Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
mercoledì 11 maggio 2011
martedì 10 maggio 2011
Gli elettori milanesi nominati giudici popolari. Non sceglieranno il sindaco, ma assolveranno Berlusconi e condanneranno i pm.
I milanesi non eleggeranno Letizia Moratti ma assolveranno il Presidente del Consiglio. Silvio Berlusconi ha demandato al popolo il verdetto sui suoi processi ed ha promesso che dopo le amministrative il Parlamento nominerà una Commissione d’inchiesta per giudicare i delinquenti che abitano nel Palazzo di giustizia di Milano. Sospetta che abbiano dato vita ad una associazione a delinquere e che siano il cancro della democrazia.
Votando la conferma del sindaco uscente, i milanesi “assolveranno” Berlusconi delle assurde accuse che sono state lanciate contro di lui e gli consegneranno la volontà del popolo sovrano che vale più di ogni altro.
Un altro membro del governo, Daniela Santanchè, ha precisato che la Procura di Milano è un cancro, e che Ilda Boccassini è la metastasi. Nessun dubbio, le cose stanno così per lei. Ed è il governo a parlare, anche in questo caso. I magistrati sono stati toghe rosse militanti, avversari dichiarati del governo, quindi golpisti, eversori, brigatisti e alla fine delinquenti da stanare e magari sbattere in galera processo “popolare” affidato a una commissione d’inchiesta.
Se questi propositi fossero stati annunciati nell’Isola di Pasqua tre secoli or sono, avrebbero indignato perfino i cortigiani. Se il Re del Burundi osasse mettere in discussione i suoi giudici, verrebbe defenestrato all’istante. Se accadesse negli Usa, chiamerebbero la neuro con la camicia di forza, se ci scherzasse sopra Sarkozy, verrebbe immediatamente radiato dal suo partito con il nulla osta di Carla. In Italia, invece, il Presidente del Consiglio trasforma la campagna elettorale in una ordalia al punto da sconcertare perfino il celodurismo leghista.
Questa strategia gli farebbe vincere le battaglie elettorali, quindi va rispettata puntualmente, anche a costo di sfasciare tutto, perché perdere a Milano è come perdere il governo. E perdere il governo significa perdere anche l’impero economico. “O me o il diluvio”, insomma, come titolava Libero per spiegare l’attacco frontale ai giudici per trasformare le amministrative in un referendum su di lui. Mentre boicotta dei referendum veri, proposti con la raccolta di centinaia di migliaia di firme, trasforma le elezioni amministrative in consultazione popolare referendaria. Tutto sottosopra. Fino a quando il Paese potrà sopportare questo stress-test senza soluzione di continuità.
Statuto speciale, spreco stellare. - di Gianni Del Vecchio e Stefano Petrelli
Auto blu come se piovesse. Doppie poltrone per tutti. Assegni extra che si assommano a stipendi già da nababbi dei politici. E perfino i funerali pagati dai contribuenti. Ecco la casta delle regioni autonome.
