venerdì 11 marzo 2011

11-03-2001.Цунами и сильное землетрясение в Японии. CNN



Huge Whirlpool after Tsunami hits Japan 8.9 magnitude earthquake - Friday March 11, 2011



Il mio personale pensiero.


La Costituzione non va cambiata.

Chi vuole cambiarla ha problemi personali da risolvere.

Io, se commetto errori, ammetto di doverli pagare e li pago, chi non vuole pagarli, vuole cambiare la Costituzione.

Non c'è bisogno di cambiare la Costituzione, basta correggere le leggi "ambigue" varate dalla politica corrotta.

Buona notte, e buona fortuna!



Il patto segreto tra Berlusconi e i boss. -


L'Espresso racconta i nuovi verbali del pentito Giovanni Brusca. Rotto il silenzio mirato a «non rendere dichiarazioni su persone che sono state "disponibili" con Cosa nostra", il pentito ora parla e pronuncia nomi che scottano: "Il premier, Dell'Utri, Mancino e Ciancimino"

L'homepage del sito "L'Espresso"

Vito Ciancimino, Nicola Mancino, Marcello Dell’Utri, Silvio Berlusconi: quattro nomi omessi in 14 anni di pentimento. A parlarne è Giovanni Brusca, un tempo potente capo della famiglia di San Giuseppe Jato: quello che ha premuto il telecomando per far saltare in aria Giovanni Falcone, la moglie e la sua scorta; quello che ha deciso la morte del piccolo Santino Di Matteo”. Lo racconta L’Espresso in edicola domani con un articolo firmato da Lirio Abbate.

Ma chi è Brusca? Abbate racconta: “E’ stato catturato nel 1996. All’inizio ha tentato una manovra per screditare politici e magistrati, ma è stato smascherato. Allora ha fornito una collaborazione ampia: è stato il primo a rivelare “il papello” e la trattativa tra Stato e cosche nel 1992. Ma lo scorso settembre gli inquirenti hanno scoperto che continuava a gestire traffici e ricatti, proteggendo un tesoro accumulato con i crimini. Ora rischia di perdere i benefici e di essere retrocesso da “pentito” a dichiarante. Adesso – si legge ancora – di fronte alla possibilità di vedere chiudersi le porte del carcere per sempre, senza più permessi, sostiene di volere raccontare la seconda parte della sua storia criminale. Completando un quadro che era già stato in parte intercettato dalle microspie nella sua cella. E ha rotto il silenzio mirato a «non rendere dichiarazioni su persone che sono state “disponibili” con Cosa nostra».

L’Espresso rivela il contenuto dei nuovi verbali di Brusca nei quali “si parla a lungo di Silvio Berlusconi“. Nei verbali il pentito “cita i capitali che sarebbero stati investiti da uomini del padrinoStefano Bontate nelle attività imprenditoriali di Berlusconi negli anni Settanta; dichiara che il fondatore della Fininvest pagava ogni anno a Bontate 600 milioni di lire”. Dopo la morte del padrino, ucciso dai corleonesi nel 1981, i versamenti cessano. Allora – spiega il dichiarante – nel 1986 Ignazio Pullarà fa piazzare dell’esplosivo nella cancellata della residenza milanese di Berlusconi. Una missione nascosta a Riina, che si infuria e decide di gestire personalmente i rapporti col Cavaliere. Che – secondo Brusca e secondo quanto si legge sul settimanale – dopo la bomba ricomincia a pagare mezzo miliardo, direttamente al capo dei capi. «Poi quando venne ucciso Salvo Lima, mi disse che Ciancimino e Dell’Utri si erano proposti come nuovi referenti per i rapporti con i politici».

