I bilanci di tutti i partiti che siedono al Pirellone sono certificati dalla Corte dei Conti, ma in realtà non dicono nulla perché composti da sole voci aggregate. E infatti basta chiedere ai politici di Pdl o Pd di esibire le ricevute e gli scontrini per avere una risposta molto chiara: "Non ve le facciamo vedere, questione di privacy". Anche la Lega fa orecchie da mercante. Idv e Sel: "Disponibili a mostrare tutte le carte".
Peggio che chiedere lo scontrino al bar. Non hanno niente da nascondere in Regione Lombardia ma quando si tratta di mostrare una ricevuta quasi tutti fanno muro. Tirano in ballo la violazione della privacy e s’attaccano al “diritto alla discrezionalità del consigliere a spendere nell’esercizio delle sue funzioni”. Al Pirellone funziona così, i soldi sono pubblici quando entrano e privati appena escono. Anche se annunciano future mozioni bipartisan sulla trasparenza, oggi non resta che credergli sulla parola.
Ma dopo il caso Fiorito in Lazio anche quella vacilla e allora tocca bussare a tutte le porte per capire come i gruppi spendono il loro tesoretto in un pozzo che l’anno scorso ha inghiottito 71 milioni di euro per 26 sedute soltanto. Certo, nel loro bilancio – che è pure certificato dalla Corte dei Conti – c’è il rendiconto degli 11 milioni spesi: 3,2 tra funzionamento e attività di comunicazione, 7,5 per il personale e così via.
Ma sono voci aggregate: cosa vuol dire che il Pdl ha usato 450mila euro in “spese dei consiglieri per l’espletamento del mandato”? Come hanno speso 720mila euro in comunicazione? Si accalora a rispondere il capogruppo Paolo Puccitelli: “Qui non siamo mica alla Regione Lazio, loro sono 71 noi 80 ma a Roma hanno un bilancio di 98 milioni e noi un terzo di meno. E poi noi teniamo tutte le ricevute, le fatture e gli scontrini per cinque anni come dice la legge. Se vuole le mostro tutte le tabelle”. Grazie, le abbiamo, a questo giro vorremmo vedere le fatture. “Non esiste proprio – scandisce irritato Puccitelli – Io non tiro fuori un bel niente, ci sono cose che sono riservate, personali. Magari dovrei dirvi anche dove va a cena questo e quel consigliere, cosa mangia e quanto spende… Roba da matti, io non voglio grane e senza l’autorizzazione di tutti e 29 i colleghi non faccio vedere un bel niente”.
Si scende di cinque piani ma la musica non cambia. Al gruppo del Pd si parla con Stefano Tosi. “Certo abbiamo l’ufficio contabilità con segretaria e tutto, ecco quello che spendiamo. Non mettiamo i dettagli online perché i giornalisti potrebbero farne un uso strumentale falsando le informazioni”. Peccato che sia la solita tabella senza dettagli: 212mila per il mandato dei consiglieri, 120mila per consulenze (a chi?), 72mila in convegni e manifestazioni. Il resto in trasporto, giornali, spese di stampa fino a sfiorare i 600mila euro nel 2011. Tenete le fatture? “Certo che teniamo tutto, è in un faldone ma non tengo a mente tutte le spese. Se vuole le mostro il bilancio”. E ci risiamo. Che ne dice invece di farmi dare una sbirciatina alle ricevute? Così, giusto per provare il brivido del proibito… “Eh no questo no, non andiamo in giro a distribuire i conti facendoli vedere a questo e a quello. Come i consiglieri gestiscono le loro spese è una scelta discrezionale”. Anche la Lega,fa orecchie da mercante. Sel e Idv, invece, si rendono disponibili a fornire la rendicontazione, fattura per fattura. Il capogruppo dell’Idv Stefano Zamponi dichiara: “Sentiti i colleghi ho aderito subito all’invito del Fatto Quotidiano sia perché non abbiamo nulla da nascondere, sia per dare un segnale che la politica non è tutta uguale. Invito gli altri gruppi a fare altrettanto perché in una situazione che ricorda Tangentopoli, con l’antipolitica che soffia sul fuoco e la competizione elettorale alle porte non si possono lasciare ombre”. Appuntamento lunedì alle 14.30, scontrini e fatture alla mano. Anche Chiara Cremonesi di Sinistra ecologia e libertà, sentiti i colleghi, ha manifestato analoga disponibilità.
Il capogruppo del Carroccio è lapidario: “Non è possibile farvi vedere nulla e poi non ne vedo proprio il motivo perché i nostri bilanci sono certificati dalla Corte dei Conti, quando la Lombardia sarà messa come il Lazio ne riparleremo”, dice Stefano Galli. Sì ma la Corte non vi chiede di giustificare le spese e mostrare le fatture… “Questo io non lo so, ma chissenefrega. Come spendiamo i nostri soldi sono cazzi nostri. Arrivederci”. Allora chi controlla che le spese non siano senza controllo? Tutti e nessuno.
I gruppi si autocertificano spese e rendiconti tramite i propri funzionari amministrativi che entro il 31 marzo depositano i bilanci all’ufficio di presidenza. Quest’ultimo li ratifica entro giugno. In realtà la legge (art. 7 LR n. 17 del ’92) gli conferisce il potere di “chiedere chiarimenti, nonché l’esibizione della documentazione relativa alle spese sostenute dai propri consiglieri”. Potere ma non “dovere”. E infatti da vent’anni resta un’opzione poco praticata. “Noi controlliamo la regolarità formale e la coerenza degli importi – conferma un dirigente – non le singole spese; chiediamo spiegazioni se notiamo scostamenti visibilmente anomali”. E infatti si ricorda un solo caso di spesa riconosciuta illegittima per 700 euro, tutto quello che hanno speso gli altri 79 consiglieri è passato in giudicato e non c’è capogruppo che ricordi una richiesta di accertamento spese. Anche la Corte dei Conti lavora così, chiudendo la catena della vigilanza nel solco della coerenza contabile e sotto l’insegna inviolabile della privacy degli eletti.
da Il Fatto Quotidiano del 21 settembre 2012 – articolo aggiornato alle 10.30
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