mercoledì 29 giugno 2011

Mario Borghezio: quello che wikipedia il Corriere non dicono/2




La Stampa, 22.02.1979
In carcere per bancarotta un assessore di Cuorgnè, Giovanni Jaria, e due avvocati


Truffe e strane operazioni finanziarie che hanno per sfondo la fantomatica cooperativa «Aurora» di Borgaro continuano a interessare la magistratura che sta indagando su fatti e misfatti di questa società in cui parecchia gente in buona fede ci ha rimesso i risparmi credendo di poter un giorno diventare proprietaria di un alloggio. Ieri il giudice istruttore Accordon ha emesso sei mandati; di cattura eseguiti dai carabinieri del reparto operativo. Sono stati arrestati due avvocati. Veniero Frullano di 50 anni e Mario Borghezio, 32 anni, un assessore di Cuorgnè, Giovanni Jaria, impresario e personaggio pubblico piuttosto «chiacchierato» tanto da essere espulso dal partito socialista in cui militava attivamente. (…)

La Stampa, 23.02.1979
Dietro i raggiri della falsa cooperativa l'ombra del delitto di Vauda Canavese?

Tra i cocci della cooperativa «Aurora» di Borgaro. dichiarata fallita nell'autunno scorso, c'è di tutto: truffa, falsi in contabilità, raggiri, «buchi» per decine di milioni, bilanci fasulli, un'estorsione e, domani, forse, la spiegazione di un delitto che pareva destinato alla polvere degli archivi. Vediamo di riassumere gli ultimi sviluppi della complessa vicenda. Tra ieri e martedì notte il giudice istruttore Accordon ha interrogato le persone arrestate; gli avvocati civilisti Venicro Frullano e Mario Borghezio; l'impresario ed assessore di Cuorgnè Giovanni Iaria; il suo socio Luigi De Stefano e un commerciante di Vimodrone (Milano), Giovanni Tornaghi, 47 anni. Costui, in concorso con Alfredo Luca, 50 anni, radiotecnico di Milano, avrebbe tentato un'estorsione a due non meglio specificati soci della «Aurora». Come? Cercando di farsi consegnare un paio di brillanti del valore di 10 milioni e offrendo in cambio il silenzio sull'imbroglio che Gian Maria Massari farmacista di Borgaro e factotum della cooperativa, ed i suoi più stretti collaboratori, andavano tessendo alle spalle dei «soci». (…) E c'è di più: da questa fitta ragnatela dovrebbero venire fuori i nomi e le ragioni di un delitto commesso presso Vauda Canavese il 30 agosto scorso. Quella sera, due contadini scorsero nelle vicinanze di un loro vigneto affiorare dal terreno il braccio di un cadavere sepolto da poco. La fossa, scavata qualche ora prima, conteneva il corpo di Loris Silvestri, ex cuoco, «giustiziato» con due colpi di pistola alla testa. C'è il sospetto che il Silvestri avesse ficcato il naso troppo a fondo proprio nelle attività delle società fantasma che pullulavano nella zona, minacciando forse di parlare. Da qui l'ordine di farlo tacere per sempre. Esistono collegaimenti tra le indagini che sta svolgendo il magistrato sulla cooperativa di Borgaro. e varie «affiliate», e il delitto di Vauda (la pratica è pure nelle mani del giudice Accordon?) Lo si saprà forse tra pochi giorni.

La Stampa, 03.05.1980
La cooperativa-truffa a Borgaro Rinviate a giudizio 11 persone

La truffa ai danni di persone che sono alla ricerca di una casa sta diventando sempre più frequente. Un esempio viene dalla cooperativa fantasma «Aurora», di Borgaro. costituitasi nel marzo del '77 e dichiarata fallita nel gennaio del '79. I soci avevano nel frattempo versato oltre alle 50 mila lire di capitale sociale e alle 250 mila, a titolo di fondo spese, quote pari al 10 per cento del valore degli alloggi vale a dire, dai 2 al 2 milioni e mezzo di lire ciascuno. Al centro della vicenda, nata da una denuncia dell'ottobre '78, e i successivi esposti dei soci che avevano ormai intuito la truffa ordita ai loro danni, un gruppo di spregiudicati professionisti, in questi giorni il giudice istruttore Acordon ha chiuso l'inchiesta, chiedendo il rinvio a giudizio davanti al tribunale per undici persone. Tutte devono rispondere di associazione per delinquere e concorso nella truffa. Sono: Giuseppe De Vita, 37 anni, ex postino e vicesindaco di Borgaro, socialista come Gian Maria Ammassari, 35 anni, che abbandonò la gestione della farmacia nel paese per darsi alla politica (era segretario del psi della locale sezione) e agli affari; (…) Maria Luisa Aime, 25 anni, di Leinì, impiegata, socia e consigliere d'amministrazione, grazie alla sua amicizia con il farmacista; (…) l'imprenditore edile Giovanni Iaria, 33 anni, che secondo l'accusa forni fatture «di comodo» per un importo di 91 milioni, a titolo di spese per materiale edilizio mai consegnato; gli avvocati Veniero Frullano e Mario Borghezio, che dovevano assistere come legali gli amministratori e parteciparono invece agli utili dell'impresa truffaldina; (…) Il via alla cooperativa-truffa risale all'inizio del '77. Il progetto è allettante: 150 alloggi da tre a cinque vani, prezzi vantaggiosi. L'iniziativa viene sponsorizzata dalla locale sezione socialista (segretario Ammassari, il farmacista) e dal vicesindaco De Vita, intraprendente e conosciuto. I guai cominciano quando i soci, che nel frattempo hanno versato il 10 per cento del valore degli alloggi, chiedono informazioni più precise sull'ubicazione del terreno e sulla concessione da. parte del Comune dell'autorizzazione a costruire. La verità viene a galla in consiglio comunale quando il sindaco Sola, rispondendo all'interrogazione di un esponente della Democrazia Cristiana, in minoranza nel Comune, rivela che il terreno dell'«Aurora» non esiste. Poi va dal pretore di Ciriè Di Palma che fa partire l'inchiesta.