Nell’articolo si parla anche del ruolo del senatore azzurro Marcello Dell’Utri che «era visto come erede di Bontate perché vicino a quest’ultimo». Brusca spiega che Ganci riferì a Riina: «Dell’Utri è a disposizione». E sottolinea come nel 1993 il collegamento possibile «con il nuovo movimento politico Forza Italia che sta per nascere passa sempre da Dell’Utri». Un legame cementato con ricatti espliciti: parla di messaggi inoltrati a Berlusconi attraverso Mangano, sostiene che alla fine del 1993 furono minacciate altre bombe come quelle di Roma, Milano e Firenze. «Un modo per metterlo in difficoltà» con il governo che si apprestava a guidare, se non avesse varato leggi in favore di Cosa nostra.

Nella seconda parte dell’articolo, Lirio Abbate racconta la cosiddetta “fase due della trattativa Stato-mafia: “Secondo Brusca l’intesa con Forza Italia è la fase due di una strategia nata all’indomani di Capaci – si legge nell’articolo – Nel luglio 1992 – prima dell’autobomba di via D’Amelio – c’era stato il tentativo di venire a patti con le istituzioni, mediato da Vito Ciancimino. E Brusca ribadisce che il referente ultimo della trattativa era Nicola Mancino, all’epoca ministro dell’Interno e uomo forte della Dc”. L’ex boss ricorda quando Riina gli fece il nome di Mancino come la persona che doveva rispondere alle richieste del “papello”. Mette a verbale anche «il disprezzo» di Leoluca Bagarella, cognato di Riina, che commenta la notizia dei vetri blindati installati per proteggere la casa di Mancino. Nicola Mancino, ex vicepresidente del Csm, ha sempre respinto ogni ipotesi di un suo ruolo nella vicenda”.



giovedì 10 marzo 2011

Berlusconi, svelato il mistero “Sotto il cerotto niente.”



Il presidente del Consiglio non ha nessuna ferita al volto. Il suo dentista, Massimo Mazzi: "Solo un sostegno ai punti, anche se è una pratica inusuale. Comunque lo vedrò presto"

Sotto il cerotto niente. Che non abbiano a preoccuparsi i fan del presidente del consiglio Silvio Berlusconi: il cerotto che porta al volto da ieri non è altro che un sostegno ai punti interni per l’intervento maxillo-facciale al quale si è sottoposto dal suo dentista, il dottor Massimo Mazza. E’ lo stesso medico a precisarlo al fattoquotidiano.it: “Qualcuno avrà sicuramente pensato a una sceneggiata: in realtà – spiega – sono stato io a consigliare al premier di mettere un cerotto esterno a sostegno dei punti di sutura che gli ho applicato. Non è rituale, è vero. Ma il premier non si è fermato un attimo, è uno che parla molto, e dunque è stata solo una precauzione aggiuntiva”.

Il presidente del Consiglio è stato sottoposto lunedì all’intervento chirurgico maxillo-facciale di trapianto osseo e implantologia in anestesia generale. Lo aveva rivelato, attraverso un comunicato di Palazzo Chigi, il professor Alberto Zangrillo, medico del premier. “L’intervento è durato quattro ore e si è reso necessario per ripristinare l’anatomia e la funzionalità masticatoria gravemente compromesse in occasione dell’attentato del 13 dicembre 2009″, aveva precisato la nota.

In quella data, un contestatore (Massimo Tartaglia, di cui si è poi accertata l’infermità mentale) lanciò in faccia al premier una miniatura del Duomo di Milano, procurandogli la frattura del setto nasale e la rottura di due denti. Immediato il ricovero al San Raffaele di Milano, poi, per un anno e mezzo nessuna notizia di patologie collegate all’aggressione. All’improvviso, nei giorni scorsi, le cose devono essere precipitate, tanto che il premier è finito di nuovo sul lettino operatorio. “Berlusconi – ha detto a poche ore dall’intervento Zangrillo – è rimasto sotto i ferri per quattro ore in anestesia totale”. Un intervento chirurgico diventato quasi di routine. In genere i postumi sono molto fastidisosi, a volte servono mesi perché i dolori e i fastidi alla mandibola scompaiano. Ma i tempi di guarigione del premier sono probabilmente molto brevi. “Dipende da paziente a paziente”, spiega ancora il dentista che ha effettuato l’intervento. “Ma ripeto, il cerotto è stata una precauzione ulteriore da me voluta. Inusuale, ripeto. Solo una precauzione perché immaginavo che non rispettasse i tempi della degenza”.

