giovedì 10 marzo 2011

Per ora nessun rimpasto di governo Troppe pretese da Lega e Responsabili. - di Emiliano Liuzzi


Bossi pretende per il suo partito il ministero delle Politiche Agricole. In alternativa, vuole poltrone pesanti come quella di Finmeccanica. Ma Berlusconi, alle prese con il rafforzamento della maggioranza: il colpo grosso di oggi è stato riprendersi da Fli Giulia Cosenza, compagna del finiano ed ex ministro Andrea Ronchi

La deputata ex finiana Giulia Cosenza

I guai non finiscono mai. La maggioranza creata a tavolino, quella fatta di acquisti e promesse – l’ultimo parlamentare arriva da Fli, si chiamaGiulia Cosenza, che, piccolo particolare, è anche la compagna del finiano fu ministro Andrea Ronchi, ed è un ritorno al Pdl – diventa per Silvio Berlusconi un problema più serio di quanto potesse pensare. Dopo quindici giorni sono tutti alla porta in cerca di un ministero, un sottosegretariato, un posto in un’azienda pubblica. Un gran bazar che probabilmente non era previsto. Berlusconi conta di avere alla Camera 330 voti, ma non ha ancora deciso come ricambiare i nuovi arrivati. Sull’argomento, proposto in apertura alla conferenza stampa per la presentare “l’epocale riforma della giustizia” Berlusconi ha spiegato al giornalista di essere andato fuori tema. “Mancano due ministri per problemi che ci sono stati all’interno della maggioranza, ma non è questo il tema dell’incontro”, ha risposto quasi seccato. Segno che non ci sarà nessun rimpasto a breve.

Rastrellamento della Lega. Bossi e i suoi, anche sulla riforma della giustizia, non sarebbero stati così celeri. Non che non la condividano, ma di padano ha poco. Però hanno deciso di votarsi comunque alla causa. In cambio, però, il ministero delle Politiche agricole deve arrivare.Federico Bricolo, capogruppo del Carroccio al Senato, sarebbe in trepida attesa da giorni di una chiamata al Colle. Non sarà oggi, perché il rimpasto il premier vorrebbe affrontarlo la prossima settimana, una volta confezionata la riforma della giustizia. Ma non è questione di tempi. C’è un problema relativo alle quote latte e i leghisti vogliono un loro uomo per provare a risolverlo. Questo vorrebbe dire voti. Il fatto è che Berlusconi deve accontentare anche i Popolari per l’Italia (cinque deputati e un senatore) che premono per Saverio Romano. Un veto non esiste da parte della Lega, ma Bossi vuole poltrone alternative. E pesanti. La presidenza dellaFinmeccanica, in primis (occupata saldamente da Pier Francesco Guarguaglino, che a suo favore porta anche risultati), e quella delle Poste perché, da qui, dovrebbero passare gli immigrati in cerca di permesso di soggiorno. Un rebus molto intricato. Berlusconi (e Letta) ci lavorano giorno e notte, ma la coperta è corta, i ministeri liberi sono due: quello alla Cultura (Sandro Bondinon è formalmente dimissionario, ma non lo vedono da tempo al lavoro) e quello alle Politiche comunitarie. Questo per quanto riguarda i ministeri. Sulle aziende a partecipazione pubblica bisogna che trovino un accordo, oltre al premier, Letta e Giulio Tremonti. E tra i due ultimamente, non sono rose e fiori. Tremonti, il più leghista tra i berluscones, sarebbe per accontentare Bossi e piazzare qualcuno dei suoi, Letta invece frena. Con queste premessse non è possibile parlare di tempi brevi.

La grana dei Responsabili. C’è chi minaccia di lasciare il gruppo se Saverio Romano verrà nominato ministro. Non c’è accordo nel gruppo dei Responsabili sul rimpasto: Sardelli ha visto ieri sera Berlusconi proprio per ribadire la necessità di un via libera al pacchetto completo, ministri e sottosegretari. Ma dal Colle, è emerso nei giorni scorsi, c’è forte perplessità in quanto non si avverte l’urgenza di un disegno di legge per l’ampliamento dell’esecutivo, tanto che il premier si sarebbe convinto a procedere attraverso questa strada, che però comporta un allungamento dei tempi. In un primo momento sembrava esserci un’accelerazione sul cambio al ministero dell’Agricoltura con Romano addirittura pronto a salire al Quirinale per il giuramento. Accelerazione che però non ci sarà. Restano le tensioni nel gruppo creato per soccorrere l’esecutivo: per Antonio Razzi è diventato un “kindergarten”, ovvero “un asilo d’infanzia”. L’ex Idv è rimasto deluso per la nomina di Pisacane a segretario d’Aula.

