Rivendichiamo per noi e per gli altri il diritto di sottoporre a critica qualsiasi autorità, politica, religiosa, civile che sia. Rifiutiamo la sola idea che possano esistere indiscutibili dogmi di fede, figuriamoci se possiamo accettare che possano esistere giornali, giornalisti, trasmissioni, autori, scrittori da santificare e da innalzare sull'altare delle divinità. Questo principio vale per tutte e tutti, anche e forse soprattutto per le persone che stimiamo di più. Da Santoro a Fazio, da Travaglio alla Gabanelli, da Saviano a Camilleri, per fare solo qualche nome.
Per queste ragioni riteniamo che si possa e si debba discutere liberamente anche del programma di Fazio e di Saviano, senza bisogno che si formino tifoserie di varia natura, ma proprio perché non sopportiamo le chiese e i clan, non possiamo tollerare la campagna di linciaggio e di aggressione mediatica e politica in atto, per ragioni di ben altra natura, contro il programma e in particolare contro Roberto Saviano.
L'ultima raffica è arrivata dal Giornale di Berlusconi che ha promosso una raccolta di firme contro Saviano, contro le sue presunte bugie, contro le "fanforanate "scritte e dette in tv, una vera e propria campagna di intimidazione tesa a ridurre al silenzio chi ha avuto il coraggio di portare alla luce del sole porcherie e intrecci, che dovevano restare sepolti e comunque non avrebbero mai dovuto raggiungere milioni e milioni di persone. A carico di Saviano c'è una imputazione gravissima: avere portato la luce dei riflettori nel regno delle tenebre.
Questo ha fatto saltare i nervi agli amici degli amici, del resto, ancora prima che il programma andasse in onda, il senatore Dell’Utri, che non spreca le parole, aveva ammonito Saviano a non esagerare, a non superare il limite del consentito, a non leggere troppo i documenti e le sentenze.
Del resto questa campagna ha un illustre mandante proprio nel presidente del consiglio che, appena qualche mese fa, si era esibito nella famigerata invettiva: “Basta con questi scrittori e autori che cercano la ribalta parlando di mafia e camorra, questi li strozzerei tutti con le mie mani..”, più o meno così il datore di lavoro del mafioso Mangano aveva scomunicato Saviano e tutti quelli che , invece di far traffici con i trafficanti, hanno deciso di dedicare la loro vita al contrasto delle mafie di ogni natura e in ogni latitudine, dal sud al nord.
Il Giornale, per l'ennesima volta, ha dato fiato alle peggiori pulsioni dell'editore.
Qui non si tratta più di una pacata discussione sui format televisivi o sulla qualità di un programma, o anche sulla validità delle tesi dello scrittore, ma di un vero e proprio assalto ad una persona che, per le sue parole, è costretto a vivere blindato, perché contro di lui è stata pronunciata una condanna a morte dai clan camorristici.
Quando si lancia una iniziativa di questa natura, bisogna sapere che, magari involontariamente, si manda un segnale inquietante e devastante, si strizza l'occhio a chi nelle medesime aule dei tribunali ha indicato in Saviano, nella giornalista Capacchione, nel giudice Cantone, e in altre donne e uomini che amano la legalità, i nemici da colpire. In questo caso non può esserci indulgenza, nè tolleranza, non ci possono essere spazio per i distinguo e per le ambiguità,in questi casi bisogna costruire una muraglia umana solidale non solo attorno a Saviano, ma attorno a chiunque altro possa diventare l'oggetto di questo cecchinaggio.
Per queste ragioni il direttore del sito di Articolo21, Stefano Corradino, con la consueta passione civile ha lanciato un appello che ha già raccolto centinaia di firme, ci permettiamo di proporlo anche a voi, sicuri non solo di una firma, ma anche di un impegno che non conoscerà tregua, sino a quando non avremo liberato l’Italia dalla nube tossica che ha inquinato l'Italia.
“Noi crediamo che sia grazie a Saviano e di tanti altri giornalisti che coraggiosamente, e spesso silenziosamente indagano sulla criminalità, sui rapporti tra mafia, economia e politica se si sia aperto uno squarcio, uno dei tanti muri di omertà di questo Paese, e se si sia arrivati agli arresti di capi clan come Antonio Iovine. Roberto Saviano ed altri giornalisti meno noti hanno avuto il fegato di urlare a Casale di Principe, paese ad alta densità camorristica in faccia ai boss, chiamandoli per nome, "Non valete niente!" Per questo siamo con Roberto, e con tutti i Saviano che ogni giorno dalle redazioni più grandi a quelle più sperdute, da nord a sud ingaggiano una battaglia difficile e rischiosa contro la criminalità e i suoi intrecci perversi”.
