venerdì 5 agosto 2011

La politica degli impresentabili Brancher condannato a due anni. - di Marco Lillo



L'ex ministro, in carica per appena dieci giorni, è stato condannato in appello a due anni per ricettazione nell'inchiesta Antonveneta. la Cassazione ieri ha confermato la decisione dei giudici. E lo ha fatto quasi fuori tempo massimo. Sempre ieri infatti scadevano i termini della prescrzione.

La legge è uguale per tutti. Anche per Aldo Brancher. L’ex ministro lampo, in carica per 17 giorni, nominato nel giugno 2010 e costretto alle dimissioni dal presidente Napolitano per le polemiche seguite alla sua richiesta di avvalersi del legittimo impedimento, ieri è stato definitivamente condannato a due anni e 4 mila euro di multa.

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il suo ricorso contro la sentenza di appello che lo condannava per ricettazione e appro
priazione indebita nel caso Antonveneta nel quale era coinvolto insieme a Giampiero Fiorani. La sentenza di ieri non sarà eseguita perché i fatti ricadono nell’indulto dell’ex ministro Mastella ma rappresenta comunque una vittoria della giustizia sulla furbizia e il privilegio di Casta. Proprio oggi, se la Corte presieduta da Antonio Esposito non avesse fatto tutto il suo dovere con celerità e senza riguardi reverenziali, sarebbe scattata la prescrizione. Le manovre di Brancher per ottenerla non sono state gradite dalla Corte che ha spedito le carte alla Procura di Milano per valutare le mosse processuali dell’imputato.

Brancher non è riuscito a bissare il successo del passato. Non era la prima volta che l’ex sacerdote, poi divenuto manager Fininvest e dal 1999 politico di Forza Italia e poi del Pdl, tentava la carta della prescrizione per svignarsela da un processo difficile. Il 18 giugno 1993 era stato arrestato dal pool di Milano quando era assistente di Fedele Confalonieri ed era accusato di avere dato 300 milioni di lire al Psi e 300 a Giovanni Marone, segretario dell’ex ministro della Sanità Francesco De Lorenzo, in cambio di spot sulle reti Fininvest per la campagna ministeriale anti-aids. Brancher fu soprannominato il compagno G del gruppo Berlusconi, perché rimase tre mesi a San Vittore senza aprire bocca. Fu condannato in appello per falso in bilancio e finanziamento illecito ai partiti. Ma quella volta la Cassazione dichiarò la prescrizione per i soldi ai partiti mentre il falso in bilancio era stato depenalizzato dal Governo Berlusconi.

Intanto, nel 1999 Brancher era passato alla politica. I sistemi restavano gli stessi, ma la novità era che finalmente i soldi poteva prenderli invece di darli. Scoperto dai pm di Milano a ricevere buste piene di contanti dall’amministratore della Bpi Gianpiero Fiorani, ieri sperava ieri di farla franca nuovamente ed era a un passo dal risultato. Il suo legale, Filippo Dinacci, recentemente balzato agli onori delle cronache perché è il fratello della ex moglie del neoministro della giustizia Nitto Palma, ha chiesto un rinvio che avrebbe fatto saltare l’accusa più imbarazzante di appropriazione indebita. La difesa di Brancher sosteneva di avere diritto a un termine più lungo per permettere al politico di presentare un suo ricorso autonomo rispetto a quello preparato dal suo avvocato.

Il deputato chiedeva tempo per studiare le carte perché sosteneva di non aver ricevuto la notifica degli atti nel suo domicilio. La Corte non solo non ha tenuto in conto le richieste ma ha trasmesso addirittura le carte alla Procura di Milano (competente in quanto la Corte di Appello è quella che ha emesso la sentenza impugnata) per valutare il suo comportamento. Il fatto è che Brancher, che durante l’appello aveva sempre ricevuto le carte presso il suo avvocato, dopo la condanna aveva trasferito il suo domicilio in Umbria e per l’esattezza in una località del comune di Città della Pieve. Quando il postino ha tentato d notificargli gli atti non lo ha trovato e la raccomandata è tornata indietro con la dicitura “irreperibile”.

