Il taglio Calderoli più che simbolico è offensivo. Nello stipendio di un membro della “casta” non cambia nulla
“Senza lo stipendio da parlamentare e l'indennità da viceministro avrei qualche difficoltà a pagare le rate”. Chissà il panico che avrà preso Adolfo Urso quando ha sentito il ministro Calderoliannunciare “i sacrifici” in arrivo anche per il Palazzo. Lui, che ha una rata del mutuo da più di 8.000 euro al mese, deve aver avuto un mancamento pensando a quel 5 per cento di retribuzione in meno minacciata dal ministro. Il vice-ministro Ursostia tranquillo, abbiamo fatto i conti per lui: la stangata Calderoli non lo farà finire in mezzo a una strada. Al massimo, dovrà rinunciare a qualche centinaia di euro. Già, perché l'austerità targata Lega funziona così. Prendiamo il caso di un semplice deputato: per lui, il taglio Calderoli significa 757 euro in meno. È tutto quello a cui dovrà rinunciare per far bella figura davanti agli italiani.
Per uno che di euro ne guadagna 15.000 al mese, non è proprio un cambiamento epocale: è poco più di un decimo della sua indennità mensile, a cui però vanno sommati i 4 mila euro di diaria che gli spettano per vivere a Roma, altrettanti per il rimborso forfettario delle spese elettorali, i 1.200 euro per le spese di viaggio, e altri 258 per il telefonino. Lo stesso vale per un senatore: ai 13 mila euro che porta a casa ogni trenta giorni (una parte del suo rimborso elettorale viene erogata al gruppo parlamentare) dovrà togliere 650 euro. Nemmeno la metà di quanto prende al mese per il rimborso delle spese di trasporto. In proporzione, sacrifici ancora meno pesanti per i ministri.
Prendiamo il caso del ministro Brunetta, l'unico, a dire il vero, a rispettare la norma sulla trasparenza e a pubblicare il suo stipendio online: ogni mese, al “crociato” anti-fannulloni va l'indennità da deputato, più il trattamento economico della presidenza del Consiglio dei ministri. Tradotto, 17 mila euro al mese che, decurtati del 5 per cento, scenderebbero a 16 mila e duecento. Per tutti, il taglio Calderoli lascerebbe invariati i benefit che, assieme alla retribuzione, i parlamentari si assegnano da sempre: le tessere gratuite per la circolazione in Italia su autostrade, treni, navi e aerei, il rimborso delle prestazioni sanitarie, l'assegno di fine mandato (ovvero, l'80 per cento dell'indennità mensile lorda, per ogni anno di mandato svolto) e il vitalizio che scatta dopo cinque anni di lavoro. La presidente del PdRosy Bindi bolla il taglio come “propaganda” e ammette che “non risolve i problemi dei costi della politica”: in un anno il taglio degli stipendi dei parlamentari farebbe risparmiare 8 milioni di euro.
Per il resto è subito gara a mettersi in fila nella campagna d'estate dei leghisti contro la Casta. Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, annuncia che seguirà l'esempio nazionale e farà lo stesso anche nella sua giunta. Promette che la proposta sarà sul tavolo “già martedì”. Forse allora prenderà in mano la calcolatrice e si renderà conto di averla sparata grossa: un assessore regionale veneto guadagna circa 7.000 euro al mese. Dovrebbe fare a meno di 363 euro, ma continuerebbe a percepire il rimborso per le spese di trasporto e a non pagare né le autostrade né il parcheggio a Venezia. L'ipotesi di tagliare un po' di più, Zaia non la prende nemmeno in considerazione: non bisogna “far passare l'idea”, dice, “che tutti sono ladri e che quindi possono lavorare senza avere uno stipendio”. Ma non deve essere l'unico a non aver fatto i conti. Altrimenti il presidente del Senato Renato Schifani non potrebbe affermare con voce contrita che “se veramente la manovra comporterà sacrifici per gli italiani, credo che dovrebbero essere proprio i politici a dimostrarlo per primi”. Ha il buon gusto di ammettere che il taglio proposto da Calderoli “è giusto ma forse insufficiente”, il sottosegretario Francesco Giro che comunque pensa che per non sembrare dei “marziani” ai politici italiani basterebbe guadagnare “9 o 10 mila euro al mese”. Daniela Santanchè, sottosegretario pure lei, propone di compilare “una lista” di tutti quelli pronti a rinunciare “al privilegio dell’auto blu”.
