mercoledì 4 dicembre 2013

“Porcellum bocciato dalla Consulta, accolto ricorso cittadini”.



Secondo alcune indiscrezioni la Consulta ha bocciato la legge elettorale. I giudici dovevano decidere sulla costituzionalità del Porcellum dopo un ricorso presentato da cittadini. La Corte Costituzionale ha bocciato la norma ideata dal leghista Roberto Calderoli, e definita da lui una “porcata”, in tutti e due i punti sottoposti al vaglio di legittimità rispetto alla legge fondamentale dello Stato: ovvero il premio di maggioranza e la mancanza delle preferenze.
L’approdo in Consulta della legge elettorale – i quesiti per abrogarla erano stati bocciati nel 2012 – ha alle spalle una vicenda giudiziaria di ricorsi e bocciature, alla cui base c’è la testardaggine di un avvocato 79enne. Nel novembre 2009, in qualità di cittadino elettore, il legale aveva citato in giudizio la Presidenza del Consiglio e il ministero dell’Interno davanti al Tribunale di Milano, sostenendo che nelle elezioni politiche svoltesi dopo l’entrata in vigore della legge 270/2005, il cosiddetto Porcellum, e nello specifico nelle elezioni del 2006 e del 2008, il suo diritto di voto era stato leso, perché non si era svolto secondo le modalità fissate alla Costituzione – ossia voto “personale ed eguale, libero e segreto (art. 48) e “a suffragio universale e diretto”. 
Liste bloccate, premio di maggioranza senza soglia minima, inserimento nella lista elettorale del nome del capo di ciascuna lista o coalizione, gli aspetti contestati. Il primo, per garantire l’espressione del voto personale e diretto deve essere data all’elettore, secondo Bozzi, la possibilità di esprimere la propria preferenza a singoli candidati. La seconda, perché attribuisce un premio di maggioranza senza agganciarlo a un numero minimo di voti, e in questo modo violerebbe il principio di uguaglianza del voto. La terza, perché l’indicazione sulla scheda del capo del partito o coalizione, possibile futuro premier, limiterebbe l’autonomia del Capo dello Stato nella scelta del presidente del Consiglio.

martedì 3 dicembre 2013

Dopo aver fatto decadere Berlusconi, la pressione del M5s obbliga il governo a varare un decreto Legge contro la terra dei fuochi. - Sergio Di Cori Modigliani



Due notizie, oggi, segnalano l'andamento della situazione attuale.
La prima è relativa all'ennesima figuraccia del governo. 
Mentre Saccomanni, il nostro ministro dell'economia, dal suo mondo parallelo nel quale vive insieme a Letta e Alfano, rilasciava a Bloomberg (la più importante emittente televisiva Usa specializzata in finanza&economia) una intervista nel corso della quale spiegava che la "recessione per fortuna appartiene ormai al passato" e raccontava come e perchè l'Italia si sia ripresa, i conti sono a posto, il governo sta facendo cose egregie trovando il plauso sia dell'Europa che del Fondo Monetario Internazionale, il commissario europeo Olli Rehn, da Bruxelles, in perfetta sincronia, comunicava il malumore e la ferma protesta della troika riguardo alle manovre assunte dal governo italiano che "si sta dimostrando debole per quanto riguarda la crescita, inefficace per ciò che concerne il problema del lavoro in Italia, ma soprattutto inadempiente per ciò che riguarda il debito pubblico, visto che non è stato fatto nulla per diminuirlo". 
Siamo sempre in pieno delirio. 
Olli Rehn, in pratica, ha scavalcato a sinistra Susanna Camusso, Giorgio Squinzi, Maurizio Landini e la compagnia cantante della finta opposizione. 
Il che è tutto dire. 
Se è per questo, abbiamo il nostro simpatico Renato Brunetta che ha ormai sostituito Nichi Vendola (il grande poeta del nulla) parlando come uno si aspetta che debba parlare uno di Sel, i cui esponenti tacciono per mancanza di pensiero e di argomenti. 
Subito dopo la dichiarazione fortemente critica di Olli Rehn, infatti, Brunetta ha chiesto le dimissioni del Ministro dell'Economia sostenendo una argomentazione elementare, suffragata da una sua ben ponderata logica: "considerando l'effetto disastroso delle sue manovre alle quali si aggiungono dichiarazioni alla stampa che vengono smentite dai fatti, le cose sono due: o Saccomanni mente agli italiani e quindi non va bene perchè il paese ha il diritto di sapere come stanno le cose oppure è un incompetente che non sa ciò che sta facendo; in entrambi i casi chiediamo le sue dimissioni". 
Siamo quindi immersi in un complesso e pericoloso paradosso basato sui seguenti assunti: a) il governo usa un linguaggio populista e applica argomentazioni caratteristiche dell'antipolitica, mutuate dalla fantascienza e dalla pubblicistica new age, ma accusa coloro che lo criticano tacciandoli di "populismo" perchè così è vissuta la cittadinanza nel mondo parallelo; b) il neo-partito di Alfano accusa Forza Italia di essere diventata una compagine di estrema destra mentre quelli -quando parlano- usano argomentazioni da moderati socialdemocratici perchè hanno tastato il polso della nazione e hanno annusato l'aria, quindi cercano di interpretare il malumore collettivo per cavalcarlo; c) il PD si conferma ormai come il grande partito della Vera Destra, che difende i privilegi e custodisce gli interessi delle oligarchie corrotte della nazione in funzione conservatrice, ma affronta le sue primarie presentandole all'opinione pubblica come se si trattasse di una competizione tra militanti della sinistra. 