La Corte presieduta da Esposito non ha dato troppo peso alla cosa e ha emesso un’apposita ordinanza per spiegare perché riteneva di poter condannare il deputato veneto anche in assenza della sua autodifesa. La sentenza di ieri conferma le motivazioni del merito dei precedenti gradi che meritano di essere rilette ora che hanno il timbro della verità giudiziaria definitiva. “Brancher ha a più riprese ricevuto, e richiesto, ingenti somme di denaro che non aveva alcuna possibilità di ritenere che provenissero dal patrimonio personale di Giampiero Fiorani e che gli fossero da lui elargiti per mera libertà”. In particolare merita di essere riletta la storia della mazzetta che rischiava di essere cancellata oggi dalla prescrizione. Si tratta dei 200 mila euro consegnati nel 2001 a Brancher in un autogrill di San Donato Milanese come ”ringraziamento per i buoni uffici prestati al fine di ottenere la candidatura nella circoscrizione di Lodi di un candidato più gradito a Fiorani e ai suoi accoliti (Falsitta Ndr) rispetto all’altro che avrebbe potuto essere inserito nella lista, l’onorevole Giovine, solo perchè quest’ultimo in più riprese e pubblicamente aveva espresso le sue riserve sulla gestione della Bpl e, quindi, sull’operato dei suoi dirigenti”. La condanna definitiva per un simile episodio decreterebbe la fine della carriera politica del condannato in qualsiasi paese occidentale. A maggior ragione se per evitarla l’imputato si è prima travestito da ministro prima di rifugiarsi come un novello Cincinnato in una frazione della verde Umbria.



Crisi, Berlusconi e Tremonti. Annunceranno misure liberalizzazione.



Dopo l’ennesimo giornata al cardiopalma in borsa, questa sera Silvio Berlusconi assieme al ministro dell’Economia terrà una conferenza stampa fuori programma.

A rivelare i contenuti dell’incontro è stato oggi il Financial Times per il quale “dopo ore di colloqui Berlusconi e Tremonti hanno raggiunto l’accordo per accelerare un pacchetto di misure per liberalizzare l’economia italiana”.

Fra le misure di liberalizzazione che Berlusconi e Tremonti dovrebbero annunciare, anticipa il Ft sul suo sito, ci sarebbe “un piano per modificare la Costituzione e rendere obbligatorio il pareggio di bilancio, un’altra modifica costituzionale per costringere gli ordini professionali a liberalizzare i propri servizi, una accelerazione delle riforme del welfare e altre riforme strutturali miranti a rilanciare la stagnante economia italiana”. “Il governo – si legge ancora nel sito del Financial Times – continuerà a lavorare sul pacchetto per tutto agosto e il Parlamento potrebbe essere riconvocato in anticipo dalle vacanze estive per approvare” le misure. Secondo fonti del giornale sarebbe un “piano forte e credibile” che includerebbe anche “tagli ai costi della politica, che sono stati definiti nell’incontro con le parti sociali” avuto ieri.

Nel pomeriggio, poi, c’è stato una telefonata tra Fini e e Tremonti per iniziare subito a lavorare a livello parlamentare per costituzionalizzare il pareggio di bilancio. il presidente della Camera ha allertato le commissioni Affari costituzionali e Bilancio di Montecitorio ed è pronto a convocarle non appena arrivi dal governo, da parte del premier Silvio Berlusconi o dello stesso ministro dell’Economia, la richiesta formale. Si tratta di una collaborazione istituzionale tra governo e presidenza della Camera per dare un segnale concreto per lavorare contro la crisi.

