Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
venerdì 5 aprile 2013
Molti non lo sanno...
I palermitani, sicuramente, non lo sanno. Non conoscono neanche l'utilità dello specchietto retrovisore o del deflettore...
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giovedì 4 aprile 2013
Roma: tre arresti all'Idi, fatture false per 14 mln.
ROMA - Con l'accusa di aver effettuato fatture false e un'appropriazione indebita per circa 14 milioni di euro è stato arrestato a Roma padre Franco Decaminada, consigliere delegato dell'Idi fino al dicembre 2011. Insieme a lui, ai domiciliari, la Guardia di Finanza di Roma, ha arrestato anche due imprenditori.
Gli imprenditori arrestati su disposizione del gip di Roma sono Domenico Temperini e Antonio Nicolella. Sono tutti accusati di appropriazione indebita ed emissione di fatture false.
Si aggira intorno ai 4 milioni di euro la somma che padre Franco Decaminada avrebbe distratto dalle casse dell'Idi. E' quanto accertato dagli uomini del nucleo di polizia di Tributaria della Guardia di Finanza di Roma nell'ambito dell'operazione "Todo Modo" che ha portato anche all'arresto di altri due imprenditori.
"Sono state ricostruite operazioni di prelevamento di denaro contante dalle casse dell'Idi - scrive in una nota la Gdf -, presso il cui ufficio economato confluivano quotidianamente gli incassi giornalieri dell'intero comparto Idi-Sanità". A titolo "di asseriti e non documentati 'rimborsi spese' o, più frequentemente, addirittura senza alcuna formale giustificazione: Padre Decaminada risulta essersi appropriato di oltre 2,1 milioni di euro", mentre Temperini ha effettuato prelievi non giustificati per oltre 250 mila euro. Decaminada, in totale, ha accumulato circa 4 milioni di euro: almeno 2,1 milioni li ha prelevati direttamente, in contanti, dalle casse della Provincia Italiana ed altri 1,8 milioni gli sono giunti da una serie di società "che ne hanno schermato la reale destinazione con una serie di fatture false emesse da un'altra società, rappresentata dal responsabile pro tempore del settore commerciale dell'Idi".
Si trovava a casa di amici a Soiano sul Lago di Garda, provincia di Brescia, padre Franco Decaminada quando gli uomini della Guardia di Finanza gli hanno notificato l’ordinanza di custodia cautelare emessa in relazione alla vicenda dell’Idi e in particolare sulla bancarotta della societa’ Elea Formazione Professionale. L’ex amministratore dell’Idi, secondo quanto disposto dal giudice, dovrà stare ai domiciliari nella sua abitazione di Roma, nella zona di via di Bravetta. Il giudice Antonella Capri, nel provvedimento, sottolinea che a Decaminada è stato imposto il "divieto di intrattenere, con qualsiasi mezzo, rapporti anche telefonici con persone diverse da quelle conviventi".
Gli imprenditori arrestati su disposizione del gip di Roma sono Domenico Temperini e Antonio Nicolella. Sono tutti accusati di appropriazione indebita ed emissione di fatture false.
Si aggira intorno ai 4 milioni di euro la somma che padre Franco Decaminada avrebbe distratto dalle casse dell'Idi. E' quanto accertato dagli uomini del nucleo di polizia di Tributaria della Guardia di Finanza di Roma nell'ambito dell'operazione "Todo Modo" che ha portato anche all'arresto di altri due imprenditori.
"Sono state ricostruite operazioni di prelevamento di denaro contante dalle casse dell'Idi - scrive in una nota la Gdf -, presso il cui ufficio economato confluivano quotidianamente gli incassi giornalieri dell'intero comparto Idi-Sanità". A titolo "di asseriti e non documentati 'rimborsi spese' o, più frequentemente, addirittura senza alcuna formale giustificazione: Padre Decaminada risulta essersi appropriato di oltre 2,1 milioni di euro", mentre Temperini ha effettuato prelievi non giustificati per oltre 250 mila euro. Decaminada, in totale, ha accumulato circa 4 milioni di euro: almeno 2,1 milioni li ha prelevati direttamente, in contanti, dalle casse della Provincia Italiana ed altri 1,8 milioni gli sono giunti da una serie di società "che ne hanno schermato la reale destinazione con una serie di fatture false emesse da un'altra società, rappresentata dal responsabile pro tempore del settore commerciale dell'Idi".