Questo stato di confusione, abilmente alimentato dalla cupola mediatica, comporta un ulteriore sbandamento delle capacità di comprensione dell'opinione pubblica italiana, diciamo "normale" che sta spingendo molti (li giudico negativamente ma li capisco e li comprendo) a dire "io non ci capisco più niente, ma sai che ti dico? Vadano tutti al diavolo, non voto più". 
Riuscire a rimettersi in carreggiata avviandosi lungo i percorsi del Senso, dei dati oggettivi, dei fatti concreti comprovati e documentati, è un'impresa ardua ma è l'unica percorribile. Altrimenti non si possono cogliere i fattori veri dei sommovimenti politico-sociali oggettivi.

E così veniamo alla seconda notizia del giorno e a come andrebbe elaborata in un paese "normale" ma soprattutto "sensato".
Eccola: il governo, per evitare una rivolta sociale, anche violenta, con una insurrezione popolare (autentica) della cittadinanza meridionale, in seguito alla presa d'atto dell'esistenza della terra dei fuochi, ha introdotto oggi, in uno specifico decreto legge, una normativa che istituisce "la penalizzazione dell'accensione di roghi" in Campania. Tradotto vuol dire che viene riconosciuta e accettata l'esistenza della pratica della combustione clandestina di rifiuti tossici dannosi per la salute e da oggi viene sanzionato come "reato penale" l'esercizio di tale pratica. Con venticinque anni di ritardo, dovuto alla totale e criminale connivenza di tutti i partiti, di tutte le istituzioni, di tutte le amministrazioni locali, destra, centro e sinistra, complici riconosciute di aver messo a repentaglio la salute pubblica per chiudere un occhio venendo incontro agli interessi finanziari della criminalità organizzata, lo Stato prende una decisione. 
La notizia è ufficiale. Sono stati costretti a farlo.
Ciò che non dicono e non ricordano alla popolazione è che tale Legge è l'ennesimo successo della presenza del M5s in parlamento, e questo è un dato indiscutibile.
Nonostante fosse un segreto di Pulcinella, la notizia è esplosa alla luce grazie alla richiesta formale e alla fortissima pressione degli eletti M5s che hanno imposto -potendolo legalmente fare- la desecretazione di tutti gli atti relativi alle dichiarazioni fornite dal pentito di camorra Schiavone nei decenni precedenti. Tali dichiarazioni esplosive erano state blindate e non erano state rese pubbliche inserendole sotto la voce "segreto di Stato", "segreto militare", ecc. Grazie a una poderosa pressione esercitata da quei deputati, in seguito aiutati dalla campagna di stampa de "Il Fatto Quotidiano" e in seconda battuta del settimanale "L'Espresso" (con la sua celebre copertina di un mese fa bevi Napoli e poi muori) il governo è stato obbligato a fare qualcosa. Poco, è ovvio, ma si tratta di qualcosa di importante. E' un successo del processo di condivisione e diffusione in rete, sui social networks, sui siti on line, sui blog, di un fenomeno che il potere oligarchico garantito dai funzionari di partito ha cercato di nascondere e occultare per seguitare a lucrare sulla pelle della popolazione.
E' il risultato dell'applicazione del principio di chiarezza e trasparenza che lentamente, ma sempre più a solidi passi, comincia a manifestarsi nella consapevolezza collettiva della nazione. 
L'esistenza della terra dei fuochi, e la conseguente necessità di iniziare ad attaccare la manovalanza criminale è il risultato di una spinta dal basso che segnala la vittoria delle esigenze della cittadinanza su quella dei gestori e cultori del profitto.
Fa da pendant alla decadenza di Berlusconi, ottenuta grazie alla presenza di M5s.
Il loro lavoro in parlamento, infatti, invece di esaurirsi in riunioni lobbystiche e accordi segreti di cui nessuno avrebbe mai dovuto sapere niente, consiste nello smascherare i giochi degli oligarchi, le loro meschinerie, i loro inghippi, i loro traffici, i loro reati, in modo tale da fornire carne fresca informativa alla società civile che poi elabora e pensa a diffondere e condividere la documentazione proveniente da Palazzo.

