Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
venerdì 1 luglio 2011
Scoperto Quasar ai confini dell'universo.
Demolire Ofelia.
Distruggere la credibilità dell’accusatrice, era fin dall’inizio la missione principale degli avvocati difensori di DSK. E quest’opera di demolizione della donna delle pulizie avrebbe avuto come bersaglio principale la sua biografia. E’ un classico nei processi americani: mettere in dubbio l’integrità personale, trovare qualcosa di losco nel passato della vittima, è una via maestra per il riscatto dell’imputato. Che una rifugiata guineana avesse qualche tallone d’Achille nel suo passato era prevedibile. Ma gli avvocati di Strauss-Kahn sembrano aver fatto “jackpot”, il colpo grosso, la supervincita al lotto della giustizia.
Tre settimane fa il New York Times per conto suo aveva già dato indicazioni preziose sulle debolezze di Ofelia (il nome con cui viene designata la denunciatrice di DSK). Un lungo reportage a cui avevano lavorato tre giornalisti, sia in Guinea sia nel Bronx dove vive la donna, era ricco di spunti interessanti per la difesa. In quel reportage la donna veniva trattata col massimo rispetto (incluso l’anonimato suo e dei parenti) e in apparenza l’articolo seguiva fedelmente la traccia narrativa fin qui prevalente: la donna povera e sfortunata, sbarcata a New York per sfuggire a un destino di persecuzioni, che aveva trovato il suo riscatto in un lavoro umile. Complessivamente veniva descritta nelle testimonianze dei conoscenti come una persona perbene, religiosa, onesta.
C’erano però in quella approfondita ricostruzione del New York Times delle lacune, delle cose non dette, forse altrettanto significative di tanti giudizi positivi. Non c’era spiegazione su come fosse riuscita a ottenere la Green Card, l’ambito permesso di residenza. Non c’era spiegazione sul “salto professionale”, tutt’altro che banale, dal mestiere di cameriera in una bettola del Bronx a quello di donna delle pulizie in un hotel di lusso a mid-Manhattan. E c’era infine una sottolineatura forte: nella Guinea ex-colonia francese si sa tutto su quel che accade in Francia, spiegava quell’articolo; i telegiornali locali sono pieni di notizie sulla politica parigina, DSK è da anni una celebrità molto più di quanto lo fosse negli Usa da direttore generale del Fmi. La conseguenza veniva lasciata al lettore: è improbabile che una ragazza della Guinea trapiantata a New York potesse non riconoscere quell’uomo potente trovandoselo di fronte in una stanza del Sofitel.
Ora si scopre che la “povera Ofelia” sarebbe la frequentatrice di un giro di criminali, e avrebbe telefonato a un carcerato per parlare del possibile “bottino” da estorcere a DSK con la denuncia per stupro? Siamo sempre alle anticipazioni, indiscrezioni, illazioni. Tra poche ore ne sapremo di più. E’ evidente che stiamo assistendo al “secondo tempo” di una partita (rimonta della difesa con goleada ai danni della procura) che potrebbe avere ancora colpi di scena e tempi supplementari. Avvocati miliardari che sono riusciti a fare assolvere dall’accusa di pedofilia quel Michael Jackson che andava regolarmente a letto con stuoli di bambini, sono capaci di qualsiasi miracolo. Però il colpo per il procuratore generale Cyrus Vance rischia di essere mortificante, se è vero che l’accusa ora descrive come “bugiarda” una donna su cui si poggiava tutta l’istruttoria. I francesi torneranno alla carica con le accuse della prima ora, sulla “gogna disumana” inflitta a DSK in pregio alla presunzione d’innocenza. Il mito della polizia di New York e della procura di Manhattan può uscirne demolito tanto quanto la reputazione di Ofelia.
http://rampini.blogautore.repubblica.it/2011/07/01/demolire-ofelia/?ref=HREA-1
Strauss-Kahn, colpo di scena: ''Cameriera mentì, presto libero''
L’emergenza rifiuti a Milano.
Le parole “emergenza rifiuti”, in Italia, evocano automaticamente il nome di una sola città: Napoli. C’è un’altra città italiana, però, che in un passato nemmeno troppo lontano ha affrontato – e risolto – un’emergenza rifiuti altrettanto grave e invasiva, seppur più breve. È Milano, ed era il novembre del 1995. La storia la racconta oggi sinteticamente Repubblica, ma è ampia e interessante.