Di diverso parere altri dentisti, specializzati nello stesso tipo di patologie, in particolare il professorMarco Finotti di Padova, considerato un assoluto luminare in materia di chirurgia maxillo-facciale odontoiatrica: “Il cerotto”, spiega, “con il trapianto osseo non c’entra assolutamente niente. Sono trent’anni che non interveniamo con incisioni sulla cute. La cicatrice è assolutamente interna. Un sostegno ai punti di sutura? Mi sembra improbabile, ma non conosco il caso nei particolari”.

Già da ieri Berlusconi è tornato nella sua residenza di palazzo Grazioli, ha incontrato la Lega per definire il rimpasto di governo e Alfano per concordare il Consiglio dei ministri di stamani sulla riforma della giustizia. Così, alla conferenza stampa, si è presentato con un vistoso cerotto al volto. Ma sotto, come spiega il suo odontoiatra, non c’è niente. E’ solo un sostegno. “Lo vedrò presto”, spiega il dottor Mazza. “Ma il decorso sono sicuro che sia ottimo”.




Per ora nessun rimpasto di governo Troppe pretese da Lega e Responsabili. - di Emiliano Liuzzi


Bossi pretende per il suo partito il ministero delle Politiche Agricole. In alternativa, vuole poltrone pesanti come quella di Finmeccanica. Ma Berlusconi, alle prese con il rafforzamento della maggioranza: il colpo grosso di oggi è stato riprendersi da Fli Giulia Cosenza, compagna del finiano ed ex ministro Andrea Ronchi

La deputata ex finiana Giulia Cosenza

I guai non finiscono mai. La maggioranza creata a tavolino, quella fatta di acquisti e promesse – l’ultimo parlamentare arriva da Fli, si chiamaGiulia Cosenza, che, piccolo particolare, è anche la compagna del finiano fu ministro Andrea Ronchi, ed è un ritorno al Pdl – diventa per Silvio Berlusconi un problema più serio di quanto potesse pensare. Dopo quindici giorni sono tutti alla porta in cerca di un ministero, un sottosegretariato, un posto in un’azienda pubblica. Un gran bazar che probabilmente non era previsto. Berlusconi conta di avere alla Camera 330 voti, ma non ha ancora deciso come ricambiare i nuovi arrivati. Sull’argomento, proposto in apertura alla conferenza stampa per la presentare “l’epocale riforma della giustizia” Berlusconi ha spiegato al giornalista di essere andato fuori tema. “Mancano due ministri per problemi che ci sono stati all’interno della maggioranza, ma non è questo il tema dell’incontro”, ha risposto quasi seccato. Segno che non ci sarà nessun rimpasto a breve.