Così la pensano anche in giro per l'Europa e in Sud America.
Ecco come, la settimana scorsa, un importante quotidiano on-line iberico, dava la notizia agli spagnoli sull'espulsione del senatore Berlusconi.


Berlusconi cae por el efecto de Grillo

La batalla del cómico por limpiar el Parlamento logra implantar principios jamás coseguidos de otro modo en Italia 

29.11.13 - 00:17 - 
 ÍÑIGO DOMÍNGUEZ CORRESPONSAL | ROMA.

Potete andarvi a leggere tutto l'articolo attraverso il seguente link:
http://www.hoy.es/v/20131129/internacional/berlusconi-efecto-grillo-

E' possibile, quindi, ottenere dei risultati reali pratici, effettivi, anche in Italia.
Leggendo i resoconti della stampa estera sull'Italia, dove interpretano la nostra realtà su basi reali e non su illusioni televisive -evitando tutti i santi giorni tutti i santi talk show- dovunque nel mondo la stampa ha spiegato che cosa sta accadendo in Italia in questi giorni e che cosa è accaduto negli ultimi mesi.

Nella palude attuale nella quale siamo andati a infangarci, disperatamente tentando di sottrarci al rigurgito delle sabbie mobili dell'oligarchia, queste sono belle notizie e così andrebbero incorporate per alimentare un sano ottimismo della volontà.

Quando questa mattina mi sono connesso con la rete, e ho cominciato a navigare, ho notato un rigurgito davvero eccessivo della consueta tiritera di frasi fatte, ad opera dei troll di regime e degli inconsapevoli robot umanoidi, che insisteva nel ricordare a tutti l'inutilità e l'insipienza della presenza parlamentare del M5s. Anche la tivvù ha partecipato, e il servizio pubblico -attraverso rainews24- ha dato il peggio di sè (da quando l'ottimo professionista Corradino Mineo se n'è andato, quella rete è degradata promuovendo se stessa a pura deformazione) facendo commentare i fatti del giorno a un certo Castelvecchi, professore di Comunicazione alla Luiss University, il quale ha impiegato 20 minuti per spiegare come e perchè la presenza in parlamento degli eletti nel M5s non ha prodotto alcun risultato e si "è rivelata soprattutto inutile e inefficace". Il fatto che il servizio pubblico nazionale informativo si avvalga del contributo di consulenti accademici in forza nelle università private, finanziate dai colossi della finanza, la dice tutta sul livello di deformazione e manipolazione della realtà, architettato, pianificato e sancito dai partiti che controllano la Rai.
Più tardi, dopo aver letto le notizie del giorno, ho capito perchè oggi fossero tutti così eccitati.
La mia prima reazione è stata istintiva e mi aveva portato ad archiviare i diversi interventi per poi denunciarli sottolineandoli. Poi, invece, mi sono accorto che si trattava di un errore.
E' molto più importante sottolineare delle autentiche piccole vittorie sostanziali.
Fa bene alla salute civica di noi tutti.
Anche perchè non è che l'inizio di una lunga lunga marcia.
Avanti così, dunque.
Questo post è la mia risposta alla Rai.


http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2013/12/dopo-aver-fatto-decadere-berlusconi-la.html

