 stesse ipoteticamente orbitando attorno a questa nana bianca, la sua orbita precesserebbe di diversi gradi al giorno, poiché il dragging spazio-temporale sarebbe circa 100 milioni di volte più intenso», osserva Norbert Wex, coautore e specialista di relatività generale presso Mpifr.
È impossibile inviare satelliti in prossimità di questa nana bianca poiché si trova a diverse migliaia di anni luce, ma fortunatamente c’è una pulsar che le orbita attorno. I segnali radio di questa pulsar forniscono una misurazione precisa del suo movimento, simile alle misurazioni laser dei satelliti Lares e Lageos 1 e 2. «Con l’aiuto degli orologi atomici, siamo stati in grado di eseguire misurazioni estremamente accurate dei tempi di arrivo dei segnali della pulsar nei radiotelescopi di Parkes e Utmost. Potremmo tracciare la pulsar nella sua orbita con una precisione media di 30 km su un periodo di quasi venti anni. Questo ha portato a una determinazione precisa delle dimensioni e dell’orientamento dell’orbita», spiega Vivek Venkatraman Krishnan.
Alla distanza della pulsar dalla nana bianca, il dragging spazio-temporale è circa un milione di volte più debole di quello che si verifica alla distanza di un’orbita simile a quella di Lageos-1. Tuttavia, la precessione Lense-Thirring dovrebbe comunque causare, in questi 20 anni, una precessione del cammino della pulsar di circa 150 km. «Le osservazioni della pulsar J1141-6545 mostrano infatti una tale deviazione che, dopo calcoli dettagliati ed escludendo una serie di potenziali errori sperimentali, è stata confermata come dovuta a un cambiamento nel suo orientamento orbitale», spiega Willem van Straten, coautore e scienziato presso la Auckland University of Technology in Nuova Zelanda.
Un’attenta analisi di questa misurazione, che ha tenuto conto dell’effetto Lense-Thirring, ha permesso di stimare il periodo di rotazione della nana bianca, scoprendo che è di circa 100 secondi. Questa è una bellissima conferma dell’ipotesi che, prima dell’esplosione della supernova che ha portato alla formazione della pulsar 1.5 milioni di anni fa, dev’esserci stato un significativo trasferimento di massa dal progenitore della pulsar alla nana bianca. «In questo caso Albert Einstein ci ha fornito uno strumento che ora possiamo usare per scoprire di più sulle pulsar e sui loro compagni», ha affermato Matthew Bailes, coautore della Swinburne University, in Australia.
I nuovi radiotelescopi come MeerKat e Square Kilometer Array (Ska) avranno un ruolo centrale nel permettere di capire come entra in gioco la teoria di Einstein in tali laboratori naturali. «Con Ska ci aspettiamo di rivelare più sistemi binari esotici come questo, e saremo in grado di studiare molti più effetti previsti dalla relatività generale», conclude Evan Keane, coautore del lavoro e membro della collaborazione Ska.