Ma Berlusconi non chiude la campagna acquisti. Intanto il premier è in continuo contatto con altri deputati che potrebbero passare nella maggioranza. Tra questi una esponente di Fli, Giulia Cosenza, già ufficializzata, due dell’Mpa. E nel Pdl si insiste anche sulla possibilità di un ingresso proveniente dall’Idv anche se il partito di Di Pietro smentisce fuoriuscite. Il Cavaliere, oltre a fare il punto sulla giustizia (l’iter della riforma partirebbe non dal Senato, ma dalla commissione Affari costituzionali di Montecitorio, spiega una fonte parlamentare che garantisce: “Non si creerà nessun ingorgo, perché gli altri provvedimenti, processo breve e intercettazioni, andranno avanti in commissione Giustizia e in aula”) dovrebbe fare il punto sulle amministrative. Berlusconi ha vistoVerdini e Cosentino per il via libera su Lettieri. Sul nome dell’ex capo degli imprenditori napoletani, viene spiegato, rimane per qualche perplessità, che tuttavia i vertici di via dell’Umiltà sono certi di superare già nella riunione di stasera. Sempre ieri sera, spiegano le stesse fonti, sono state affrontate anche le candidature per i presidenti di provincia, soprattutto laddove la Lega ha fatto sapere che intende correre da sola. C’è preoccupazione per la decisione del Carroccio e anche per l’esito della prossima tornata elettorale in alcune regioni. Si teme, per esempio, che lo scandalo che ha coinvolto Moratti jr possa nuocere al primo cittadino.




Soldi per cambiare l’età di Ruby Chi li ha mandati?





Blitz di due emissari in Marocco per falsificare i certificati e rendere la ragazza maggiorenne. Salvando in questo modo Berlusconi.

Una donna a disposizione? No. Questa volta no. Questa volta potere, denaro, forza non sono serviti a niente. Una signora quarantenne, funzionario pubblico di una sperduta cittadina del Marocco, ha scelto di fare il suo dovere, di non barattare la sua dignità con quella che per lei era una montagna di denaro. Dietro garanzia dell’anonimato Fatima (il nome è di fantasia) ha accettato di raccontare al Fatto Quotidiano quello che è successo. Un mese fa due italiani, accompagnati da un interprete marocchino, sono venuti qui, a Fkih Ben Salah, ai piedi delle montagne dell’Atlante. Si sono presentati in municipio e le hanno chiesto di cambiare i dati anagrafici di una certa Karima El Marough. Già, proprio lei, Ruby, la ragazza che ancora minorenne avrebbe avuto rapporti sessuali a pagamento con Silvio Berlusconi. Quella coppia di stranieri aveva in mente un piano preciso. E per questo hanno chiesto a Fatima, dirigente dell’amministrazione comunale, di diventare loro complice. Eccolo, il piano: si sostituisce un documento con un altro, si fa scomparire per qualche tempo un pubblico registro e il gioco è fatto. Ruby, che è nata a Fkih il primo novembre del 1992, di colpo sarebbe invecchiata di un paio d’anni. Quanto basta per farne almeno una diciottenne all’epoca della sua frequentazione con il premier. Problema risolto, quindi, perché pagare una prostituta maggiorenne non è reato.Blitz di due emissari in Marocco per falsificare i certificati e rendere la ragazza maggiorenne. Salvando in questo modo Berlusconi


Il sultano di Arcore
A questo, allora, serviva la missione in Marocco di quei due italiani. Serviva a truccare le carte, a cambiare i connotati della storia che da cinque mesi tiene in ostaggio Berlusconi e l’intero governo del nostro Paese. A prima vista poteva sembrare una truffa ben congegnata e neppure troppo costosa. Fkih, 90 mila abitanti, è una cittadina povera nel mezzo di una regione depressa, spopolata da un’emigrazione massiccia verso l’Italia, la Francia, la Spagna. Non c’è famiglia qui, che non abbia qualche parente in Europa. In Sicilia è sbarcato più di vent’anni fa anche il padre di Ruby, Mohammed El Marough, che vive a Letojanni, in provincia di Messina. E allora, devono aver ragionato i due misteriosi italiani, una mancia sostanziosa, qualche migliaio di euro, avrebbe messo in moto la burocrazia del posto. Si sbagliavano. Fatima non si è fatta corrompere. Si è rifiutata di metter mano ai documenti che riguardano quella sua concittadina colpita da improvvisa notorietà dall’altra parte del Mediterraneo. Fatima, a dire il vero, non sapeva neppure chi fosse questa Karima. Gliel’hanno spiegato qualche giorno dopo i suoi parenti che abitano in Italia. Le hanno raccontato di un presidente del Consiglio che riempie la casa di ragazze con cui trascorre allegre nottate. Le hanno detto del bunga bunga. E chissà che cosa aver pensato lei, donna musulmana, ad ascoltare le avventure erotiche di Silvio il sultano di Arcore. Di questo con noi ha preferito non parlare. Pudore, forse. Ma la storia dei due viaggiatori italiani in trasferta a Fkih, quella no, quella non poteva proprio tenersela per sè. A metà febbraio, tramite un parente, Fatima ha contattato il Fatto Quotidiano. Due settimane di verifiche. Poi il viaggio sul posto, in Marocco, per raccogliere la sua testimonianza e nuovi elementi utili a chiarire la vicenda. Ecco, allora, il racconto di Fatima agli inviati del Fatto Quotidiano. “La mattina del 7 febbraio mi hanno chiamata fuori dal mio ufficio”, dice. “Erano in tre. Due parlavano italiano”. Ne è sicura. Conosce il suono di quella lingua grazie ai suoi famigliari emigrati. Poi c’era un interprete, un marocchino, un tipo distinto. “Mi è sembrato di capire – ricorda Fatima – che anche lui venisse dall’Italia, forse da Milano”.

