venerdì 4 novembre 2011

Tremonti e Berlusconi, rapporto finito “Silvio dimettiti, il problema sei tu”

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Fine del rapporto tra il presidente del Consiglio e ministro dell'Economia. Quest'ultimo: "Se avessi potuto fare il ministro come volevo, oggi non saremmo a questo punto". Il premier: "Se avessi potuto io fare il premier come volevo, tu non saresti il mio ministro!"

Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti
Titoli di coda. Il rapporto tra Silvio Berlusconi eGiulio Tremonti si è spezzato definitivamente nel Consiglio dei Ministri di ieri. In maniera fragorosa. Risultato? Il governo è nel caos più totale e i risultati sono sotto gli occhi di tutti, con l’incapacità da parte dell’esecutivo di mettere a punto uno strumento in grado di respingere l’offensiva dei mercati. E se è vero, come è vero, che il quadro è questo, molto dipende anche dalla diversità di intenti e vedute tra Berlusconi e Tremonti.

Uno voleva il decreto legge per arrivare al G20 di Nizza con qualcosa di concreto, l’altro puntava sul maxi emendamento e per ottenerlo ha fatto sponda sul Colle, a cui il dl ‘carrozzone’ era più che indigesto. L’effetto della dicotomia è stato uno scambio di accuse durissimo, come mai era successo prima. I ‘lealisti’ berlusconiani’ proponevano, Tremonti rimandava le ipotesi al mittenti. Fino alla goccia che ha fatto traboccare il vaso. “E basta, dillo chiaro che vuoi mandare a casa il presidente!” ha sbottato il ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani, con il titolare dell’Economia che, per rispondere, si è rivolto direttamente al premier. “Non sto dicendo questo – ha detto Tremonti -, sto dicendo che lunedì ci sarà un disastro sui mercati se tu, Silvio, resti al tuo posto e non fai un passo indietro. Perché il problema per l’Europa e i mercati, giusto o sbagliato che sia, sei proprio tu”.

Una stilettata al cuore del Cavaliere, che non ha potuto tacere. “No, il problema sei tu invece  -ha detto Berlusconi – , sono tre anni che vai a sparlare in giro per il mondo del tuo Paese e del tuo presidente del Consiglio”. Tremonti, a questo punto, ha puntato sulla dietrologia. “Se avessi potuto fare il ministro come avrei voluto, oggi non saremmo a questo punto” ha detto, con Berlusconi che ha ribattuto usando lo stesso mezzo: “Se avessi potuto io fare il premier come avrei voluto, tu non saresti il mio ministro!”.

Accuse e stilettate a parte, alla fine la battaglia l’ha vinta Tremonti, tanto che il decreto tanto voluto è diventato solo un maxi emendamento, per giunta spuntato in mancanza di misure su pensioni e mercato del lavoro. E il pensiero della Lega, che puntava sulla linea dura, non si è fatto attendere. Sibillino e al tempo stesso ‘minaccioso’ il pensiero di Roberto Calderoli. “Decreto legge alla memoria: quando si calano le braghe bisogna stare molto attenti a coprirsi le spalle perché svolazzano i temuti uccelli paduli…”.

E sulla carcassa di un ‘amore’ politico ormai finito, ecco svolazzare gli avvoltoi che, secondo il segretario del Pdl Angelino Alfano, hanno colori e visi ben conosciuti. “Casini è scatenato, sta per lanciare una nuova formazione politica per raccogliere una decina di parlamentari nostri e far saltare il governo. Si chiamerà ‘costituente dei moderati’, guardate che sono pronti”. Forse l’exGuardasigilli ha ragione: stamane sul tavolo del premier è arrivata la lettera di sei frondisti e persino alcuni fedelissimi hanno iniziato a defilarsi. Insomma, scene da fine impero.

giovedì 3 novembre 2011

E’ l’ora di Servizio Pubblico: stasera la diretta del programma dalle 21 su ilfattoquotidiano.it

Tutto pronto per la prima puntata della nuova trasmissione di Michele Santoro. Luigi De Magistris, Diego Della Valle e Valter Lavitola (in collegamento dalla sua latitanza) gli ospiti che risponderanno alle domande dei giornalisti in studio. E poi l'intervento di Marco Travaglio e le vignette di Vauro. 