L’appello sul sito www.articolo21.org
Giuseppe Giulietti
Per queste ragioni riteniamo che si possa e si debba discutere liberamente anche del programma di Fazio e di Saviano, senza bisogno che si formino tifoserie di varia natura, ma proprio perché non sopportiamo le chiese e i clan, non possiamo tollerare la campagna di linciaggio e di aggressione mediatica e politica in atto, per ragioni di ben altra natura, contro il programma e in particolare contro Roberto Saviano.
L'ultima raffica è arrivata dal Giornale di Berlusconi che ha promosso una raccolta di firme contro Saviano, contro le sue presunte bugie, contro le "fanforanate "scritte e dette in tv, una vera e propria campagna di intimidazione tesa a ridurre al silenzio chi ha avuto il coraggio di portare alla luce del sole porcherie e intrecci, che dovevano restare sepolti e comunque non avrebbero mai dovuto raggiungere milioni e milioni di persone. A carico di Saviano c'è una imputazione gravissima: avere portato la luce dei riflettori nel regno delle tenebre.
Questo ha fatto saltare i nervi agli amici degli amici, del resto, ancora prima che il programma andasse in onda, il senatore Dell’Utri, che non spreca le parole, aveva ammonito Saviano a non esagerare, a non superare il limite del consentito, a non leggere troppo i documenti e le sentenze.
Del resto questa campagna ha un illustre mandante proprio nel presidente del consiglio che, appena qualche mese fa, si era esibito nella famigerata invettiva: “Basta con questi scrittori e autori che cercano la ribalta parlando di mafia e camorra, questi li strozzerei tutti con le mie mani..”, più o meno così il datore di lavoro del mafioso Mangano aveva scomunicato Saviano e tutti quelli che , invece di far traffici con i trafficanti, hanno deciso di dedicare la loro vita al contrasto delle mafie di ogni natura e in ogni latitudine, dal sud al nord.
Il Giornale, per l'ennesima volta, ha dato fiato alle peggiori pulsioni dell'editore.
Qui non si tratta più di una pacata discussione sui format televisivi o sulla qualità di un programma, o anche sulla validità delle tesi dello scrittore, ma di un vero e proprio assalto ad una persona che, per le sue parole, è costretto a vivere blindato, perché contro di lui è stata pronunciata una condanna a morte dai clan camorristici.
Quando si lancia una iniziativa di questa natura, bisogna sapere che, magari involontariamente, si manda un segnale inquietante e devastante, si strizza l'occhio a chi nelle medesime aule dei tribunali ha indicato in Saviano, nella giornalista Capacchione, nel giudice Cantone, e in altre donne e uomini che amano la legalità, i nemici da colpire. In questo caso non può esserci indulgenza, nè tolleranza, non ci possono essere spazio per i distinguo e per le ambiguità,in questi casi bisogna costruire una muraglia umana solidale non solo attorno a Saviano, ma attorno a chiunque altro possa diventare l'oggetto di questo cecchinaggio.
Per queste ragioni il direttore del sito di Articolo21, Stefano Corradino, con la consueta passione civile ha lanciato un appello che ha già raccolto centinaia di firme, ci permettiamo di proporlo anche a voi, sicuri non solo di una firma, ma anche di un impegno che non conoscerà tregua, sino a quando non avremo liberato l’Italia dalla nube tossica che ha inquinato l'Italia.
“Noi crediamo che sia grazie a Saviano e di tanti altri giornalisti che coraggiosamente, e spesso silenziosamente indagano sulla criminalità, sui rapporti tra mafia, economia e politica se si sia aperto uno squarcio, uno dei tanti muri di omertà di questo Paese, e se si sia arrivati agli arresti di capi clan come Antonio Iovine. Roberto Saviano ed altri giornalisti meno noti hanno avuto il fegato di urlare a Casale di Principe, paese ad alta densità camorristica in faccia ai boss, chiamandoli per nome, "Non valete niente!" Per questo siamo con Roberto, e con tutti i Saviano che ogni giorno dalle redazioni più grandi a quelle più sperdute, da nord a sud ingaggiano una battaglia difficile e rischiosa contro la criminalità e i suoi intrecci perversi”.
L’appello sul sito www.articolo21.org
Giuseppe Giulietti
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