venerdì 22 aprile 2011

Tangenti:in manette ex consigliere FI.


Arrestato Francesco Muncivì, considerato il "consulente" della famiglia mafiosa guidata da Daniele Emmanuello (nella foto)
di Grazia La Paglia

Il boss Daniele Emmanuello Terreni agricoli trasformati in edificabili con una delibera ad hoc. Tangenti imposte agli imprenditori che volevano cimentarsi nella costruzione di una cittadella residenziale da 170 alloggi. Alle spalle la sicurezza di essere coperto dalla famiglia mafiosa degli Emmanuello.

Un affare da milioni di euro quello che ha portato agli arresti Francesco Muncivì, ex consigliere comunale di Forza Italia a Gela. Secondo l'accusa Muncivì sarebbe stato un sorta di consulente” per la famiglia Emmanello, ma anche per quattro cooperative edilizie impegnate nella costruzione della cittadella: “Città Futura”, “Casa Nostra”, “Giada” e “Halley”.

Le 170 residenze sarebbero state costruite nei terreni dello stesso Muncivì che, grazie a una delibera apposita firmata dal commissario straordinario (insediatosi a Gela dopo le dimissioni del sindaco Franco Gallo del Pd), si sono trasformati in edificabili. L'affare avrebbe consentito a Muncivì di estorcere denaro ai soci delle cooperative e alle imprese costruttrici, imponendo una tangente del 2% da versare alla famiglia del boss Daniele Emmanuello, ucciso in un conflitto a fuoco con la polizia nel 2007. Inoltre, imponeva l'utilizzo dei materiali più costosi fuori catalogo e da acquistare in determinate ditte, come la “Sandro Missuto” per il calcestruzzo e la “Orazio Pirro” per la sabbia, entrambe facenti capo a Cosa Nostra. Muncivì avrebbe anche imposto l'assunzione fittizia di uomini del clan. Compreso nel prezzo c'era anche la realizzazione di lavori straordinari e gratuiti per la famiglia Emmanuello e per altri affiliati del clan.

Chi non ubbidiva e rifiutava le condizioni imposte da Muncivì sarebbe stato costretto a pagare una tangente più alta, pari al 5%. Questa serie di estorsioni avevano portato diversi imprenditori, interrogati nel 2009, a definirsi sull'orlo del fallimento. Muncivì, oltre a dichiararsi “uomo” degli Emmanuello, partecipava alle riunioni con gli imprenditori spalleggiato da un esponente mafioso.

I suoi rapporti con gli Emmanuello non si fermavano solo agli affari edilizi. Oltre a riservare una delle 170 costruzioni alla famiglia del boss, avrebbe partecipato insieme al figlio Paolo (anche lui consigliere comunale delPdl dal 2007 al 2010) alla cresima della figlia di Emmanuello e si sarebbe mobilitato per cercare un'abitazione aRoma al figlio del mafioso, studente universitario presso la Luiss.

http://www.iquadernidelora.it/articolo.php?id=203



Mafia, finisce in cella a Parma la carriera di Massimo 'il prestigiatore' .



Il figlio dell'ex sindaco mafoso di Palermo incastrato dalla perizia della scientifica. Il"pizzino" di don Vito è risultato in parte manomesso.

di Giuseppe Lo Bianco
e Sandra Rizza

A tradirlo e’ stato un gioco di prestigio riuscito male, ma organizzato ancora peggio, al punto che i pm si stanno interrogando sul confine tra ingenuita’ e scaltrezza di Massimo Ciancimino, da oggi pomeriggio richiuso in una cella di sicurezza della questura di Parma, accusato di calunnia nei confronti del responsabile del Dis Gianni De Gennaro. I pm hanno emesso un provvedimento di fermo, domani Antonio Ingroia,Nino Di Matteo e Paolo Guido lo andranno ad interrogare a Parma, sulla sua liberta’ personale decideranno i magistrati emiliani, visto che Ciancimino jr e’ stato bloccato con tutta la famiglia sull’Autostrada del Sole all’altezza dello svincolo di Fidenza, mentre stava andando in Francia a trascorrere le vacanze pasquali. Tra le decine di documenti autografi del padre con il bollo di autenticita’ della scientifica di Roma, 48 ore fa ne e’ saltato fuori uno falso: una lista di funzionari dello Stato collusi con la mafia consegnata dal teste ai pm nel giugno scorso. Tra i nomi, quello del prefetto, ‘’icona’’ dell’antimafia investigativa di questo Paese. ‘’Quel nome l’ho visto scrivere a mio padre’’, disse il giovane Ciancimino, aggiungendo in un successivo verbale: ‘’il coinvolgimento di soggetti come il De Gennarodi cui mio padre aveva, diciamo, chiare idee e notizie certe, comporta per me una grande paura e una grande riserva".