La Stampa, 18.12.1993
«On. Borghezio, lasci l'Antimafia»

Il caso della cooperativa socialista «Aurora» di Borgaro coinvolge nuovamente Mario Borghezio, oggi deputato e capogruppo della Lega Nord nella Commissione parlamentare antimafia. Il senatore e il deputato dei Verdi Emilio Molinari e Massimo Scalia e il senatore della Rete Carmine Mancuso, in una lettera, hanno domandato al presidente della commisione Luciano Violante, pidiessino, se il comportamento di Borghezio nella bancarotta della Cooperativa Aurora (e nell'ammanco di 90 milioni) sia compatibile con il suo attuale incarico di commissario dell'Antimafia. Tanto più che il tribunale condannò assieme a lui (e ad un'altra dozzina di persone) «tal Giovanni Iaria, indagato per legami con la mafia calabrese». (…) In altre parole i due senatori Verdi e il deputato della Rete sollecitano il presidente dell'Antimafia ad invitare Borghezio a dimettersi. Ma il deputato della Lega risponde picche: «E' curioso che questa faccenda ritorni a galla alla vigilia dello scioglimento delle Camere». Contrattacca: «Siamo di fronte a una chiara manovra anti-Lega, orchestrata per far riemergere quella vecchia storia». Una storia di ammanchi (dalla cooperativa sparirono 90 milioni) e una «bancarotta fraudolenta» che parevano dimenticati. Anche perché, dopo la condanna (due anni) pronunciata dal tribunale nell'84 e confermata in corte d'appello nell'86, la Suprema Corte annullò le sentenze per vizio di forma: i due dibattimenti, a giudizio della Cassazione, si erano tenuti nonostante che il fallimento della cooperativa fosse stato impugnato, quindi non esecutivo. «Senza la sentenza di fallimento non poteva configurarsi il reato di bancarotta» dice Borghezio. (…) E sulla questione Iaria: «Non ho avuto rapporti diretti con lui. In quella cooperativa ero solo un legale. Fui chiamato quando il buco di 90 milioni c'era. Che potevo fare? (…)

La Stampa, 22.02.1979
In carcere per bancarotta un assessore di Cuorgnè, Giovanni Jaria, e due avvocati

(…) Esaminando i libri contabili della fallita cooperativa «Aurora» sarebbe emerso che un «buco» di 90 milioni avrebbe avuto la copertura fasulla di fatture emesse dallo Jaria, o meglio dall'impresa «Ice» di cui Jaria era amministratore. Perché? L' Ammassari, factotum della «Aurora», con quelle fatture fittizie avrebbe dimostrato ai soci che la contabilità societaria era perfetta e che i lavori sarebbero cominciati presto. Tanto è vero che sarebbe riuscito grazie a quelle «credenziali» a far versare altre somme ai soci, soldi finiti poi non si sa bene dove. L'«operazione fatture» sarebbe un'iniziativa dell'Ammassari, conclusa con l'aiuto degli avvocati Borghezio e Frullano che gli avrebbero presentato Giovanni Jaria.

CNEL – Osservatorio socio-economico sulla criminalita, L’infiltrazione della criminalità organizzata nell’economia di alcune regioni del Nord Italia, 23 febbraio 2010

