giovedì 25 novembre 2010

Gli studenti: “Il futuro è nostro e ce lo riprendiamo”. Cronaca di una giornata di lotte. - di Annamaria Bruni




Una giornata storica. Non si può definire in altro modo quello che è successo oggi a Roma, protagonisti gli studenti medi e universitari. Se poi accanto a questa piazza mettiamo l'occupazione dei tetti delle Università di Torino e Trieste, quella dei cinque ponti sull'Arno a Pisa, e poi ancora Padova, Bologna, Siena, Palermo, Cagliari, Sassari, Milano, Firenze, Bari, Napoli, Catania, sappiamo che è solo l'inizio. Ma anche gli studenti inglesi, e questa volta non solo a Londra, sono scesi in piazza oggi contro gli aumenti delle rette universitarie triplicate entro il 2012 e i tagli dei finanziamenti pubblici. Numerose anche in Gran Bretagna le università occupate: la prima è stata l'University of East London, poi la biblioteca Bodleian di Oxford e la Scuola di studi orientali e africani dell'Uwe, Bristol, l'Università di Manchester. Un contesto che la dice lunga sulla volontà di opposizione a una politica economica che a livello internazionale lavora per uscire dalla crisi tornando al feudalesimo. E gli studenti lo sanno, e mai come ora ricuciono con chiarezza diritti del lavoro e diritto allo studio.

Prova ne sia la grande solidarietà che si sta sviluppando tra studenti e ricercatori. Ed è con loro che torniamo a Roma, in piazza di Montecitorio, dove stamattina dalle 10 erano in piazza a manifestare, e con loro la Flc-Cgil e l'Usb, oltre a bandiere di Rifondazione e Pcdl. 3mila in tutto, se non fosse per il gruppo di sindaci del Sulcis-Iglesiente, agguerriti, megafono alla mano e fascia tricolore, a Roma a pretendere dal governo un accordo che tuteli l'indotto dell'Alcoa, in una terra con" il 45% di giovani dai 18 ai 35 disoccupati", denuncia il sindaco di Villa Marrangia Franco Porcu. E sono lieti di trovarsi in mezzo agli studenti, e non solo perché anche in Sardegna scuole e Università sono in mobilitazione, ma anche perché "la solidarietà degli studenti al mondo del lavoro è forte". Lo ripete Clara Baglioni, ricercatrice confermata ora, a 53 anni, al dipartimento di biologia di Roma Tre, dall'85. 25 anni di borse di studio, "7 milioni di lire lordi all'anno", e poi contratti precari come tecnica di laboratorio, perché "mi sono dichiarata non laureata", e quindi dequalificata e sottopagata. Ma gli studenti sanno che questo è il futuro che li aspetta, ed è per questo che sono tutti "indisponibili". E sono anche preparati.

Non solo Alessandra e Arianna, che sono venute a Montecitorio, e intanto, sedute per terra, finiscono gli esercizi di fisica perché domani "ci aspetta l'esame, dato che siamo a Medicina, perché fisica è occupata", sono preparati perché entrano nel merito di quello che sta succedendo nelle università. Per esempio Roma Tre, dove il rettore Fabiani lavora alacremente a convertire l'ateneo in fondazione privata, dicono Federico e Davide di scienze politiche, e per questo ha già creato due enti, "l'Astra, scuola di eccellenza per 40 fortunati - dice Federico - e la Cestia, vera e propria fondazione, dove verrà alienato tutto il patrimonio di Roma Tre, che tra l'altro non è indifferente, a cominciare da un palazzo del '400".