Parlamentari per sempre
In Sicilia, la Regione viene usata come un bancomat. Alla vigilia del federalismo, infatti, l'isola si presenta con i conti in perfetto disordine: i debiti superano i 5 miliardi di euro. Il primo macigno grava sulla voce "stipendi". Per un esercito di oltre 20 mila persone, fra dirigenti, impiegati e funzionari che ogni mese ricevono il salario, la Sicilia stacca ogni anno un assegno da 1,2 miliardi di euro. Mentre altri 615 milioni servono a coprire i costi dei 14 mila pensionati. Oltre ai dipendenti diretti, esiste un gigantesco indotto pararegionale, composto da altre decine di migliaia di dipendenti i cui costi alla fine pesano sempre e comunque sui conti siciliani: tra forestali, personale delle società partecipate, operai dei cantieri, precari e addetti alla formazione professionale, sono almeno 80 mila i dipendenti indiretti di mamma Regione. Per non parlare dei costi dell'Assemblea regionale siciliana, il parlamento più antico d'Europa. E molto probabilmente anche il più caro. Per votare la legge di bilancio interno bastano soltanto cinque minuti: tanto s'impiega, secondo il rito siculo, a leggere e approvare le oltre cento pagine che compongono l'analisi dei costi dell'Ars. Quei cinque minuti gravano per oltre 171 milioni di euro sul bilancio siciliano, visto che a tanto ammontano le risorse necessarie a mantenere il parlamento a pieno regime, tra pensioni dorate per i quasi 300 ex parlamentari, stipendi dei 90 deputati, costi del personale e servizi di gestione. Per arrivare a questa cifra monstre bisogna tenere conto degli "extra" che gli inquilini di Palazzo dei Normanni si sono concessi nel tempo, da aggiungere ai 16 mila euro intascati ogni mese. Complessivamente, un "gettone d'oro" da quasi 2 milioni di euro. Ai deputati siciliani, ad esempio, toccano indennità aggiuntive per i compiti svolti nelle commissioni. E lì non sempre ci si spezza le reni dalla fatica. Il primato d'inefficienza l'ha stabilito la commissione parlamentare per la revisione dello Statuto autonomista: per sole sette ore di riunione in un anno e mezzo di lavoro ha generato gettoni per un totale di 135 mila euro. Per i deputati siciliani, inoltre, sono previsti mutui agevolati per l'acquisto della casa o dei locali della segreteria politica. Per gli inquilini e per gli ex inquilini di Sala d'Ercole, sino all'anno scorso era previsto un bonus di 6.400 euro per l'aggiornamento culturale. E neanche sul punto di morte la Regione si scorda di te: è previsto un sussidio per le esequie, e cioè 5 mila euro per garantire delle "onorevoli" sepolture. Del resto, in Sicilia un parlamentare è per sempre.
In Trentino Alto Adige, invece, la Regione non si capisce bene a che serve: le sue funzioni sono quasi interamente assorbite dalle Province di Trento e Bolzano. Negli uffici i dipendenti sono 175 e costano alle casse pubbliche quasi 14 milioni di euro l'anno. Ma che siano così tanti non si direbbe, gironzolando per i due palazzi (uno per Provincia). Possono sempre dire che il cattivo esempio viene dall'alto: i membri della giunta, da queste parti, si vedono di rado. L'esecutivo (e ci mancherebbe) è piuttosto snello: cinque componenti. Presidente e vice sono rispettivamente il governatore dell'Alto Adige Luis Durnwalder (che, per inciso, con i suoi 320.496 euro lordi l'anno guadagna più di Barack Obama) e quello del Trentino, Lorenzo Dellai. Come presidenti di due Province autonome che hanno competenza su tutto, i due lavorano dalla mattina alla sera per i rispettivi enti, ma in Regione si sono attribuiti deleghe meno impegnative. Con loro, tre assessori (Svp-Pd) chiamati a gestire le poche competenze rimaste in capo alla Regione.
Bankitalia, il riciclaggio vale il 10% del Pil Tarantola: "Reato pericoloso, sfida per il Paese"
Il vice direttore generale della Banca d'Italia lancia l'allarme: "Un ponte che offre ai criminali strumenti per essere integrati nel sistema economico. Norme severe sono necessarie, ma bisogna tenere sempre alta la guardia". Triplicate segnalazioni di operazioni sospette
Il vicedirettore generale della Banca d'Italia, Anna Maria Tarantola
Un ponte fra criminalità e società civile. "Il riciclaggio - ha detto Tarantola - rappresenta un ponte fra criminalità e società civile che offre ai criminali, che dovrebbero essere per definizione 'banditi dalla società', gli strumenti per essere invece accolti e integrati nel sistema, arrivando a sedere nei consigli di amministrazione e a contribuire all'assunzione di decisioni economiche, sociali e politiche rilevanti.