Scuola: 30 mila immissioni in ruolo, ma a scapito del Sud. - di Antonio Rispoli


Scuola: 30 mila immissioni in ruolo, ma a scapito del Sud

ROMA - Ma quante sentenze di condanna del governo italiano e in particolare del Ministero della Pubblica Istruzione ci dovranno essere, perchè la smettano di colpire il Sud Italia?
La domanda è inevitabile, dopo l'annuncio dei dati relativi alle immissioni in ruolo nella scuola per l'anno prossimo.
SI tratta di 30308 precari che diventeranno titolari di cattedre, di cui 10 mila scelti con le vecchie graduatorie; il resto con quelle nuove, che piazzano gli insegnanti provenienti da province diverse in coda e che sono state più volte bocciate dalla Corte Costituzionale.
Ed è qui il punto. Il governo, per accontentare la Lega, che vuole penalizzare gli insegnanti del Sud (in proporzione alla popolazione, gli insegnanti sono di più nel meridione), insiste con norme dichiarate incostituzionali, ma che garantiscono l'ingresso di un insegnante scarso ma residente al nord piuttosto che uno bravo ma residente al sud.
Dal 2008, anno in cui il Ministro Gelmini creò le "code" (ciascun insegnante può icriversi nelle graduatorie di altre tre province, oltre alla propria, ma in coda; cioè verrà preso in considerazione solo dopo che saranno state esaurite le liste dei residenti in quella provincia), ci sono stati migliaia di contenzioni amministrativi e due sentenze della Corte Costituzionale, e tutti hanno dato torto a queste regole imposte dal Ministero, stabilendo il principio che non si può limitare la libertà di trovare lavoro spostandosi da una zona all'altra dell'Italia.
Ora il Ministero insiste. Quante migliaia di ricorsi ci saranno questa volta? E chi risarcirà i cittadini italiani dei soldi spesi due volte, da chi fa ricorso, ma anche dal Ministero, che tanto gli avvocati li paga con i soldi dei cittadini?


La Moratti festeggia la fine della campagna elettorale e la mafia si siede in prima fila.


Nel 2006 due uomini vicino alla mafia calabrese hanno partecipato al party organizzato per festeggiaro la fine della campagna elettorale di Letizia Moratti.


MILANO – Davanti c’è Expo 2015, dietro il grande lavoro per infiltrare la classe politica milanese. Sono questi gli obbiettivi dichiarati della ‘ndrangheta che nel terzo millenio si appresta a scalare l’ex capitale morale d’Italia. Un’opa mafiosa che a quanto risulta a ilfattoquotidiano.it inizia quattro anni fa durante una tiepida nottata di mezza estate passata tra brindisi, palloncini e manifesti elettorali che tanto ricordano le feste dei repubblicani americani. Al posto di Nixon o Regan, a pochi passi da piazza Duomo, si celebra, invece, Letizia Moratti, futuro sindaco di Milano.

E’ il 26 maggio 2006, ultimo giorno della campagna amministrativa. Per settimane i due candidati alla poltrona di palazzo Marino si sono dati battaglia. Il centrosinistra presenta l’ex prefetto Bruno Ferrante, mentre il centrodestra corre con l’ex ministra dell’Istruzione nel secondo e terzo governoBerlusconi. In realtà non c’è gara, soprattutto dopo i due mandati consecutivi di Gabriele Albertini. Del resto in città dal 1993 governano Forza Italia e Lega nord. E dunque a Le Banque, un lussuoso locale a due passi dal palazzo della Borsa, più che la fine della maratona che ha portato alle elezioni, si festeggia la scontata vittoria di donna Letizia. Tra gli ospiti però ci sono due uomini. Sono arrivati in compagnia delle rispettive mogli a bordo di un Porsche Cayenne. Indossano giacche eleganti e hanno i volti visibilmente soddisfatti. Un particolare, però, li rende speciali: sono uomini vicini alla ‘ndrangheta. Chi li conosce? Non certo il futuro sindaco, certamente ignaro della loro presenza. Gli investigatori della polizia, invece, sanno molto bene chi sono. Loro, quella sera, fotografano, riprendono e annotano tutto.

Per questo il racconto della festa si trasforma ora in una storia politicamente imbarazzante per un sindaco che, dopo aver fatto naufragare la commissione antimafia, periodicamente si affretta a dire che “la mafia a Milano? Fatemela vedere”. Da cinque giorni, infatti, le parole servono a poco. Perché tra gli atti dell’inchiesta della procura di Reggio Calabria che, il 23 giugno ha ottenuto l’arresto di 44 presunti affiliati alle cosche dei Condello e dei Di Stefano, c’è anche un rapporto, non della polizia, ma del Ros dei Carabinieri che ricostruisce, intercettazione dopo intercettazione, la storia della l’ascesa della mafia calabrese sino ai vertici della politica lombarda. Settecento pagine in cui compare anche il nome di uno dei due strani personaggi presenti a quel ricevimento di fine campagna elettorale.