Sequestriamo i beni dei partiti! #SequestryPD




I partiti hanno truffato gli italiani. Gli hanno estorto 2,3 miliardi di euro di finanziamenti pubblici nonostante il voto contrario di un referendum. 
Dopo anni di silenzio omertoso delle istituzioni, il procuratore del Lazio Raffaele De Dominicis ha sollevato la questione di illegittimità costituzionale dei cosiddetti rimborsi elettorali che "sono da ritenersi apertamente elusive e manipolative del risultato referendario e quindi materialmente ripristinatorie di norme abrogate". I partiti sono indifferenti alla volontà popolare, cambiano il significato delle parole per ingannare i cittadini. 
Sempre la Corte dei Conti: "tutte le disposizioni impugnate dal 1997... hanno ripristinato i privilegi abrogati con il referendum del 1993 facendo ricorso a artifici semantici, come il rimborso al posto del contributo, gli sgravi fiscali al posto del contributo". In attesa del responso della Corte Costituzionale che ha la velocità di un gasteropodo quando si tratta dei privilegi dei partiti, come è avvenuto per il Lodo Alfano e per la legge elettorale Porcellum, si dovrebbe avviare un'azione di sequestro preventivo dei patrimoni immobiliari dei partiti e una sospensione degli stipendi ai loro dipendenti. 
Il pdmenoelle è il partito del "chiagni e fotti", ha come alfieri Renzi, che è contro il finanziamento pubblico, ma i soldi dei "rimborsi" li ha sempre utilizzati (va ricordato che il tesoriere della Margherita era Lusi, finito in carcere) e Capitan Findus Letta, il ballista d'acciaio, che voleva abolire il finanziamento e poi ha incassato una rata di 91 milioni di euro insieme agli altri partiti a luglio. Il pdmenoelle spende per sedi e stipendi dei suoi impiegati venti milioni all'anno, l'autofinanziamento è di soli otto milioni. Senza i soldi estorti ai contribuenti Bersani e D'alema dovrebbero lavorare da casa, ai domiciliari con i figli che gli accendono il computer e inviano le email. 
Il pdmenoelle (quota ex Ds, ex Pds, ex Pci) dispone di 2.399 immobili che hanno un valore di circa mezzo miliardo di euro affidati a 57 fondazioni che, beffa nella beffa, a cui si può versare il 5 per mille in quanto enti di volontariato. Sequestriamoli in attesa delle decisioni della Corte che non potrà che essere la restituzione del maltolto allo Stato
Ne dubitate? 
Anche un bambino capirebbe che aggirare un referendum è incostituzionale. La domanda è però se la Corte Costituzionale è costituzionale.

http://www.beppegrillo.it/2013/12/sequestriamo_i_beni_dei_partiti_sequestrypd.html

Indagato Letta da 10 mesi. E nessuno ne parla. - Peter Gomez e Marco Lillo (art. del 2009)