"Stiamo cercando di costruire un fronte comune, ma non è semplice perché i docenti sono conculcati dal rettore, mentre è anche con loro che dovremmo occupare in forze il Rettorato", prosegue Federico, e Davide, "e non è l'unica difficoltà, la seconda, che dice il livello di autoritarismo, è che Fabiani evita di far sapere persino al consiglio di amministrazione la data della discussione per la conversione definitiva in fondazione privata". Stile Marchionne insomma. Se non fosse che Fabiani, dice Federico, "è iscritto alla Cgil, ed è vicino al Pd". Ma "noi non abbiamo intenzione di mollare", dicono con una fermezza sorprendente, alla quale fa eco lo slogan che si fa sempre più vicino: "il futuro è nostro e ce lo riprendiamo" e poi a ritmo "non ci rappresenta nessuno".

E' una valanga, e arriva dalla Sapienza, alla quale si sono uniti moltissimi licei come il Virgilio, il Talete, il Tacito. Ora Montecitorio non li contiene più, se non sono 10.000 poco ci manca. Dal microfono Mimmo Pantaleo, leader dell'Flc, dà il via al comizio. Ddl da ritirare, inemendabile, siamo con gli studenti, con tutte le occupazioni e le mobilitazioni, su tutti i tetti delle Università. Questi i capisaldi, con qualche tentativo di mediazione subito fischiato, come la richiesta di dialogo a Fini o a Gelmini. Come dire, le chiacchiere stanno a zero. Lo ripete Tiziano di scienze politiche della Sapienza, e poi ancora Giorgio di fisica, che ancora una volta ricuce diritto allo studio e diritto al lavoro, e Fabio di ingegneria, che denuncia il degrado della qualità della vita e dice che "ci meritiamo di più, e dobbiamo pretenderlo", mentre un'altra studentessa prende il microfono per dire che "finanziano la Cepu e dicono che la cultura non si mangia!, di fronte a questo non c'è più niente da dire!" ed effettivamente riesce ad infiammare la piazza, che urla "a casa, a casa, corteo, corteo", e in men che non si dica imbocca piazza Capranica, lasciando Cgil e Usb in piazza, con il consueto ritardo di reazione, mentre il corteo si infila per il budello di via del pozzo delle cornacchie e in un attimo è davanti al Senato. E prima che la polizia se ne renda conto parte il blitz.

Il portone è aperto, volano uova e arance, qualcuno si infila dentro, provano a chiudere, riaprono e in quell'istante un altro uovo centra lo spiraglio aperto. Il corteo applaude, gli slogan volano, il gruppo viennese dei "Samizdat" (quando il nome è la cosa) comincia a far rullare i tamburi a ritmo, lentamente, ed improvvisamente sembra il corteo che accompagna il condannato a morte. Questo governo ridotto al lumicino.

Il blitz è riuscito perfettamente, il corteo riparte, si infila di nuovo nelle stradine, si dirige al Pantheon dove si tengono lezioni in piazza, e poi verso piazza Argentina, via del Plebiscito, Botteghe oscure, da dove parte il primo tentativo di tornare a Montecitorio, o forse alla facoltà di Architettura. Ma i blindati a questo punto sono schierati in forze, e gli studenti non cercano lo scontro. Piuttosto volano battute: "è più presidiato palazzo Grazioli che il Senato". Ridono, poi tornano indietro, vanno a Piazza Venezia, poi a S. Apostoli da dove di nuovo tentano di rientrare.

Ed è lì che succede l'incredibile. Senza alcuna provocazione, di fronte a studenti "armati" di cartelli di polistirolo che doppiano le copertine dei libri, parte la carica. Piovono manganellate, senza alcuna ragione. Due studenti vengono fermati. Ma anche la risposta è incredibile, perché gli studenti rimangono lì, insieme, fermi, e come a Valle Giulia nel '68, "Non siam scappati più". Gli studenti sono rimasti insieme, sono rimasti tutti, sono rimasti uniti. Decidono insieme di tornare a Piazza Venezia, e lì improvvisano un sit-in, decisi a non muoversi senza avere notizie dei loro compagni. Sono ormai le tre del pomeriggio quando arrivano. Sono in stato di fermo, e non si sa con che accuse. Cosa gli addebitano, il corteo non autorizzato di oggi?

