sabato 7 luglio 2012

G8 di Genova, la storia di Mark Covell Un sopravvissuto della scuola Diaz. - Roberta Zunini





Il cronista inglese accusa: "Nessuno ha mai pagato". In un video ha ricostruito le aggressioni da parte delle forze dell'ordine. "Non tutti gli agenti sono stati identificati. Chi sa, parli".

Cittadino onorario di Genova “per la forza e il coraggio dimostrati nell’espletamento della sua funzione di informazione e divulgazione giornalistica su quanto visto e vissuto durante gli eventi del G8 2001, rappresentando tutti coloro che si pongono al servizio della libertà di stampa anche a rischio della propria incolumità”. L’inglese Mark Covell, una delle vittime dell’assalto alla scuola Diaz, è stato insignito della cittadinanza onoraria dal sindaco Marta Vincenzi a dieci anni dalla notte in cui le sue costole furono fratturate, i polmoni perforati e fu ricoverato in fin di vita per emorragie interne con danni alla spina dorsale e 16 denti in meno.
Mark Covell non ride mai: non solo non gli riesce psicologicamente a causa di un disturbo psicologico da stress post traumatico ancora molto forte, ma per non mostrare la sua dentiera sgangherata, da vecchio indigente. Peccato che questo uomo piccolo e scheletrico non sia anziano : ha 43 anni. Quella del giornalista indipendente inglese Mark Covell, è la storia di una vita andata male. Presa a calci dal populismo becero di una classe politica tanto arrogante quanto priva di morale, in grado di orientare, con una dose di cinismo senza possibilità di mediazione, tutto ciò che da lei dipende, comprese le forze dell’ordine. Se a sfigurargli il volto e a mandarlo in coma – la notte tra il 21 e il 22 luglio del 2001, a Genova, davanti al cancello della scuola Diaz – furono gli scarponi, i manganelli e i pugni della polizia, non c’è dubbio che il clima politico di allora avesse contribuito a far sentire onnipotenti le forze di sicurezza. L’assalto alla sede del Social Forum fu anche la traduzione con tecniche da “macelleria messicana” (come disse il comandante Michelangelo Fournier) della visione dispotica del potere da parte del governo di allora e specialmente di alcuni suoi esponenti.
Sospensioni, non promozioni
“A distanza di 10 anni, ciò che fa male è vedere che dirigenti della polizia, come Spartaco Mortola, condannati in appello per i pestaggi di quella notte, sono stati promossi – dice con una smorfia di disgusto – e Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini sono ancora ai vertici delle istituzioni italiane. Con il loro atteggiamento hanno creato il clima affinché alla Diaz e a Bolzaneto venissero violati i trattati internazionali, ratificati peraltro dall’Italia, a protezione delle libertà civili degli individui, come il diritto di esprimersi, di non venire puniti fisicamente, di non essere torturati, di avere una difesa legale, di non essere detenuti arbitrariamente”. Mark Covell ragiona da cittadino del mondo anglosassone, dove i politici si dimettono per questioni di opportunità, di etica, non solo per aver commesso un crimine. Il giornalista prima di andare a Genova, la settimana scorsa è andato a Roma per cercare di incontrare i rappresentanti sindacali della polizia e chiedere loro di fare pressione affinché vengano sospesi gli ufficiali e gli agenti della pubblica sicurezza, che nella sentenza d’appello del 2008, furono condannati. “L’Inghilterra non è certo un paese perfetto ma, come potete vedere anche da ciò che sta accadendo in questi giorni, i vertici della polizia si sono dimessi ancor prima di andare a processo”. Sono rimasto scioccato quando ho saputo che Mortola era stato promosso addirittura questore. Non chiedo, come avviene nel mio paese, che un alto ufficiale, condannato in secondo grado di giudizio, venga sospeso, ma che almeno non venga promosso”.