(…) Si può cominciare da Cuorgnè, in provincia di Ivrea,che è un esempio di come sia stato possibile realizzare un determinato inserimento in quelle realtà. Protagonista della vicenda fu Giovanni Iaria che protestò sempre la sua innocenza di fronte alle accuse dei magistrati che in tempi diversi s’occuparono di lui. Era amico di Mario Mesiani Mazzacuva, capobastone di Bova che aveva interessi economici nel canavese e in Val d’Aosta, e di un altro mafioso di spicco della ‘ndrangheta di quegli anni originario di Marina di Gioiosa Jonica e operante a Torino, Francesco Mazzaferro. Quando verrà battezzata la figlia di costui, Iaria era presente, anche se dirà di aver partecipato a quel battesimo per l’amicizia che lo legava al cantante Mino Reitano ingaggiato per allietare la festa. Iaria era un imprenditore edile. Sui suoi cantieri, a quanto pare, lavoravano “pregiudicati calabresi” che avevano ottenuto il beneficio della semilibertà “grazie a richieste nominative di imprese legate a Iaria”. Insieme ad un altro socio aveva il controllo della manodopera locale di origine calabrese e con essa riusciva ad inserirsi in vari lavori. E’ significativo il fatto che un grosso imprenditore di Cuorgnè “quando aveva bisogno di manodopera si rivolgeva allo Iaria” e questi, d’altra parte, “era in grado di praticare prezzi enormemente vantaggiosi rispetto a quelli che potevano praticare altre ditte esecutrici dei lavori”. Il che può spiegarsi solo con il fatto che Iaria “disponeva di manodopera meno costosa e, cioè, sottopagata o in ‘nero’”. Giovanni Iaria cominciò a tessere relazioni con vari ambienti. Non sorprende allora trovarlo in rapporto “con quei personaggi che rappresentavano le istituzioni la cui frequentazione è in grado di conferire prestigio ed immagine e, al tempo stesso, aggiungere potere”. Il rapporto con il procuratore della Repubblica di Ivrea costò caro al magistrato che si dimise dall’ordine giudiziario. Né può sorprendere il fatto che lo stesso Iaria si sia dato attivamente a fare politica: “Già nel 1975 era in grado di controllare una buona fetta dei voti degli immigrati”, 500 a suo dire. Con quei voti fu eletto consigliere comunale di Cuorgnè e divenne subito assessore. (…)

http://piste.blogspot.com/2011/01/mario-borghezio-quello-che-wikipedia-il_22.html

E da wikipedia:


L'11 luglio 1976 viene fermato dalle autorità a Ponte San Luigi, valico di confine nei pressi di Ventimiglia, e trovato in possesso di una cartolina firmata "Ordine Nuovo" ed indirizzata "al bastardo Luciano Violante" (magistrato allora impegnato in inchieste contro l'eversione di matrice neofascista). Il testo del messaggio, accompagnato da alcune svastiche e da un "Viva Hitler", era il seguente: "1, 10, 100, 1000 Occorsio". Vittorio Occorsio, anch'egli giudice protagonista della lotta contro il terrorismo nero, era stato ucciso appena due giorni prima in un agguato.[4]

Nel 1979 nel corso delle indagini per "truffe e strane operazioni finanziarie che hanno per sfondo la fantomatica cooperativa «Aurora» di Borgaro...il giudice istruttore Accordon ha emesso sei mandati di cattura eseguiti dai carabinieri del reparto operativo, tra i quali Mario Borghezio". «La Stampa 22 febbraio 1979»

Nel 1993 è stato condannato a pagare una multa di 750.000 lire per violenza privata su un minore in relazione ad un episodio risalente al 1991, quando aveva trattenuto per un braccio un venditore ambulante marocchino di 12 anni, illegalmente in Italia, per consegnarlo ai carabinieri.[5]

Nel 1998 fonda insieme a Max Bastoni, Omar Tonani ed Enrico Pau i Volontari Verdi, associazione vicina alla Lega Nord passata alla storia per le famosissime ronde, che presero il via proprio da quella fondazione.

Il 1º luglio 2000, al termine di una fiaccolata antidroga del «Coordinamento Piemonte dei volontari verdi», Borghezio viene ritenuto responsabile insieme ad altri sette leghisti dell'incendio scoppiato presso i pagliericci di alcuni immigrati che dormivano sotto il ponte Principessa Clotilde a Torino. Per questo gesto verrà rinviato a giudizio e condannato in via definitiva dalla Cassazione nel luglio 2005a due mesi e venti giorni di reclusione, commutati poi in una multa di 3.040 euro per concorso nel reato di danneggiamento seguito da incendio[6][7][8][9]. Secondo quanto riferito dallo stesso Borghezio l'incendio sarebbe stato invece causato accidentalmente da una torcia caduta di mano ad un militante leghista durante la ronda.[10]

Il 19 gennaio 2001 è stato aggredito su un tram in centro a Torino e colpito da uno sconosciuto, che poi è fuggito a piedi[11].

Nel luglio del 2005, durante un intervento del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi al Parlamento Europeo si è reso protagonista, insieme ad altri parlamentari della Lega Nord, di una vivace contestazione contro l'introduzione dell'euro, da lui considerata colpevole dello stato di crisi dell'economia italiana. Per questo motivo è stato fatto allontanare dall'aula[12].

La sera del 17 dicembre del 2005 balza alle cronache per un pestaggio subìto in treno sulla tratta Torino-Milano. Riconosciuto il parlamentare europeo in uno scompartimento, un gruppo di no-global[13]lo ha raggiunto e ha iniziato a percuoterlo minacciando di gettarlo dal treno in corsa. La tragedia è stata evitata dall'intervento di due agenti in borghese della Polizia Ferroviaria che nello scontro hanno riportato gravi contusioni.[14] Il referto medico per l'esponente leghista, emesso al momento del ricovero all'ospedale di Chivasso, riportava di una "frattura ossea nasale e trauma cervicale distrattivo" con trenta giorni di prognosi. Borghezio e i no-global avevano preso parte a due distinte manifestazioni NO-TAV in Val di Susa. I Carabinieri avevano sconsigliato in precedenza a Borghezio di salire su quel treno, considerandolo, vista la situazione, poco sicuro[2][15][16].