Questa è la logica, colpirne uno… dicono in tanti. Ma loro non ci stanno, e vogliono sapere. Dal megafono arriva la proposta: "torniamo a S. Apostoli, alla prefettura, vogliamo sapere dei nostri compagni". E via, il corteo riparte, unito, compatto, torna indietro al ritmo della musica dei Samizdat. E ancora a suon di musica tutti aspettano, pazienti, e intanto discutono, qualcuno mangia. E poi la notizia: il fermo è confermato, domani mattina processo per direttissima. E la decisione: torniamo all'Università, facciamo assemblea e decidiamo il da farsi. Ripartono, e quando sono le sei hanno già deciso: le facoltà restano occupate, e domani mattina dalla Sapienza ripartirà il corteo, di nuovo a Montecitorio per il No al ddl, e per "i compagni liberi".


Fisco: perquisita la casa farmaceutica Menarini, fra i reati contestati associazione a delinquere e riciclaggio.








Una serie di perquisizioni e sequestri è in corso in diverse sedi della casa farmaceutica Menarini. L'attività è condotta dai carabinieri del nas, coordinati dalla procura di Firenze e rientrerebbe fra gli accertamenti disposti nell'ambito di un'inchiesta in cui si ipotizza evasione fiscale e un'ipotesi di reato collegata all'importazione illecita di principi attivi. Per la stessa inchiesta vennero svolte perquisizioni anche nel maggio del 2009. All'epoca gli indagati erano nove. Fra loro i vertici della Menarini: Alberto Aleotti e i figli Lucia e Alberto Giovanni.
Fra i reati ipotizzati dai pm che indagano sull' attività della Menarini, vi sarebbero, a vario titolo, l'associazione per delinquere, il riciclaggio, la truffa aggravata e violazioni fiscali dal 2004 al 2009. La Procura contesterebbe alla casa farmaceutica l'importazione illecita di principi attivi anche dalla Cina (non dannosi per la salute) grazie a triangolazioni con Paesi offshore. L'inchiesta è nata dagli accertamenti su circa 400 milioni di euro depositati in una banca del Liechtenstein.Una serie di perquisizioni e sequestri è in corso in diverse sedi della casa farmaceutica Menarini. L'attività è condotta dai carabinieri del nas, coordinati dalla procura di Firenze e rientrerebbe fra gli accertamenti disposti nell'ambito di un'inchiesta in cui si ipotizza evasione fiscale e un'ipotesi di reato collegata all'importazione illecita di principi attivi. Per la stessa inchiesta vennero svolte perquisizioni anche nel maggio del 2009. All'epoca gli indagati erano nove. Fra loro i vertici della Menarini: Alberto Aleotti e i figli Lucia e Alberto Giovanni.
La Procura di Firenze avrebbe chiesto e ottenuto il sequestro di denaro e beni per oltre un miliardo di euro nell'ambito dell'inchiesta sulla Casa farmaceutica Menarini, per la quale sono in corso perquisizioni in varie regioni. In base a quanto si apprende la cifra è quella fatta rientrare dall'estero con lo scudo fiscale, ma che gli investigatori ritengono sia frutto di condotte illecite. Inoltre la Procura avrebbe chiesto anche l'interdizione alla contrattazione con le Pubbliche Amministrazioni (o in subordine o commissariamento) per i responsabili della Menarini e di altre società coinvolte nell'inchiesta. 14 gli indagati, fra cui i vertici della Menarini e di altre società che operano nel settore dell'importazione dei farmaci.

Cosa c'è che non va.


E' vero c'è la crisi economica che sta facendo collassare interi paesi dell'occidente, ma è anche vero che noi stavamo già collassando per l'incuria dei governi che si sono succeduti nel tempo.

Sono anni che andiamo perdendo per strada pezzi di diritti civili e libertà.

La crisi da noi è accentuata e peggiorata dal fatto che chi ci governa pensa solo ai fatti suoi.