Vito Ciancimino
Ma quel cognome, De Gennaro, certamente scritto da don Vito, ha stabilito la perizia, e’ stato apposto posticciamente, come in un fotomontaggio, prelevandolo da un altro documento che conteneva il cognome De Gennaro, riferito, pero’, in questo caso, al magistrato Giuseppe Di Gennaro che fu consulente del ministero della Giustizia. E qui la vicenda si tinge di giallo. Questo secondo documento, che non conteneva particolari notizie di interesse investigativo (solo un’intervista al Tg 2 del magistrato Di Gennaro) ma che ha reso possibile la comparazione della grafia e quindi la scoperta del passo falso, venne consegnato spontaneamente ai pm dallo stesso Ciancimino jr due mesi fa, nel febbraio scorso. Clamorosa ingenuita’ al confine con la stupidita’, desiderio occulto di sabotare le sue precedenti accuse, magari per paura, depistando le indagini, o polpetta avvelenata apparecchiata e servita da altre ‘manine’ per demolire integralmente la sua credibilita’? E soprattutto, il suo ‘’puntare in alto’’, verso i vertici investigativi che hanno fatto la storia della lotta alla mafia e’ tutta farina del suo sacco, o dietro questo cambio di rotta ci sono suggeritori occulti che agiscono nell’ombra e alle spalle del giovane rampollo palermitano? Domande che oggi si pongono i pm e che probabilmente porranno anche a lui, nel corso dell’interrogatorio di domani a Parma. Dopo l’incriminazione per calunnia dei pm diCaltanissetta e quella per riciclaggio della procura di Reggio Calabria, questo passo falso finale del giovane superteste della trattativa tra Stato e mafia ormai se lo aspettavano in molti.

E non e’ un caso che a sanzionarlo, con una severita' pari al trucco escogitato, siano stati i pm di Palermo, quelli che si erano spinti piu’ in la’ nel riconoscere credibilita’ e affidabilita’ alle dichiarazioni di Ciancimino jr, e che oggi sono intervenuti tempestivamente per metterne a nudo i giochi di prestigio che non compromettono la tenuta delle inchieste in corso. "In fondo – dicono in procura – che ci potesse essere alle sue spalle un suggeritore occulto, ce lo siamo sempre chiesti, ma non bisogna dimenticare che l’accusa nelle inchieste e nei processi in corso si regge su elementi di riscontro alle sue parole e su altri elementi del tutto autonomi’’. Le inchieste e i processi continuano, dunque, e se questa vicenda rafforzera’ il setaccio giudiziario attraverso cui i suoi segreti verranno passati, a cominciare dalla trattativa tra mafia e Stato, oggi il teste Ciancimino e’ a un bivio: ‘’speriamo che la smetta di giocare e si decida a dire finalmente tutta la verita’’’, dicono in procura. Nessuno dimentica che sono state le parole di Ciancimino jr a sollecitare la memoria di illustri esponenti delle istituzioni che fino a quel momento si erano ben guardati dal riferire cio’ che sapevano, ma nessuno puo’ ignorare che nelle procure di mezza Italia, compresa Palermo, la misura e’ ormai colma.

