Per evitare il tritacarne delle opinioni contrastanti su Matteo Renzi, è bene affidarsi ai dati di fatto. E il primo, inequivocabile, dato di fatto è che Renzi ieri ha parlato al Senato per rispondere all’inchiesta che riguarda la sua fondazione e attaccare i magistrati, chiamando su questo a raccolta tutta la politica e citando come auctoritates Giovanni Leone, Aldo Moro e – soprattutto – Bettino Craxi. Poi uno dice la separazione e il rispetto tra poteri dello Stato…
Il secondo dato di fatto è che sul finanziamento pubblico ai partiti gli italiani si sono espressi con estrema chiarezza nel referendum del ’93, in occasione del quale il 90,3%, pari a 31 milioni di elettori, votò per l’abolizione. Ed è un altro dato di fatto che poi, negli anni, la politica abbia cercato di “aggirare” quel voto, per garantirsi comunque fondi per finanziarsi – perché la politica costa (non ditelo a noi italiani…) – attraverso rimborsi elettorali e fondazioni.
Tutto legale, per carità – anche perché le leggi se le facevano loro – ma un ulteriore dato di fatto è che le fondazioni politiche sono spuntate come funghi e non sempre c’è stata piena trasparenza su bilanci e finanziatori (me n’ero occupata, ad esempio, a proposito della Fondazione Kairos di Alessandra Moretti per le elezioni regionali in Veneto). Tutto legale dunque, ma fino a prova contraria.
E siamo alla fondazione Open e a Renzi: su eventuali problemi di natura penale – si sta indagando per finanziamento illecito, corruzione, riciclaggio – spetta, certo, solo alla magistratura fare piena luce e pronunciarsi.
Ma sul prestito da 700mila euro per l’acquisto della casa, sia pure usato parzialmente e restituito, fatto da un imprenditore a un ex presidente del Consiglio, che qualche anno prima lo aveva nominato nel cda di una società di Cassa Depositi e Prestiti (quindi pubblica), si pone indubbiamente un problema, se non di natura penale, di opportunità (ed eventuale conflitto d’interessi).
Infine, l’ultimo dato di fatto: se la valutazione della politica spetta ai cittadini, agli italiani, e non alla “barbarie” di magistrati e media “politicizzati e strumentali”, affidiamoci a loro. E a vedere i sondaggi il consenso per Renzi e il suo nuovo partito invece di salire cala – anche in virtù di queste vicende, degli attacchi e delle querele ai giornalisti – e ora è tra il 3 e il 4% massimo. Non se n’è già parlato (e ne stiamo parlando) pure troppo? Sipario.