Dalle segnalazioni alle indagini. Le segnalazioni hanno prodotto "risultati investigativi rilevanti": le anticipazioni sul 2010 fornite dal Comandante Generale della Guardia di Finanza evidenziano che nel corso dell'anno sono state circa 4.700 le segnalazioni confluite in procedimenti penali aperti presso le procure della Repubblica competenti o che hanno permesso di attivare nuovi procedimenti penali per casi di riciclaggio, usura, estorsione, abusivismo finanziario, frode fiscale e truffa. Dati più completi, riferiti al 2009, indicano che in quell'anno oltre 11.000 segnalazioni sulle 18.800 trasmesse dalla Uif alla Guardia di Finanza (comprendenti anche le 4.000 inviate come "archiviate") sono state ritenute meritevoli di approfondimenti investigativi. Gli approfondimenti conclusi nello stesso 2009 hanno portato a individuare - in circa 3.500 segnalazioni - reati o collegamenti con reati a scopo di lucro. Ciò significa che circa il 20% delle segnalazioni ha prodotto positivi esiti processuali o investigativi. "Si tratta di risultati", sottolinea Tarantola, "che, se da una parte confermano la validità dell'azione fin qui condotta, dall'altra costituiscono uno stimolo ad affrontare con rinnovata determinazione le persistenti aree di criticità".
La guardia resta alta. "L'attività di monitoraggio e intervento ha portato nel tempo a risultati incoraggianti - ha sottolineato Tarantola - Gli intermediari mostrano un'accresciuta attenzione alla materia. E' migliorata la conformità alle prescrizioni normative". L'antiriciclaggio, aggiunge, "deve diventare cultura aziendale diffusa e condivisa ad ogni livello". E "ciò richiede l'impegno di tutti, dagli organi di vertice fino alle strutture operative periferiche, secondo la posizione organizzativa e il ruolo ricoperti". Le norme, per quanto "severe, chiare, incisive", afferma ancora il vice direttore della Banca d'Italia, "sono necessarie, ma non sono sufficienti perché la criminalità cerca costantemente nuove strade per riciclare i proventi della propria attività illecita sfruttando le opportunità consentite dalla globalizzazione e dall'innovazione tecnologica e finanziaria. Ciò richiede, da parte di tutte gli attori coinvolti, nazionali e internazionali, una elevata capacità di percepire ed analizzare strumenti, modalità e circuiti innovativi utilizzati dalla criminalità e di attivare un ampio e tempestivo scambio di informazioni. E' su questa linea", conclude Tarantola, "che si sta muovendo, non senza difficoltà, l'azione della Banca d'Italia - nella funzione di vigilanza e in quella, autonoma e indipendente di Uif - per la tutela dell'integrità del sistema finanziario".
Pubblicità postale, via libera agli scocciatori Il Garante della privacy protesta con il governo.
Il governo permette alle aziende di usare gli elenchi del telefono come indirizzari per inviare lettere promozionali. A meno che l'utente non si opponga espressamente. Pizzetti a Repubblica.it: "Le nostre cassette si riempiranno di posta indesiderata"
di ALESSANDRO LONGO
La brutta sorpresa è contenuta nel decreto sviluppo, giàal centro di polemiche 1 per la norma sulla privatizzazione delle spiagge. Il provvedimento approvato il 5 maggio estende alla posta cartacea le regole varate di recente 2 per il telemarketing. Significa: libertà di contattare a scopi pubblicitari chiunque non abbia preventivamente negato il consenso. Lo si può fare iscrivendo il proprio numero di telefono - e presto anche il proprio indirizzo di casa - al registro delle opposizioni - http://www.registrodelleopposizioni.it/.
Un sistema che, fa notare il Garante, aveva dato buona prova di sé: "Le aziende sostanzialmente avevano imparato a rispettare i nostri provvedimenti di divieto. Si era ridotta, negli ultimi anni, la quantità di posta nelle cassette e si era tornati a una situazione civile". Ma il governo ha reputato (per la posta così come già per il telefono) che il regime precedente (basato su consenso preventivo) fosse troppo rigido e penalizzasse la strategia commerciale delle aziende. Rischiando di ripristinare un malcostume che si credeva ormai superato.
Certo, l'utente può difendersi iscrivendo il suo nominativo al registro delle opposizioni. Una soluzione che presenta diverse criticità: innanzitutto perché si chiede comunque un azione dell'utente per essere escluso dal bombardamento pubblicitario (il cosiddetto opt-out), mentre per i consumatori sarebbe certamente preferibile non essere contattati senza espresso consenso preventivo (modalità opt-in). Ma soprattutto perché il registro, per ammissione dello stesso Garante, non sembra funzionare a dovere: "Questo strumento funziona con difficoltà e viene ampliamente violato dalle aziende", nota Pizzetti. "Molti utenti ci segnalano di ricevere telefonate pubblicitarie indesiderate anche se hanno negato il consenso".