È Giulio Giuseppe Lampada (sotto inchiesta ma piede libero). E’ nato a Reggio Calabria il 16 ottobre 1971. Originario del quartiere di Archi, gli investigatori lo definiscono “una tipica figura criminale che si innesta pienamente nel substrato mafioso, con compiti e ruoli connessi alla gestione del patrimonio economico del cartello mafioso riconducibile a Pasquale Condello“, il boss arrestato nel febbraio 2008 dopo 18 anni di latitanza. E come in tutte le storie di mafia, a suggellare l’alleanza c’è di mezzo un matrimonio. In questo caso si tratta delle nozze tra il fratello di Giuseppe Lampada, Francesco, eMaria Valle, giovane rampolla di una nota famiglia di ‘ndrangheta che da anni domina tra Pavia e Milano. Alla cerimonia partecipano il figlio e il genero del capo bastone.

Lampada sta perfettamente a suo agio tra i tavolini di cristallo del locale. In fondo lui è abituato a trattare con i politici. Il suo grande amico e sponsor si chiama Armando Vagliati. Dal 1997 Vagliati è uno storico consigliere comunale di Palazzo Marino. Fedelissimo di Berlusconi, l’ingegner Vagliati (non indagato), già membro della segreteria cittadina di Forza Italia, il febbraio scorso è stato pizzicato a proporre un emendamento al Piano regolatore del Comune per trasformare un’area da industriale a residenziale. Peccato che uno dei proprietari di quel terreno fosse Alberto Bonetti Baroggi, consigliere regionale del Pdl e capo gabinetto del sindaco Moratti.

Grazie a Vagliati, il presunto braccio finanziario dei Condello è riuscito a partecipare alla festa. Ultimo atto di una serata intensa. Iniziata nella zona della vecchia Fiera dove il consigliere della Moratti ha il suo comitato elettorale. I due, assieme alle mogli, vanno a cena, dopodiché si presentano alle celebrazioni di donna Letizia. Con loro c’è anche un personaggio legato a doppio filo con la cosca di Africo capeggiata da Giuseppe Morabito, alias u tiradrittu, il cui nome è per ora segreto.

Così, da quel 26 maggio 2006, Giuseppe Lampada spicca il volo. Giunto da Reggio Calabria con alle spalle un modesto negozietto di macelleria, a Milano si ritrova a gestire un patrimonio in locali e società che commerciano in videopoker. Di questa improvvisa liquidità Lampada ne parla per telefono con Alberto Sarra. Presidente del Gruppo consiliare di Alleanza nazionale alla regione Calabria. “Quando mi muovo a Milano – racconta Lampada a Sarra – ho una chiavetta nera. Ho praticamente un centinaio di sportelli Bancomat, perché quella è la la chiave del cambiamoneta (si riferisce ai videpoker)”. Poi prosegue: “Ti faccio un esempio: stasera sono con te e mi serve da prendere mille euro, vado in uno dei bar apro e me li prendo”, così vanno le cose per Giulio Giuseppe Lampada che come buen ritiro ha scelto una villa dell’hinterland milanese.

In realtà, però, quello che gli preme di più è la politica. Ecco, allora, cosa racconta a Sarra nel novembre 2007 mentre i carabinieri del Ros intercettano tutto. “Sono stato a cena in una villa d’epoca con Formigoni. Eravamo assieme ad Armando (Vagliati, ndr). C’erano tutti i consiglieri comunali, provinciali, regionali”. Millanterie? Forse. Fatto sta che il rapporto con Vagliati, invece, appare consolidato. Come anche quello con Giovanni Pezzimenti, altro consigliere azzurro (non indagato) alla corte dell’ignara Letizia Moratti.