Il giornalista Michele Santoro
Ci siamo. Studi di Cinecittà, stasera ore 21, in onda il Servizio Pubblico. Il ritorno di Michele Santoro in televisione oltre la televisione, attraverso una multi-piattaforma: il satellite di Sky, il digitale terrestre con le emittenti regionali, siti dei quotidiani (dalle 21 la diretta suilfattoquotidiano.it), Facebook, Radio Capital. Il giornalista ha cambiato il titolo per la prima puntata, pensata e curata nei mesi in cui si formava una comunità di 100 mila sottoscritti (un milione di euro raccolto): “Azzerare la casta” con il sindaco Luigi De Magistris, l’imprenditoreDiego Della Valle, il faccendiere-latitante Valter Lavitola in collegamento.

E poi le domande di Franco Bechis e Luisella Costamagna, le intrusioni di Vauro, gli interventi diMarco Travaglio, l’analisi di Paolo Mieli, le cifre e le storie di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo sui politici, gli sprechi, le promesse mancate. Per non dimenticare festini considerati “cene eleganti” in quel di Arcore, ecco l’intervista esclusiva a Chiara Danese, la 19 enne che, assieme ad Ambra Battilana, si è costituita parte civile nel processo a carico di Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti, i tre protagonisti del riposo postprandiale di Silvio Berlusconi.

Coinvolto nel progetto di Santoro (pubblicità e produzione), Sandro Parenzo ha parlato di trasformazione televisione, di mezzi e di messaggi: “Ci pensavamo da tanti anni, ora con il cambiamento culturale della Rai, quella politica del paese e la rivoluzione tecnologica del digitale, possiamo far partire questa avventura. Io la definisco la post televisione proprio perché interagiscono vari mezzi di comunicazione”. L’attivissimo Giuliano Ferrara è in contatto anche con Parenzo: “Fino a ieri i rumors non erano veri. Questa mattina invece – spiega l’editore – mi sono sentito con Giuliano Ferrara e se mi chiedete se in futuro ci potrà essere una sua trasmissione come per Santoro rispondo: perché no?”.

Prima, però, c’è il contrattone triennale con viale Mazzini che il direttore de Il Foglio deve e vuole rispettare. Lì dove c’era Annozero, in prima serata su Rai 2, viale Mazzini trasmetterà ‘Indiana Jones’. Nino Rizzo Nervo (Pd), consigliere di amministrazione, accusa l’azienda di miopia: “Avevo chiesto che anche la Rai s associasse alla rete di televisioni che hanno deciso di far vedere il programma di Santoro. Per miopia aziendale e timore politico sono rimasto inascoltato. Io vedrò Santoro e sono convinto, e spero, che saranno in molti a fare la mia stessa scelta”. Rizzo Nervo dice esplicitamente che la Rai asseconda ordini politici: “La perdita in pochi mesi di Santoro, di Saviano, di Dandini, di Ruffini, è stato puro autolesionismo di un vertice che sinora si è distinto soltanto nel rinunciare a pezzi pregiati di programmazione per assecondare i diktat della politica”.

Guarda la diretta di Servizio Pubblico su ilfattoquotidiano.it/servizio-pubblico

Il rendiconto dello Stato torna alla Camera Per Berlusconi martedì la prova dell’aula




La vignetta di Peter Brookes sul "Times"- Una caricatura di Berlusconi come uomo vitruviano 
lmarchesiniblog.ilcannocchiale.it/?TAG=risult...

Il maxiemendamento arriverà in Senato dopo mercoledì. Prima ci sarà il passaggio a Montecitorio dell'articolo uno della legge bilancio, su cui la maggioranza venne battuta già lo scorso 11 ottobre. I dissidenti del Pdl, intanto, aumentano e già intravedono la Waterloo del premier.