Rastrellamento della Lega. Bossi e i suoi, anche sulla riforma della giustizia, non sarebbero stati così celeri. Non che non la condividano, ma di padano ha poco. Però hanno deciso di votarsi comunque alla causa. In cambio, però, il ministero delle Politiche agricole deve arrivare.Federico Bricolo, capogruppo del Carroccio al Senato, sarebbe in trepida attesa da giorni di una chiamata al Colle. Non sarà oggi, perché il rimpasto il premier vorrebbe affrontarlo la prossima settimana, una volta confezionata la riforma della giustizia. Ma non è questione di tempi. C’è un problema relativo alle quote latte e i leghisti vogliono un loro uomo per provare a risolverlo. Questo vorrebbe dire voti. Il fatto è che Berlusconi deve accontentare anche i Popolari per l’Italia (cinque deputati e un senatore) che premono per Saverio Romano. Un veto non esiste da parte della Lega, ma Bossi vuole poltrone alternative. E pesanti. La presidenza dellaFinmeccanica, in primis (occupata saldamente da Pier Francesco Guarguaglino, che a suo favore porta anche risultati), e quella delle Poste perché, da qui, dovrebbero passare gli immigrati in cerca di permesso di soggiorno. Un rebus molto intricato. Berlusconi (e Letta) ci lavorano giorno e notte, ma la coperta è corta, i ministeri liberi sono due: quello alla Cultura (Sandro Bondinon è formalmente dimissionario, ma non lo vedono da tempo al lavoro) e quello alle Politiche comunitarie. Questo per quanto riguarda i ministeri. Sulle aziende a partecipazione pubblica bisogna che trovino un accordo, oltre al premier, Letta e Giulio Tremonti. E tra i due ultimamente, non sono rose e fiori. Tremonti, il più leghista tra i berluscones, sarebbe per accontentare Bossi e piazzare qualcuno dei suoi, Letta invece frena. Con queste premessse non è possibile parlare di tempi brevi.

La grana dei Responsabili. C’è chi minaccia di lasciare il gruppo se Saverio Romano verrà nominato ministro. Non c’è accordo nel gruppo dei Responsabili sul rimpasto: Sardelli ha visto ieri sera Berlusconi proprio per ribadire la necessità di un via libera al pacchetto completo, ministri e sottosegretari. Ma dal Colle, è emerso nei giorni scorsi, c’è forte perplessità in quanto non si avverte l’urgenza di un disegno di legge per l’ampliamento dell’esecutivo, tanto che il premier si sarebbe convinto a procedere attraverso questa strada, che però comporta un allungamento dei tempi. In un primo momento sembrava esserci un’accelerazione sul cambio al ministero dell’Agricoltura con Romano addirittura pronto a salire al Quirinale per il giuramento. Accelerazione che però non ci sarà. Restano le tensioni nel gruppo creato per soccorrere l’esecutivo: per Antonio Razzi è diventato un “kindergarten”, ovvero “un asilo d’infanzia”. L’ex Idv è rimasto deluso per la nomina di Pisacane a segretario d’Aula.

Ma Berlusconi non chiude la campagna acquisti. Intanto il premier è in continuo contatto con altri deputati che potrebbero passare nella maggioranza. Tra questi una esponente di Fli, Giulia Cosenza, già ufficializzata, due dell’Mpa. E nel Pdl si insiste anche sulla possibilità di un ingresso proveniente dall’Idv anche se il partito di Di Pietro smentisce fuoriuscite. Il Cavaliere, oltre a fare il punto sulla giustizia (l’iter della riforma partirebbe non dal Senato, ma dalla commissione Affari costituzionali di Montecitorio, spiega una fonte parlamentare che garantisce: “Non si creerà nessun ingorgo, perché gli altri provvedimenti, processo breve e intercettazioni, andranno avanti in commissione Giustizia e in aula”) dovrebbe fare il punto sulle amministrative. Berlusconi ha vistoVerdini e Cosentino per il via libera su Lettieri. Sul nome dell’ex capo degli imprenditori napoletani, viene spiegato, rimane per qualche perplessità, che tuttavia i vertici di via dell’Umiltà sono certi di superare già nella riunione di stasera. Sempre ieri sera, spiegano le stesse fonti, sono state affrontate anche le candidature per i presidenti di provincia, soprattutto laddove la Lega ha fatto sapere che intende correre da sola. C’è preoccupazione per la decisione del Carroccio e anche per l’esito della prossima tornata elettorale in alcune regioni. Si teme, per esempio, che lo scandalo che ha coinvolto Moratti jr possa nuocere al primo cittadino.




Soldi per cambiare l’età di Ruby Chi li ha mandati?