Il ministro Michela Vittoria Brambilla dice sì al taglio ma solo se i soldi risparmiati avranno “una destinazione precisa”. Come a dire, altrimenti me li tengo io. La deputata Pdl Margherita Boniver chiede di accendere “i riflettori del risparmio anche su certe pensioni d’oro nonché sugli stipendi e bonus dei mega manager”. La norma che reintroduceva un tetto agli stipendi dei manager è stata bocciata, per la seconda volta, cinque giorni fa.
(Conti on-line: Le cifre riportate nella tabella sono ricavate utilizzando i dati pubblicati sui siti Internet di Camera e Senato. La retribuzione del ministro si riferisce a quella dichiarata da Renato Brunetta sul sitowww.innovazionepa.gov.it?. Lo stipendio mensile di un assessore regionale infine, è calcolato sulla base della legge della Regione Veneto n°5/1997)
Da il Fatto Quotidiano del 16 maggio
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
domenica 16 maggio 2010
Per un pugno di euro - Paola Zanca
Caccia al tesoro di Verdini "Soldi e gioielli in Lussemburgo"
Via alla rogatoria. Nel mirino anche i conti di Toro e Balducci. L'accusa: nascoste all'estero somme truffate anche all'Unione europea
di FRANCESCO VIVIANOROMA - Fondi neri, gioielli, opere d'arte occultati in conti correnti e forzieri di banche e società finanziarie del Lussemburgo da sequestrare "con urgenza". Questa la strategia dei magistrati di Perugia e Firenze che hanno un sospetto: secondo loro, il coordinatore del Pdl Denis Verdini ed altri personaggi comparsi nell'inchiesta sarebbero riusciti a mettere al sicuro all'estero ingenti somme truffate all'Italia e all'Unione europea. Per questo con una rogatoria internazionale "urgente" le procure di Perugia e Firenze hanno chiesto l'intervento dell'Ufficio internazionale antifrode, per identificare, bloccare e confiscare, denaro e beni intestati agli indagati ed ai loro prestanome. E' un documento riservato che i magistrati raccomandano ai colleghi di non portare a conoscenza degli indagati per paura che siano ancora in tempo a far sparire il "tesoro" accumulato. Nelle carte inviate in Lussemburgo i magistrati sottolineano che gli indagati potrebbero essere "collegati anche alla criminalità organizzata transnazionale".
Tra i quindici nomi per i quali le procure di Perugia e Firenze chiedono gli accertamenti bancari - e la confisca dei beni eventualmente trovati - oltre a Denis Verdini ci sono l'ex procuratore aggiunto di Roma, Achille Toro e il figlio Camillo, Angelo Balducci, Fabio De Santis, Mauro Dellagiovanpaola e l'imprenditore Diego Anemone.
Il provvedimento "urgente" è stato inviato agli enti giudiziari e finanziari seguendo le tracce di assegni, conti correnti e, soprattutto del "libro mastro" di Anemone (con i 412 nomi elencati per una serie di lavori compiuti dalle aziende del costruttore) e di altri elenchi sequestrati al commercialista di Anemone, Stefano Gazzani. I magistrati di Perugia e Firenze spiegano ai loro colleghi lussemburghesi ed alle autorità bancarie i motivi che li hanno spinto a fare questa richiesta: si tratterebbe, spiegano, di "fondi neri" provenienti da attività illecite, corruzione, truffa e irregolarità negli appalti della Protezione civile nazionale, ma anche di eventuali truffe ai fondi provenienti dal bilancio dei fondi europei.
I pm spiegano anche che un gruppo di dirigenti pubblici avrebbe messo le proprie funzioni a disposizione degli imprenditori amici ottenendo in cambio "numerose promesse in denaro, prestazioni di lavoro, automobili ed altro in favore di terzi e loro amici". Secondo i pm tutti i protagonisti che ruotavano attorno al gruppo sotto inchiesta utilizzavano anche terze persone di fiducia ancora da identificare "per nascondere e portare all'estero, in particolare in territorio lussemburghese, beni ed utilità, cosi come il denaro del quale si sono trovate tracce significative con la creazione di società nelle quali essi erano soci occulti e si dividevano i profitti delle attività illecite". Le necessità di rivolgersi con urgenze alle autorità lussemburghesi è scaturita dai risultati delle perquisizioni, non soltanto negli uffici e nei computer di Anemone, ma anche in quelli di Gazzani e Zampolini, l'uomo a cui Anemone affidò l'incarico di consegnare alle sorelle Barbara e Beatrice Papa, quei 900 mila euro in "nero" per pagare l'abitazione con vista sul Colosseo dell'ex ministro Claudio Scajola.
