Inoltre, sempre dal 1997, l’età pensionabile è stata portata a 65 anni, ma si abbassa a 60 per chi è in carica da più di cinque anni. Ovviamente chi prima di essere eletto ha già aperto una posizione previdenziale, si vede aggiunta quella parlamentare. Fece scalpore il caso di Toni Negri, che ebbe un duplice vantaggio: nel 1983, leader di Potere operaio detenuto per associazione sovversiva e insurrezione armata contro i poteri dello Stato, venne inserito da Marco Pannella nelle liste dei Radicali per garantirgli di tornare in libertà; eletto in Parlamento Negri dopo poche settimane si diede alla latitanza in Francia senza farsi vedere a Montecitorio dopo le prime sedute, maturando comunque un vitalizio di oltre 3mila euro mensili che percepisce tutt’ora.
Diritto che ha anche Valter Veltroni. L’ex sindaco di Roma è un deputato in pensione da quando ha 51 anni. Consigliere comunale dal 1976 e deputato dal 1987, Veltroni ha maturato preso i 23 anni di contributi necessari per maturare un vitalizio mensile di 9 mila euro lordi che ogni mese riceve dalla Camera. Ma ha sempre dichiarato di versarli in beneficenza alle popolazioni africane.
Di casi simili ce ne sono parecchi tra gli oltre tremila che ricevono il vitalizio. Complessivamente sono 2.238. 1.377 ex deputati e 861 ex senatori. A questi vanno aggiunte le 1.064 reversibilità, per un totale di 3.302. Escluse, come detto, le reversibilità pagate ai familiari di parlamentari scomparsi, stando agli ultimi dati resi noti da Palazzo Madama e Montecitorio. Non stupisce dunque che in pochi siano disposti a farne a meno. Del resto c’è la crisi.