Blitz di due emissari in Marocco per falsificare i certificati e rendere la ragazza maggiorenne. Salvando in questo modo Berlusconi.

Una donna a disposizione? No. Questa volta no. Questa volta potere, denaro, forza non sono serviti a niente. Una signora quarantenne, funzionario pubblico di una sperduta cittadina del Marocco, ha scelto di fare il suo dovere, di non barattare la sua dignità con quella che per lei era una montagna di denaro. Dietro garanzia dell’anonimato Fatima (il nome è di fantasia) ha accettato di raccontare al Fatto Quotidiano quello che è successo. Un mese fa due italiani, accompagnati da un interprete marocchino, sono venuti qui, a Fkih Ben Salah, ai piedi delle montagne dell’Atlante. Si sono presentati in municipio e le hanno chiesto di cambiare i dati anagrafici di una certa Karima El Marough. Già, proprio lei, Ruby, la ragazza che ancora minorenne avrebbe avuto rapporti sessuali a pagamento con Silvio Berlusconi. Quella coppia di stranieri aveva in mente un piano preciso. E per questo hanno chiesto a Fatima, dirigente dell’amministrazione comunale, di diventare loro complice. Eccolo, il piano: si sostituisce un documento con un altro, si fa scomparire per qualche tempo un pubblico registro e il gioco è fatto. Ruby, che è nata a Fkih il primo novembre del 1992, di colpo sarebbe invecchiata di un paio d’anni. Quanto basta per farne almeno una diciottenne all’epoca della sua frequentazione con il premier. Problema risolto, quindi, perché pagare una prostituta maggiorenne non è reato.Blitz di due emissari in Marocco per falsificare i certificati e rendere la ragazza maggiorenne. Salvando in questo modo Berlusconi


Il sultano di Arcore
A questo, allora, serviva la missione in Marocco di quei due italiani. Serviva a truccare le carte, a cambiare i connotati della storia che da cinque mesi tiene in ostaggio Berlusconi e l’intero governo del nostro Paese. A prima vista poteva sembrare una truffa ben congegnata e neppure troppo costosa. Fkih, 90 mila abitanti, è una cittadina povera nel mezzo di una regione depressa, spopolata da un’emigrazione massiccia verso l’Italia, la Francia, la Spagna. Non c’è famiglia qui, che non abbia qualche parente in Europa. In Sicilia è sbarcato più di vent’anni fa anche il padre di Ruby, Mohammed El Marough, che vive a Letojanni, in provincia di Messina. E allora, devono aver ragionato i due misteriosi italiani, una mancia sostanziosa, qualche migliaio di euro, avrebbe messo in moto la burocrazia del posto. Si sbagliavano. Fatima non si è fatta corrompere. Si è rifiutata di metter mano ai documenti che riguardano quella sua concittadina colpita da improvvisa notorietà dall’altra parte del Mediterraneo. Fatima, a dire il vero, non sapeva neppure chi fosse questa Karima. Gliel’hanno spiegato qualche giorno dopo i suoi parenti che abitano in Italia. Le hanno raccontato di un presidente del Consiglio che riempie la casa di ragazze con cui trascorre allegre nottate. Le hanno detto del bunga bunga. E chissà che cosa aver pensato lei, donna musulmana, ad ascoltare le avventure erotiche di Silvio il sultano di Arcore. Di questo con noi ha preferito non parlare. Pudore, forse. Ma la storia dei due viaggiatori italiani in trasferta a Fkih, quella no, quella non poteva proprio tenersela per sè. A metà febbraio, tramite un parente, Fatima ha contattato il Fatto Quotidiano. Due settimane di verifiche. Poi il viaggio sul posto, in Marocco, per raccogliere la sua testimonianza e nuovi elementi utili a chiarire la vicenda. Ecco, allora, il racconto di Fatima agli inviati del Fatto Quotidiano. “La mattina del 7 febbraio mi hanno chiamata fuori dal mio ufficio”, dice. “Erano in tre. Due parlavano italiano”. Ne è sicura. Conosce il suono di quella lingua grazie ai suoi famigliari emigrati. Poi c’era un interprete, un marocchino, un tipo distinto. “Mi è sembrato di capire – ricorda Fatima – che anche lui venisse dall’Italia, forse da Milano”.