“Armando – dice Lampada, che con il consigliere ha appena parlato di licenze per aprire locali pubblici – mi ha fatto capire che il problema si può risolvere con quelli del Comune”. A margine del borgliaccio ecco cosa annotano i gli investigatori. “E’ importante sottolineare che il Vagliati, stando alle affermazioni di Lampada, aveva preferito non parlare al telefono, attestando l’illecità dell’operazione”. Del consigliere comunale, Lampada discute anche con Vincenzo Giglio, un medico di Reggio Calabria, che alle politiche del 2008 tentò senza riuscirci di farsi eleggere nel movimento La rosa bianca. “Questo – gli dice Lampada a proposito di Vagliati – ha sete di fare. E’ uno che ha la massima fiducia”. Quindi passa alla programmazione futura “per il raggiungimento degli scopi criminali nella città di Milano”. Ecco allora di nuovo Lampada su Vagliati: “Siamo accreditati, c’è la fiducia, capisci cosa voglio dire. Perché lui sa che sputazza io non ne ho mai fatta. E allora si butta a capofitto. E mi dice facciamo quello che cazzo ti interessa”. A questo punto gli investigatori riferiscono di come “Vagliati fosse a conoscenza dell’appartenenza di Lampada al gruppo criminale”. Ed è sempre grazie a lui che la cosca Condello pensa di avvicinare Claudio De Albertis, presidente delle Associazioni imprese edili e complementari delle province di Milano, Lodi, Monza e Brianza. “Lui – dice Lampada – conosce trecentomila persone nel campo dell’impresa”. Ma quando si parla di Provincia, l’uomo del clan può contare anche su Antonio Oliverio, ex assessore al Turismo nella giunta di Filippo Penati, poi passato al Pdl nel 2009 ed ex segretario provinciale dell’Udeur. Insomma, un bel ventaglio di conoscenze per quell’ex macellaio di Reggio, che all’ombra del Duomo è diventato straricco investendo, secondo i detective, i denari della mafia.

di Enrico Fierro e Davide Milosa

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Parti sociali? No,comparsate. - di Alberto Capece Minutolo


Niente scuse: in questi giorni anche quelli che vivono nei fumi turibolari del culto berlusconiano, hanno scoperto che non esiste un premier, ma un tycoon che si fa gli affari propri e interviene nella cosa pubblica solo in ragione dei suoi interessi. Lasciamo all’amaro futuro lo scoprire che Silvio ha costruito la sua fortuna di tycoon grazie alla politica e la sua fortuna di politico grazie alle sue imprese. Che è stato solo un grande e inquietante bluff italiano.

Ma c’è molto di peggio e questo lo stiamo scoprendo tutti: non esiste più nemmeno una società in grado di affrontare lucidamente i problemi di fondo e generali, ma solo un conglomerato di interessi e rendite che convergono o divergono a seconda delle momentanee convenienze, del profitto a breve termine, dell’aria che tira, perfino dei rapporti personali. Il documento delle parti sociali che riporto in pdf alla fine del post è un disarmante elenco di ovvietà, di cedimenti vergognosi, di parole d’ordine senza costrutto e di straordinaria pervicacia nel perseguire le soluzioni illusorie del neoliberismo. Quelle appunto che stanno sfasciando l’occidente.

Dopo anni di una crisi che imperversa a cicli successivi e che ovviamente si scarica sulle parti ceti più deboli e sta spazzando via il ceto medio, si chiede ancora lo Stato minimo, si trova nelle privatizzazioni e nella svendita di beni pubblici, la soluzione magica. Purtroppo dopo due decenni di privatizzazioni si è visto cosa è successo: precarizzazione, inefficienza, arroganza, tariffe alte. Ma anche profitti altissimi da parte chi caldeggia queste soluzioni.

E poi ci sono le famose liberalizzazioni delle professioni da cui non si sa bene cosa ci si debba attendere in concreto e che nessuno ha il coraggio di spiegare. Ma che sono li, assieme allo sfascio della scuola pubblica, a pretendere la privatizzazione dell’insegnamento. Il resto sono banalità, anzi più spesso iprocrisie. Perché certo è del tutto ovvio chiedere maggiore efficienza alla pubblica amministrazione, efficienza vera e non quella ridicola cosa dei tornelli del “cretino” Brunetta. Ma efficienza anche nei controlli, da quelli fiscali a quelli sui luoghi di lavoro? Rapidità ed efficacia nel far rispettare le regole? Francamente non credo che una cosa simile sfiori la mente della Marcegaglia e dei suoi colleghi: dietro la parola efficienza se ne nasconde un’altra, tagli. Si, perché così si spende di meno e i controlli divengono, se possibile ancora più lassi. Ecco l’efficienza che si vuole, nell’Italia della corruzione del futuro.