La sovraesposizione mediatica ha trasformato in mito antimafia il figlio minore del gran burattinaio degli affari palermitani a cavallo tra politica e mafia, che ha deciso, per motivi suoi, di rompere, con modi e tempi tutti suoi, l’omerta’ paterna definendosi, poi, nelle conversazioni intercettate con un imprenditore vicino alla ‘ndrangheta’’, un ‘’icona dell’antimafia’’. A dicembre si vantava di fare ‘’quello che minchia voglio la’ dentro (in procura, ndr)’’, giurando sulla propria piena impunita’. Oggi, a sue spese, ha capito che cosi’ non e’, e che alle sirene di uno che si chiama Ciancimino, questa citta’, come si dice, ha gia’ concesso abbastanza.

http://www.iquadernidelora.it/articolo.php?id=219


Ingroia: ''Sentiremo versione Ciancimino e poi valuteremo''


Palermo. «Oggi sentiremo al versione dei fatti di Massimo Ciancimino e poi la valutazione la rimandiamo a dopo».

Lo ha detto il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia prima di partire per Parma per interrogare, insieme ai pm Antonino Di Matteo e Paolo Guido, Massimo Ciancimino, fermato ieri per calunnia pluriaggravata nei confronti dell'ex capo della polizia Gianni De Gennaro. Parlando dei commenti politici che ieri sono stati fatti su Ciancimino, Ingroia ha detto: «Siamo abituati a commenti di molti che non conoscono nulla». (adnkronos)


''Ma dichiarazioni Ciancimino stanno in piedi anche da sole".

Palermo. «È chiaro che la credibilità di Massimo Ciancimino adesso è minata, l'accusa di calunnia pluriaggravata non è acqua fresca, ma è anche vero che ci sono dichiarazioni di Ciancimino che stanno in piedi a prescindere dalla sua attendibilità generica e che sono riscontrate da elementi specifici». Lo ha detto il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, parlando ancora del fermo di Massimo Ciancimino per calunnia pluriaggravata, prima di partire per Parma dove il teste della trattativa tra Stato e mafia verrà interrogato oggi. (adnkronos)

Ingroia: ''Un puparo dietro Ciancimino? E' pensabile''.

Palermo. Un 'puparò dietro Massimo Ciancimino? «È una cosa che si può pensare». Così il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia risponde a chi chiede se dietro le dichiarazioni di massimo Ciancimino fermato ieri dalla Dia di Palermo nei pressi di Parma per calunnia pluriaggravata, ci possa essere un 'puparò che manovrerebbe il figlio dell'ex sindaco di Palermo. (adnkronos)









REFERENDUM: IPOTESI DECRETO SU ACQUA. SCOPPIA POLEMICA (IL PUNTO)



(ASCA) - Roma, 22 apr - Il referendum sull'acqua torna a dividere il Paese. Dopo lo stop del Governo sul nucleare, il dibattito si e' acceso intorno alle parole del ministro dello Sviluppo, Paolo Romani: ''Anche su questo tema, come per il nucleare il referendum divide in due. Ma e' un tema di grande rilevanza, e ho l'impressione che anche su questo sarebbe meglio fare un approfondimento legislativo''. Espressioni che hanno fatto gridare molti allo scandalo. Il Governo, infatti, come avvenuto sulla questione nucleare dopo l'incidente di Fukushima, sembra intenzionato ad intervenire anche sulla privatizzazione delle risorse idriche con un intervento legislativo che potrebbe far saltare il quesito referendario sull'acqua previsto il 12 e 13 giugno. Un'intenzione che, per ora, l'esecutivo non ha ufficializzato ma che ha gia' scatenato un secco 'no' da opposizione e Comitato promotore.

Per il responsabile dell'Ambiente del Partito Democratico, Stella Bianchi, ''sarebbe davvero molto grave se il governo cercasse di non far esprimere gli elettori a difesa dell'acqua pubblica e contro la privatizzazione forzata imposta dal governo Berlusconi''. I cittadini, aggiunge la Bianchi, ''hanno il diritto di esprimersi e sarebbe ora che anche il governo rispettasse pienamente ogni istituto della democrazia, incluso quelli di democrazia diretta previsti dalla nostra Costituzione. E trovasse anche il coraggio di sostenere fino in fondo di fronte agli elettori le scelte sbagliate che ha imposto al paese a colpi di fiducia''.

''Solo un governo arrogante e senza pudore'', ha aggiunto il senatore del Partito Democratico, Ignazio Marino, ''puo' pensare di togliere la voce ai cittadini parlando di generici 'approfondimenti'''.