 La prova dell’aula per Berlusconi sarà martedì. Il premier ha blindato il maxiemendamento in Senato (1) ma prima ci sarà il passaggio a Montecitorio dove si voterà il rendiconto generale dello Stato. Sul quale lo scorso 11 ottobre la maggioranza era stata sconfitta (2). In via dell’Umiltà sono già molti a temere che l’8 Novembre possa essere la Waterloo del Cavaliere, il casus belli per costringerlo a lasciare. La fronda continua ad allargarsi. Oggi anche Alessio Bonciani e Ida D’Ippolito Vitale hanno deciso di lasciare il Pdl e passare all’Udc. Si aggiungono ai  sei “ribelli dell’Hassler”, riuniti da una lettera e da un’unica regola: d’ora in poi manterremo le mani libere. Daranno il loro sostegno al governo di volta in volta, dopo aver valutato nel merito ogni provvedimento. I ribelli non “danno nulla per scontato, se non arriverà presto una risposta politica alle loro richieste” contenute nella lettera. Berlusconi è avvertito: serve subito un cambio di passo, va allargata la maggioranza. Anche Pippo Gianni del Pid annuncia che voterà contro la fiducia. Mentre gli ex responsabili Amerigo Porfidia, Elio Belcastro e Arturo Iannaccone, lasciano il gruppo di Popolo e territorio per iscriversi al Misto e costituire la componente  ”Noi per il partito del Sud-Lega Sud”. Ma i tre confermano “la fiducia al governo”, ha garantito Iannaccone.


Isabella Bertolini chiarisce: “E’ da questa estate che siamo critici sulla politica economica. Attendiamo una risposta politica dal premier, valuteremo i singoli provvedimenti che il governo presenterà in Parlamento”. I frondistì pidiellini guidati da Roberto Antonione, dunque, rilanciano e cercano nuove adesioni (3). Ieri, a cena, tre si sono ‘sfilatì. Gli scajoliani Andrea Orsini e Paolo Russo hanno lasciato la riunione quando si sono accorti che “si stava andando oltre e l’obiettivo era far cadere Berlusconi, non rafforzare il governo”: i due deputati, dunque, restano fedeli al premier, come deciso da Claudio Scajola, che, per ora, garantisce pieno appoggio all’amico Silvio sulle misure anticrisi. Anche Guglielmo Picchi non ha firmato nulla e si riserva di sciogliere in futuro ogni riserva sulla sua collocazione politica.


L’obiettivo dei ‘dissidentì è quello di creare un nuovo gruppo parlamentare autonomo dal Popolo della libertà. Un progetto che sarebbe stato messo sul tavolo dei numerosi incontri della giornata di ieri. Anche se non tutti sono d’accordo. C’è chi tra i ‘malpancistì vorrebbe accelerare (come Fabio Gava), c’è chi resta attendista e chi, invece, spinge perchè si dia comunque vita a una componente autonoma del gruppo Misto, che convogli gli scontenti e costituisca il nucleo fondante di un eventuale gruppo autonomo. Allo stato, i numeri per partire non ci sono e Antonione sta lavorando per convincere altri delusi a firmare la lettera. In queste ore si parla anche di new entry tra gli ‘ex responsabilì. Non a caso Luciano Sardelli (che ieri si è affacciato alla cena dell’Hassler) osserva: “Sono con i sei deputati, condivido in pieno i toni della lettera. E’ il momento di fare un nuovo gruppo costituito da liberali e riformisti, che coinvolga tutti i moderati”. Michele Pisacane, deputato di Pt, smentisce ‘fughè: “Perchè mai dovrei lasciare la maggioranza? Mica un giorno faccio una cosa e poi il giorno dopo ne faccio un’altra”.