Operazione ritocco
Prima le hanno spiegato che volevano dare un’occhiata ai documenti d’anagrafe di questa tale Karima. Poi hanno fatto capire che la data di nascita annotata sul pubblico registro non è quella giusta. E allora potrebbe essere necessario correggere l’errore con un nuovo atto in cui inserire l’anno giusto, il 1990, al posto del 1992. Per capire fino in fondo questa strana storia bisogna sapere che nei centri minori del Marocco l’anagrafe non è informatizzata. I nuovi nati vengono registrati in libroni scritti a mano e compilati in ordine cronologico. Un sistema arcaico, certo. Paradossalmente, però, truccare i numeri in un computer può rivelarsi più semplice che falsificare uno di questi registri. Per fare un lavoro perfetto bisognerebbe riscrivere tutto il volume, omettendo la pagina che si vuole cambiare. Poi si fa lo stesso lavoro sul registro di due anni prima, ma qui invece di cancellare si aggiunge un foglio, quello della persona di cui si vuole spostare la data di nascita. Volendo c’è una scorciatoia. Con l’aiuto di un funzionario compiacente si può compilare un estratto di nascita falso e questo inizialmente sarà sufficiente a ingannare il pubblico. I libroni possono essere sistemati in seguito, con calma. Così, se qualcuno, magari dopo qualche mese, si spingerà fino in Marocco per confrontare la data dell’estratto con quella del registro, tutto coinciderà.

Ovviamente quei tizi venuti dall’Italia erano disposti a pagare per il disturbo. “Mi hanno offerto una somma importante”, rivela Fatima senza specificare la cifra. Certo, confessa, quei soldi le avrebbero fatto comodo. Ci ha pensato un po’, ingolosita. Che fare? Alla fine ha preferito lasciar perdere perché, ci spiega, non voleva “passare dei guai”. E poi ha pensato anche a Karima. “Se avessi accettato l’offerta – racconta – avrei potuto creare dei problemi anche a questa mia concittadina”. Problemi per Ruby? Non proprio. Di certo se quella data di nascita fosse stata davvero anticipata di due anni, buona parte dei guai di Berlusconi si sarebbero risolti d’incanto. Caduta l’accusa di prostituzione minorile, il premier avrebbe dovuto rispondere della sola concussione. Niente da fare.

L’incastro delle date
“Non posso accettare”, ha risposto Fatima ai suoi interlocutori, quasi scusandosi. Era il 7 febbraio, un lunedì. In Italia, a quell’epoca nessuno aveva sollevato pubblicamente la questione dell’età di Ruby. Giravano molti pettegolezzi, questo sì, a proposito di una ragazza dal fisico appariscente, che sembrava più vecchia della sua età. Solo voci, però. Fino a quando, giovedì 3 marzo, il Giornale annuncia: “Il premier cala l’asso: Ruby era maggiorenne”. È questo il titolo a tutta pagina di un articolo in cui si racconta che Berlusconi, in alcuni colloqui privati, avrebbe confidato di “avere la prova che Ruby è stata registrata all’anagrafe due anni dopo la sua nascita”. Nello stesso articolo si parla di indagini difensive che sarebbero sbarcate “dall’altra parte del Mediterraneo”. Indagini qui, a Fkih Ben Salah, la città natale di Ruby? Fatima non ne sa nulla. Si ricorda bene però di quei due italiani. Due italiani che volevano corromperla.

di Lorenzo Galeazzi, Vittorio Malagutti e Massimo Paradiso




Giustizia: da Cdm via libera a riforma costituzionale.



ROMA - Il consiglio dei ministri ha dato via libera all'unanimita' al disegno di legge costituzionale per la riforma della giustizia. Lo si apprende da fonti governative.

Il Consiglio dei ministri ha salutato con un applauso indirizzato al ministro della Giustizia Angelino Alfano l'approvazione del disegno di legge costituzionale sulla riforma della giustizia. Lo riferiscono fonti governative.