E naturalmente non si fa parola del lavoro, del welfare, della mancanza di futuro, della straordinaria evasione fiscale, dell’economia in nero, sempre più appannaggio della criminalità: eppure proprio questi sono i maggiori fattori di crisi. Ma non fa parte del decalogo di quella “modernità” che sta portando allo sfascio.

Possibile che un documento così sia stato sottoscritto anche dalle Cgil? Si è proprio così, assieme a Marcegaglia e Bonanni, i due amanti clandestini che fanno di ogni tavolo un motel, assieme ai banchieri e all’immancabile Sacconi, espressione quasi carismatica del Paese falso, ipocrita e cialtrone.

Si alla guida abbiamo un anziano tycoon che gioca a fare l’attor giovane. Ed è li, ancora lì, perché non abbiamo una società all’altezza non soltanto del futuro, ma della sua stessa salvezza.

Documento parti sociali

http://ilsimplicissimus2.wordpress.com/2011/08/05/parti-sociali-nocomparsate/


Le Borse europee crollano con Wall Street Milano sprofonda a -5,16 per cento.


Una giornata nera, nerissima, per i mercati internazionali che colpisce particolarmente duro l'Italia. Piazza Affari vede l’indice principale andare in black out nell’ultima mezz'ora di contrattazioni per poi chiudere a -5%, con ribassi a due cifre dei titoli principali mentre lo spread con il Bund tedesco che supera quota 390 punti.

Una giornata nera, nerissima, per i mercati internazionali che colpisce particolarmente duro l’Italia. Piazza Affari vede l’indice principale andare in black out nell’ultima mezz’ora di contrattazioni per poi chiudere a -5%, con ribassi a due cifre dei titoli principali mentre lo spread con il Bund tedesco che supera quota 390 punti (+6,08% sull’apertura) e raggiunge 390,67 il massimo della giornata, ormai a pochi punti da quello della Spagna, altra grande vittima di queste settimane. Questa mattina il differenziale fra il rendimento dei titoli di Stato italiani a dieci anni e quelli tedeschi era sceso fino a 348 punti.

Eppure la giornata sembrava essere iniziata con qualche barlume di speranza, seppure inquinato da una forte dose di nervosismo, ma ormai i mercati e gli investitori sembrano aver perso la fiducia nella capacità dei governi degli Stati Uniti e dell’Europa di gestire i debiti accumulati per fare fronte alla crisi ed evitare nuovi casi Grecia.

All’avvio di seduta comunque gli indici di Milano e europei rimbalzano: la decisione del governo italiano di incontrare le parti sociali sembra concedere una tregua alla speculazione, mentre si attende la decisione della Bce, che puntualmente avviene alle 13.45, di lasciare invariati i tassi. Ma poi dagli Stati Uniti arrivano segnali di un avvio negativo di Wall Street – che infatti chiuderà in netto calo – e il presidente della Bce, Jen Claude Trichet nella conferenza stampa, lancia segnali di forte preoccupazione per l’economia europea (Leggi). E i listini americani peggiorano con il passare delle ore: il Dow Jones chiude perdendo 512,76 punti, o il 4,31%, a 11.383,68 punti. Il Nasdaq cede 136,68 punti, o il 5,08%, a 2.556,39 punti. Lo S&P 500 lascia sul terreno 60,27 punti, o il 4,78%, a 1.200,07 punti. Trichet riconosce che la Bce ha ricominciato ad acquistare titoli di stato, ma solo quelli portoghesi e irlandesi, e non menziona i titoli italiani e spagnoli come sembrava attendere il mercato e, come ha lasciato intendere, anche il ministro dell’economia Tremonti. Tanto basta ai mercati per far riallargare lo spread, in mattinata tornato a quota 350 punti, con una corsa inarrestabile verso l’alto.

Quello dei Bonos spagnoli arriva a quota 400 punti con i Btp italiani, appena dietro a 390, che presuppongono rendimenti del 6,25% e 6,15%, subito sotto la soglia rischio di 6,5 indicata come insopportabile per le casse statali, a meno di una crescita del Pil a livelli ‘cinesi’.