Si trovava a casa di amici a Soiano sul Lago di Garda, provincia di Brescia, padre Franco Decaminada quando gli uomini della Guardia di Finanza gli hanno notificato l’ordinanza di custodia cautelare emessa in relazione alla vicenda dell’Idi e in particolare sulla bancarotta della societa’ Elea Formazione Professionale. L’ex amministratore dell’Idi, secondo quanto disposto dal giudice, dovrà stare ai domiciliari nella sua abitazione di Roma, nella zona di via di Bravetta. Il giudice Antonella Capri, nel provvedimento, sottolinea che a Decaminada è stato imposto il "divieto di intrattenere, con qualsiasi mezzo, rapporti anche telefonici con persone diverse da quelle conviventi".
La guardia di Finanza del comando provinciale di Roma, che stamani ha eseguito gli arresti di padre Franco Decaminada, che ha ottenuto i domiciliari, e di due imprenditori, ha sequestrato un immobile in Toscana, acquisito - secondo quanto si è appreso - con fondi distratti dall'Istituto dermatologico italiano. Da questa mattina sono in corso anche 14 perquisizioni sia a Roma sia in altre città.
GIP,CASSE SVUOTATE IN PIENA CRISI FINANZIARIA OSPEDALI - "Le condotte di spoliazione delle casse dell'Idi sono tanto più gravi se si considera che i prelievi più ingenti sono stati effettuati tra il 2010 ed il 2012 quando, cioé, la crisi finanziaria che attanaglia ancora gli istituti ospedalieri che, come ricordato, ha condotto l'ente proprietario a chiedere l'ammissione al concordato preventivo, era ormai divenuta irreversibile". E' un passaggio dell'ordinanza di custodia cautelare di circa 20 pagine firmata dal gip Antonella Capri, notificata oggi a padre Franco Decaminada e altri due imprenditori. Ai tre il procuratore aggiunto Nello Rossi contesta i reati, a seconda della posizione, che vanno dall'appropriazione indebita, alla bancarotta fraudolenta e alle false fatturazioni. Decaminada, in particolare ha effettuato "prelievi, tra il 2006 ed il 2012, per un totale di oltre 400mila euro a titolo di 'rimborso spese', per le quali la contabilità non è stata rinvenuta alcuna documentazione giustificativa relativa alle spese asseritamente sostenute ed oggetto del rimborso, e negli anni 2011 e 2012 - spiega ancora il gip Capri - ha preso contanti per un totale di 1,7 milioni di euro senza neanche indicare in contabilità una sia pure apparente, ragione del prelievo".
GIP,CASSE SVUOTATE IN PIENA CRISI FINANZIARIA OSPEDALI - "Le condotte di spoliazione delle casse dell'Idi sono tanto più gravi se si considera che i prelievi più ingenti sono stati effettuati tra il 2010 ed il 2012 quando, cioé, la crisi finanziaria che attanaglia ancora gli istituti ospedalieri che, come ricordato, ha condotto l'ente proprietario a chiedere l'ammissione al concordato preventivo, era ormai divenuta irreversibile". E' un passaggio dell'ordinanza di custodia cautelare di circa 20 pagine firmata dal gip Antonella Capri, notificata oggi a padre Franco Decaminada e altri due imprenditori. Ai tre il procuratore aggiunto Nello Rossi contesta i reati, a seconda della posizione, che vanno dall'appropriazione indebita, alla bancarotta fraudolenta e alle false fatturazioni. Decaminada, in particolare ha effettuato "prelievi, tra il 2006 ed il 2012, per un totale di oltre 400mila euro a titolo di 'rimborso spese', per le quali la contabilità non è stata rinvenuta alcuna documentazione giustificativa relativa alle spese asseritamente sostenute ed oggetto del rimborso, e negli anni 2011 e 2012 - spiega ancora il gip Capri - ha preso contanti per un totale di 1,7 milioni di euro senza neanche indicare in contabilità una sia pure apparente, ragione del prelievo".
mercoledì 3 aprile 2013
M5S Senato: dalla parte delle PMI.