Dopo il rimpallo tra due procure, la Cassazione manda il fascicolo sui centri di accoglienza all’unico magistrato di Lagonegro. I reati ipotizzati sono abuso, turbativa d’asta e truffa. 
Come giornali e agenzie
hanno nascosto la notizia che
spaventa gli editori
Sono almeno sei mesi che giornali e tv evitano di raccontare che Gianni Letta è sotto inchiesta. Nonostante le carte circolino nelle redazioni dei maggiori quotidiani e delle agenzie di stampa, nessun direttore ha pubblicato le intercettazioni che raccontano come le emergenze sono state usate per fare affari e favori. Letta è considerato l’uomo del dialogo e soprattutto il sottosegretario con cui gli editori hanno trattato e tratteranno gli aiuti alla stampa in crisi. L’unica testata che ha offerto una panoramica dell’indagine è stato il mensile campano “La voce delle voci”. Le agenzie di stampa si sono occupate della faccenda solo il 29 aprile per comunicare, su input della Procura di Roma, che i pm avevano chiesto l’archiviazione di Letta. Ma non hanno spiegato per quali reati fosse indagato e oltretutto hanno diffuso una notizia monca. Letta è stato scagionato dall’accusa di associazione a delinquere, ma rimane indagato per abuso, turbativa d’asta e truffa. Su queste ipotesi di reato, si è svolto un surreale ping pong tra le Procure di Roma e Potenza, dove entrambe sostenevano la competenza dell’altra e non volevano occuparsi di lui. Alla fine ci ha pensato la Cassazione, che ha spedito tutto a Lagonegro.
Accoglienza ai clandestini?
Ci pensa Gianni
LE CARTE DELL’INCHIESTA SU LETTA
Gianni Letta è indagato da dieci mesi per il business dell’immigrazione. Nessuno però lo sa (o lo scrive). Lo ignora persino il magistrato che dovrà occuparsi di lui. Si chiama Francesco Greco (solo omonimo del procuratore aggiunto di Milano) e lavora da poche settimane a Lagonegro, un comune di 5 mila abitanti in provincia di Potenza, dove la Procura più piccola d’Italia, con un solo pm che fa contemporaneamente il capo reggente e il sostituto, dovrà decidere la sorte dell’uomo più potente del governo dopo Silvio Berlusconi. Con “Il Fatto quotidiano”, che gli chiede notizie sullo stato del fascicolo, Greco cade dalle nuvole. Eppure nel luglio scorso il dossier Letta è stato destinato al suo ufficio dalla Cassazione, dopo un surreale conflitto di competenza fra i magistrati di Roma e Potenza. Tutti però si sono dimenticati di dirgli che sulla sua scrivania sta per arrivare una valanga di informative, corredate da mesi di intercettazioni. Carte che accusano il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, in concorso col capo del dipartimento Immigrazione del ministero degli Interni, Mario Morcone, e con alcuni manager de “La Cascina”: una holding di cooperative da 200 milioni di euro di fatturato, braccio secolare di Comunione e Liberazione a Roma, nata come mensa per gli studenti della Capitale, che oggi controlla ospedali, hotel a 4 stelle e ristoranti di grido (come il Pedrocchi di Padova e Le Cappellette di Roma), dove i clienti vip lasciano sulle pareti la loro foto accanto alla dedica di Giulio Andreotti. Letta è sotto inchiesta per reati piuttosto pesanti: abuso d’ufficio (fino a 3 anni di carcere), turbativa d’asta (fino a 2), truffa aggravata (fino a 6).
Potenza del Vaticano 
L’indagine parte da Potenza, quando il pm Henry John Woodcock si mette a lavorare su una presunta organizzazione specializzata nell’aggiudicarsi commesse pubbliche truccando le gare. A indagare sono gli uomini della squadra mobile e quelli del Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri, diretti dal colonnello Sergio de Caprio, alias Capitano Ultimo, l’ufficiale che arrestò Totò Riina. Gli investigatori intercettano e pedinano i fratelli Angelo e Pierfrancesco Chiorazzo, dirigenti della Cascina e di altre società. E quasi subito scoprono che i due stanno tentando di accaparrarsi gli appalti per i centri di assistenza ai rifugiati, grazie agli aiuti di Letta. E’ l’estate del 2008. Giornali e tv lanciano ogni giorno “l’allarme immigrati” e il governo dichiara addirittura lo stato d’emergenza. Letta si muove alla sua maniera. A legarlo alla Cascina non sono solo i rapporti di consuetudine con Chiorazzo, ma è soprattutto la comune vicinanza al Vaticano e ad Andreotti, numi tutelari della cooperativa. Per anni La Cascina ha accumulato appalti dalle Alpi alla Sicilia, dalle università alle strutture pubbliche, dai teatri agli stadi, fino alla bouvette del Senato. Nel 2008 l’Asl di Taranto le ha scucito la bellezza di 8,8 milioni di euro; il comune di Roma altri 20. Non è un mistero che i vertici della Cascina selezionino il personale anche sulla base di elenchi stilati da vescovi e politici di area. Ma il gruppo non disdegna le alleanze trasversali, come quella intrecciata con il governo di Fidel Castro per gestire due hotel di lusso sulle spiagge di Santa Lucia e di Varadero. La crescita tumultuosa, le scelte sfortunate (come quella di Cuba) e 74 milioni di debiti con il fisco, hanno però messo la holding ciellina alle corde.