Nel novembre del 1995 il sindaco di Milano era Marco Formentini, alla guida di una giunta monocolore leghista. All’epoca i rifiuti prodotti a Milano andavano a finire in una discarica di cui era proprietario Paolo Berlusconi, a Cerro Maggiore. I residenti del comune di Cerro però non volevano la discarica e così il sindaco, leghista, decise di chiuderla, da un giorno all’altro. Il presidente della regione Lombardia – che era già Roberto Formigoni – decise di annullare quella decisione e prorogare di 18 mesi l’apertura della discarica. Gli abitanti di Cerro protestarono, scesero in piazza e bloccarono del tutto l’impianto (che era comunque destinato a chiudere, con polemiche che si trascinavano da mesi sulla sua sostituzione).
Nel giro di poche settimane Milano si riempì di spazzatura: “ventimila tonnellate di sacchi neri ammassati nelle strade”, scrive oggi Rodolfo Sala, “la metà dei quali nel piazzale attiguo alla sede della municipalizzata dei rifiuti, proprio davanti all’ospedale San Raffaele”. Seppure con ritardo, la giunta di Milano e l’allora assessore Walter Ganapini – esperto di smaltimento dei rifiuti e uomo di sinistra, la cui nomina creò parecchi malumori – riuscirono a far partire la costruzione di nuovi impianti e individuare siti per nuove discariche. Rimanevano comunque da rimuovere le tonnellate di rifiuti in città. Era necessario che qualcuno desse una mano alla città. L’assessore Ganapini trovò la disponibilità di quello che allora era il presidente dell’Emilia Romagna. Pier Luigi Bersani. Le agenzie di stampa avrebbero diffuso dichiarazioni di questo tenore.
(Adnkronos) – Il sindaco di Milano, Marco Formentini, in una lettera ringrazia il presidente della Regione Emilia Romagna, Pierluigi Bersani, per la ”straordinaria dimostrazione di solidarietà” e ribadisce l’impegno dell’amministrazione meneghina ”per superare l’intollerabile situazione attuale che vede fluire il nostro carico inquinante, tramite il Po, verso l’Adriatico”. La giunta di Milano, scrive Formentini, ha avviato la realizzazione delle opere di adduzione che consentiranno, ”entro la primavera”, di cominciare a costruire un primo depuratore (capacita’ di quattro metri cubi al secondo, sui nove metri cubi al secondo di reflui della zona meridionale della città).
Le polemiche non finirono lì e ci vollero dei mesi perché a Milano le operazioni di smaltimento dei rifiuti tornassero ad avere una loro normale regolarità. L’emergenza però era stata risolta. Formentini perse le successive elezioni, bocciato al primo turno. Walter Ganapini andò a occuparsi dei rifiuti a Napoli, con esiti peggiori di quelli che ottenne a Milano.
Ieri Pier Luigi Bersani, rispondendo alle dichiarazioni di Bossi sull’ipotesi di portare in Lombardia parte dei rifiuti campani, ha ricordato quanto accaduto in quei mesi del 1995.
«Bossi dovrebbe ricordare che era un suo sindaco quello che ricoprì Milano di rifiuti e fui io a portarli via».
http://www.ilpost.it/2011/06/26/emergenza-rifiuti-milano-bersani-formentini/
Il PD non si offenda: dobbiamo vincere.
Ecco la mia risposta a quanto scritto da Furio Colombo ieri sul Fatto Quotidiano
Caro Furio,
ti ringrazio davvero per le parole di stima personale e di apprezzamento per il mio lavoro che hai voluto oggi rivolgermi pubblicamente attraverso la tua rubrica su Il Fatto Quotidiano.
Credimi, ne avevo davvero bisogno, per ritrovare forza ed energia, specie dopo talune incomprensioni che si sono verificate con l’opinione pubblica a causa del mio estemporaneo colloquio con il Presidente del Consiglio, Berlusconi, avvenuto pubblicamente alcuni giorni addietro all’interno del Parlamento.
Quel giorno, in realtà, sono accaduti due fatti: la chiacchierata con Berlusconi (di cui dirò tra breve) e il mio intervento alla Camera in cui - dopo aver stigmatizzato il fallimento politico dell’attuale Governo e della sua maggioranza - chiedevo pubblicamente al leader dell’opposizione, Bersani, (quindi riconoscendogli di fatto e senza infingimenti tale ruolo), di esercitare la sua leadership convocando i partner della coalizione per avviare la stesura del programma politico con cui dobbiamo presentarci agli elettori (mi auguro a breve).