A febbraio 2006 la situazione si ripete a Livorno, dove Borghezio stava tenendo un comizio organizzato dalla Lega Nord Toscana; fuori dalla sala civica si raccoglie una manifestazione di un centinaio dino global e di frange estremiste degli ultrà livornesi, dispersa dalla forze dell'ordine[2][17].

Il giorno 11 settembre 2007, 6º anniversario dell'attentato alle Torri Gemelle, l'eurodeputato leghista è stato fermato dalla polizia prima di una manifestazione contro l'islamizzazione dell'Europa aBruxelles. Borghezio racconta di essere stato malmenato, prima di essere fermato insieme a un'altra ventina di persone. In realtà i fermati sono oltre 150, compresi il leghista, il leader e il presidente del partito fiammingo di estrema destra, il Vlaams Belang, Filip Dewinter e Frank Vanhecke. Tutti i fermati sono stati caricati su furgoni con i vetri oscurati e portati al Palazzo di Giustizia. Poco dopo le 18 Borghezio ha lasciato il palazzo di giustizia di Bruxelles. La manifestazione anti-Islam era stata vietata dal comune di Bruxelles, nonostante ciò gli organizzatori (riuniti dalla sigla Stop the islamization of Europe) avevano annunciato che l'avrebbero comunque attuata.[18] Il 21 marzo 2008 ha partecipato al "Congresso contro l'islamizzazione" a Colonia indetto dal movimento locale di destra Pro Köln. Il sindaco di Colonia, Fritz Schramm, definì i manifestanti dei non benvenuti "facinorosi camuffati da benpensanti, razzisti in abiti civili". La polizia tedesca sciolse la manifestazione per ragioni di ordine pubblico, trascinado via a forza Borghezio dal palco. Roberto Calderoli e Roberto Castelli presero le distanze sostenendo che la partecipazione di Borghezio era avvenuta "a titolo personale".[19]

Nel 2009 è apparso in una videoinchiesta di Canal+ dal titolo Europe: ascenseur pour les fachos (Europa: ascensore per i fascisti). Invitato nella sua veste di parlamentare europeo della Lega Nord[senza fonte] ad un «incontro di formazione» del movimento nizzardo identitario francese 'Nissa Rebela' (considerato di estrema destra dai media francesi[20]), lo si nota al termine del suo accorato intervento mentre si ferma a parlare con alcune persone dando loro dei consigli per conquistare il potere gradualmente, penetrando nelle istituzioni, senza però essere etichettati come fascisti. L'operatore riesce ad avvicinare Borghezio, che dice ad alcuni militanti:

« Bisogna rientrare nelle amministrazioni dei piccoli comuni. Dovete insistere molto sull'aspetto regionalista del movimento. Ci sono delle buone maniere per non essere etichettati come fascistinostalgici, ma come un nuovo movimento regionale, cattolico, eccetera, ma sotto sotto rimanere gli stessi. »
(Mario Borghezio)

In Italia, il video non è stato notato dai media, salvo un comunicato stampa di Jacopo Venier (Comunisti Italiani)[21] e una citazione sul quotidiano l'Unità[22] e su La7[23]. Il video appare anche all'interno del sito dell'MpS di Nichi Vendola[24].

Il 27 maggio 2011, commentando l'arresto del generale serbo Ratko Mladić, accusato di genocidio e presunto responsabile del massacro di Srebrenica in cui persero la vita oltre 8.000 civili, ha dichiarato: "Non ho visto le prove, i patrioti sono patrioti e per me Mladić è un patriota. Quelle che gli rivolgono sono accuse politiche" [25].

Il 9 giugno 2011 viene malmenato dagli uomini della sicurezza della riunione del Gruppo Bilderberg a St. Moritz in Svizzera [26].

Borghezio, non invitato, voleva partecipare come uditore in veste di europarlamentare, ha perciò mostrato il suo tesserino ma è stato allontanato e trattenuto da guardie che si sono presentate come polizia elvetica. Non ha ricevuto assistenza medica di alcun tipo, hanno svolto un'accurata perquisizione della macchina dove viaggiava e delle sue carte. L'ambasciata italiana ha garantito per Mario Borghezio ma le autorità svizzere a tutela dello svolgimento della riunione hanno decretato l'allontanamento entro 6 ore dal suolo Svizzero per tutta la durata del meeting del gruppo Bilderberg[27].

http://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Borghezio



Manovra, Pdl e Lega infilano il processo breve nella bozza di Tremonti.



Nelle 83 pagine del documento licenziato durante il vertice di maggioranza, riportati interi stralci della legge ideata per garantire l'impunità al premier

Ecco perché erano tutti d’accordo, ecco perché dentro questa finanziaria c’è qualcosa che rende coesa la maggioranza e mette fine addirittura alla proverbiale arroganza di Tremonti. Nelle ultime venti pagine della bozza della manovra economica, che il consiglio dei ministri si appresta ad approvare entro giovedì, c’è qualcosa di molto caro al Caimano: il processo breve. Ovvero la legge che cancella non solo la maggior parte dei processi del presidente del Consiglio, ma anche altri 100 mila, secondo i dati di Csm e Anm dei mesi scorsi.

