L'ideologo dell'Autonomia considera 'persecuzioni giudiziarie' sia le inchieste sul terrorismo negli anni Settanta sia le indagini che vedono coinvolto il premier.
Lui si limita a copiarli, anche se lo fa non da un covo clandestino, ma dalla presidenza del Consiglio, e non con volantini ciclostilati, ma con comunicati ufficiali targati Palazzo Chigi e in comizi assortiti. Della prodigiosa analogia si era accorta per tempo una delle teste più fini dell'eversione rossa: Toni Negri, già leader dell'Autonomia a Padova, poi latitante in Francia, poi condannato per partecipazione a banda armata, poi finalmente rientrato in Italia e arrestato.
Il 3 maggio 2003, mentre il premier faceva il diavolo a quattro per sfuggire al processo Sme con leggi Cirami e lodi Schifani, Negri rilasciò illuminanti dichiarazioni a "L'Infedele" di Gad Lerner, riprese due giorni dopo da Alessandro Trocino sul "Corriere della sera". Anzitutto elogiò la buonanima di San Bettino perché «ero a Parigi e Craxi, allora presidente del Consiglio, mi fece sapere che i servizi stavano architettando qualcosa su di me, consigliandomi di essere cauto. Per questo ancora gli sono grato» (quel "qualcosa" che i servizi architettavano era il tentativo di assicurarlo alla giustizia italiana, a cui era sfuggito grazie all'elezione in Parlamento gentilmente offerta da Pannella).
Poi l'ex leader di Autonomia operaia tributò tutta la sua amorevole solidarietà al Cavaliere perseguitato dai giudici in processi per corruzione giudiziaria: «Pur essendo Berlusconi un mio avversario politico, io sono solidale con lui e con chiunque venga condannato ad anni di carcere da una magistratura come quella italiana che si è di volta in volta alleata con la destra e con la sinistra. Le operazioni giudiziarie, condotte contro di me e contro l'Autonomia negli anni Settanta con la complicità della sinistra, sono state una premessa alle successive cospirazioni giudiziarie contro i socialisti ieri e contro i berlusconiani oggi». Solidarietà non solo a Berlusconi, ma anche al compagno Cesare Previti, «perché io non auguro la galera a nessuno».
Sempre sul "Corriere", lo scrittore Claudio Magris commentò quelle tutt'altro che stupefacenti convergenze e invitò il premier a respingere al mittente quell'imbarazzante solidarietà: «Secondo Negri, leader di Autonomia operaia e condannato per partecipazione a banda armata, vi sarebbe una voluta e pianificata continuità tra le persecuzioni inflitte dalla magistratura italiana ai terroristi negli anni di piombo e le persecuzioni inflitte ora da essa a Berlusconi, al quale Negri ha espresso pubblicamente solidarietà e che evidentemente egli considera "vittima della giustizia borghese" come i condannati per la lotta armata, lotta che ha visto cadere assassinati tanti galantuomini. E' strano che un capo di governo non si senta offeso da tale accostamento e non senta il bisogno di respingerlo».
Ma, perfetto allievo del cattivo maestro, Berlusconi non raccolse l'invito di Magris.
Del resto, nemmeno nell'estate del 2009 provò alcun imbarazzo quando Negri tornò a solidarizzare con lui per lo scandalo D'Addario, la escort pugliese che dopo due notti a Palazzo Grazioli si era ritrovata candidata alle elezioni comunali di Bari in una lista fiancheggiatrice del Pdl sponsorizzata dal ministro Fitto. «Mi spiace per Berlusconi. Le persone che si dichiarano perseguitate mi sono simpatiche», disse Negri al "Riformista" il 27 luglio 2009. E anche quella volta il premier, tutt'altro che imbarazzato, incassò (poi, qualche mese dopo, finse di indignarsi perché il governo del Brasile non ci riconsegnava il pluriomicida latitante Cesare Battisti). Dio li fa poi li accoppia.