Posizione condivisa anche dal leader di Sinistra Ecologia Liberta, Nichi Vendola che accusa: ''siamo di fronte ad un vero e proprio furto di democrazia''.

''Dopo il tentativo di scippare il referendum sul nucleare - aggiunge Vendola in una nota congiunta insieme a Paolo Cento - ora il governo sotto la spinta delle lobby affaristiche tenta di mettere mano anche al referendum contro la privatizzazione dell'acqua. Siamo di fronte ad un vero e proprio furto di democrazia''.

Ipotesi che non convince Cittadinanzattiva, una delle organizzazioni che fa parte del Comitato promotore del Referendum sull'acqua: ''Le notizie di queste ore sul referendum di giugno ci preoccupano molto. Se fosse vera l'intenzione del Governo di impedire lo svolgimento della consultazione referendaria con qualche ritocchino legislativo ad hoc, saremmo di fronte ad una madornale violazione del diritto dei cittadini di esprimersi liberamente su questioni di cruciale importanza''.

Anche Antonio Di Pietro, leader dell'Italia dei Valori, punta il dito contro il governo Berlusconi, invocando l'intervento di Napolitano: ''torno a chiedere al presidente della Repubblica di impedire questa ultima e fatale degenerazione, non firmando la legge sul nucleare''.

Piccato il commento dei Verdi che definiscono l'intenzione del Governo un atto ''criminale nei confronti dei diritti dei cittadini italiani''.

''Non era mai accaduto nella storia della Repubblica italiana - ha aggiunto il presidente nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli - che si rubasse con queste modalita' il diritto degli italiani di esprimersi democraticamente contro il nucleare e la privatizzazione dell'acqua, due questioni fondamentali per il futuro del Paese''.

dab/cam/ss



Charlie Brooker demolisce Berlusconi



L'illuminato.

























I cittadini calpestati di STEFANO RODOTÀ



Ogni giorno ha la sua pena istituzionale. Davvero preoccupante è l'ultima trovata del governo: la fuga dai referendum. Mercoledì si è voluto cancellare quello sul nucleare.

Ora si vuole fare lo stesso con i due quesiti che riguardano la privatizzazione dell'acqua. Le torsioni dell'ordinamento giuridico non finiscono mai, ed hanno sempre la stessa origine. È del tutto evidente la finalità strumentale dell'emendamento approvato dal Senato con il quale si vuole far cadere il referendum sul nucleare. Timoroso dell'"effetto Fukushima", che avrebbe indotto al voto un numero di cittadini sufficiente per raggiungere il quorum, il governo ha fatto approvare una modifica legislativa per azzerare quel referendum nella speranza che a questo punto non vi sarebbe stato il quorum per il temutissimo referendum sul legittimo impedimento e per gli scomodi referendum sull'acqua. Una volta di più si è usata disinvoltamente la legge per mettere il presidente del Consiglio al riparo dai rischi della democrazia.

Una ennesima contraddizione, un segno ulteriore dell'irrompere continuo della logica ad personam. L'uomo che ogni giorno invoca l'investitura popolare, come fonte di una sua indiscutibile legittimazione, fugge di fronte ad un voto dei cittadini.

Ma, fatta questa mossa, evidentemente gli strateghi della decostituzionalizzazione permanente devono essersi resi conto che i referendum sull'acqua hanno una autonoma e forte capacità di mobilitazione.

Fanno appello a un dato di vita materiale, individuano bisogni, evocano il grande tema dei beni comuni, hanno già avuto un consenso senza precedenti nella storia della Repubblica, visto che quelle due richieste di referendum sono state firmate da 2 milioni di cittadini, senza alcun sostegno di grandi organizzazioni, senza visibilità nel sistema dei media. Pur in assenza del referendum sul nucleare, si devono esser detti i solerti curatori del benessere del presidente del Consiglio, rimane il rischio che il tema dell'acqua porti comunque i cittadini alle urne, renda possibile il raggiungimento del quorum e, quindi, trascini al successo anche il referendum sul legittimo impedimento. Per correre questo rischio? Via, allora, al bis dell'abrogazione, anche se così si fa sempre più sfacciata la manipolazione di un istituto chiave della nostra democrazia.