Se a governare un paese c'è chi pensa solo ad accumulare ricchezza per sè ed a proteggersi da eventuali e probabili grattacapi giudiziari, e per farlo si attornia di persone di sua fiducia legate a lui da vincoli di amicizia, di lavoro, di simpatia, di compiacenza e di abnegazione, non ci potrà mai essere uno sviluppo economico.

E' già inconcepibile il solo pensiero di avere ministri che con la bandiera italiana si pulirebbero il fondo schiena,

che invece di curare i beni storici e culturali, curano la messa in scena di un fantomatico ed inesistente premio cinematografico ad una sedicente attricetta protetta del premier,

che invece di curare che tutto venga fatto in piena regola e in rispetto delle leggi vigenti, affida i lavori di ricostruzione dei disastri ambientali a ditte non certificate ed in odor di mafia,

che invece di proteggere il territorio, auspicano centrali nucleari e termovalorizzatori,

che tolgono alla scuola e alla sanità pubblica per dare alla scuola ed alla sanità privata,

che invece di crearli i posti di lavoro li eliminano introducendo il precariato ad oltranza,

che si appropriano delle donazioni dei contribuenti a favore delle organizzazioni umanitarie,

che....l'elenco è lungo.

Ed è, oltre che inconcepibile, mortificante.


mercoledì 24 novembre 2010

Fermate il molestatore. - di Beppe Giulietti


Chi fermerà il molestatore delle pubbliche trasmissioni? Chi impedirà ai guastatori professionali di rovinare le nostre serate? Perché un cittadino che vorrebbe seguire in pace Santoro, Travaglio, Fazio, Saviano, la Gabanelli, Floris, deve sempre essere infastidito da un estremista che urla, chiede la testa dei giornalisti che non gli piacciono, impreca contro i comunisti, e poi sbatte giù il telefono, perché incapace di rispondere ad una domanda che non sia stata concordata qualche giorno prima?

Il vecchio molestatore non ha più limiti, non conosce vergogna, in tutti i sensi, assomiglia sempre più al mitico Paolini, quello che compariva dietro le telecamere sventolando il preservativo, anche lui era un molestatore, ma almeno non chiedeva il licenziamento di nessuno, anzi ogni tanto si beccava un calcione in diretta, mitico quello che gli rifilò Paolo Frajese. Per la verità la campagna di Paolini per il preservativo era sicuramente più utile socialmente, ed anche eticamente. Naturalmente non osiamo pensare nè sperare che qualcuno voglia rifilare un calcione anche all’erede di Paolini e di Cavallo pazzo, al secolo Mario Appignani e ci scuseranno i familiari per l’accostamento.

Quello che è accaduto a Ballarò, per altro va dato atto a Floris di aver replicato nel modo giusto, è solo la replica di una ignobile sceneggiata già vista.

Era accaduto ad Anno Zero quando Santoro gli aveva staccato la spina proprio perché il molestatore voleva urlare, ma non rispondere alle domande.

Ci aveva già provato con Ballarò rivendicando il suo diritto a parlare ovunque, a suo piacimento, senza contraddittorio. a conferma che si ritiene il padrone del polo Raiset, e come tale autorizzato a promuovere e a rimuovere.

Sarà nostra cura, come Articolo 21, far circolare il filmato, spedirlo alle autorità internazionali ed europee affinché vedano e ascoltino quello che accade in Italia, si rendano conto delle condizioni di salute del molestatore, tocchino con mano quali piaghe purulente può determinare il conflitto di interessi.

Nei giorni scorsi la Rai di Masi ha istituito il “Lodo Maroni”, quello che dovrebbe consentire a chiunque di chiedere e ottenere il diritto di poter replicare in diretta ad eventuali offese o lesioni della propria dignità. In lista di attesa ci sono già i terremotati dell’Aquila, gli studenti e i professori cancellati dalla Gelmini, i giudici offesi da Dell’Utri, a cominciare da Antonio Ingroia.