Apriti cielo! Quasi tutti i maggiorenti del Pd si sono sentiti offesi nella loro maestà, a loro dire lesa perché li richiamavo ai loro - anzi, ai nostri - doveri, non potendo noi pensare di conquistare la fiducia degli elettori solo perché stanchi delle promesse di Berlusconi.
Per fortuna, l’altro ieri una persona per bene e intellettualmente onesta come Arturo Parisi, che pure voglio qui pubblicamente ringraziare, ci ha messo una pezza, riconoscendo l’importanza e l’ineludibilità della mia richiesta e spingendo, anche lui, il segretario del suo partito a uscire allo scoperto, per promuovere la nascita di una coalizione e di un programma credibili con cui poterci dignitosamente presentare al prossimo appuntamento elettorale.
Leggo oggi che gli amici del Pd sono ancora così in alto mare tanto da studiare undoppio referendum – addirittura uno in contrapposizione all’altro tanto sono in confusione – per riformare la legge elettorale.
Ma, vivaddio, certamente la legge porcellum di Calderoli deve essere modificata ma, prima di rivolgersi ai cittadini, che con il referendum abrogativo possono solo cancellare l’attuale legge ma non possono approvarne un’altra, non sarebbe meglio metterci tutti attorno a un tavolo e promuovere noi una legge in Parlamento che metta finalmente in condizione i cittadini di scegliere loro chi mandare alle Camere (e soprattutto chi mandare a casa)?
Insomma, sollecitare il partito di maggioranza relativa e il suo leader a esercitare tale loro ruolo è davvero così offensivo? A me pare di no. Siccome, invece, sarebbe assurdo stare ancora fermi a guardare mentre il Paese brucia, abbiamo insistito, e insistiamo, affinché anche noi del centrosinistra ci presentiamo ai nostri elettori con un nostro programma di governo, in cui spieghiamo cosa ci prefiggiamo di fare, con quali partiti della coalizione e con quale squadra di governo (senza rischiare di morire di inedia aspettando il messia del Terzo Polo).
Un programma e relative candidature da realizzare confrontandoci direttamente con i cittadini-elettori anche e, come spero, attraverso primarie partecipate e trasparenti, a cui anche io personalmente non intendo sottrarmi.
Ebbene, caro Furio, per aver detto (anzi ribadito) l’altro giorno questi elementari concetti in Parlamento, sono stato crocifisso da molti colleghi (o pseudo tali) che sono arrivati perfino ad accusarmi di essermi messo d’accordo con Berlusconi.
Ma che c’azzecca direbbe il vecchio Di Pietro? Io voglio lavorare per creare un’alternativa secca al berlusconismo e voglio farlo – nell’ambito di un sistema bipolare – all’interno di una coalizione di centrosinistra di cui però vorrei condividere (e soprattutto far condividere dai cittadini) programma e responsabilità.
Quanto all’occasionale incontro con Berlusconi, ribadisco ancora una volta che è stato il presidente del Consiglio a rivolgermi la parola e io gli ho risposto con fermezza ma senza scortesia, dicendogli che a mio avviso la cosa migliore che poteva fare per il Paese era quella di dimettersi subito.
Questo rapido scambio di battute si è svolto non in un sottoscala ma nel cuore del Parlamento italiano, davanti a tutti e a telecamere accese. Proprio per questo, ero e sono ancora convinto che voltare le spalle a un Presidente del Consiglio in carica (chiunque sia, fosse pure Berlusconi), rifiutando di rispondergli avrebbe dimostrato solo una piccolezza d’animo non degna di un parlamentare e leader di un partito che mira addirittura a scalzarlo (anzi, semmai avrei dato il sospetto che di lui potevo avere paura!).
Un caro saluto,
Antonio Di Pietro
http://www.antoniodipietro.com/2011/07/caro_furio_colombo_vorrei_farl.html
La7 interrompe trattativa con Santoro “Prova di un colossale conflitto d’interesse”.
Telecom Italia Media annuncia di aver sospeso la discussione con il conduttore di Annozero sul suo possibile arrivo sul settimo canale. "Naturalmente non possiamo fornire le prove dell’esistenza di interventi esterni, ma parla da solo l’interesse industriale che avrebbe avuto la rete a ospitare un programma come il nostro nella sua offerta".