E cosa le hanno risposto? “Che non dovevo rivolgermi a loro ma al ministro dell’Interno ”. Lo farà? “Non ho molta fiducia, il ministero dell’Interno, in quanto istituzione, non ha mai collaborato attivamente. L’amministrazione della polizia che dipende dal ministero durante le indagini mandò alla Procura una lista incompleta dei nomi dei poliziotti che assaltarono la Diaz. La stessa amministrazione successivamente ne mandò un’altra con nuovi nomi, ma sempre incompleta”. Enrico Zucca, il pubblico ministero che condusse le indagini, ricorda al Fatto che nelle liste non c’era nemmeno il nome di Troiani, il poliziotto che portò le molotov nella scuola. Il ministero peraltro (sia durante il governo Berlusconi sia in quello Prodi) non ha mai voluto riconoscere il diritto al risarcimento di Covell. Che in questo decennio ha dovuto scegliere se indebitarsi per farsi impiantare i denti o per non morire di depressione. “Ho deciso di spendere i pochi soldi che avevo e di chiedere un prestito per fare una ricostruzione video, il più possibile precisa, di quanto accadde quella notte. Ho dovuto acquistare computer e software sofisticati. Ho messo assieme un documentario di due ore, dove attraverso i punti di vista di sei telecamere, si riesce a capire meglio quanto gli ufficiali di polizia fossero stati vicini a me mentre venivo picchiato a più riprese dai loro agenti. Non potevano dunque non sapere”.
Il corpo inerme di Covell fu lasciato per venti minuti senza soccorso, pur essendo circondato da decine di funzionari di pubblica sicurezza. “Che hanno sempre negato di avermi mai visto. Ma la sentenza d’appello, attraverso le ricostruzioni video, ha dimostrato che mentivano”. Nessuno ancora oggi sa chi ha massacrato Covell. Questa storia però ha distrutto la sua vita. I genitori e la sorella hanno creduto ai resoconti della polizia italiana, anziché a lui e hanno tagliato tutti i contatti Indymedia, e stavo andando alla Diaz per dormire, con il mio regolare accredito stampa appeso al collo”.
Covell è una persona molto fragile ma determinata. “Spero che attraverso il video dove si vedono alcuni agenti dei quali gli inquirenti non hanno scoperto i nomi, qualcuno che li conosce si faccia vivo”. Quest’uomo provato e sfiduciato, spera ancora che qualche agente o in generale i testimoni, finora rimasti in silenzio, dicano quel che sanno. “Spero che entro 24 anni, ne sono già passati 10 purtroppo, la magistratura riesca a istruire un nuovo processo per tentato omicidio nei miei confronti. Sono stato picchiato in quattro momenti senza motivo. Ho perso conoscenza e sono vivo solo perché, mentre ero disteso a terra svenuto, qualcuno ha avuto pietà e mi ha trascinato via per poi caricarmi su un’ambulanza. Sono stato in ospedale per giorni e hanno tentato di arrestarmi e portarmi a Bolzaneto. Per fortuna l’ambasciata inglese lo ha impedito. Lo so che sarà difficile, ma vorrei che Spartaco Mortola e tutti gli alti dirigenti presenti venissero indagati per tentato omicidio nei miei confronti. Altro che promossi questori”.
“Criminiancora coperti”
Mark Covell si stanca facilmente, non è più riuscito a trovare un lavoro fisso, vive del sussidio di disoccupazione in una casa popolare nella periferia di Londra. Non ha ancora ricevuto alcun risarcimento. E beffa delle beffe, per molti anni, dopo essere rientrato in Inghilterra ha avuto la polizia inglese alle calcagna: nessuno in Italia probabilmente si era ricordato di avvisarla che Covell non aveva commesso alcun reato e che il suo arresto per associazione a delinquere, utilizzo di armi da guerra (le molotov) e resistenza, era illegittimo. Enrico Zucca ha detto al Fatto: “Ancora oggi il riscatto dell’immagine e della autorevolezza della polizia è nelle mani della stessa polizia. Occorre che chi ha salvato dalla furia dei colleghi Mark Covell prenda le distanze da quel fatto criminoso. Altrimenti sarà difficile ricostruire il rapporto di fiducia con un’istituzione che spesso fa appello al senso civico dei cittadini e al loro coraggio di denunciare. Ma sarà possibile quando le coperture di quei crimini provengono dai vertici di quel corpo? E quando nessun’altra istituzione richiede la trasparenza? Una cosa è chiara: il solo accertamento giudiziario non basta né alla diagnosi completa dei mali né alla loro cura. La prevenzione e la repressione delle violazioni dei diritti umani infatti, come richiedono gli standard della Corte di Strasburgo, chiamano alla responsabilità e alla salvaguardia dei diritti inviolabili tutte le istituzioni dello Stato”.
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DnsChanger è un virus per che cambia le impostazioni dei DNS, i server che consentono la corretta navigazione trasformando i nomi dei siti web in indirizzi IP e viceversa. Nessuna “apocalisse” come vengono definite le possibile conseguenze del blackout della rete lunedi 9 luglio. La probabilità di essere infetti è veramente ridottissima e un test molto semplice permette di verificare il proprio computer.