Adesso ci attendiamo un “Lodo molestatori”, con il quale si potrebbero introdurre delle sanzioni a carico dei disturbatori della pubblica quiete, dei maniaci della telefonata in diretta, dei prepotenti di ogni colore.

Non pensiamo a pene corporali, neppure a qualche manganellata mediatica in stile “metodo Boffo”, più semplicemente si potrebbe condannare il molestatore di turno alla interdizione dai pubblici uffici e dalle trasmissioni tv, in un solo colpo ci saremmo liberati dal presidente del Consiglio e avremmo riconquistato il diritto a poter guardare la nostra trasmissione preferita senza dover subire le interruzioni provocate dagli orchi di turno.

Se avete idee migliori sulle pene da infliggere ai molestatori segnalatecele pure, ovviamente restando nei limiti del codice civile e penale…..


martedì 23 novembre 2010

Io no ci sto - appello in difesa del 5 per mille.


Sottoscrivi l'appello in difesa del 5 per 1000 su www.iononcisto.org.
Se entrerà in vigore la nuova "Legge per la stabilità" che mette un tetto al 5 per 1000, tutte le organizzazioni del terzo settore subiranno un taglio dei fondi del 75%.

Negli scorsi giorni, i giornali hanno riportato la notizia che la Commissione Bilancio della Camera dei Deputati ha esaminato il testo della nuova "legge per la stabilità". Tale legge limiterebbe a 100 milioni di euro i fondi da destinare al "5 per 1000" con una riduzione del 75% rispetto all'importo dell'anno precedente. Tale ulteriore taglio si aggiunge a quelli effettuati al bilancio della cooperazione internazionale italiana, ai contributi alle istituzioni internazionali che aiutano i paesi in via di sviluppo e a quelli per la ricerca scientifica, universitaria e sanitaria.

Questi tagli si ripercuotono significativamente sull'operatività delle organizzazioni del terzo settore, che hanno dimostrato una professionalità molto elevata, oggetto di apprezzamento in Italia e all'estero.

Tagliare i fondi a disposizione del "5 per 1000" significherebbe anche limitare drasticamente la libertà dei cittadini di decidere come destinare la propria quota dell'imposta sui redditi direttamente a sostegno degli operatori del terzo settore.

Per queste ragioni chiediamo al Parlamento Italiano di intervenire per eliminare, nel testo della legge di prossima discussione, il tetto di 100 milioni di euro da destinare al "5 per 1000" per l'anno 2011, ripristinando quanto meno l'importo dei fondi previsti nell'anno 2010.

Ti chiediamo una mano: per dare più forza alla nostra richiesta serve anche la tua firma. Se sei d'accordo con noi, sottoscrivi l'appello su www.iononcisto.org e aiutaci a diffondere la notizia.

http://www.emergency.it/io-non-ci-sto.html


Tutto a posto, niente in ordine.
















Basta con il linciaggio di Roberto Saviano. L’appello di Articolo 21.





Rivendichiamo per noi e per gli altri il diritto di sottoporre a critica qualsiasi autorità, politica, religiosa, civile che sia. Rifiutiamo la sola idea che possano esistere indiscutibili dogmi di fede, figuriamoci se possiamo accettare che possano esistere giornali, giornalisti, trasmissioni, autori, scrittori da santificare e da innalzare sull'altare delle divinità. Questo principio vale per tutte e tutti, anche e forse soprattutto per le persone che stimiamo di più. Da Santoro a Fazio, da Travaglio alla Gabanelli, da Saviano a Camilleri, per fare solo qualche nome.

Per queste ragioni riteniamo che si possa e si debba discutere liberamente anche del programma di Fazio e di Saviano, senza bisogno che si formino tifoserie di varia natura, ma proprio perché non sopportiamo le chiese e i clan, non possiamo tollerare la campagna di linciaggio e di aggressione mediatica e politica in atto, per ragioni di ben altra natura, contro il programma e in particolare contro Roberto Saviano.

