sabato 15 maggio 2010

WSJ: i conti pubblici dell’Italia sono a rischio

Dopo il venerdì nero dalle borse europee, tra le quali quella di Milano ha subito un calo pesantissimo, all’estero crescono le preoccupazioni sullo stato della nostra Finanza Pubblica. Il Wall Street Journal lancia l’allarme sul nostro Debito pubblico.

Italy’s debt fuels worries“, ossia il debito italiano alimenta le preoccupazioni. Così titola il suo articolo Stacy Meichtry, corrispondente dall’Italia del Wall Street Journal, il più importante quotidiano economico americano, nel quale viene evidenziato come “In Italia, la mancanza della crescita rende più pesante gli oneri sul proprio debito pubblico“. Situazione che, prima o poi, finirà col pesare pesantemente sull’economia del nostro paese. Preoccupazione, del resto, già fatta propria qualche mese fa anche dal Nobel per l’economia, il canadese Robert Mundell.

SE I MERCATI DUBITANO DELL’ITALIA – L’incipit del WSJ è eloquente. “Il fondo europeo di salvataggio da quasi mille miliardi di dollari ha alleggerito la pressione economica sui paesi alla periferia della zona euro, ma il problema resta comunque profondo per alcuni di questi, tale da rendere per loro assai difficile sfuggire agli enormi debiti ai quali si somma pure la mancanza della crescita“. “Il problema – riporta il giornale economico americano – è particolare preoccupante per l’Italia, il paese più pesantemente indebitato d’Europa“. Il piano di salvataggio da 750 miliardi di euro (947 miliardi dollari) predisposto dall’Unione europea, di cui un centinaio sono stati destinati alla sola Grecia, ha preso forma lo scorso fine settimana a seguito dell’aggravarsi della preoccupazione che “la crisi fiscale di Atene alimentasse il contagio verso altri paesi deboli dell’Ue, come il Portogallo e la Spagna, particolarmente sotto tiro per i loro debiti“. “Finora - scrive il WSJ - i mercati hanno ritenuto invece che l’Italia versi in una situazione meno rischiosa di altre nazioni del Sud Europa, nonostante un debito pubblico pari al 115% del proprio prodotto interno lordo, più o meno quanto quello della stessa Grecia. Giovedì, tuttavia, l’Italia ha dovuto pagare quasi un punto percentuale in più della Germania per prendere un prestito, più o meno come la Spagna, anche se di meno dello spread della Grecia di 4,65 punti percentuali”. Ma la posta in gioco, nel caso italiano “è una crisi potenziale molto più grande. Il debito pubblico italiano è ben oltre i 1.700.000 milioni di euro, sette volte più grande di quello greco“.

SE AFFONDA L’ITALIA, AFFONDA L’EURO – L’Italia è un pezzo grosso del sistema“, ha dichiarato François Chauchat, economista di GaveKal, società di consulenza economica con sede a Stoccolma. “Se l’Italia non è fosse capace di rifinanziare il suo debito questo segnerebbe la fine del l’euro”. In termini di bilancio annuale, l’Italia è relativamente sana, con un disavanzo pari al 5,3% del PIL nel 2009, al di sotto della media europea del 6,3% e il 13,6% della Grecia. L’Italia è il “ritratto della salute” rispetto ad altre economie del “Club Med”, ha detto Ben May, economista londinese della Capital Economics. “Ma il debito del paese – sottolinea il Wall Street Journalè più difficile da ridurre, e probabilmente peserà sull’economia nel lungo termine“. Come, più modestamente, pure noi di Giornalettismo avevamo ipotizzato qualche mese fa. Per il WSJ “Il gettito fiscale italiano è stagnante a causa della bassa crescita poiché molte imprese lasciano il Nord Italia per i mercati a basso costo come la Cina e l’Europa dell’Est. Negli ultimi dieci anni, il PIL italiano è cresciuto ad una magra media annua dello 0,54%, e il Tesoro prevede solo un aumento dell’1% nel 2010 dopo un calo del 5,1% nel 2009. I tentativi di aumentare le entrate attraverso aumenti delle tasse sono stati compromessi dall’evasione fiscale diffusa”. Ciononostante, la pressione fiscale risulta al 43,2% del Pil. Una delle più alte d’Europa, a dispetto delle promesse elettorali di taglio delle tasse del governo di centrodestra. E ancora, sul piano più squisitamente politico evidenzia il giornale statunitense “Allo stesso tempo, il primo ministro Silvio Berlusconi deve affrontare la pressione interna alla sua coalizione di governo, inoltre non può tagliare gli aiuti di Stato alla parte più povera del suo paese, il Sud che è fortemente dipendente in termini di posti di lavoro dal settore pubblico“.