Durante le perquisizioni si è infatti trovata traccia di un rapporto con una banca del Lussemburgo "Unicredito Luxemburg". Gli inquirenti italiani hanno anche chiesto se tra gli intestatari di conti correnti o società con sede in Lussemburgo, ci siano tracce anche di don Evaldo Biasini che nella cassaforte della Congregazione del Preziosissimo Sangue di Roma custodiva i contanti di Diego Anemone. Nella lista nera inviata alle autorità lussemburghese ci sono anche i nomi delle nove società di Diego Anemone.
"Si tratta di delitti di natura comune - scrivono i pm di Firenze e Perugia nella rogatoria - principalmente di corruzione qualificata in banda organizzata legata al crimine organizzato e di natura transnazionale. Ci sono dei delitti di truffa a scapito dell'Unione europea". Il documento si conclude con la richiesta di sequestrare "immediatamente tutte le somme, titoli gioielli o opere d'arte di proprietà di terzi o di prestanome su conti correnti, cassette di sicurezza, depositi bancari o custoditi presso persone, agenti di borsa, notai. Oggetti da confiscare obbligatoriamente per la natura dei crimini suddetti". Nelle settimane scorse le autorità bancarie del Lussemburgo hanno già identificato e bloccato alcuni conti correnti intestati ad Angelo Balducci e Claudio Rinaldi, il primo con tre milioni di euro il secondo con due. Altri conti sarebbero stati individuati anche in alcune banche svizzere.
http://www.repubblica.it/politica/2010/05/16/news/tesoro_verdini-4094883/
Il dramma del federalismo in Italia e in Europa di EUGENIO SCALFARI
Dal Lussemburgo attese risposte che fanno tremare la cricca
Il destino della cricca degli appalti è appeso all’esito di quindici atti di rogatoria il cui risultato sarà comunicato forse già nella prossima settimana ai magistrati della procura di Firenze e di Perugia. Sono quindici “risposte” che le autorità giudiziarie e finanziarie di Lussemburgo sono in procinto di dare ai magistrati italiani e che potrebbero rivelare il percorso delle tangenti della cricca e i loro depositi segreti.. Si potrebbe ad esempio finalmente sapere con certezza da dove arrivano i quasi tre milioni di euro che Anemone ha versato in contanti all’architetto Zampolini il quale a sua volta ha fatto da tramite per l’acquisto delle case dell’ex ministro Scajola, dei figli di Balducci, del generale Pittorru e del dirigente delle Infrastrutture Ettore Incalza.. dieci pagine Nell’atto di rogatoria lungo dieci pagine, spicca anche il nome di Denis Verdini.
Il coordinatore del Pdl nonché titolare di una banca (Il Credito cooperativo fiorentino), indagato per corruzione, è sospettato di essere anche titolare di qualche conto-provvista all’estero. Sospettati di “custodire denaro che proviene da attività illecita”, leggi corruzione, anche l’ex aggiunto della procura di Roma Achille Toro (il giudice è sospettato di essere la talpa della cricca in Procura a Roma) e il figlio Camillo. Con Verdini e Toro padre e figlio, nell’atto giudiziario inviato al Parquet du Tribunal d’arrondissement- Cellule de reinsegnement financier di Lussemburgo, figurano anche i nomi dei funzionari pubblici Balducci, ovviamente, De Santis, Rinaldi e Della Giovampaola; quelli dei costruttori Anemone, De Vito Piscicelli, Carducci, Roberto Bartolomei; degli avvocati Cerruti e Azzopardi, dell’architetto fiorentino Casamonti e del commercialista Gazzani (indagato per riciclaggio con Rinaldi), nel cui computer sono stati trovati elenchi e resoconti di prestazioni professionali, appalti e passaggi di denaro.