Il Parlamento dice sì alla risoluzione unitaria sui pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni (40 miliardi di euro) a favore delle piccole e medie imprese, sposando gran parte delle tesi del MoVimento 5 Stelle
"Come MoVimento 5 Stelle, per coerenza con la nostra linea politica di votare le idee ed i provvedimenti abbiamo ritenuto opportuno ritirare la nostra risoluzione per convenire a una soluzione condivisa. Noi crediamo che i debiti vadano pagati tutti, ma siamo anche consapevoli della situazione disastrosa dei conti pubblici, conseguenza di decenni di mal governo. Le risorse a disposizione sono scarsissime. In commissione abbiamo indicato queste priorità: prima alle aziende, al lavoro, all'economia reale e poi alle banche e alla finanza. Prima alle piccole e medie imprese e poi alle altre più grandi. Prima alle piccole opere piuttosto che a quelle grandi. Il secondo punto del nostro programma è: "Occorrono misure immediate per il rilancio delle PMI". Abbiamo posto le piccole aziende e il loro rilancio in cima alla lista delle nostre priorità. Da esse dipende la ripresa del mercato del lavoro ed oggi in Italia c'è fame e sete di lavoro più di ogni altra cosa. Questo deve essere solo il primo di una serie di provvedimenti necessari ed urgenti a favore delle PMI. Ci riserviamo di presentare eventuali successivi emendamenti all'atto definitivo del governo qualora ce ne fosse la necessità." Enrico Cappelletti, cittadino portavoce M5S al Senato.
lunedì 1 aprile 2013
Grotte di Maijishan.
Le Grotte di Maijishan (cinese: 麥積山石窟, caratteri semplificati: 麦积山石窟, pinyin: Màijīshān Shíkū) sono un gruppo di 194 grotte a carattere buddhista scavate sul fianco del monte omonimo a Tianshuinella provincia del Gansu. Comprendono oltre 7.200 sculture buddhiste e 1.000 m² di affreschi. L'inizio della costruzione risale alla dinastia dei Qin Posteriori (384-417 CE) del periodo dei Sedici regni.
Le Grotte di Maijishan sono poste lungo la via della seta, e sono posteriori alle più occidentali Grotte del tempio Bingling, a loro volta influenzate dalle precedenti strutture quali i Buddha di Bamiyan, mentre sono a Occidente delle successive Grotte di Yungange Grotte di Longmen.
Il più antico riferimento a una comunità buddhista sul Maijishan si trova nel Gāosēng zhuàn (高僧傳, Biografie di monaci eminenti, T.D. 2059), composto nel 519, ove si descrive l'arrivo di un centinaio di monaci al seguito del monaco Tanhung tra il 420 e il 422, seguiti dall'arrivo di Xuangao che portò a 300 i membri della comunità. Verso il 440 però, le persecuzioni antibuddhiste e il periodo di guerre continue portò all'abbandono dell'area.
La più antica iscrizione datata presente nelle grotte si trova nella grotta 115 e reca la data del 502. Ma la struttura subì continui rimaneggiamenti e ampliamenti nel corso di tutta la storia dinastica cinese.
L'immagine buddhista più frequentemente rappresentata è quella del Buddha Amitābha, affiancato daAvalokitesvara e Mahasthamaprapta, chiaro segnale che la tradizione del buddhismo amidista fosse qui prevalente. Altre statue sono rappresentazioni del Buddha storico e del Buddha futuro.
La zona del Maijishan fu occupata dall'impero tibetano in seguito alla ribellione di An Lushan durante ladinastia Tang, riuscì così a salvarsi dalla grande distruzione dei templi avvenuta in Cina durante la persecuzione antibuddhista del 845.
Nel 1952-53 il Maijishan fu oggetto di rilievi da parte di una missione archeologica cinese, e, successivamente, di una campagna di foto promossa da Michael Sullivan, storico dell'arte cinese.
Nel 1961 fu inserito nella lista dei 全国重点文物保护单位 (pinyin: Quánguó zhòngdiǎn wénwù bǎohù dānwèi): Siti culturali di importanza nazionale sotto protezione dello stato.