Nella bozza, che ricalca la norma ad personam già approvata dal Senato e alla Camera in attesa di ultima lettura, c’è scritto che il count down per evitare l’annullamento dei processi scatta dalla richiesta di rinvio a giudizio. I dibattimenti, nella stragrande maggioranza dei casi, devono durare, in ciascuno grado, due anni. Ma, tra le pieghe della manovra economica è inserito anche un nuovo cavillo a cui probabilmente hanno contribuito gli avvocati di Silvio Berlusconi. In caso di provvedimenti giudiziari che, secondo una parte coinvolta, sono frutto di violazioni, o in caso di ritardo nella conclusione di un processo, è previsto un indennizzo pagato dal ministero competente (Giustizia, Difesa, Economia). C’ è anche una precisa scansione: “Per ciascun giorno di ritardo è liquidato un indennizzo di euro 2,50, che può essere equitativamente ridotto fino a euro 2,00 o elevato fino a euro 3,00; l’indennizzo può essere ridotto fino a euro 0,50 quando il procedimento cui l’istanza di equa riparazione si riferisce è stato definito con il rigetto delle richieste del ricorrente, ovvero quando ne è evidente l’infondatezza”. La questione economica, legata alla giustizia, è stata inserita per rendere organica una legge (il processo breve) incompatibile con un provvedimento finanziario. Ma il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, firmerà una manovra che contiene una furbata nella furbata?


La nostra manovra: tagli alla spesa dello Stato senza toccare il welfare.



Riteniamo necessario rendere note la posizione e l’azione dell’Idv in relazione alla manovra economica che il governo si accinge a presentare, e più in generale in relazione a una necessità generale del nostro Paese.
Vogliamo partire da un’esigenza reale: servono 40 mld per riportare i conti dello Stato, non dico in regola, ma almeno in una situazione tale da poter essere accettati dagli organismi della comunità europea a ciò preposti. Servono questi 40 mld, e allora un’opposizione seria e concreta non può limitarsi a dire tutto il male possibile di ciò che questo governo ha fatto di sbagliato o non ha fatto, oppure a esprimere tutte le critiche possibile rispetto alla manovra di questo governo, se questa dovesse andare in una direzione opposta rispetto alla doppia esigenza di far quadrare i conti e rilanciare lo sviluppo.
L’Idv vuole farsi carico di fare proposte, condividere preoccupazioni e anche aiutare a risolvere i problemi, cosa che fa storcere il naso a coloro che avrebbero preferito vedere in noi soltanto dei pierini della politica capaci di contestare ma non di proporre soluzioni. Abbiamo voluto presentare oggi questo documento di sintesi, perché è con questo quadro di riferimento che andremo a valutare le proposte governative. Nei giorni scorsi abbiamo assistito a una crocefissione continua del ministro dell’Economia Tremonti, sia a destra che a sinistra, senza che nessuno abbia ancora letto la sua proposta. Noi, se necessario, lo crocefiggeremo, ma prima vogliamo leggere la proposta. Vogliamo vedere se la proposta del ministro Tremonti, che mi pare sia in questo momento una realtà esterna al governo, possa trovare qualche punto in comune con la nostra, e laddove i punti in comune ci fossero, noi non diremo che abbiamo aderito alla proposta di Tremonti, ma prenderemo atto del fatto che Tremonti in qualche caso ha aderito alla proposta dell’Idv. Sarebbe assurdo che per far dispetto a lui noi dicessimo no a tutto, anche alle nostre proposte.
Stabilita questa filosofia d’azione e d’opposizione della nuova Idv. Passo sinteticamente a illustrare le nostre proposte: ovviamente dietro ogni rigo c’è un progetto esecutivo, fatto di disegni di legge, di interventi emendativi e di tutta una serie di emendamenti che proporremo al testo del governo.
Quando arriverà in Parlamento, la proposta del governo sarà per noi solo uno scheletro sul quale innestare con i nostri emendamenti la nostra controproposta. Salvo che ci siano corrispondenze, nel qual caso la voteremo.
Tre sono le linee sulle quali intendiamo sviluppare la nostra azione: riduzione dei costi della politica, riduzione delle spese ordinarie della pubblica amministrazione e misure fiscali.

Intendiamo intervenire sui costi della politica in modo drastico: eliminazione dei vitalizi ai parlamentari nazionali e regionali, dimezzamento del numero dei parlamentari, eliminazione dei rimborsi elettorali ai partiti, eliminazione delle Province, rivisitazione dei bilanci delle authority, che prendono i soldi da quelli che controllano ma li utilizzano solo per le casse dello Stato. Vanno rivisitate anche talune authority che producono più carta che controlli. Siamo per l’abolizione del credito. Ovviamente abbiamo sentito dire che nella manovra ci deve essere una forte riduzione delle auto e dei voli blu. Abbiamo sposato in pieno questa linea mettendo le stesse cifre della relazione Brunetta. Anzi, qualcosa in meno.