1) http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/03/governo-cazzola-berlusconi-si-dimetta/168183/
2) http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/10/13/governo-battuto-alla-camera-cicchitto-e-la-russa-%E2%80%9Cberlusconi-chieda-la-fiducia%E2%80%9D/163346/
3) http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/02/fuga-dal-pdl-dopo-laddio-di-antonionepronti-a-lasciare-anche-gli-ex-responsabili/167958/

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/03/il-rendiconto-dello-stato-torna-alla-cameraper-berlusconi-e-la-prova-dellaula/168220/

LA CRISI DEGLI ASINI -




Un uomo in giacca e cravatta è apparso un giorno in un villaggio. 
In piedi su una cassetta della frutta, gridò a chi passava che avrebbe comprato a € 100 in contanti ogni asino che gli sarebbe stato offerto. 
I contadini erano effettivamente un po' sorpresi, ma il prezzo era alto e quelli che accettarono tornarono a casa con il portafoglio gonfio, fe...lici come una pasqua. 
L'uomo venne anche il giorno dopo e questa volta offrì 150 € per asino, e di nuovo tante persone gli vendettero i propri animali. 
Il giorno seguente, offrì 300 € a quelli che non avevano ancora venduto gli ultimi asini del villaggio. Vedendo che non ne rimaneva nessuno, annunciò che avrebbe comprato asini a 500 € la settimana successiva e se ne andò dal villaggio. 
Il giorno dopo, affidò al suo socio la mandria che aveva appena acquistato e lo inviò nello stesso villaggio con l'ordine di vendere le bestie 400 € l'una. 
Vedendo la possibilità di realizzare un utile di 100 €, la settimana successiva tutti gli abitanti del villaggio acquistarono asini a quattro volte il prezzo al quale li avevano venduti e, per far ciò, si indebitarono con la banca


Come era prevedibile, i due uomini d'affari andarono in vacanza in un paradiso fiscale con i soldi guadagnati e tutti gli abitanti del villaggio rimasero con asini senza valore e debiti fino a sopra i capelli. Gli sfortunati provarono invano a vendere gli asini per rimborsare i prestiti. 


Il corso dell'asino era crollato
Gli animali furono sequestrati ed affittati ai loro precedenti proprietari dal banchiere. Nonostante ciò il banchiere andò a piangere dal sindaco, spiegando che se non recuperava i propri fondi, sarebbe stato rovinato e avrebbe dovuto esigere il rimborso immediato di tutti i prestiti fatti al Comune. Per evitare questo disastro, il sindaco, invece di dare i soldi agli abitanti del villaggio perché pagassero i propri debiti, diede i soldi al banchiere (che era, guarda caso, suo caro amico e primo assessore)


Eppure quest'ultimo, dopo aver rimpinguato la tesoreria, non cancellò i debiti degli abitanti del villaggio ne quelli del Comune e così tutti continuarono a rimanere immersi nei debiti. Vedendo il proprio disavanzo sul punto di essere declassato e preso alla gola dai tassi di interesse, il Comune chiese l'aiuto dei villaggi vicini, ma questi risposero che non avrebbero potuto aiutarlo in nessun modo poiché avevano vissuto la medesima disgrazia. 
Su consiglio disinteressato del banchiere, tutti decisero di tagliare le spese: meno soldi per le scuole, per i servizi sociali, per le strade, per la sanità ... Venne innalzata l'età di pensionamento e licenziati tanti dipendenti pubblici, abbassarono i salari e al contempo le tasse furono aumentate. Dicevano che era inevitabile e promisero di moralizzare questo scandaloso commercio di asini. Questa triste storia diventa più gustosa quando si scopre che il banchiere e i due truffatori sono fratelli e vivono insieme su un isola delle Bermuda, acquistata con il sudore della fronte. Noi li chiamiamo fratelli Mercato. Molto generosamente, hanno promesso di finanziare la campagna elettorale del sindaco uscente. Questa storia non è finita perché non sappiamo cosa fecero gli abitanti del villaggio. E voi, cosa fareste al posto loro? Che cosa farete?


di: Gloria Piera Maura Scandiani


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La Russa faccia buon viaggio con le sue nuove Maserati, e si goda lo spettacolo di un Paese che affonda. - Luca Marco Comellini







Forse qualche megalomane ha pensato che per fare carriera nel Ministero della Difesa si dovessero accontentare gli appetiti e i vizi dei generali e così qualche giorno fa sei fiammanti Maserati sono state consegnate in una caserma dell’Esercito a Roma; tutte facenti parte di un acquisto complessivo di 19 macchine risalente all’esercizio finanziario dello scorso anno.  