Caduti i referendum sul nucleare e sull'acqua, con le loro immediate visibili motivazioni, e ridotta la consultazione solo a quello sul legittimo impedimento, si spera che diminuisca la spinta al voto e Berlusconi sia salvo.

Quest'ultimo espediente ci dice quale prezzo si stia pagando per la salvezza di una persona. Travolto in più di un caso il fondamentale principio di eguaglianza, ora si vogliono espropriare i cittadini di un essenziale strumento di controllo, della loro funzione di "legislatore negativo".

L'aggressione alle istituzioni prosegue inarrestabile. Ridotto il Parlamento a ruolo di passacarte dei provvedimenti del governo, sotto tiro il Presidente della Repubblica, vilipesa la Corte costituzionale, ora è il turno del referendum. Forse la traballante maggioranza ha un timore e una motivazione che va oltre la stessa obbligata difesa di Berlusconi. Può darsi che qualcuno abbia memoria del 1974, di quel voto sul referendum sul divorzio che mise in discussione equilibri politici che sembravano solidissimi. E allora la maggioranza vuole blindarsi contro questo ulteriore rischio, contro la possibilità che i cittadini, prendendo direttamente la parola, sconfessino il governo e accelerino la dissoluzione della maggioranza.

È resistibile questa strategia? In attesa di conoscere i dettagli tecnici riguardanti i quesiti referendari sull'acqua è bene tornare per un momento sull'emendamento con il quale si è voluto cancellare il referendum sul nucleare. Questo è congegnato nel modo seguente: le parti dell'emendamento che prevedono l'abrogazione delle norme oggetto del quesito referendario, sono incastonate tra due commi con i quali il governo si riserva di tornare sulla questione, una volta acquisite "nuove evidenze scientifiche mediante il supporto dell'agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza, tenendo conto dello sviluppo tecnologico e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione europea". E lo farà entro dodici mesi adottando una "Strategia energetica nazionale", per la quale furbescamente non si nomina, ma neppure si esclude, il ricorso al nucleare. Si è giustamente ricordato che, fin dal 1978, la Corte costituzionale ha detto con chiarezza che, modificando le norme sottoposte a referendum, al Parlamento non è permesso di frustrare "gli intendimenti dei promotori e dei sottoscrittori delle richieste di referendum" e che il referendum non si tiene solo se sono stati del tutto abbandonati "i principi ispiratori della complessiva disciplina preesistente". Si può ragionevolmente dubitare che, vista la formulazione dell'emendamento sul nucleare, questo sia avvenuto. E questo precedente induce ad essere sospettosi sulla soluzione che sarà adottata per l'acqua. Di questo dovrà occuparsi l'ufficio centrale del referendum che, qualora accerti quella che sembra essere una vera frode del legislatore, trasferirà il referendum sulle nuove norme. La partita, dunque, non è chiusa.

Da questa vicenda può essere tratta una non indifferente morale politica. Alcuni esponenti dell'opposizione avrebbero dovuto manifestare maggiore sobrietà in occasione dell'approvazione dell'emendamento sul nucleare, senza abbandonarsi a grida di vittoria che assomigliano assai a un respiro di sollievo per essere stati liberati dall'obbligo di parlar chiaro su un tema così impegnativo e davvero determinante per il futuro dell'umanità.
Dubito che questa sarebbe la reazione dei promotori del referendum sull'acqua qualora si seguisse la stessa strada. Ma proprio l'aggressione al referendum e ai diritti dei cittadini promotori e votanti, la spregiudicata manipolazione degli istituti costituzionali fanno nascere per l'opposizione un vero e proprio obbligo. Agire attivamente, mobilitarsi perché il quorum sia raggiunto, si voti su uno, due, tre o quattro quesiti. Si tratta di difendere il diritto dei cittadini a far sentire la loro voce, quale che sia l'opinione di ciascuno. Altrimenti, dovremo malinconicamente registrare l'ennesimo scarto tra parole e comportamenti, che certo non ha giovato alla credibilità delle istituzioni.