L'apocalisse di Internet, come vengono definite da alcune testate giornalistiche le conseguenze del diffondersi di DNSChanger, un virus che aveva cambiato diversi mesi fa (nel novembre del 2011) i DNS di circa 4 milioni di computer, non ci sarà e non sarà neppure "lunedì nero", non ci sarà alcuna catastrofe che finirà per colpire anche i "macdotati", come li definisce qualcuno. Ma è comunque meglio accersarsi che tutto sia a posto e che quando l'FBI questo lunedì disattiverà i server che aveva requisito ai pirati informatici e gestito fino ad oggi, non si arrivi a perdere la connessione.
Per accertarsi di non essere nel lotto di coloro che corrono il rischio di non accedere più ad Internet, potete usare un sito dns-ok.us. Se l'immagine che vedrete è verde, non avrete alcun problema, in caso contrario andate nel settaggio di Internet e modificate il DNS utilizzando quello del vostro ISP o qualcuno di quelli "free". Potete anche usare il sito delDNSChanger Working Group, cliccare sull’URL del paese corrispondente per verificare la corretta risoluzione dei nomi a dominio nei corrispondenti indirizzi IP.
La vicenda, lo ricordiamo, risale al 2007, quando è stato creato il malware che aveva la funzione di modificare all'insaputa degli utenti di computer il loro DNS e dirottare il traffico verso siti che pagavano i pirati. L'FBI ha arrestato i responsabili della diffusione del virus, ma è stata costretta a prendersi in carico i DNS per impedire che diversi milioni di persone si torvassero improvvisamente senza Internet. Il numero di coloro che ha da allora ad oggi sono stati avvertiti del problema e hanno modificato i DNS è molto elevato. Ad inizio anno i 4 milioni di erano ridotti a 500mila e secondo recenti stime ora sono solo 300mila, di questi 70mila sono negli Stati Uniti, un numero  modesto che rende molto improbabile che chi legge queste righe sia incluso nel ristretto gruppo di coloro che si portano dietro gli effetti dell'atto di pirateria informatica e del tutto esagerato l'allarme che risuona su alcune testate giornalistiche il cui sensazionalismo ha stupito più di qualche sito Internet specializzato in tecnologia.

Alluvione in Russia, già 100 morti Bloccate le esportazioni di petrolio.


Tra le vittime anche un bambino. I morti nei distretti di Krymsk, Novorossiisk e Delendzhik




Si aggrava di ora in ora il bilancio delle vittime dell'alluvione in Russia. Sono almeno 100 i morti nella regione di Krasnodar, sul Mar Nero. Lo rende noto il ministero dell'Interno che ha confermato 99 morti nell'area di cui 88 nel distretto di Krymsk, nove nel Gelendzhik, e due nel porto Novorosiisk dove è stata bloccata l'attività marittima e ridotto l'export di forniture petrolifere. Ma il bilancio sembra destinato ad aggravarsi ulteriormente. La tempesta sul Mar Nero ha causato inondazioni e piogge torrenziali. Tra le vittime anche un bimbo di 10 anni nel distretto di Krymsk, mentre altre vittime vengono segnalate lungo le celebri stazioni balneari della regione. Un portavoce della polizia ha spiegato che «gli agenti stanno accrescendo la loro presenza per evitare atti di sciacallaggio di massa».
STOP EXPORT PETROLIO - Immediate le ricadute economiche. La Russia ha infatti bloccato l'attività navale nel porto di Novorossirsk e anche l'export di petrolio per le violente tempeste sul Mar Nero, che hanno anche provocato alluvioni nella regione di Krasnodar. Lo ha detto un portavoce della compagnia gestrice dell'export petrolifero russo.