Nella nostra proposta c’è la riduzione dei livelli istituzionali: per intendersi comunità montane e consorzi vari, come anche la soppressione di diversi enti inutili.
Per quanto riguarda il blocco delle consulenze, noi vogliamo riportare l’attività della pubblica amministrazione all’interno della pubblica amministrazione, perché abbiamo scoperto che nel ‘99% dei casi le consulenze servono solo a sistemare qualche trombato e qualche trombone, o per fare uscire in modo formalmente lecito denaro dalla pubblica amministrazione e dall’erario.
Noi crediamo che la pubblica amministrazione abbia al proprio interno le competenze e le capacità per poter decidere cosa fare. E se non ce le ha, cambia le persone, trovando chi queste capacità ce le ha. Ma sempre al proprio interno. Noi, ad esempio, riproponiamo una cosa che io avevo proposto in modo forte e duro quando ero ministro delle Infrastrutture: l’eliminazione degli arbitrati.
Ho letto oggi che forse il ministro Tremonti oltre a ridurre le spese elettorali, che noi vogliamo eliminare e quindi certo non voteremo contro la riduzione, vuole stabilire anche un’altra incompatibilità, quella dei professionisti a fare i giudici tributari. La voteremo senz’altro. E’ nel nostro progetto. Non vogliamo che ci siano conflitti d’interesse a qualsiasi livello. Non vogliamo che ci siano più consulenze e incarichi esterni.
Per quegli enti territoriali che resteranno, dato che noi vogliamo eliminarne molti, invece dei 25mila addetti ai consigli d’amministrazione attuali, sicché in molti casi gli enti servono per produrre consigli d’amministrazione e degli attuali 4500 membri dei consigli sindacali, noi vogliamo fare l’amministratore unico. Almeno invece di 25mila ne abbiamo 1500.
L’idea che ogni Regione si fa il suo palazzetto di rappresentanza in giro per il mondo mi sembra un giochino allo sperpero. Quando mancano i soldi, bisogna pensare prima a sistemare le cose fondamentali. Quel che viene rappresentato come una promozione molte volte promozione non è. Domani sera a Bruxelles ci sarà una manifestazione al parlamento europeo per evidenziare la qualità degli ulivi della Puglia. E’ bello se ci va il presidente. Spero di poterci andare pure io. Se però questo si trasforma in 100 ulivi da portare in giro, io vorrei che di tutto questo ci fosse una forte riduzione. Non vogliamo eliminare la promozione, ma facciamola dentro al parlamento, come domani la si fa al parlamento europeo, non comprando un immobile e assumendo 50 persone come in altri casi è avvenuto.
Da questo impegno sulla riduzione dei costi della politica contiamo di risparmiare oltre 6 mld di euro. Abbiamo un forte impegno sulla riduzione della spesa della pubblica amministrazione che, piaccia o non piaccia, va fatta. Ora io non so come si comporterà questo governo. Però l’unica cosa che non accetteremmo sarebbe l’ipocrisia di dire “facciamo una manovra da 40 mld con impegni che partiranno nella legislatura prossima, quando o non ci saremo più noi, o se ci saremo non dovremo più rendere conto dopo pochi mesi agli elettori”. Questa furbata di non prendere impegni adeso per rinviarli a dopo le prossime elezioni è una furbata vetero-democristiana, da prima repubblica, che non possiamo accettare.
Abbiamo previsto anche la riduzione delle spese militari, delle spese per le missioni, perché abbiamo pensato di eliminare alcune missione e di ridurne altre. Anche questa idea che noi ancora oggi paghiamo per poter accedere alla Rete mi pare del tutto fuori dalla realtà.
Un grosso impegno dovrà esserci anche per le spese correnti della pubblica amministrazione. Noi vogliamo riportare il budget di palazzo Chigi al Tesoro. So che è una riforma fatta dal governo Prodi, ma non è una buona ragione per tenersela. E’ bene che quel budget lo controlli il Tesoro con la sua ragioneria dello stato e non sia fuori di ogni controllo come oggi.
Abbiamo intenzione di ampliare e anche obbligare l’unione tra comuni fino ai 20mila abitanti per tutto quel che riguarda i servizi.
Per quanto riguarda le misure fiscali, è possibile un grosso contrasto per l’evasine e l’elusione, che può essere fatto anche prevedendo un nuovo livello di redditometro come anche interventi sulla sanatoria per gli immigrati. Noi siamo certamente favorevoli a portare dal 12,5% al 20% la tassazione delle rendite finanziarie. Se il governo lo farà, noi saremo d’accordo. Anche per quanto riguarda il gioco va aumentata la tassazione. Tutto questo deve produrre anche un intervento sulle agevolazioni fiscali: vogliamo tenere indenni solo casa, famiglia, lavoro e pensioni.
Oltre a questa manovra economica che porta complessivamente circa 40 mld, noi abbiamo intenzione di intervenire a monte, sullo stock del debito. Fino a quando questo rimane a una misura tale per cui quel che incassa lo Stato non basta per pagare gli interessi passivi, è chiaro che non riusciremo mai a rilanciare lo sviluppo. Prevediamo un grosso intervento sulla cartolarizzazione dei ruoli esattoriali, circa 400 mld di euro di cartelle esattoriali non riscosse. Crediamo che la cartolarizzazione sia ormai ineludibile.
Vogliamo poi tornare alle dismissioni sia della partecipazioni statali, sia delle partecipazioni territoriali, sia di tutto quel che arriva agli immobili.Vogliamo tornare alle dismissioni anche rilanciando un grande piano per le liberalizzazioni. Il governo delle libertà di Berlusconi non le ha fatte. Alcune le avevamo fatte noi con Bersani e io vorrei continuare su quella via con interventi molto specifici: la privatizzazione delle camere di commercio, degli ordini professionali, la liberalizzazione dei servizi postali, tutta una serie di riforme sull’autotrasporto, un piano generale completo per quanto riguarda l’approvvigionamento delle energie, le gestioni stradali e aereoportuali.