BERLUSCONI: MAGGIORANZA SOLIDA, ARRIVEREMO A QUOTA 330 - Abbiamo una maggioranza solida e contiamo di arrivare a 330 deputati a Montecitorio. E' il ragionamento svolto dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, nel corso del Consiglio dei ministri, secondo quanto riferito da fonti governative.

La riforma della giustizia è un punto qualificante della nostra azione di governo, una riforma organica, di prospettiva e di profondo cambiamento che non ha nulla a che fare con i processi in corso. E' il ragionamento svolto dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, nel corso del Consiglio dei ministri, secondo quanto riferito da fonti governative. Il Cavaliere ha in sostanza negato che si tratti un provvedimento 'ad personam' e sottolineato che non è contro qualcuno ma va nell'interesse generale del paese.

Chi era in Consiglio dei ministri descrive un Silvio Berlusconi "molto soddisfatto" dall'approvazione da parte del governo del ddl costituzionale in materia di giustizia. Attendevo questa riforma da anni, da quando ho cominciato a occuparmi di politica, ha detto il presidente del Consiglio, secondo quanto riferito da alcuni presenti.

BOZZA, TOGHE RESPONSABILI COME DIPENDENTI P.A. - "I magistrati sono direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione dei diritti, al pari degli altri funzionari e dipendenti dello Stato". E' quanto prevede l'ultima bozza di riforma della giustizia, in 16 articoli, che il Guardasigilli Angelino Alfano ha illustrato al Quirinale. Questo significa che le toghe potranno essere chiamate a rispondere di tasca propria dal cittadino che potrà citare direttamente loro in giudizio e non lo Stato come è ora. Nella bozza, di cui l'Ansa è in grado di anticipare i contenuti, si prevede anche, come aggiunta all'articolo 113 della Costituzione (diventa il 113 bis), che "nei casi di ingiusta detenzione o di altra indebita limitazione della libertà personale, la legge regola la responsabilità civile dei magistrati" la quale "si estende allo Stato".

BOZZA, DUE CSM PRESIEDUTI DA CAPO STATO - I Csm diventano due: uno per i giudici e uno per i Pm. Entrambi presieduti dal Capo dello Stato. E' questa la novità introdotta nell'ultima versione della bozza della riforma della giustizia. Cade dunque l'ipotesi che a capo del Csm dei magistrati requirenti vada il Procuratore generale della Cassazione eletto dal Parlamento in seduta comune su indicazione del Csm. Parte quest'ultima eliminata nelle ultime ore.

Del Csm dei giudici farà parte di diritto il primo presidente della Corte di Cassazione. Gli altri componenti saranno per il 50% scelti dai giudici previo sorteggio degli eleggibili (con l'intento di ridurre il peso delle correnti della magistratura associata), per l'altra metà dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università di materie giuridiche ed avvocati dopo 15 anni di esercizio. Il vicepresidente del Csm della magistratura giudicante sarà scelto tra i componenti laici. Durano in carica 4 anni e non sono rieleggibili (in Costituzione ora si prevede che non siano "immediatamente rieleggibili"). La novità dell'ultima ora riguarda il Csm dei Pm: sarà anch'esso presieduto dal capo dello Stato e ne farà parte come membro di diritto il Procuratore generale della Cassazione, ma salvo cambiamenti dell'ultim'ora, si prevede un ribaltamento dell'attuale proporzione ora a maggioranza 'togata'. La componente 'togata' dovrebbe infatti essere ridotta a un terzo (previo sorteggio degli eleggibili) mentre quella 'laica' arriverebbe a due terzi. Modifiche anche all'attuale art. 105 della Costituzione: i consigli superiori - secondo l'ultima versione di bozza - "non possono adottare atti di indirizzo politico né esercitare attività diverse da quelle previste dalla Costituzione". Espunta dalla bozza, invece, l'iniziale previsione secondo cui i Csm avrebbero potuto esprimere parere sui ddl del governo solo su richiesta del ministro della Giustizia.

BOZZA, OBBLIGO AZIONE PENALE MA CRITERI LEGGE - "L'ufficio del Pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale secondo i criteri stabiliti dalla legge". E' quanto prevede l'ultima versione della bozza della riforma della giustizia messa a punto dal Guardasigilli Angelino Alfano in vista del Cdm di domani. Se ad oggi l'articolo 112 della Costituzione prevede che "Il Pm ha l'obbligo di esercitare l'azione penale", nella penultima bozza la formulazione era "secondo le modalità stabilite dalla legge". Ora, invece, la versione sottoposta al Quirinale parla di "criterì. Comunque un'azione penale limitata rispetto a quella che oggi può esercitare il Pm.