“Pronto, sono Gianni Letta” Per risollevarsi dalla crisi, il vicepresidente Angelo Chiorazzo – 35 anni, celebre per aver organizzato nel ‘97 una contestazione a Oscar Luigi Scalfaro alla Sapienza di Roma, molto stimato dal segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone – punta sugli appalti in uno dei settori più redditizi e meno controllati: gli immigrati. Legatissimo a Clemente Mastella (era con lui sull’aereo di Stato da Roma al Gran Premio di Monza nel 2007), soprannominato nell’Udeur “il vaticanista” per aver organizzato vari incontri fra lo statista di Ceppaloni e Bertone, Chiorazzo ha un altro asso nella manica: proprio Letta. Il 6 agosto 2008 – si legge nelle carte – Angelo è a Palazzo Chigi col cappello in mano. Una delle sue società gestisce già il Centro accoglienza richiedenti asilo (Cara) di Bari con 1200 ospiti, e sta per aprirne un altro a Taranto da 400 posti. Ogni ospite “vale” fino a 50 euro di rimborsi pubblici al giorno. Il manager fiuta l’affare (il gruppo incassa già 70 mila euro al giorno) e vorrebbe espandersi in tutt’Italia. Letta chiama il capo dell’immigrazione al ministero, il prefetto Morcone, che si mette a disposizione. Due giorni dopo Chiorazzo torna alla carica a Palazzo Chigi con la lista dei “Cara” più appetibili. In cima all’elenco, Foggia e Crotone. Dopo il secondo incontro, Letta richiama Chiorazzo per dirgli che qualcosa comincia a muoversi: “Il prefetto di Crotone mi dice che vuole che lei vada o lunedì o martedì… perchè poi lui va a Cosenza dove è stato trasferito e dice: ‘E’ meglio che lascio le cose fatte’. Allora, o lunedì o martedì mattina la aspetta in Prefettura… eh… a nome mio”. Chiorazzo ringrazia e già sogna parlando con i colleghi: “Crotone è il campo più grande d’Europa, può arrivare a 1300 persone”. Con il fratello Pierfrancesco, aggiunge: “Devi andare in Calabria a battere il ferro finché è caldo (a Crotone l’indagine sarà archiviata, ndr) ”.
Un milione all’Auxilium 
Chiorazzo seguita a vedere Letta. Il quarto incontro avviene il 2 settembre. Dieci giorni dopo, ecco finalmente i primi risultati: un bell’appalto da un milione e 170 mila euro, destinato alla cooperativa Auxilium di Senise, presieduta da suo fratello, per aprire un nuovo “Cara” a Policoro, provincia di Matera. Com’è stato possibile? La risposta la danno gli investigatori: per quell’appalto “il prefetto di Matera e il sindaco di Policoro sono stati ‘scavalcati’ e messi davanti al ‘fatto compiuto’. Il prefetto Giovanni Monteleone sarà informato solo un giorno e mezzo prima dell’arrivo dei rifugiati e il sindaco Lopatriello sarà convinto ad avallare lo status quo con promesse, di evidente natura clientelare, di assunzioni di persone da lui segnalate. L’esistenza di un’emergenza nazionale diviene così il pretesto utile a dissimulare uno stravolgimento delle regole della buona amministrazione e per accontentare le richieste del Chiorazzo gestore in pectore del “Cara” di Policoro, prim’ancora che ne sia deliberata la creazione”.
Il prefetto non ci sta.
 Occhio alle date: grazie a Super-Gianni, son bastati 11 giorni per aprire un centro da 200 posti che vale 4 milioni di euro l’anno. E poi dicono che la burocrazia è lenta. Il prefetto Monteleone, sentito come testimone, ancora non ci crede: “Giovedì mattina (11 settembre 2008, ndr) mi ha chiamato il prefetto Morcone da Roma dicendomi: abbiamo individuato una struttura a Policoro dove sabato 13 arriveranno i primi 200 extracomunitari perché c’è un’emergenza nazionale. Io sono rimasto molto sorpreso e mi sono sentito bypassato… Non ho avuto la possibilità di chiamare i sindaci e di far vedere che esiste un prefetto”. Anche il viceprefetto Michele Albertini è perplesso. Rifiuta di firmare e chiede una lettera del ministero che autorizzi quella “strana convenzione”, come la definisce lui stesso. Anche perché, spiega agli investigatori, “solitamente si lascia alle sedi locali il compito di individuare le ditte. Qui era già tutto fatto da Roma”. Niente da fare: l’affidamento ad Auxilium non si discute. Nessuno si preoccupa di verificare la capienza del centro. Ecco una telefonata intercettata fra la funzionaria Isabella Alberti e il presidente dell’Auxilium, Pierfrancesco Chiorazzo. Sono le 9.30 del 12 settembre, il Cara è già stato praticamente autorizzato, gli immigrati arriveranno l’indomani. Prima però bisogna mettere a posto le carte.
L’appalto al telefono 
La dottoressa Alberti si produce in un esercizio di dettatura che pare il remake della celebre scena di “Totò, Peppino e la malafemmina”. “Allora scriva”, esordisce mentre Chiorazzo prende nota: “Alla direzione centrale dei servizi civili per l’immigrazione e l’asilo. Alla cortese attenzione del prefetto Forlani, Roma. Oggetto: offerta di strutture ed accoglienza sita in Policoro, Matera”. Seguono dieci righe di dettato, dopo di che la signora ha un soprassalto di coscienza: “Senta, ma poi i posti quanti sono?”. E Chiorazzo: “210”. La funzionaria dello Stato per un attimo si ricorda del suo ruolo e pone un problema non secondario: “Ma c’è tutto? Cioè, per un’accoglienza dignitosa, c’è tutto?”. Chiorazzo la rassicura: “Sì, sì, sì, tutto. C’è tutto”. E meno male. Gli investigatori invece annotano: “Nessuna tempestiva verifica preventiva è stata eseguita dal ministero per accertare che effettivamente la struttura fosse in possesso di tutti i requisiti necessari e per verificare la sicurezza e la salubrità dei luoghi”. Solo il prefetto di Matera, un giorno prima di aprire il “Cara”, sguinzaglia una delegazione a controllare. “Sta di fatto”, prosegue la nota, “che dopo gli accessi eseguiti, su apposita richiesta della Prefettura di Matera, dall’Asl5 di Montalbano Ionico, è emerso che la struttura ospitante il Centro, in via del tutto eccezionale, può contenere al massimo 107 persone”. Così il 16 novembre 2008 la Prefettura invia un fax urgentissimo per comunicare che gli ospiti in soprannumero vanno trasferiti. Nel frattempo l’Auxilium potrebbe aver incassato 5 mila euro in più al giorno riempiendo il “Cara” oltre i limiti. Secondo la Procura di Roma, in questa vicenda non ci sarebbe nulla di penalmente rilevante. Il pm Sergio Colaiocco ha fatto archiviare l’accusa di associazione per delinquere contro Letta e Morcone. Poi, pur non essendo competente per territorio, ha lasciato intendere che – se fosse per lui – li scagionerebbe anche dalle altre accuse di abuso, truffa e turbativa. A suo avviso, lo stato d’emergenza legittima tutto. Secondo Woodcock, invece, l’emergenza non farebbe venir meno l’obbligo di chiedere almeno cinque preventivi prima di assegnare un appalto milionario con un paio di telefonate. Ora la parola passa al pm unico di Lagonegro. Se avrà tempo.
Accedi agli atti (pdf 2,4MB)
di Peter Gomez e Marco Lillo (da Il Fatto Quotidiano, n°1 – 23 settembre 2009) 