Ieri il ministro della Difesa ha dichiarato che «per i festeggiamenti del 4 novembre non spenderemo una lira del bilancio delle Forze armate» anche grazie alle aziende che hanno aiutato la Difesa, come Ferrovie ed Eni(la prima reduce dal fallito trasporto dei materiali per i contingenti in Afghanistan, la seconda beneficia della protezione dei nostri militari della Marina  nella riattivazione dei siti petroliferi e gassiferi nelle piattaforme Sabratha e Bouri al largo delle coste libiche).

Ciò mi spinge a domandare al Ministro La Russa se, allora, dopo aver sprecato i soldi dei contribuenti per blindare le passeggiate casa-ufficio-casa dei suoi generali, vedremo queste macchine sfilare durante l’inutile parata del prossimo 4 novembre, oppure se i reparti che sfileranno lo faranno preceduti dagli spot pubblicitari della casa automobilistica o di altre aziende finanziatrici che in cambio per ripagarsi delle spese - sicuramente ingenti - probabilmente venderanno alla Difesa altri inutili “gingilli” o, ancora peggio, inutili armamenti.

Intanto, però, quelle Maserati per i generali fanno indignare i familiari delle Vittime del Dovere, del Servizio e dello Stato, coloro che sono morti o ammalati, quelli che ancora attendono giustizia e risarcimenti. Fanno indignare i carabinieri e i poliziotti che sono costretti a fare le collette per mettere benzina nei serbatoi delle macchine di servizio, i militari che in Afghanistan sono costretti a comprarsi le mimetiche con i propri soldi, o ancora i pastori e i cittadini della Sardegna che hanno perso lavoro e salute a causa della presunta devastazione ambientale causata dalle attività svolte nei poligoni. Fanno indignare il semplice cittadino chiamato a fare enormi sacrifici per pagare i lussi della “casta”.

Sono fermamente convinto che il vostro sistema di regime e la vostra azione politica e la vostra presenza nelle Istituzioni sono, oggi, la prova più difficile che il nostro Paese ha dovuto sopportare dopo il dramma della seconda guerra mondiale e per questo, caro ministro La Russa, non mi resta che augurarle buon viaggio, magari all'estero che sia molto lungo, così avrà anche il modo di godersi il comfort delle sue nuove Maserati e forse riuscirà riflettere sul fatto che questo è solo uno dei tanti sprechi che indignano il Paese; sprechi che quotidianamente Lei e i suoi compari di Governo fate con i nostri pochi soldi ma dubito che questo riuscirebbe a capirlo mentre sembra gioiate allo spettacolo di un Paese che affonda.

Ministro La Russa, a proposito della sua dichiarazione di ieri e ripresa dall'agenzia di stampa "DIRE" sui festeggiamenti delle Forze armate, le vorrei ricordare che la moneta in uso nel nostro Paese non è più la “lira”.


Quintuplicato lo stipendio ‘pubblico’ della moglie del Responsabile Pisacane. - di Vincenzo Iurillo



Già consigliere regionale della Campania, Annalisa Vessella è amministratore delegato dell'Istituto di Sviluppo Agroalimentare, l'agenzia finanziaria di cui è socio unico il ministero dell'Agricoltura di Saverio Romano. L'aumento di retribuzione rivelato da un'interrogazione del deputato Pd Nicodemo Oliverio.