BOZZA, CORTE DISCIPLINA DIVISA IN 2 SEZIONI - Come il Csm, anche la nuova Corte di disciplina dei magistrati sarà divisa in due: una sezione per i giudici e una sezione per i pubblici ministeri. E' questa una delle novità dell'ultima bozza di riforma della giustizia. I componenti di ciascuna sezione saranno nominati per metà dal Parlamento in seduta comune e per metà da tutti i giudici e Pm (previo sorteggio degli eleggibili). La Corte di disciplina eleggerà un presidente e ciascuna sezione a sua volta un vicepresidente tra i componenti nominati dal Parlamento. La legge - secondo la nuova versione dell'art. 105 bis della Costituzione contenuto nella bozza -"assicura l'autonomia e l'indipendenza della Corte di disciplina e il principio del giusto processo nello svolgimento della sua attività".

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/politica/2011/03/09/visualizza_new.html_1558135241.html


Intervallo.



Le kappa inutilmente compulsive di Sarita Tommasi. - di Andrea Scanzi.




bernini

Mi ero appena innamorato. Di Anna Maria Bernini, l’imprecisato onorevole Pdl. L’avevo vista ad Annozero. Era stata mandata in prima linea con la serenità di chi sa di poter fare a meno del due di picche. Essendo, per giunta, briscola quadri.
Bel talento, la Bernini. Garbata, a modo suo. Ha esordito dicendo sette volte “iato”, parola che Benedetto Croce riteneva già desueta quando faceva l’analisi testuale della Cavallina stornadel Pascoli (che palle, il Pascoli). Poi è andata giù di brutto (cit) con parole lisergiche tipo “carotaggio”, di cui ovviamente ignorava il significato: per quello le diceva.
Momenti inebrianti.
La Bernini mi ha colpito per due motivi. Il primo è la sperequazione – altra parola da usare in heavy rotation per fare i colti: sperequazione. Non vuol dire nulla, ma colpisce sempre lo spettatore (che è stupido: per questo esistono Pdl e Pd. Per colmare il vuoto con un vuoto al quadrato).
Dicevo, il primo aspetto conturbante è la sperequazione tra l’apparente esondazione di botox, che parrebbe tradire il desiderio di affascinare esteticamente, e un look sostanzialmente vedovile, con stivali neri morigerati, senza tacco o ammicco: quasi a dissociarsi dal suo ipotetico chirurgo estetico.
Il secondo vanto berniniano è l’oculista. Lo stesso di Mara Carfagna. Entrambe hanno questa espressione sgranata, questi occhi lussuriosamente a palla. Questo sguardo perennemente stupito, come di chi ha appena visto un’erezione maestosa di Mike Tyson.
I like it.

Culi flaccidi e Comete di Halley anziane. Mi ero innamorato, già, ma è durata poco. Del resto quando ero piccolo mi innamoravo di tutto (cit), e ora che son cresciuto mica è cambiato nulla. Così mi sono innamorato anche di Nicole Minetti. Soprattutto quando ha dato del “culo flaccido” a Silvio Berlusconi. Riflettiamoci: uno come Berlusconi può accettarla, un’offesa come “pezzo di merda”. Fa quasi curriculum. Ci sta. E può persino tollerare la definizione “vecchio”, sebbene Egli sia immortale e ritenerlo vecchio sarebbe come dire che la Cometa di Halley è un po’ anziana. Berlusconi è oltre il tempo. Come la De Lorean.
Ma “culo flaccido”, diamine, no. Cribbio, no. Numi santissimi, no. E’ qualcosa che colpisce il narcisismo, che affossa il Sildenafil e offende il cipiglio delle pompette idrauliche. Non si fa.
La mia solidarietà a Berlusconi – ma anche alla Minetti, che in cinque secondi ha detto più cose di sinistra che D’Alema in tutta la sua vita.
nicole-minetti_1581670iPoi però mi è passata la fascinazione per leLDM (Labbra Dunlop Minettiane) e mi sono nuovamente erotizzato dinnanzi a Lady Santadechè e Ravetto Regna. Le usano come milizia femminista per difendere il Sire dalle accuse di erotomania. Pensateci: i berluscones sguinzagliano le donne per giustificare la vita privata (e non solo privata) di un 75enne apparentemente satiro. Sarebbe come se chiamassero François Villon per difendere la forca. O William Burroughs per promuovere la disintossicazione. Oppure me come venditore di infradito. Sarei credibile? No.
Però loro lo difendono. E la gente ci crede. Come crede alle nipoti di Mubarak. Che poi non erano nipoti di Mubarak. Però forse sì: garantisce l’onorevole risorgimentale Maurizio Paniz. La versione mono di Camillo Benso Conte di Cavour.
Tutto questo però è evaporato e trasfigurato, scemato e sfumato, come lacrime sotto la pioggia (cit).