Usura, ora c'è chi denuncia. - Lirio Abbate

Usura, ora c'è chi denuncia


Piaga antica del nostro sistema economico, è andata aumentando in tempi di protesti finanziari, fallimenti e crisi del commercio. Ma il dato positivo è che sono sempre più numerose le vittime che denunciano i loro aguzzini. E riescono a ottenere un aiuto economico dallo Stato.

Si presenta con il volto dell’amico, dell’uomo che nel momento di difficoltà economica può aiutarlo a salvarsi dai debiti. E invece nell’arco di un breve periodo è colui che lo strangolerà, gettandolo sul lastrico, rovinandolo con protesti bancari, pignoramenti e fallimenti. Così si distrugge un’attività economica, un’impresa, una famiglia. Sono centinaia i casi di usura che le vittime denunciano ogni anno e negli ultimi mesi sono sempre più in crescita.

Strangolati dai debiti e dai fallimenti si ribellano, ma non tutti, e denunciano in particolare negli ultimi anni più di quanto lo possa fare una vittima di estorsione. In un Paese che secondo i dati Istat sta scivolando all’indietro, provocando un divario sempre maggiore fra benessere e indigenza, con una grave situazione di crisi e difficoltà economiche progressivamente crescenti, la criminalità organizzata la fa da padrona inquinando l’economia legale di molti territori. E l’usura travolge migliaia di persone.

E così se in diverse città del meridione calano da gennaio a ottobre le denunce di estorsione, aumentano in modo esponenziale quelle per usura al Nord. Piccoli artigiani e commercianti, ristoratori e imprenditori denunciano i loro strozzini che hanno prestato soldi con tassi di interessi superiori alla legge e quindi ad usura, facendoli fallire. In questa ribellione fanno la voce grossa, in maggioranza, le donne.

Questi dati emergono dalla relazione annuale del prefetto Elisabetta Belgiorno, Commissario straordinario per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, che dipende dalla presidenza del Consiglio e dal ministero dell’Interno, che nei primi dieci mesi di quest’anno ha deliberato quasi 30 milioni di euro a sostegno delle vittime dell’usura e delle estorsioni. Di questa somma quasi 20 milioni sono andati alle vittime dei “cravattari”, raddoppiando il denaro destinato alle vittime dell’usura l’anno precedente.

La crisi dunque colpisce gli operatori economici e chi la fa da padrona sono i criminali che hanno tanta disponibilità di denaro liquido. Quelle elargite dal Commissario straordinario sono somme gestite dal Fondo di solidarietà per le vittime dell’usura istituito presso l’ufficio del Commissario per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura del Viminale. Il Fondo eroga mutui senza interessi a favore di chi esercita attività imprenditoriale, commerciale, professionale, artigianale o comunque economica, i quali dichiarino di essere vittime di usura e risultino parti offese nel procedimento penale.
Due gli obiettivi: sostenere finanziariamente le vittime dell’usura e incentivarle a collaborare con la magistratura denunciando l’usuraio. Ma non tutti quelli che denunciano chiedono di aver accesso al fondo. C’è ancora una gran parte di questo mondo sommerso, di vittime che hanno paura e non denunciano. Dalla documentazione processuale che arriva al Comitato emerge il profilo di donne che hanno dimostrato che «per riuscire a farcela bisogna vincere la paura, donne che, non hanno marginalizzato la propria dimensione familiare per il lavoro.

Dagli atti emergono pure vicende personali riguardanti la fatica quotidiana di conservare piccole imprese individuali, artigianali o a conduzione familiare, con una determinazione tutta femminile», persone perbene che, nonostante le difficoltà, hanno continuato a lavorare onestamente e come scrive il prefetto Belgiorno «a credere nella legalità e nella libertà di impresa, facendo la scelta giusta: denunciando».