Nella richiesta spicca anche il nome di don Evaldo Biasini “soggetto – si legge – che è risultato essere prestanome di alcuni degli indagati per conti dei quali gestisce ingenti somme di denaro”. L’Unità ha già raccontato l’intensa attività del sacerdote economo dei Missionari del Preziosissimo sangue che, 83 anni, dal Duemila in poi ha gestito circa dieci milioni di euro di Anemone e Della Giovampaola depositando (riciclando?) quei soldi nei conti correnti delle offerte per le missioni presso uno sportello della Banca delle Marche a Roma.
La novità oggi è che don Evaldo potrebbe essere prestanome e custode anche all’estero di altri conti. Di prestanome, del resto, pullula l’inchiesta sulla cricca che ha gestitogli appalti pubblici in Italia negli ultimi dieci anni. Balducci ha un conto presso il Bank Julius di Zurigo grazie ai prestanome Roberto Di Mario e Maria Letizia Confronte. La segretaria di Anemone Alida Lucci è titolare di circa trenta conti correnti. Un fiume di denaro che gli investigatori perugini stanno cominciando a rintracciare nei 1.143 rapporti bancari, di cui 263 conti correnti, intrattenuti da Balducci, Anemone, da amici, parenti e intermediari. Novità, in settimana, anche dallo sviluppo delle otto operazioni sospette segnalate dalla Banca d’Italia che coinvolgono anche altri costruttori come Bruno Ciolfi (Igit) e Carducci, partner di Anemone in vari appalti dei Grandi Eventi.
Indifferenza civile
Devono andarsene - Concita De Gregorio
La madre, la moglie, la figlia, la suocera. Il fratello della fidanzata, il cognato, la ragazza dell'amico del figlio, l'ex ragazza. L'amante, la segretaria, l'autista. Il figlio del giardiniere della casa di campagna. Il capo di gabinetto, il capo dell'ufficio legislativo, il capo del dipartimento, l'archivista, il dirigente Rai, il giornalista, il regista, il produttore, il generale. L'assistente del generale. Il ragioniere, suo genero l'attore. L'ex moglie. La sorella.
Il miglior falegname della città, come lo chiama Bertolaso, ha la mappa dettagliata delle parentele e delle relazioni fino al quinto grado, coppie di fatto e clandestine comprese, dei suoi clienti. Siccome è preciso - la mole di lavoro, del resto, possente - annota in un quadernetto. A volte col solo nome di battesimo. Altre volte col solo indirizzo. In casi di intimità estrema con l'iniziale, con un nomignolo affettuoso. Il miglior falegname della città è generoso: non segna cifre, niente importi, non un pagato o da pagare come succede, per dire, a chiunque di voi porti il cappotto in lavanderia. No, con le case ai Fori o a Cortina non funziona così. A volte dimentica persino di aver realizzato i lavori o di aver fatto dono di un appartamento. Nel mucchio può succedere.
Poi capita anche che qualcuno pretenda di pagare, per i lavori ottenuti: una bizzarria, una forma di moralismo che va compresa e assecondata. Qualcuno certamente ha pagato. C'è chi ha persino conservato le ricevute, gente d'altri tempi. Per il resto: tutto in un conto unico. In cambio di che cosa lo dirà la magistratura, voi intanto siete liberi di immaginare per quale motivo un falegname così prodigioso da esser divenuto il titolare delle ristrutturazioni per conto dei servizi segreti oltre che delle più costose e grandi opere pubbliche degli ultimi anni si adoperasse a riparare tapparelle a casa della suocera del funzionario del ministero, si figuri se disturba, ci mancherebbe.
La moglie di Guido Bertolaso lavorava per lui. Non è vero che l'abbia fatto solo prima che Anemone si aggiudicasse gli appalti, come ha detto suo marito in conferenza stampa. Il falegname con gli occhiali a specchio faceva lavoretti per Bertolaso - in casa e in ufficio - da molto, molto prima che la signora rimettesse a posto i giardini del Salaria Village. Una piccola menzogna, certo, nel monte di falsità e nella palude di corruttela che la cricca gelatinosa ha costruito e poi abitato per anni. Bisogna partire da quelle spudorate menzogne (omissioni? dimenticanze?) e tirare il filo. Basta, davvero. Devono andarsene, la cloaca di corruzione non può ingoiare il paese intero. Lo divoreranno. Non lasciamoglielo fare.