Sara Tommasi come Rosa Luxemburg. Ed è scemato perché ora esiste solo e soltanto Sara Tommasi. Essa Vivifica, Signoreggia e Soverchia. Ah, Sara Tommasi. Uh, Sara Tommasi. Sarita Tommasi. Quella che credeva di essere a metà strada tra Edwige Fenech e Angelina Jolie. Quella che va a piangere a RadioDue dal simpatico Lauro e dall’anziano Sabelli Fioretti, parlando di supermercati che la minacciano e avvelenano (potrebbe provare col biologico). Quella che ha paura di Lele Mora e lancia strali su Fabrizio Corona. Quella che, insieme alla presunta arcorina Aida Yespica, si faceva spiegare il mondo dal Mahatma dello Strategismo Sentimentale Marra, in un monumentale video su Youtube. Quella che mandava auguri al Ministro La Russa, chiamandolo “amore” (stica).
Quella che è laureata alla Bocconi ma usa la “k” come i gggggiovani e crede che il congiuntivo abbia la rogna (per questo ne sta così alla larga).
Quella che pare viaggiasse con la guardia del corpo del Presidente del Consiglio (daje).
I suoi sms sono un bignami dell’Italia al tempo di Berlusconi. Ne sia fatta una minima esegesi.

SARA TOMMASI1) “Amore ho ankora y parfum on the skin“.
A chi lo ha scritto? A George Clooney? A Raoul Bova? A Marco Travaglio? No, a Fabrizio Del Noce. La Tommasi aveva ankora l’odore di Del Noce sulla pelle (e con le mani sbucciava cipolle): che culo. Glosse a margine del testo: a) Sarita era pagata un tanto a kappa? b) Quella “y” era un tributo a Chico Caramba Y Carambyta, l’amico di Zagor-te-nay? c) Ultimamente alla Bocconi danno le lauree un po’ alla cazzo, con rispetto parlando.
2) “Se io mi devo kurare, tu piantala con la cocaina, i cani e le mignotte! E festini sexy non me ne sbatte un cazzo stronzo“.
Questo lo scrive a Paolo Berlusconi. Ora, al di là della sintassi afasica (”e festini sexy non me ne sbatte un cazzo” sembra il costruttore automatico di testi vascobrondiani), affascina il riferimento ai cani: che c’entrano? Capisco la cocaina, capisco le mignotte. Capisco pure i festini: ma i cani? Che male fanno? Che colpa hanno? O era un riferimento puntuto a un’imprecisata zoofilia trasversalmente praticata? Mah.
3) “Silvio vergognati! Mi hai fatta ammalare…paga i conti dello psicologo“.
Qui cominciano i messaggi a Silvio. Che sarebbe Berlusconi. Il quale, se avesse contribuito a spingere Sarita dallo psicologo, sarebbe forse da plaudire. La stessa Sarita, con un bipolarismo appena accennato, poco dopo chiosa: “Amore perdonami…ho visto solo ora la tua chiamata. Ultimamente ho problemi con il telefono“. E non solo con il telefono.
4) “Spero k il governo americano inizi a dare lustro a quello ignobile nostrano con i 10 requisiti di ammissione ad Harvard. La politica è una cosa seria“. Un minuto dopo: “Non una barzelletta come l’hai intesa tu“. Venti minuti dopo: “10 requisiti per l’ammissione tra le fila dei parlamentari… tu indagato saresti già fuori. Hai capito?”.
Questa è la versione Sarita Luxemburg. La pasionaria della sinistra. Pur non essendo né pasionaria (non politicamente almeno), né di sinistra. Immaginate se una cosa così la dicesse la Melandri. Già, immaginatelo. E basta.
5) Mi sei mancato tanto. Spero tu mi possa richiamare presto. Ti amo ancora sai? Lady X”.
Sta ancora parlando con Silvio Berlusconi. Che, immagino, le avrà risposto firmandosi “Mazinga Zeta”.

sara-tommasi6) (Nel pomeriggio dello stesso giorno, scrive):Ma perché non mi metti dietro solo il Mora invece k le lesbike??”.
Qui non si capisce se stia alludendo a una posizione kamasutrica (pardon: kamasutrika), a un sandwich con due olgettine o stia piuttosto scrivendo la sceneggiatura del nuovo film di Luca Barbareschi (futuro successo in prima serata su RaiTre). Nel dubbio, non favello né mi rispondo.
7) “Spero k krepi kon le tue Troie”.
Sta rivolgendosi ancora (scusate: ankora) a Berlusconi. Il profluvio di kappa è ormai irrefrenabile. Del messaggio piace soprattutto quel “Troie” in maiuscolo. Probabilmente era convinta di essere dentro un poema omerico.
8 ) “Stai abusando di potere“.
C’è arrivata financo Sarita Tommasi. E Veltroni no. Quando dici la sfiga.
9) “Ci vuole una buona reputazione per governare!! Anke tu fai festini Dinho deve tornare!”.
L’sms è importante perché lascia intendere che Sarita Tommasi era, insieme al marito di Benedetta Parodi, l’unica a tifare Ronaldinho. Un giocatore così lento che perfino al Subbuteo lo esortavano ad essere meno statico.
10) (il mio preferito). “Riprendi subito Ron nella tua squadra di merda o ti faccio escludere da Obama e dai grandi del mondo e dalla politica internazionale”.
Calma: questo è un messaggio importante. Molto importante. Prestate attenzione. Ci dice tante cose. Ad esempio che Sarita Tommasi conosce bene Obama. E conosce benissimo la politica internazionale (qualsisi cosa voglia dire). Ha un potere tale da cacciare Berlusconi dall’Olimpo dei grandi del mondo. Non solo: se vuole si trasforma in un razzo missile, mangia libri di cibernetica e tra le stelle sprinta e va (ma un cuore umano ha).
Tutto molto bello. Ho giusto e ancora un dubbio: ma a Barack Obama, se Ron (il cantante?) andava via dal Milan, cosa gliene fregava? Perché doveva punire Berlusconi? Niente, non ci arrivo. Non lo capisco. Colpa mia. Dovevo laurearmi anch’io alla Bocconi. Come la Tommasi. Dovevo anch’io mangiare insalate di cibernetica. Protetto da scudi termici. Per poi diventare intergalattico. E andare a giocare su Marte. Senza così sentire gli spifferi di questo pseudo-Satyricon scritto malissimo.
Buona catastrofe.