Voglio fare una riflessione finale: 40 mld bisogna trovarli, non condividiamo l’idea di trovarli soltanto per finta e sulla carta e non possiamo accettare l’idea che a pagare siano le fasce sociali più deboli. Per questo abbiamo previsto un grosso impegno contro l’evasione fiscale, sulla speculazione finanziaria, sugli sprechi e sulla spesa pubblica corrente. Sappiamo che dopo questo governo non ci sarà più, tra 18 mesi o tra 18 giorni ci sarà un nuovo governo che dovrà assumersi la responsabilità di far quadrare i conti. Chi oggi sta all’opposizione deve sapere che può andare al governo da un momento all’altro e quindi non può illudere i cittadini soltanto con i no a tutto. Deve dire la verità: che per l’irrazionalità, per la schizofrenia, la irresponsabilità dei governi che si sono succeduti in questi anni oggi siamo in una situazione di pre-Grecia. Prima di cadere nel dramma della Grecia, chi ha il coraggio di assumersi la responsabiltià di governare deve avere anche il coraggio di tagliare le spese improduttive e di fare tutti quegli interventi che possono risanare il bilancio.
Questa è la posizione dell’Idv e con questa posizione ci accingiamo, nei prossimi giorni a valutare il provvedimento del governo. Senza sconti e senza preconcetti, men che meno nei confronti del ministro Tremonti che invitiamo fortissimamente a fare il suo dovere: far quadrare i conti senza fare sconti.

Leggi la manovra.

http://www.antoniodipietro.com/2011/06/la_nostra_manovra_tagli_alla_s.html


Economia, Idv presenta la sua contromanovra economica.



L'Italia deiValori ha presentato, in una conferenza stampa alla Camera dei deputati, la sua contromanovra economica. Un piano da 40 miliardi, ha detto il presidente del partito Antonio Di Pietro, “necessario” e pensato per rimettere a posto i conti pubblici. Ce lo chiede l’Europa, ma ancor prima “la matematica”.

Una manovra, quella illustrata da Di Pietro, che prevede l'azzeramento del deficit italiano entro il 2014 ma supportata con una crescente riduzione dei carichi fiscali concepiti per equilibrare i tagli.

La proposta dell’Italia dei valori, si concentra su tre settori di intervento per ridurre la spesa delle pubbliche amministrazioni e per recuperare i finanziamenti necessari al fine di ridurre il carico fiscale che grave sulle imprese e, soprattutto, sulle famiglie. Primo, la riduzione dei costi della politica; secondo, la riduzione delle spese ordinarie della pubblica amministrazione; terzo, le misure fiscali.

Interventi decisi ed efficaci, quelli dell’Idv, studiati per non far pesare tutto lo sforzo sulle solite categorie di cittadini. Ovvero dipendenti, pensionati, famiglie numerose.

Obiettivo, l'azzeramento del deficit con una scala di importi che va dai 20mld nel 2012 ai 26 per il 2013, 40mld per il 2014 e altrettanti nel 2015. La riduzione dei carichi fiscali su imprese e famiglie è prevista in 8.285 milioni per il 2012, 12.274 per il 2013, 13.204 per il 2014 e 18.054 per il 2015.

Secondo il piano dell’Italia dei valori, queste somme dovranno essere utilizzate in due direzioni: 1) sopprimere dall'imponibile Irap il costo del lavoro; 2) introdurre il 'fattore famiglia' per elevare la No tax area per i contribuenti che hanno coniuge e figli a carico, prevedendo inoltre un incremento degli assegni familiari per i contribuenti con carichi familiari ma fiscalmente incapienti.

Tra le misure per la riduzione dei costi della politica, l'eliminazione del vitalizio per i parlamentari nazionali e regionali, il dimezzamento del numero dei parlamentari, l'eliminazione dei rimborsi parlamentari ai partiti, eliminazione dei contributi all'editoria, abolizione delle province, riduzione delle auto blu e dei voli di stato.

Per la riduzione della spesa della pubblica amministrazione, il piano Idv prevede, la razionalizzazione della spesa sanitaria, la soppressione dei finanziamenti per il ponte sullo stretto di Messina, la riduzione delle spese militari e delle missioni all’estero, la riduzione delle spese per i sistemi d'arma.

Sul fronte delle tasse, la manovra si concentra anzitutto su un deciso contrasto all'evasione fiscale e all’elusione: nuovo redditometro, sanatoria per gli immigrati, tassazione del 20% per le rendite finanziare (esclusi i titolo di Stato), riduzione della deducibilità per le banche, aumento dei canoni di concessione, aliquota unica per il prelievo erariale unico (Preu) pari al 15%, riduzione delle agevolazioni fiscali con l'esclusione di quelle relative a casa, famiglia, lavoro e pensioni.