Pretendiamo le dimissioni di chi ha corrotto e chi si è fatto corrompere, pazienza se strilleranno che è una congiura, una gogna, un complotto. Hanno sempre fatto così: colti in flagrante, messi di fronte all'evidenza dei fatti hanno protestato cose tipo: state violando la privacy. Loro invece stanno violando l'ultimo residuo di dignità. Anemone ha avuto anche i lavori di ricostruzione della scuola di San Giuliano, quella dove morirono 27 bambini e un insegnante. Di terremoto in terremoto hanno fatto miliardi e lasciato a noi le macerie. Non sono gli italiani senza lavoro né speranze a dover lasciare il paese. Sono loro che devono andarsene. Ricostruiremo da capo. Staremo meglio.
http://concita.blog.unita.it//Devono_andarsene_1237.shtml
sabato 15 maggio 2010
WSJ: i conti pubblici dell’Italia sono a rischio
Dopo il venerdì nero dalle borse europee, tra le quali quella di Milano ha subito un calo pesantissimo, all’estero crescono le preoccupazioni sullo stato della nostra Finanza Pubblica. Il Wall Street Journal lancia l’allarme sul nostro Debito pubblico.
“Italy’s debt fuels worries“, ossia il debito italiano alimenta le preoccupazioni. Così titola il suo articolo Stacy Meichtry, corrispondente dall’Italia del Wall Street Journal, il più importante quotidiano economico americano, nel quale viene evidenziato come “In Italia, la mancanza della crescita rende più pesante gli oneri sul proprio debito pubblico“. Situazione che, prima o poi, finirà col pesare pesantemente sull’economia del nostro paese. Preoccupazione, del resto, già fatta propria qualche mese fa anche dal Nobel per l’economia, il canadese Robert Mundell.
SE I MERCATI DUBITANO DELL’ITALIA – L’incipit del WSJ è eloquente. “Il fondo europeo di salvataggio da quasi mille miliardi di dollari ha alleggerito la pressione economica sui paesi alla periferia della zona euro, ma il problema resta comunque profondo per alcuni di questi, tale da rendere per loro assai difficile sfuggire agli enormi debiti ai quali si somma pure la mancanza della crescita“. “Il problema – riporta il giornale economico americano – è particolare preoccupante per l’Italia, il paese più pesantemente indebitato d’Europa“. Il piano di salvataggio da 750 miliardi di euro (947 miliardi dollari) predisposto dall’Unione europea, di cui un centinaio sono stati destinati alla sola Grecia, ha preso forma lo scorso fine settimana a seguito dell’aggravarsi della preoccupazione che “la crisi fiscale di Atene alimentasse il contagio verso altri paesi deboli dell’Ue, come il Portogallo e la Spagna, particolarmente sotto tiro per i loro debiti“. “Finora - scrive il WSJ - i mercati hanno ritenuto invece che l’Italia versi in una situazione meno rischiosa di altre nazioni del Sud Europa, nonostante un debito pubblico pari al 115% del proprio prodotto interno lordo, più o meno quanto quello della stessa Grecia. Giovedì, tuttavia, l’Italia ha dovuto pagare quasi un punto percentuale in più della Germania per prendere un prestito, più o meno come la Spagna, anche se di meno dello spread della Grecia di 4,65 punti percentuali”. Ma la posta in gioco, nel caso italiano “è una crisi potenziale molto più grande. Il debito pubblico italiano è ben oltre i 1.700.000 milioni di euro, sette volte più grande di quello greco“.