P.S. Silvio Berlusconi ha appena detto che farà causa allo Stato. Anch’io. Per essersi fatto ridurre così. E per sua stessa mano.

http://scanzi-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2011/02/09/le-kappa-inutilmente-compulsive-di-sarita-tommasi/


mercoledì 9 marzo 2011

“Troppi meridionali negli Alpini” La Lega chiede le quote verdi.


Ogni tanto, nei meandri dei corridoi romani, il senatùr ci prova a indossare lo smoking. Memorabile quando si autoproclama mediatore delle tensioni interne al governo. Ma Umberto Bossi si veste in scuro anche quando affronta – poche volte – problemi di politica internazionale oppure quando dice di non volere la secessione, ma solo il federalismo. Ma se lui gioca a fare l’uomo di governo, i suoi non smettono di rispolverare periodicamente la vecchia canotta e sbraitare. E l’ultima trovata in questo stile arriva dal Veneto con uno dei più classici slogan storici: “Fuori i terroni”. Dall’Italia? No, per ora “solo” dal corpo degli Alpini. Un gruppo di parlamentari delCarroccio, primo firmatario il bellunese Franco Gidoni, ha presentato una legge per reclutare gli Alpini al nord. Troppi i meridionali tra le penne nere, sarebbe opportuno inserire le quote verdi.

Chi pensasse a uno scherzo, sappia che la proposta è materia di discussione in parlamento. La legge ha già superato tutte le commissioni e arriverà al voto alla Camera nelle prossime ore. Un traguardo quasi raggiunto. Dicono. Sperano, visto che l’esito non è per niente scontato con l’aria che tira a Montecitorio negli ultimi mesi. E comunque non è un pesce d’aprile anticipato.

Lo spirito della proposta la spiega al fattoquotidiano .it lo stesso Gidoni, il parlamentare che più di tutti si è impegnato per riportare il nord negli alpini: “Inutile mettere in un bel barattolo la pummarola fatta in Cina. Sbaglio? Bene, come la pummarola sta a Napoli, l’alpino sta alle nostre montagne, quelle del Veneto, del Friuli, Lombardia, Piemonte e, solo in parte, l’appennino tosco emiliano e i rilievi dell’Abruzzo. Il resto – e oggi sono la maggioranza – con le penne nere c’entra poco. Ben vengano, passatemi la battuta, i Salvatore Carmelo, ma la tradizione alpina sta da un’altra parte”.

Il metodo scelto è l’incentivo. Oggi alla divisa si arriva per concorso e il dato anagrafico sulla nascita inciderà sull’aumento del punteggio. Chi è nato a Feltre partirà avvantaggiato rispetto a chi è partito, sacco in spalla, da Ragusa. Bisognerà però vedere se la norma sarà compatibile con la Costituzione italiana.

“Non avevamo altra scelta. Oggi su 47.000 solo 5.000 provengono da zone a tradizione alpina. E non può essere tollerato. Anche perché il corpo ha sempre più una funzione di protezione civile e chi è nato in montagna sa arrampicarsi su una parete meglio di chi proviene da una località di mare, questo credo sia oggettivo. Poi c’è una tradizione da rispettare, c’è gente che da quattro, cinque generazioni veste quella divisa e deve continuare a portarla con orgoglio. Se basterà aumentare il punteggio nel concorso? Non credo, ma noi inviteremo i nostri Comuni, le Province e le Regioni anche a mettere in pratica altri tipi di provvedimento, più strettamente economici. Come sgravi fiscali per le reclute del nord o altri provvedimenti di competenza degli enti locali”.