Nel 2010 è stata rigettata la candidatura delle Grotte di Maijishan quale sito Patrimonio dell'umanità.
Mantova, picchiato e lasciato sull’A22 dagli agenti: uno è segretario Coisp. - Roberta Polese
La notizia, apparsa su due quotidiani locali, lasciava aperto più di qualche punto di domanda: la mattina di mercoledì una coppia di “bodyguard” a bordo di un’auto con lampeggiante avrebbeaggredito l’autista di un furgone che era stato fatto accostare al bordo della A22, a Mantova. Il conducente, “colpevole” di non essersi spostato rapidamente, sarebbe stato colpito al volto e lasciato a terra. L’auto sarebbe poi sparita “nel nulla” e i bodyguard sarebbero rimasti fantasmi senza nome. Ma la verità era un’altra: i due aggressori erano in realtà poliziotti, uno dei qualisegretario regionale del sindacato di polizia Coisp, che stavano trasportando un detenuto e che avrebbero punito il conducente del furgoncino perché non avrebbe lasciato loro la strada libera.
Se non fosse stato per un provvidenziale testimone che ha annotato il numero di targa della macchina, non riconoscibile come auto della polizia, la verità non sarebbe mai emersa. I protagonisti di questa vicenda sono noti in Veneto: l’aggredito è Riccardo Welponer, veronese nipote del più famoso Nadir Welponer, ex consigliere regionale dei Ds e ex segretario del partito. E uno dei due agenti di polizia si chiama Luca Prioli, vicentino, rappresentante veneto del Coisp.
I poliziotti, dopo aver aggredito Welponer, lo avrebbero lasciato sul bordo dell’autostrada con il volto sanguinante, procedendo per la loro strada con la Renault Laguna, auto di servizio senza scritte. Prioli, esponente regionale del sindacato di polizia, ammette il coinvolgimento ma si difende: “Mi trovo in una missione importante e non sono tenuto a parlare con nessuno di quanto accaduto, riferirò solo al questore di Vicenza, che mi ha chiesto una relazione – spiega – Il pestaggio? E’ stato un diverbio”. Il volto tumefatto di Welponer è la dimostrazione che qualcosa di più di un diverbio è avvenuto ai bordi di quell’autostrada l’altra mattina: “Sono stato picchiato e sbattuto a terra, sono quasi svenuto e quando mi sono ripreso mi hanno buttato contro il guardrail, poi se ne sono andati” ha detto ieri in una intervista rilasciata ad una tv locale.
Welponer non poteva sapere che i suoi aggressori erano agenti di polizia, tanto che la denuncia raccolta prima dalla Stradale e poi dalla Squadra Mobile di Mantova è stata intitolata a carico di ignoti. La notizia riportata dalla stampa si fermava alle dichiarazioni della vittima, perché non c’è stato successivamente un comunicato ufficiale a spiegare in realtà come sono andate le cose. Invece in poche ore i poliziotti lombardi erano già risaliti all’auto, avevano capito che si trattava di una macchina di servizio in missione ed erano arrivati ai nomi dei due poliziotti.
La notizia è giunta altrettanto rapidamente anche al Ministero che ora attende una relazione completa da parte della questura di Vicenza, in forza alla quale Prioli e il collega lavorano. La conferma dei fatti è arrivata 24 ore dopo dallo stesso Prioli, che rimarca il coinvolgimento nel “diverbio” ma che punta il dito contro chi ha fatto il suo nome: “Chi mi ha citato in relazione a questa vicenda pagherà duramente perché io sono in una missione delicata e nessuno doveva dire dove mi trovavo”. La prassi, in questi casi non è tanto la sospensione dal servizio, che arriverà con l’accertamento dei fatti in sede penale, quanto piuttosto l’allontanamento dalle mansioni, cosa che potrebbe disporre subito il questore o che potrebbe arrivare direttamente da Roma.
Bastardi. Mettigli in mano una paletta e si sentiranno padreterni.
Ma il Priolo, imbecille matricolato, sapendo di essere in missione speciale, non poteva evitare il diverbio? Menare le mani è il loro unico scopo, luridi bastardi e assassini.
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