L'Imu incassa 9,5 miliardi, 400 euro a casa. "Obiettivo centrato".


Gli italiani alla fine hanno pagato l'IMU, evitando l'aumento delle aliquote.

(AGI) - Roma, 7 lug. - Imu: obiettivo centrato. Alla fine di giugno i versamenti ammontano a oltre 9,5 miliardi di euro (9.551 milioni), "relativi alla prima scadenza del 18 giugno", contro i 9,7 preventivati. Il dato e' stato fornito dal Ministero dell'Economia e delle Finanze.
"Sulla base del gettito di giugno la previsione per l'intero anno (20.085 milioni di euro) e' quindi in linea con la previsione iniziale di 20,1 miliardi".
"Nonostante le critiche e gli inviti di qualcuno alla disobbedienza, e' prevalso il senso della responsabilita'.
Milioni di contribuenti hanno fatto quello che dovevano fare - ha commentato il sottosegretario Vieri Ceriani conversando con i cronisti -. Anche con la consapevolezza di doverlo fare, una circostanza che forse tal volta viene sottovalutata".
Al 18 giugno sono stati 23,8 milioni (su una platea potenziale di 25,5 milioni) i contribuenti che hanno versato l'Imu. L'importo medio dei versamenti - spiega il Mef - e' stato di circa 400 euro; su base annua l'importo medio si attesta a circa il doppio. Il gettito relativo alla prima abitazione e' "risultato pari a 1.603 milioni di euro che su base annua si attesta a circa 3,3 miliardi di euro, perfettamente in linea con le previsioni".
Il numero dei contribuenti che hanno versato l'imposta sull'abitazione principale "e' stato di circa 16 milioni con un importo medio di versamento di 100 euro. Solo il 5,5% dei contribuenti (circa 877.000) ha optato per le due rate di versamento di acconto a giugno e a settembre per un importo totale, per singola rata, pari a 91,2 milioni di euro". L'Imu sugli altri immobili e' stata invece "pari a 7,9 miliardi ed e' stata versata da 15,9 milioni di contribuenti con un importo medio di versamento pari a 500 milioni" e quella sui fabbricati rurali strumentali (il cui acconto e' stato fissato nella misura del 30%) "e' stata pari a 15,7 milioni di euro".
NON SERVE INTERVENIRE SULLE ALIQUOTE
"Non c'e' alcuna necessita' di intervenire sulle aliquote" Imu.
Lo ha detto il sottosegretario al ministero dell'Economia e delle Finanze, Vieri Ceriani, conversando con i cronisti sui risultati dell'Imu a giugno. "Le aliquote restano quelle che sono", ha aggiunto.

Svizzera, la guardia di finanza scova 12 milioni di euro. “Sono di Ciancimino jr”.


massimo ciancimino
Sarebbero nella disponibilità di Massimo Ciancimino, figlio di don Vito, ex sindaco mafioso di Palermo morto dieci anni fa i 12 milioni di euro individuati dalla guardia di finanza in Svizzera. La Procura ha già presentato rogatoria con lo scopo di sequestrare e poi confiscare il denaro che potrebbe far parte del tesoro di don Vito, su cui le Fiamme gialle indagano da mesi.
I finanzieri, come riportato da il Giornale di Sicilia, stanno appurando se Massimo Ciancimino abbia riattivato i vecchi conti o se abbia scelto altri canali per utilizzare il denaro. Già condannato a 2 anni, 10 mesi e 20 giorni per riciclaggio dei beni del padre, Ciancimino jr è anche accusato di calunnia e detenzione di esplosivi.
“Qualunque somma si dovesse trovare in Svizzera, Romania e in qualunque altro posto che sia riconducibile a me la darò in beneficenza alle popolazioni dell’Emilia Romagna colpite dal terremoto e alle famiglie delle vittime della mafia”, dice Ciancimino jr, commentando la vicenda. E aggiunge: “Se c’è il tentativo da parte di qualche procura o della finanza di condizionare le mie dichiarazioni ai magistrati sulla trattativa, qualcuno ha fatto male i conti. Vedo che la saga della caccia al tesoro non smette di avere spazio sulle cronache”.