Dalla Fondazione Ugo Bordoni, che gestisce il registro delle opposizioni, spiegano che questo strumento difende solo dalle chiamate basate sull'elenco telefonico. Non vieta invece alle aziende di telefonare a numeri iscritti in altri elenchi. Le telefonate importune potrebbero arrivare lo stesso perché l'utente vi ha dato il consenso, inavvertitamente, su un modulo firmato per esempio in un supermercato o nel negozio di un operatore. In questo caso, l'utente dovrebbe fare uno sforzo di memoria e contattare il soggetto a cui ha dato il consenso, per annullarlo. Ma al Garante risultano anche casi di persone che non avevano dato mai il consenso a nessuno, si erano iscritti al registro e hanno ricevuto lo stesso telefonate pubblicitarie. Del resto, il deterrente per le aziende sono solo le sanzioni del Garante, da 30 mila a 300 mila euro. Ad oggi, gli iscritti al registro delle opposizioni sono circa 400 mila, rispetto a 17 milioni di abbonati presenti in elenco.
Berlusconi, nuovo attacco ai pm «Meno poteri al Colle, più al premier».
E annuncia: «Nel prossimo consiglio dei ministri
la legge per aumentare il numero dei sottosegretari»
Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in una foto d'archivio. (Ansa) |
POTERI - Poi si è lanciato sull'assetto istituzionale di cui l'Italia avrebbe bisogno: «Bisogna cambiare la composizione della Corte costituzionale, cambiare i poteri del presidente della Repubblica e come in tutti i governi occidentali dare più potere al presidente del Consiglio e al Governo. Questa riforma è indispensabile e la presenteremo presto in consiglio dei ministri».
I SOTTOSEGRETARI- «Contro le critiche della sinistra che leggerete sui giornali, vi dico che è già pronta una legge che sarà portata al prossimo Cdm» per aumentare il numero dei componenti del governo. E ci sarà «un sottosegretario per ogni ministero. Noi siamo cinquantanove in tutto, mentre con Prodi erano più di cento».
LA SINISTRA - Il presidente del Consiglio non risparmia bordate alla sinistra e ai suoi leader. Prima li definisce «sempre incazzati» come effetto del vedere la propria faccia riflessa allo specchio del bagno la mattina. Subito dopo, il presidente del Consiglio dice che in realtà i leader della sinistra «non è che si lavino molto»: essendo «costretti a venire in Parlamento - spiega - devono andare in bagno e sono costretti a farsi la barba, ma non è che si lavino molto...».
INTERCETTAZIONI - Nel capitolo giustizia trova spazio anche l'argomento intercettazioni: «Chi non ha paura di essere intercettato quando alza il telefono? Ecco perché serve una legge. Le intercettazioni restano per i reati gravi ma non devono essere portate come prova nei processi perché queste possono essere tagliate, se ne può alterare il senso e puoi avere anche un computer che estrae solo alcune parole».
LA PROTESTA - Un centinaio di persone in gran parte studenti però protesta davanti al Palamilone, il palazzetto dello sport dove ha parlato Silvio Berlusconi. In particolare su un cartello si fa riferimento alla necessità della politica ambientale degli ex siti industriali e al fatto che sarebbero state dimenticate, da parte del Governo, le vittime dell'inquinamento. I giovani stanno attirando l'attenzione e sottolineano con fischi alcuni passaggi del discorso di Berlusconi, che è udibile dall'estero attraverso un maxischermo.
LA REPLICA DEI PM DI NAPOLI - Botta e risposta a distanza tra il presidente del Consiglio ed il procuratore della Repubblica di Napoli, Giovandomenico Lepore. Malgrado la puntualizzazione odierna di Lepore sulle discariche sequestrate dai pm («in provincia di Napoli non ce ne sono, dunque non potremmo sequestrarne»), Berlusconi da Crotone ha di nuovo accusato i magistrati di avere aggravato l' emergenza in atto, aggiungendo: «Io i rifiuti li porterei da loro in Procura». Il capo dei pm napoletani, anche per mettere fine alla polemica, replica con una battuta scherzosa: «Non potrebbe portare i rifiuti da noi poichè finora la sede della Procura non è autorizzata come discarica».