L'ultima raffica è arrivata dal
Giornale di Berlusconi che ha promosso una raccolta di firme contro Saviano, contro le sue presunte bugie, contro le "fanforanate "scritte e dette in tv, una vera e propria campagna di intimidazione tesa a ridurre al silenzio chi ha avuto il coraggio di portare alla luce del sole porcherie e intrecci, che dovevano restare sepolti e comunque non avrebbero mai dovuto raggiungere milioni e milioni di persone. A carico di Saviano c'è una imputazione gravissima: avere portato la luce dei riflettori nel regno delle tenebre.

Questo ha fatto saltare i nervi agli amici degli amici, del resto, ancora prima che il programma andasse in onda, il senatore Dell’Utri, che non spreca le parole, aveva ammonito Saviano a non esagerare, a non superare il limite del consentito, a non leggere troppo i documenti e le sentenze.

Del resto questa campagna ha un illustre mandante proprio nel presidente del consiglio che, appena qualche mese fa, si era esibito nella famigerata invettiva: “Basta con questi scrittori e autori che cercano la ribalta parlando di mafia e camorra, questi li strozzerei tutti con le mie mani..”, più o meno così il datore di lavoro del mafioso Mangano aveva scomunicato Saviano e tutti quelli che , invece di far traffici con i trafficanti, hanno deciso di dedicare la loro vita al contrasto delle mafie di ogni natura e in ogni latitudine, dal sud al nord.

Il Giornale, per l'ennesima volta, ha dato fiato alle peggiori pulsioni dell'editore.
Qui non si tratta più di una pacata discussione sui format televisivi o sulla qualità di un programma, o anche sulla validità delle tesi dello scrittore, ma di un vero e proprio assalto ad una persona che, per le sue parole, è costretto a vivere blindato, perché contro di lui è stata pronunciata una condanna a morte dai clan camorristici.

Quando si lancia una iniziativa di questa natura, bisogna sapere che, magari involontariamente, si manda un segnale inquietante e devastante, si strizza l'occhio a chi nelle medesime aule dei tribunali ha indicato in Saviano, nella giornalista Capacchione, nel giudice Cantone, e in altre donne e uomini che amano la legalità, i nemici da colpire. In questo caso non può esserci indulgenza, nè tolleranza, non ci possono essere spazio per i distinguo e per le ambiguità,in questi casi bisogna costruire una muraglia umana solidale non solo attorno a Saviano, ma attorno a chiunque altro possa diventare l'oggetto di questo cecchinaggio.

Per queste ragioni il direttore del sito di Articolo21, Stefano Corradino, con la consueta passione civile ha lanciato un appello che ha già raccolto centinaia di firme, ci permettiamo di proporlo anche a voi, sicuri non solo di una firma, ma anche di un impegno che non conoscerà tregua, sino a quando non avremo liberato l’Italia dalla nube tossica che ha inquinato l'Italia.

“Noi crediamo che sia grazie a Saviano e di tanti altri giornalisti che coraggiosamente, e spesso silenziosamente indagano sulla criminalità, sui rapporti tra mafia, economia e politica se si sia aperto uno squarcio, uno dei tanti muri di omertà di questo Paese, e se si sia arrivati agli arresti di capi clan come Antonio Iovine. Roberto Saviano ed altri giornalisti meno noti hanno avuto il fegato di urlare a Casale di Principe, paese ad alta densità camorristica in faccia ai boss, chiamandoli per nome, "Non valete niente!" Per questo siamo con Roberto, e con tutti i Saviano che ogni giorno dalle redazioni più grandi a quelle più sperdute, da nord a sud ingaggiano una battaglia difficile e rischiosa contro la criminalità e i suoi intrecci perversi”.

L’appello sul sito www.articolo21.org

Giuseppe Giulietti