La corsa dei rendimenti trascina con sè la caduta di Milano e Madrid con effetti deleteri anche per gli altri listini europei, danneggiati anche da una Wall Street anch’essa in caduta. E’ a quel punto che la Borsa Italiana emette un comunicato parlando di possibile non aggiornamento dell’indice principaleFtse Mib, in contemporanea con problemi tecnici anche sul circuito Euronext (Parigi, Bruxelles, Amsterdam e Lisbona). Alle 17 a Milano l’indice Ftse si blocca. I titoli continuano gli scambi fra ribassi sempre maggiori che finiscono con cali a due cifre per Intesa, Unicredit e Fiat. E’ solo alle 19 che la Borsa riesce a calcolare il ribasso dell’Ftse Mib, che ammonta a -5,16%. Non va tanto meglio anche alle altre Borse del vecchio Continente con Parigi che chiude in pesante calo con l’indice Cac 40 in ribasso del 3,9% a 3.320,35 punti (si tratta del livello più basso da luglio 2009); Francoforte che perde il 3,4% a 6.414,76 punti, l’Ftse 100 di Londra arretra del 3,42% a 5.393,14 punti e l’Ibex di Madrid che segna -3,89% a 8.686,5 punti. E ora si guarda con trepidazione alla giornata di venerdì, giorno tradizionale di ribassi in una situazione di incertezza.


Da Mora alla Moratti, tutti gli affari del boss Fidanzati, il re della Movida. - di Mario Portanova

Emergono nomi eccellenti nell'inchiesta che ha portato al sequestro di noti locali milanesi come il Luminal e il Cafè Solaire. I presunti prestanome del trafficante di droga erano in rapporti d'affari anche con Eataly, Amaro Lucano e con un'azienda della Compagnia delle opere.

Avevano le mani in pasta in molti grandi affari gli uomini di Guglielmo Fidanzati, trafficante di droga e figlio del boss di Cosa nostra Gaetano, a cui la Guardia di finanza di Milano ha sequestrato oggi beni per 15 milioni di euro, compresi locali di grido della movida cittadina come il Luminol, il Café Solaire, il ristorante Moscati e, fino al 2009, la notissima discoteca Shocking Club. Con Fidanzati, sono indagate cinque persone accusate di associazione per delinquere finalizzata all’intestazione fittizia di beni. Tutti pregiudicati.

Dagli atti dell’indagine emerge il nome di Lele Mora, l’agente televisivo con libero accesso a Villa Berlusconi ad Arcore, indicato da una testimone come “socio occulto” di Guglielmo Fidanzati. Uno degli indagati, Michele Cilla, viene direttamente interessato all’organizzazione di una festa di Letizia Moratti nell’ultima campagna elettorale, alla discoteca Luminal. Una delle società sequestrate, la Witamine srl, è in trattativa d’affari con Oscar Farinetti, il patron di Eataly, il grande emporio della gastronomia italiana aperto di fronte al Lingotto di Torino. E da settembre, gli uomini del boss progettavano di dare in gestione il Luminol a una società della Compagnia delle Opere.

L’inchiesta rivela un giro vorticoso di compravendite, cambi di gestione, società intestate a prestanome: così, secondo l’accusa, Fidanzati junior – classe 1958, attualmente detenuto per traffico di droga – riciclava in modo occulto i proventi della cocaina. Sullo sfondo, i rapporti complicati con la ‘ndrangheta, altro grande gestore delle notti milanesi, come dimostra l’inchiesta del marzo scorso contro il clan capitanato da un altro boss storico, Pepé Flachi.