L'onorevole dei Responsabili Michele Pisacane
Hanno quintuplicato il suo stipendio di amministratore delegato di un’azienda di Stato. Ed è già consigliere regionale della Campania a quasi diecimila euro al mese. E, per di più, è anche moglie di un parlamentare. Un’interrogazione parlamentare del Pd fa tornare la signoraAnnalisa Vessella agli onori della cronaca. E di riflesso anche il marito, Michele Pisacane. Annalisa e Michele, una famiglia che vive di politica. Alla grande. Lei l’abbiamo lasciata a settembre fresca di promozione da consigliera di amministrazione ad amministratore delegato dell’Istituto di Sviluppo Agroalimentare (Isa), a chiederci maliziosamente se esistesse un nesso tra la nomina e la circostanza che sia la moglie di un deputato dei Responsabili decisivo per le sorti del governo B.

Il peone Pisacane, eletto nell’Udc dopo aver collezionato una raffica di pettorine tra centro destra e centrosinistra, ha infatti lasciato Casini per diventare uno dei trasformisti alla Scilipoti. Nel 2010 la moglie si candidò (e venne eletta) al consiglio regionale scegliendo di comparire sulla scheda col cognome Pisacane, mentre lui tappezzava la provincia napoletana di manifesti con la scritta ‘Vota Pisacane’. Per di più, lui, ex sindaco di Agerola, paese di collina della provincia napoletana che affaccia sulla costiera amalfitana, è il cofondatore dei Popolari di Italia Domani insieme aSaverio Romano, ministro delle Politiche Agricole e in questa veste socio unico dell’Isa, l’agenzia finanziaria del ministero che eroga finanziamenti a tassi agevolati alle imprese agricole, circa 200 milioni di crediti già assegnati.

La lievitazione dello stipendio della signora Vessella Pisacane è rivelata da un’interrogazione a risposta in commissione Politiche Agricole presentata dal deputato calabrese Pd Nicodemo Oliverio e in attesa di essere evasa. Oliverio mette nero su bianco che prima del rinnovo estivo del Cda il compenso spettante ai consiglieri uscenti dell’Isa ammontava a 25.000 euro su base annua, fatta salva un’indennità aggiuntiva al presidente e all’amministratore delegato. In base a un decreto legge del 2010 – ricorda Oliverio – le indennità dei Cda delle società interamente pubbliche andrebbero ridotte del 10%.

Invece all’Isa le cose sarebbero andate diversamente. L’assemblea – afferma il deputato Pd – ha “rideterminato i compensi su base annua prevedendo per il presidente (Nicola Cecconato, un 45enne di Treviso, ndr) un compenso di 160mila euro, per il vice presidente e per l’amministratore delegato (la signora Vessella, laureata in legge ed ex segretario comunale, ndr) un compenso di 140mila euro, per i consiglieri un compenso di 80mila euro”. Come se non bastasse, si legge nell’interrogazione, il Cda successivo all’assemblea avrebbe attribuito a presidente ed Ad indennità aggiuntive da nababbi: 137.500 euro per il presidente e 117.500 per l’ad “oltre al riconoscimento di un rimborso spese forfettario per alloggio ed auto pari a euro 55mila annui ciascuno”.

Per farla breve: tra lei col doppio stipendio di Ad dell’azienda pubblica e consigliere regionale, e lui con l’indennità parlamentare, la famiglia Pisacane intasca più di 30mila euro mensili. Che si sarebbero ridotti a poco più di 20mila euro se i compensi dell’Isa fossero rimasti quelli del vecchio Cda. Pisacane intanto a ottobre ha guadagnato una meritatissima fama per essere stato il 316° e ultimo deputato a votare la fiducia a Berlusconi, nella zona Cesarini della seconda chiamata. Un voto maturato al termine di una lunga meditazione. “Così ora Berlusconi mi sape”, avrebbe esclamato in dialetto napoletano riferendosi a chi doveva capire ed ha capito. Non si capisce, invece, se sia stato opportuno nominare un consigliere regionale (e persino moglie di un parlamentare) alla guida di una società pubblica che eroga finanziamenti ai potenziali elettori. L’interrogazione di Oliverio prova a sollecitare il ministro Romano anche su questo punto. Chissà se otterrà risposta. “Il ministero delle Politiche Agricole – afferma il deputato calabrese – avrebbe bisogno di un ministro che affronti le difficoltà del settore e non di uno impegnato in tutt’altre faccende per rafforzare le sue clientele, quelle degli amici e degli amici degli amici”.