UN FUTURO ASSAI PREOCCUPATEStacy Meichtry rileva nel suo articolo come quest’anno per il nostro paese è previsto un ulteriore aumento del debito pubblico: “Il debito pubblico in percentuale al PIL è previsto in crescita di tre punti percentuali al 118%. Il problema verrà quando la crescita del gettito fiscale non potrà più tenere il passo con il costo degli oneri sul debito“. Infatti, spiega al WSJ Gabriel Stein, economista di Lombard Street Research, società londinese di consulenza economica con sede a Londra: “Se l’interesse che si sta pagando sul debito è superiore al tasso di crescita, si finisce in una trappola mortale”. Stein, sibilino poi chiosa così: “Non so se l’Italia è in una trappola mortale in questo momento”.”I timori sul debito italiano -secondo il WSJ – hanno reso gli investitori nervosi. Un’offerta di bond da 9,5 mld di euro nel mese di aprile non è andata esaurita come in passato. Un calo delle offerte, inoltre, potrebbe portare il Tesoro ad abbassare il prezzo minimo che chiede, il che si tradurrebbe per l’Italia nel dover pagare più interessi sul debito”. C’è da dire, tuttavia, che giovedì scorso un’asta sui nostri Titoli di stato è andata più che bene. Il che è senz’altro un segno di fiducia.

ITALIANI, BRAVA GENTE – “Il governo italiano - si legge nell’articolo del WSJ – dice che il finanziamento del suo debito è aiutato da una buona condizione delle famiglie italiane e delle stesse imprese. Infatti, secondo Eurostat, l’agenzia statistica dell’Unione europea, le famiglie italiane detengono circa un quarto dei bond del paese e nel 2008 avevano debiti finanziari pari ad appena il 53% del PIL, rispetto al 60% della Grecia e il 61% della Germania. Per le famiglie italiane, questo determina un tasso del risparmio relativamente elevato, pari circa al 15% del reddito al netto delle imposte, rispetto al 17% della Germania e al -1,4% della Grecia. Questo, nonostante l’introduzione della moneta unica, il che avrebbe potuto portare gli italiani ad investire in debito francese o tedesco senza il rischio di particolari fluttuazioni. “Gli italiani, invece, restano ancorati al loro debito e preferiscono acquistare obbligazioni italiane“, dice Marco Annunziata, economista di UniCredit SpA. Nonostante casi come Cirio e Parmalat, aggiungiamo noi… “Inoltre, conferma sempre Annunziata –si fanno meno influenzare dalle tendenze dei mercati“. L’articolo del Wall Street Journal si conclude sostenendo che “L’euro ha anche incoraggiato gli investitori stranieri, come certe banche francesi e tedesche, ad acquistare obbligazioni italiane negli ultimi anni, perché forniscono un rendimento elevato ad un basso rischio di valuta. Questo lascia l’Italia meno esposta alla svendite da parte degli investitori stranieri rispetto a quelle che hanno invece colpito le obbligazioni greche“. Ma il rischio a lungo termine è presente e non va per niente sottovalutato.

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