Già il 16 giugno, intervenendo al programma radiofonico “Un giorno da pecora“, in modo un po’ criptico, Santoro aveva fatto riferimento alla sostanziale mancanza di libertà di Telecom. ”Improvvisamente – spiega oggi il giornalista – ci sono stati posti gli stessi problemi legali che la Rai pone a Milena Gabanelli e norme contrattuali che noi consideriamo lesive della libertà degli autori e dei giornalisti. Per non tradire le attese del pubblico, ci siamo impegnati a farci carico delle eventuali conseguenze legali delle nostre trasmissioni, ad autoprodurle e a procedere per gradi, senza un contratto quadro, con una prima serie di undici puntate. In questo modo, sia noi che l’editore, avremmo potuto liberamente valutare l’opportunità di continuare la collaborazione”.
“Ricordiamo a tutti – aggiunge Santoro – che il dottor Stella, amministratore delegato di Ti media aveva pubblicamente dichiarato che non c’erano divergenze economiche e che La7 non aveva nessun problema a mettere in onda un programma come Annozero. Un programma che, tra infinite difficoltà e attacchi di ogni tipo, è sempre stato realizzato in completa autonomia”. Inevitabile allora chiedersi: “Perché hanno cambiato idea? Chi ha interesse ad impedire che si formi nel nostro Paese un terzo polo televisivo che rompa la logica del duopolio?”
“Per tornare a crescere – conclude Santoro – l’Italia deve liberarsi del conflitto di interesse e di tutti coloro che non hanno avuto il coraggio di opporgli le ragioni della libertà di opinione e della libertà di mercato. Sulla scia del successo di Tuttiinpiedi, con l’aiuto fondamentale del pubblico, dimostreremo presto che un Paese semilibero non ci basta. Tutto cambia”.
Intanto, dopo l’annuncio dello stop alle trattative con Santoro, il titolo Ti Media scivola in borsa cedendo il 3,9% per cento a 0,21 euro.
E sul mancato arrivo di Santoro sulla rete per la quale lavorano, Gad Lerner ed Enrico Mentana si dicono “dispiaciuti” e si chiedono la ragione dell’annuncio dello stop augurandosi che la trattativa possa riprendere. Non solo – spiegano all’Ansa – perché la sua è una voce importante nel panorama della libera informazione, ma anche perché siamo convinti che una trattativa condotta più sobriamente avrebbe limitato le interferenze esterne, comunque inaccettabili, e favorito un accordo professionale basato sui principi dell’autonomia e della lealtà reciproche, già vigenti a La7. Ci chiediamo, inoltre: che bisogno c’era – dicono ancora Lerner e Mentana – di decidere e annunciare con questa fretta lo stop alla trattativa con Santoro? Ci auguriamo che si possa riprendere più serenamente il filo della trattativa nell’interesse di tutti, come suggeriscono le ragioni del libero mercato”.
Non si sono fatte attendere le reazioni politiche. ”Non sappiamo se risponde al vero la notizia dell’interruzione delle trattative tra Telecom e Michele Santoro e non sta a noi entrare nel merito. Tuttavia, se fosse vero, sarebbe quanto mai opportuno che il gruppo dirigente della Rai riconvocasse immediatamente il conduttore e la sua squadra ed accogliesse la disponibilità piu volte manifestata a rientrare perfino al costo di 1 euro”, scrivono in una nota il portavoce di Articolo21 Giuseppe Giuliettie il senatore Pd Vincenzo Vita.
Critico anche il portavoce dell’Italia dei Valori, Leoluca Orlando: ”La notizia del mancato accordo tra Santoro e La7 è la conferma che il regime berlusconiano sta vivendo gli ultimi pericolosi colpi di coda. E’ chiaro a tutti che l’editto bulgaro emanato dal presidente del Consiglio nei confronti di trasmissioni sgradite a Palazzo Chigi come ‘Annozerò non solo è ancora in vigore, ma ha ormai superato il duopolio Rai-Mediaset”.
Contro il ‘santone Santoro’ si scaglia invece il vicepresidente dei deputati del PdL, Osvaldo Napoli: ”La notizia delle trattative saltate fra Michele Santoro e Ti Media può sorprendere gli sprovveduti. Siamo in presenza della vendetta della realtà nella quale il “santone” Santoro è stato brutalmente richiamato”. “Trovare un altro editore libero come la Rai non sarà facile per Santoro – prosegue Napoli -. Una Tv che ti lascia fare il bello e il brutto non è semplice. Santoro ha sempre sostenuto di aver dato alla Rai molto di più di quanto ha ricevuto. Si chiederà ora perchè mai La7 rinuncia a tanta grazia di introiti?”