Distruggere la credibilità dell’accusatrice, era fin dall’inizio la missione principale degli avvocati difensori di DSK. E quest’opera di demolizione della donna delle pulizie avrebbe avuto come bersaglio principale la sua biografia. E’ un classico nei processi americani: mettere in dubbio l’integrità personale, trovare qualcosa di losco nel passato della vittima, è una via maestra per il riscatto dell’imputato. Che una rifugiata guineana avesse qualche tallone d’Achille nel suo passato era prevedibile. Ma gli avvocati di Strauss-Kahn sembrano aver fatto “jackpot”, il colpo grosso, la supervincita al lotto della giustizia.
Tre settimane fa il New York Times per conto suo aveva già dato indicazioni preziose sulle debolezze di Ofelia (il nome con cui viene designata la denunciatrice di DSK). Un lungo reportage a cui avevano lavorato tre giornalisti, sia in Guinea sia nel Bronx dove vive la donna, era ricco di spunti interessanti per la difesa. In quel reportage la donna veniva trattata col massimo rispetto (incluso l’anonimato suo e dei parenti) e in apparenza l’articolo seguiva fedelmente la traccia narrativa fin qui prevalente: la donna povera e sfortunata, sbarcata a New York per sfuggire a un destino di persecuzioni, che aveva trovato il suo riscatto in un lavoro umile. Complessivamente veniva descritta nelle testimonianze dei conoscenti come una persona perbene, religiosa, onesta.
C’erano però in quella approfondita ricostruzione del New York Times delle lacune, delle cose non dette, forse altrettanto significative di tanti giudizi positivi. Non c’era spiegazione su come fosse riuscita a ottenere la Green Card, l’ambito permesso di residenza. Non c’era spiegazione sul “salto professionale”, tutt’altro che banale, dal mestiere di cameriera in una bettola del Bronx a quello di donna delle pulizie in un hotel di lusso a mid-Manhattan. E c’era infine una sottolineatura forte: nella Guinea ex-colonia francese si sa tutto su quel che accade in Francia, spiegava quell’articolo; i telegiornali locali sono pieni di notizie sulla politica parigina, DSK è da anni una celebrità molto più di quanto lo fosse negli Usa da direttore generale del Fmi. La conseguenza veniva lasciata al lettore: è improbabile che una ragazza della Guinea trapiantata a New York potesse non riconoscere quell’uomo potente trovandoselo di fronte in una stanza del Sofitel.
Ora si scopre che la “povera Ofelia” sarebbe la frequentatrice di un giro di criminali, e avrebbe telefonato a un carcerato per parlare del possibile “bottino” da estorcere a DSK con la denuncia per stupro? Siamo sempre alle anticipazioni, indiscrezioni, illazioni. Tra poche ore ne sapremo di più. E’ evidente che stiamo assistendo al “secondo tempo” di una partita (rimonta della difesa con goleada ai danni della procura) che potrebbe avere ancora colpi di scena e tempi supplementari. Avvocati miliardari che sono riusciti a fare assolvere dall’accusa di pedofilia quel Michael Jackson che andava regolarmente a letto con stuoli di bambini, sono capaci di qualsiasi miracolo. Però il colpo per il procuratore generale Cyrus Vance rischia di essere mortificante, se è vero che l’accusa ora descrive come “bugiarda” una donna su cui si poggiava tutta l’istruttoria. I francesi torneranno alla carica con le accuse della prima ora, sulla “gogna disumana” inflitta a DSK in pregio alla presunzione d’innocenza. Il mito della polizia di New York e della procura di Manhattan può uscirne demolito tanto quanto la reputazione di Ofelia.
http://rampini.blogautore.repubblica.it/2011/07/01/demolire-ofelia/?ref=HREA-1