SE AFFONDA L’ITALIA, AFFONDA L’EURO – L’Italia “è un pezzo grosso del sistema“, ha dichiarato François Chauchat, economista di GaveKal, società di consulenza economica con sede a Stoccolma. “Se l’Italia non è fosse capace di rifinanziare il suo debito questo segnerebbe la fine del l’euro”. In termini di bilancio annuale, l’Italia è relativamente sana, con un disavanzo pari al 5,3% del PIL nel 2009, al di sotto della media europea del 6,3% e il 13,6% della Grecia. L’Italia è il “ritratto della salute” rispetto ad altre economie del “Club Med”, ha detto Ben May, economista londinese della Capital Economics. “Ma il debito del paese – sottolinea il Wall Street Journal – è più difficile da ridurre, e probabilmente peserà sull’economia nel lungo termine“. Come, più modestamente, pure noi di Giornalettismo avevamo ipotizzato qualche mese fa. Per il WSJ “Il gettito fiscale italiano è stagnante a causa della bassa crescita poiché molte imprese lasciano il Nord Italia per i mercati a basso costo come la Cina e l’Europa dell’Est. Negli ultimi dieci anni, il PIL italiano è cresciuto ad una magra media annua dello 0,54%, e il Tesoro prevede solo un aumento dell’1% nel 2010 dopo un calo del 5,1% nel 2009. I tentativi di aumentare le entrate attraverso aumenti delle tasse sono stati compromessi dall’evasione fiscale diffusa”. Ciononostante, la pressione fiscale risulta al 43,2% del Pil. Una delle più alte d’Europa, a dispetto delle promesse elettorali di taglio delle tasse del governo di centrodestra. E ancora, sul piano più squisitamente politico evidenzia il giornale statunitense “Allo stesso tempo, il primo ministro Silvio Berlusconi deve affrontare la pressione interna alla sua coalizione di governo, inoltre non può tagliare gli aiuti di Stato alla parte più povera del suo paese, il Sud che è fortemente dipendente in termini di posti di lavoro dal settore pubblico“.
UN FUTURO ASSAI PREOCCUPATE – Stacy Meichtry rileva nel suo articolo come quest’anno per il nostro paese è previsto un ulteriore aumento del debito pubblico: “Il debito pubblico in percentuale al PIL è previsto in crescita di tre punti percentuali al 118%. Il problema verrà quando la crescita del gettito fiscale non potrà più tenere il passo con il costo degli oneri sul debito“. Infatti, spiega al WSJ Gabriel Stein, economista di Lombard Street Research, società londinese di consulenza economica con sede a Londra: “Se l’interesse che si sta pagando sul debito è superiore al tasso di crescita, si finisce in una trappola mortale”. Stein, sibilino poi chiosa così: “Non so se l’Italia è in una trappola mortale in questo momento”.”I timori sul debito italiano -secondo il WSJ – hanno reso gli investitori nervosi. Un’offerta di bond da 9,5 mld di euro nel mese di aprile non è andata esaurita come in passato. Un calo delle offerte, inoltre, potrebbe portare il Tesoro ad abbassare il prezzo minimo che chiede, il che si tradurrebbe per l’Italia nel dover pagare più interessi sul debito”. C’è da dire, tuttavia, che giovedì scorso un’asta sui nostri Titoli di stato è andata più che bene. Il che è senz’altro un segno di fiducia.
ITALIANI, BRAVA GENTE – “Il governo italiano - si legge nell’articolo del WSJ – dice che il finanziamento del suo debito è aiutato da una buona condizione delle famiglie italiane e delle stesse imprese. Infatti, secondo Eurostat, l’agenzia statistica dell’Unione europea, le famiglie italiane detengono circa un quarto dei bond del paese e nel 2008 avevano debiti finanziari pari ad appena il 53% del PIL, rispetto al 60% della Grecia e il 61% della Germania. Per le famiglie italiane, questo determina un tasso del risparmio relativamente elevato, pari circa al 15% del reddito al netto delle imposte, rispetto al 17% della Germania e al -1,4% della Grecia. Questo, nonostante l’introduzione della moneta unica, il che avrebbe potuto portare gli italiani ad investire in debito francese o tedesco senza il rischio di particolari fluttuazioni. “Gli italiani, invece, restano ancorati al loro debito e preferiscono acquistare obbligazioni italiane“, dice Marco Annunziata, economista di UniCredit SpA. Nonostante casi come Cirio e Parmalat, aggiungiamo noi… “Inoltre, conferma sempre Annunziata –si fanno meno influenzare dalle tendenze dei mercati“. L’articolo del Wall Street Journal si conclude sostenendo che “L’euro ha anche incoraggiato gli investitori stranieri, come certe banche francesi e tedesche, ad acquistare obbligazioni italiane negli ultimi anni, perché forniscono un rendimento elevato ad un basso rischio di valuta. Questo lascia l’Italia meno esposta alla svendite da parte degli investitori stranieri rispetto a quelle che hanno invece colpito le obbligazioni greche“. Ma il rischio a lungo termine è presente e non va per niente sottovalutato.