Il dato più alto del 2013 si registra in Emilia Romagna (126 denunce segnalate al Comitato da gennaio a ottobre, come dimostra la tabella a pagina 60), segue la Lombardia, il Lazio e la Puglia, il Trentino Alto Adige e il Veneto. In Liguria nei primi dieci mesi di quest’anno non si è registrata alcuna istanza al Comitato da parte di vittime delle estorsione, mentre ve ne sono 21 che hanno chiesto aiuto perché spremuti dai “cravattari”. Stessa situazione in Sardegna e Umbria.

A Roma, dove è forte il fenomeno dell’usura, una delle vittime, Salvatore, di 39 anni, commerciante, testimone d’accusa in un processo ancora in corso, racconta come è finito nelle mani dei “cravattari” che gli avevano portato via il bar e gli appartamenti di famiglia per aver ottenuto un prestito di 13 mila euro. L’uomo ha denunciato gli usurai romani e poi è stato aiutato a riprendere la sua attività commerciale grazie all’aiuto e al sostegno dei volontari di uno sportello antiusura che aderisce alla Fai, la Federazione antiracket e antiusura di cui è presidente onorario Tano Grasso.

Salvatore racconta di aver sempre lavorato nel bar dei suoi genitori in un quartiere nella zona Nord di Roma. Un locale che pochi anni fa è stato ristrutturato dalla famiglia spendendo tanti soldi. Poi, per una gestione disattenta del bar, nel 2009 il commerciante non riusciva più a pagare i creditori. «Mi sono rivolto prima alle banche, poi non riuscendo ad ottenere un prestito ho chiesto aiuto al proprietario della casa in cui vivevo, il quale si vantava di avere amicizie importanti in alcuni istituti di credito tanto da assicurarmi l’apertura di un conto corrente con uno scoperto di 13 mila euro.

Il proprietario dell’appartamento si è rivelato un usuraio e mi ha fatto da garante in banca però ha preteso da me un assegno di 21 mila euro, con scadenza posticipata al mese successivo, che avrebbe dovuto restituirmi una volta saldato lo scoperto. Ma così non è stato. L’usuraio ha incassato l’assegno mandandomi in protesto e aprendo il calvario che mi ha portato via il bar e altre proprietà».

Salvatore quando si è trovato senza più nulla ha denunciato tutto alla polizia e poi si è rivolto allo sportello antiusura che lo ha aiutato a recuperare ciò che gli era stato tolto, bloccando il pignoramento. Con l’accesso al fondo di solidarietà per le vittime dell’usura ha ottenuto un mutuo con il quale ha pianificato la riapertura del bar.

In tempi di crisi sono tante le storie come quelle di Salvatore. Anche al Nord. Ad Alessandria il titolare di una ditta di costruzione edile è stato vittima di diversi episodi di usura, soprattutto a causa degli elevatissimi interessi corrisposti da un altro imprenditore che forniva tutto il materiale edile. La situazione debitoria in cui si era cacciato lo ha portato nel 2010, mentre era a un passo dal fallimento, a denunciare quello che gli era accaduto. Un’inchiesta è stata aperta sull’usuraio piemontese e nel 2012 il giudice delegato al fallimento ha autorizzato l’imprenditore a svolgere una nuova attività mentre il Comitato di solidarietà gli ha concesso il ristoro del danno provocato.

Grazie alle somme del Fondo per le vittime ha ripreso la sua attività una commerciante di Parma, città dove sono tante le denunce arrivate negli ultimi due anni. Nel 2010 la negoziante di articoli per la casa ha denunciato gli usurai ai carabinieri. Che hanno aperto un’inchiesta. La donna continua tra mille difficoltà economiche la sua attività, fino a quando riceve a un anno dalla denuncia una prima tranche di mutuo concesso dal Comitato. Con questi soldi riesce a portare avanti il negozio e a liberarsi degli strozzini, finiti sotto processo.

Le «ripercussioni sul fragile tessuto economico-produttivo e diffuso disagio sociale costituiscono terreno fertile soprattutto per la criminalità organizzata, che ormai delocalizzata rispetto ai territori di origine, si propone, attraverso i prestiti usurai, come una sorta di “sportello bancario parallelo”», scrive nella relazione Belgiorno. La documentazione a sostegno delle richieste di accesso al Fondo mette in luce che le “prede” sono in particolare commercianti, imprenditori, artigiani, che registrano un calo del volume di affari e «le cui attività si trasformano, via via, in vere e proprie “lavanderie”» del denaro sporco. 

Tristi verità.



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