Gidoni, sulla sua strada, di alleati ne ha trovati. A sorpresa ha aderito alla proposta ancheEdmondo Cirielli del Pdl, eletto a Salerno. Ma il gruppo Gidoni trova un inaspettato nemico sulla sua strada, l’ultra leghista Giancarlo Gentilini, il ‘vecio’, lo sceriffo della Lega, quello che aTreviso (era sindaco, oggi è vice perché non poteva essere rieletto) toglieva le panchine dalle piazze per far sloggiare gli extracomunitari. Intollerante ai limiti della legalità: ” Io gli immigrati li schederei a uno a uno – una delle sue frasi tristemente celebri -. Purtroppo la legge non lo consente. Errore: portano ogni tipo di malattia: tbc, aids, scabbia, epatite…”. Bene Gentilini, che è anche un ex alpino, è contrario alla legge. “No cari miei – spiega al fattoquotidiano.it al termine di una festa di carnevale tra la sua gente – la strada non è questa. C’è un solo modo. Il ripristino della naja. I giovani hanno bisogno di disciplina, devono tornare a obbedire. Il servizio militare era una scuola di vita. E poi era un controllo sanitario importante, si prevenivano le malattie”. Niente alpini veneti? “Certo che sì, ma una legge così non servirà a niente. L’idea vincente è la mia”.


martedì 8 marzo 2011

Brescia, striscioni LeG rimossi dalla Digos.



Uno striscione rimosso dagli agenti della Digos, l’altro strappato e sostituito con un sacco di escrementi lasciato sul balcone. Accade a Brescia, succede da noi. Due soci di Libertà e Giustizia sono finiti al centro di uno strano caso che sa di intimidazione. Un giallo dai contorni per niente chiari con tanto di lettera ai giornali e esposto alla Procura.

La storia parte da lontano, da quando cioè l’associazione lancia la campagnaDimettiti, rivolta al presidente del Consiglio. Una raccolta di firme è il filo conduttore di una mobilitazione pacifica che culmina con l’incontro al Palasharp del 5 febbraio e continua con campagne di sensibilizzazione in tutte le città. A Brescia, il circolo di LeG, decide di appendere ai balconi striscioni con l’invito a dimettersi rivolto a Silvio Berlusconi. “B. offendi l’Italia, dimettiti”, “B., per favore, dimettiti”, “B. vergogna, dimettiti”. Nel giro di pochi giorni la città si riempie, oggi se ne contano ancora una cinquantina per le vie del centro e anche un po’ oltre, in periferia.

Qualche giorno fa, uno dei soci di LeG, quando di mattina apre le persiane, trova che il suo striscione è stato strappato, ridotto a brandelli. Al suo posto, sul terrazzino spunta un sacchetto di escrementi con quello che sembra un bigliettino di accompagnamento: “Ecco il pranzo dei comunisti, firmato S.B.”. Una bravata, commenta lì per lì, la vittima. L’arrivo tempestivo dei vigili urbani aggiunge agitazione su agitazione: chi li ha chiamati? “Arrivassero con la stessa solerzia quando li chiamo per un una macchina in sosta vietata”, si stupisce il proprietario dell’appartamento, in zona Sant’Anna. Un regolamento comunale vieterebbe di esporre striscioni e panni che disturbino il decoro cittadino. Forse, dicono i vicini, si tratta di quello. Del “regalo” trovato sul balcone non parla nessuno. Sicuri che si tratti soltanto di un gesto di pessimo gusto, i padroni di casa decidono di non andare oltre, di non sporgere denuncia.

Poi, però la storia si ripete. Questa volta, non sono mani qualunque quelle che staccano il secondo striscione, dai muri della casa di un altro socio LeG. Lo striscione di via Schivardi, è stato rimosso e sequestrato, domenica, da agenti della Digos che si sono presentati a casa di uno dei vicini, visto che nell’appartamento con lo striscione non c’era nessuno. Gli agenti si sono identificati, hanno chiesto una scala e saliti fini al balcone hanno rimosso lo striscione anti-Cavaliere. Quell’appartamento, in via di ristrutturazione, non è ancora abitato. Sul balcone, pendeva un vecchio lenzuolo con su la scritta: “B., per favore, Dimettiti (tu e la tua corte di 315 schiavi)”.

Che è successo? “Esporre uno striscione è reato? Se sì, quale norma è stata violata? In tal caso, a quale autorità spetta tale contestazione? Interventi di questo tipo rientrano nei compiti della Digos? Non spetta al magistrato ordinare un sequestro e solo in presenza di un reato?”. Queste domande, nero su bianco, sono state spedite con una missiva ai giornali della città. Il proprietario dell’appartamento ha ritenuto di dover fare un esposto alla Procura, per capire meglio. I soci di LeG Brescia si stupiscono che “in Italia si stia arrivando al punto che non sia lecito chiedere le dimissioni di un presidente del Consiglio non stimato”.

http://www.libertaegiustizia.it/2011/03/08/brescia-striscioni-leg-rimossi-dalla-digos/#comments