La manovra Idv non trascura le liberalizzazioni, prevedendo un piano che si ispira alla relazione annuale svolta dal presidente antitrust Catricalà. Auspicando, in sostanza, liberalizzazioni nel campo degli ordini professionali, dei servizi postali, fino all’apertura del trasporto ferroviario passeggeri, alle gestioni autostradali e servizi aeroportuali, ai servizi bancari e finanziari.

http://www.italiadeivalori.it/interna/6157-manovra-idv-presenta-la-sua-contromanovra-economica


Patto di stabilità e no tasse, la Lega vince la manovra ma deve cedere sul decreto rifiuti. - di Davide Vecchi.

Il Carroccio incassa la modifica del Patto di stabilità per i comuni virtuosi (quasi tutti al nord). Quindi annuncia che firmerà il decreto sulla monnezza per risolvere l'emergenza in sei mesi. Sorride anche Tremonti che ha ottenuto di non abbassare le imposte. E il Cavaliere ottiene di spalmare i 47 miliardi. Risultato: la stangata vera sarà affare di chi governerà nel 2013.

Umberto Bossi ha dovuto cedere sui rifiuti di Napoli, ma ha incassato ciò che neanche immaginava: la modifica del Patto di stabilità per i comuni virtuosi. Silvio Berlusconi è riuscito a convincere Giulio Tremonti a scaglionare i 47 miliardi di manovra così da farli pesare sostanzialmente su 2013 e 2014. Infine, il ministro dell’Economia l’ha spuntata sul taglio delle tasse: non ci sarà. Non ora almeno. E anche buona parte degli altri provvedimenti previsti nella manovra non saranno attuati nell’immediato, ma solo a decorrere dal 2012-2013. Insomma, tutti sconfitti e tutti vincitori. Il vertice di maggioranza è servito sostanzialmente a sancire un patto (comunque precario) di non belligeranza intorno al premier e a confezionare una polpetta avvelenata al governo che verrà dopo l’attuale. Chi siederà a Palazzo Chigi dal 2013 erediterà la manovra pensata da Tremonti. Basta guardare gli scaglioni per rendersi conto dell’allegro scaricabarile affidato ai posteri: dei 47 miliardi previsti, due riguardano l’anno in corso, cinque il 2012, mentre per gli anni 2013 e 2014 sono previsti per la correzione dei conti i restanti 40 miliardi suddivisi in due trance da 20 miliardi ciascuno. E così i tanto sbandierati tagli ai privilegi dei parlamentari, l’aumento dell’età pensionabile per le donne, il congelamento degli stipendi della pubblica amministrazione e tutti i correttivi decisamente impopolari. Tutto rimandato a partire dal 2013 o dal 2014.

La bozza giovedì arriverà sul tavolo del Consiglio dei ministri e, salvo imprevisti, sarà licenziata senza sorprese dall’esecutivo così come è stata confezionata oggi. Il pericolo vero, quella Lega (a parole) sul piede di guerra e pronta ad abbandonare Berlusconi, è stato reso inoffensivo con la concessione della modifica del Patto di stabilità per i Comuni virtuosi. Per lo più, inutile dirlo, amministrazioni del nord. Bossi ha incassato volentieri, quasi sorpreso, ma ha dovuto cedere sul decreto per l’emergenza rifiuti a Napoli. Il senatùr ha dato la disponibilità temporanea ad aprire “i confini” delle regioni del nord ai camion carichi di spazzatura campana. Sei mesi, non di più. Con la base la giustificazione è pronta: serviva un atto di responsabilità perché la Ue ha minacciato di multare l’Italia se non risolve a breve il problema. Per buona pace di Roberto Calderoli che, dopo aver suggerito al governatore Stefano Caldoro di accordarsi solo con le regioni del Sud, adesso dovrà inserire la marcia indietro. Non è la prima volta, non sarà di certo l’ultima. Soltanto ieri aveva minacciato: “O nel decreto c’è scritto che i rifiuti potranno essere portati solo nelle regioni confinanti alla Campania, in modo che restino lì, oppure quel decreto non passerà”. Anche il dl d’emergenza sarà approvato senza grosse difficoltà al Consiglio dei ministri di giovedì. Bossi vuole chiudere subito.

“Fin quando non sarà approvata la manovra il governo rimane a rischio”, ha detto il leader del Carroccio. Anche perché Tremonti ha garantito che la bozza può essere modificata, “sono ben accetti i contributi di tutti”, ha detto il titolare di via XX Settembre durante il vertice. Ed è stato Berlusconi a insistere affinché si chiuda giovedì, senza far slittare il Cdm a settimana prossima, come invece chiesto da alcuni ministri. Unica concessione è stata quella di portare il Consiglio dei ministri dal mattino al pomeriggio di giovedì. Il premier si è detto soddisfatto del risultato del vertice. “Una presa in giro, una farsa drammatica” ha invece gridato Pierluigi Bersani. “La manovra così è soltanto una presa in giro per l’Italia”, ha detto il segretario del Pd criticando in particolar modo la suddivisione in scaglioni. Con lui la levata di scudi si è levata dall’intero Partito Democratico. E dall’Idv. “Il rinvio dei tagli è una furbata vetero-democristiana”, ha tuonato Antonio Di Pietro. La bozza della manovra pare dunque trovare tutti d’accordo su un unico punto: dal 2013 al governo molto probabilmente ci sarà l’attuale opposizione.