La crisi greca, e il “tesoretto” nascosto nei caveau svizzeri. - di Leonardo Martinelli




E se la soluzione del problema greco, almeno in parte, risiedesse in Svizzera? In particolare nei forzieri delle sue banche? Georges Papandreou, il premier, ha annunciato il discusso referendum sul piano di aiuti, approvato nella notte dal suo Governo. Ma in parallelo continua una delicata e riservata trattativa con l’Esecutivo elvetico per tassare gli ingenti depositi dei ricchi greci in terra svizzera.

Non stiamo parlando di poca cosa. Secondo Atene si tratterebbe di una fuga di capitali di 280 miliardi di euro, depositati proprio negli istituti della Confederazione. Di recente, l’edizione tedesca del Financial Times ha indicato, invece, una stima di 165. Le cifre variano. Ma questo è l’ordine di grandezza. Che appare spropositato se si calcola che di capitali tedeschi nelle banche elvetiche ce ne sarebbero per un valore di 230 miliardi. Eppure gli esperti del settore indicano valori di quel calibro (in media fra i 150 e i 200 miliardi) per i depositi greci in Svizzera, giustificandoli con la propensione (e non da ora) dei milionari del Paese, adesso sull’orlo del default, a «esportare» i propri soldi e a cercare in ogni modo (anche in patria) di non pagare le tasse. La tendenza, fra l’altro, si è accelerata negli ultimi tempi: solo nel 2010 hanno preso la via dell’estero 35 miliardi di depositi.

Sempre per contestualizzare questi numeri, basti ricordare che il debito greco ammonta a 350 miliardi. E che lo sforzo complessivo europeo di ricapitalizzazione appena chiesto alle banche europee supera di poco i 100 miliardi. Insomma, il recupero a livello fiscale dei capitali fuggiti non sarebbe un elemento marginale nel tentativo disperato di Atene di evitare la bancarotta. Da tempo il negoziato con Berna va avanti. Giovedì scorso si è tenuto nella capitale elvetica l’ultimo incontro fra Ilias Plaskovitis, sottosegretario alle Finanze, e Michael Ambuhe, il suo equivalente svizzero. L’obiettivo è arrivare a un’intesa come quelle già raggiunte dalla Confederazione con la Germania e con il Regno Unito. E’ il cosiddetto meccanismo Rubik: in sostanza gli svizzeri applicano un prelievo “liberatorio” sui capitali provenienti da un determinato Paese e lo consegnano alle sue autorità fiscali, senza l’obbligo di comunicare i nomi dei titolari dei conti. E’ una soluzione ipocrita, ma pragmatica del problema, che l’Unione europea non vede di buon occhio e che la Francia ha già espressamente rifiutato (quanto all’Italia, la possibilità, emersa a un certo momento, è stata poi accantonata). Sta di fatto che l’aliquota decisa nel caso della Germania è del 26,375%, applicata sui 230 miliardi di depositi tedeschi. Non sono noccioline.

Papandreou sta spingendo molto su questo accordo. E le voci che circolano negli ultimi giorni fra Grecia e Svizzera indicano che la trattativa sarebbe a buon punto. Ma il vice-premier ellenico Evangelos Venizelos ha messo di recente le mani avanti: “Bisognerà poi che il nostro Parlamento sia pronto ad accettare tale accordo come l’hanno già fatto in Germania e nel Regno Unito”. Il problema è che, apparentemente, gli evasori sono ben rappresentati anche sugli scanni dell’aula parlamentare del Paese ellenico.