Operazione ritocco
Prima le hanno spiegato che volevano dare un’occhiata ai documenti d’anagrafe di questa tale Karima. Poi hanno fatto capire che la data di nascita annotata sul pubblico registro non è quella giusta. E allora potrebbe essere necessario correggere l’errore con un nuovo atto in cui inserire l’anno giusto, il 1990, al posto del 1992. Per capire fino in fondo questa strana storia bisogna sapere che nei centri minori del Marocco l’anagrafe non è informatizzata. I nuovi nati vengono registrati in libroni scritti a mano e compilati in ordine cronologico. Un sistema arcaico, certo. Paradossalmente, però, truccare i numeri in un computer può rivelarsi più semplice che falsificare uno di questi registri. Per fare un lavoro perfetto bisognerebbe riscrivere tutto il volume, omettendo la pagina che si vuole cambiare. Poi si fa lo stesso lavoro sul registro di due anni prima, ma qui invece di cancellare si aggiunge un foglio, quello della persona di cui si vuole spostare la data di nascita. Volendo c’è una scorciatoia. Con l’aiuto di un funzionario compiacente si può compilare un estratto di nascita falso e questo inizialmente sarà sufficiente a ingannare il pubblico. I libroni possono essere sistemati in seguito, con calma. Così, se qualcuno, magari dopo qualche mese, si spingerà fino in Marocco per confrontare la data dell’estratto con quella del registro, tutto coinciderà.

Ovviamente quei tizi venuti dall’Italia erano disposti a pagare per il disturbo. “Mi hanno offerto una somma importante”, rivela Fatima senza specificare la cifra. Certo, confessa, quei soldi le avrebbero fatto comodo. Ci ha pensato un po’, ingolosita. Che fare? Alla fine ha preferito lasciar perdere perché, ci spiega, non voleva “passare dei guai”. E poi ha pensato anche a Karima. “Se avessi accettato l’offerta – racconta – avrei potuto creare dei problemi anche a questa mia concittadina”. Problemi per Ruby? Non proprio. Di certo se quella data di nascita fosse stata davvero anticipata di due anni, buona parte dei guai di Berlusconi si sarebbero risolti d’incanto. Caduta l’accusa di prostituzione minorile, il premier avrebbe dovuto rispondere della sola concussione. Niente da fare.

L’incastro delle date
“Non posso accettare”, ha risposto Fatima ai suoi interlocutori, quasi scusandosi. Era il 7 febbraio, un lunedì. In Italia, a quell’epoca nessuno aveva sollevato pubblicamente la questione dell’età di Ruby. Giravano molti pettegolezzi, questo sì, a proposito di una ragazza dal fisico appariscente, che sembrava più vecchia della sua età. Solo voci, però. Fino a quando, giovedì 3 marzo, il Giornale annuncia: “Il premier cala l’asso: Ruby era maggiorenne”. È questo il titolo a tutta pagina di un articolo in cui si racconta che Berlusconi, in alcuni colloqui privati, avrebbe confidato di “avere la prova che Ruby è stata registrata all’anagrafe due anni dopo la sua nascita”. Nello stesso articolo si parla di indagini difensive che sarebbero sbarcate “dall’altra parte del Mediterraneo”. Indagini qui, a Fkih Ben Salah, la città natale di Ruby? Fatima non ne sa nulla. Si ricorda bene però di quei due italiani. Due italiani che volevano corromperla.

di Lorenzo Galeazzi, Vittorio Malagutti e Massimo Paradiso