E’ una delle principali testimoni a tirare in ballo Mora: “Guglielmo Fidanzati è socio occulto in diversi locali tra cui lo Shocking, il Papaya, il Café Solaire, e il Borgo Karma con Lele Mora”, ha messo a verbale. Il “Borgo dei sensi – Il karma” è una sontuosa discoteca in zona Corvetto a Milano. Mora, continua la testimone, “mi è stato presentato da Vittorio Scalmana”. Scalmana, indicato come terzo socio occulto del locale, è un altro imprenditore coinvolto nelle operazioni del gruppo (non indagato). Mora, attualmente detenuto per bancarotta fraudolenta, sarebbe stato anche interessato al café Solaire e allo Shocking, nonché protagonista “di un vorticoso giro di assegni e cambiali” con alcuni degli indagati. Mora viene nominato più volte nelle conversazioni intercettate, e alcuni personaggi del giro sembrano vantare crediti nei suoi confronti

Il 3 maggio 2011, in piena campagna elettorale per la corsa a sindaco di Milano, Cilla riceve una telefonata che chiede “il Luminal dalle 23 in poi, andranno circa cento persone con i candidati e ci sarà anche Letizia Moratti”. Si parla anche di un assegno che l’uomo di Fidanzati dovrebbe pagare “a quello che ha stampato i volantini”. La conversazione, poi, vira su altri affari che il gruppo ha in ballo.

L’ormai ex sindaco di Milano è citato una seconda volta, a proposito di Roberto Manzoni detto Bobo, che non risulta indagato, ma è descritto dagli investigatori come un “socio occulto” del ristorante Moscati finito sotto sequestro. Manzoni gestiva anche il Bar Bianco all’interno del Parco Sempione. Con la sua società Art Living World srl, scrivono i finanzieri “era stato incaricato dal sindaco Letizia Moratti della realizzazione di un edificio a New York che avrebbe avuto spazi espositivi, libreria, bistrot, ristoranti e che sarebbe stato una sede prestigiosa per la Triennale in America”. Un progetto finito in niente “per l’eccessivo costo”.

Negli stessi giorni, il giro finito sotto inchiesta cerca di allargare i propri affari con la società Witamine. E’ sempre Cilla che, conversando con un certo Nando, afferma di aver parlato di un contrratto di promozione e pubblicità con “la proprietà dell’amaro Lucano” e con Oscar Farinetti, all’epoca in vacanza in barca, a propsito di “un mandato di seguire Eataly”, a quanto si capisce sempre dal punto di vista promozionale.

E’ invece Ruggiero Paolillo, secondo l’accusa l’altro pilastro del sistema Fidanzati, a parlare al telefono del futuro del Luminal: da settembre 2011, dice, si chiamerà Super Club e sarà affidato aDario Sepe dell’agenzia Alon Contract. L’azienda risulta iscritta alla Compagnia delle Opere, il braccio economico di Comunione e Liberazione.

L’inchiesta del Nucleo di polizia tributaria di Milano, coordinata dai pm della Direzione distrettuale antimafia Ester Nocera e Giovanni Narbone, conferma la pesante infiltrazione mafiosa nella vita notturna milanese, con relativo sottofondo di estorsioni, usura, proposte di “protezione” che non si possono rifiutare, tavolate di gente che ordina da bere “con i piedi sul tavolo” e non paga mai. Oltre ai locali sequestrati, emergono tanti altri nomi di ristoranti e discoteche finiti nel mirino dei clan. Le carte citano il ristorante Ricci e il Ricci Light Café, storici ritrovi in zona Stazione centrale a lungo gestiti daFrancesco Stretti, caduto in difficoltà economiche e poi deceduto.

Nella ricostruzione degli investigatori, il Ricci Light Café è finito nelle mani di Nunziato Mandalari, arrestato l’anno scorso nell’operazione Infinito con l’accusa di essere un personaggio di spicco del “locale” di ‘ndrangheta di Bollate, alle porte di Milano. Nell’aprile del 2009, Mandalari ha ceduto l’attività per 398 mila euro a Pietro Conversano, indicato come uomo di Fidanzati. Quanto al ristorante, Stretti lo ha passato direttamente a Conversano non riuscendo a saldare i debiti relativi ad alcune forniture alimentari. Ritorna anche il nome del ristorante Malastrana Rossa, vicino all’Arena, dove Guglielmo Fidanzati risultava dipendente fino al momento dell’arresto per droga, il 16 aprile scorso.

Proprio il fatto che gli indagati gestissero di fatto business da decine di migliaia di euro al mese, incompatibili con i loro redditi dichiarati, è l’elemento base che ha fatto scattare le indagini sfociate nel sequestro
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