martedì 19 giugno 2018

Parla Di Maio: «Più incentivi al lavoro stabile e stretta sui contratti a termine». - Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci

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Incentivi alle imprese «più adeguati» e legati alle assunzioni a tempo indeterminato. Stretta su contratti a termine e sulla somministrazione, per contrastare la precarietà. Apertura ad un periodo transitorio, per evitare di «stravolgere le attività aziendali e i contratti in essere». Rafforzamento dei centri per l’impiego che dovranno essere «il cardine su cui dovrà girare il reddito di cittadinanza».

Nella prima intervista da ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio indica le priorità d’azione in vista della presentazione del cosiddetto “decreto dignità” atteso per la fine del mese sul tavolo del consiglio dei ministri. Il ministro parla al Sole 24 ore, dopo aver concluso il tavolo con i rappresentanti delle imprese operanti nella gig economy, preceduto la scorsa settimana dall’incontro con gli stessi riders.

d) Ministro, sul capitolo tutele per i lavoratori 4.0, la soluzione per ora è affidata ad un tavolo negoziale e non più ad un decreto legge. Cosa ha determinato questo cambio di strategia?

r) Non c’è un cambio di rotta sia ben chiaro, abbiano rilevato la disponibilità ad aprire un tavolo ma se non sarà produttivo, sarà il Governo a normare il settore. Quindi non è un cambiamento di strategia, semplicemente dopo aver incontrato i riders, ieri abbiamo incontrato le aziende che si occupano di food delivery ed è emersa, sia dai rappresentanti delle aziende nazionali che internazionali, la disponibilità di avviare un percorso condiviso per la creazione di un contratto per chi lavora nel settore. Il mondo del lavoro cambia e bisogna interpretare e governare i cambiamenti. L’Italia è tra i paesi europei con il maggior numero di “gig workers”. Abbiamo il dovere come Governo di occuparci di questi lavoratori, l’intento dell’esecutivo è quello di far diventare l’Italia il paese europeo con la più avanzata normativa per i lavoratori della Gig economy.

Che tempi avete dato per trovare un’intesa tra rider e aziende del settore?

I tempi saranno stretti, non è mia intenzione aprire un tavolo che duri all’infinito, se c’è la possibilità di chiudere con soddisfazioni delle parti si crea un percorso e si porta avanti. I tempi saranno chiari appena aziende, riders e organizzazioni sindacali si incontreranno al ministero.

Nel “decreto dignità” resteranno dunque le modifiche al Jobs act. Sui contratti a termine, reintrodurrete le causali e ridurrete le proroghe da 5 a 4: non teme una nuova esplosione del contenzioso?

Non credo ci sarà un incremento dei contenziosi, l’idea di fondo è quella di favorire il contratto a tempo indeterminato, ed evitare che ci sia un ricorso indiscriminato ai rinnovi, non è più ammissibile che ci siano contratti di settimane o un mese che vengono rinnovati senza una causalità, ma a discrezione dell’azienda.

Cosa succederà ai rapporti a tempo determinato attualmente in corso: prevedete un periodo transitorio per consentire alle aziende e alla contrattazione di mettersi in regola?

Stiamo valutando la misura migliore che ci consenta di intervenire in maniera adeguata senza stravolgere le attività aziendali e i contratti in essere.

Le correzioni al decreto Poletti si estendono anche alla somministrazione?

Sulla somministrazione stiamo già lavorando ad alcuni strumenti specifici, dal momento che anche in questo caso lo strumento si è prestato ad abusi nel corso degli anni.

La lotta alla precarietà significa soprattutto rendere il contratto a tempo indeterminato più conveniente. Modificherete gli attuali incentivi rivolti a giovani e Sud che, finora, stanno dando risultati modesti?

Se i risultati sono modesti forse questi sgravi non sono stati sufficienti a rendere vantaggioso il contratto a tempo indeterminato, la scelta di essere il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico va proprio nella direzione di adeguare gli incentivi alle imprese legandoli alle assunzioni a tempo indeterminato. Così si riesce a far ripartire il lavoro per i giovani e a creare sviluppo nel Mezzogiorno.

Le politiche attive e i centri per l’impiego restano la grande incompiuta della riforma del 2015. Quante risorse metterete subito in campo dei 2,1 miliardi annunciati e per fare cosa?

Noi stiamo già operando per riformare i Centri per l’impiego e per renderli operativi e in grado di realizzare l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro. I Centri per l’impiego saranno il cardine su cui dovrà girare il reddito di cittadinanza, devono essere l’hub su cui si dipanano le politiche per il lavoro.

Sul capitolo delocalizzazioni: imporrete alle imprese che hanno avuto incentivi pubblici e si trasferiscono all’estero di trovare un acquirente che garantisca i livelli occupazionali, o è allo studio un’altra ricetta?

Assumeremo quella che verrà ritenuta la più efficace in termini di contrasto all’utilizzo indebito di risorse pubbliche. Ma resta chiaro l’intento di evitare che dopo aver preso incentivi statali le imprese lascino il nostro paese e abbandonino i lavoratori.

Per l’Ilva pensate ad una proroga della gestione commissariale per dare più tempo alla trattativa con i sindacati e cercare un accordo? Chiederete ad Arcelor Mittal un'integrazione degli impegni sul fronte ambientale?

Ieri è stato avviato il tavolo con le parti sociali ,enti locali e associazioni. Oggi si chiuderanno gli incontri e faremo le opportune valutazioni, rispondere ora sarebbe poco rispettoso per i partecipanti, avendo ben chiara la necessità di salvaguardare contemporaneamente ed in pari misura l’ambiente, i lavoratori e la vita dei cittadini di Taranto.

Un’ultima domanda ministro: sulle pensioni, inserirete la nuova anzianità (quota 100 o 41 anni di anzianità contributiva, ndr) già nella prossima legge di Bilancio insieme alla pensione di cittadinanza?

La volontà di inserire una nuova anzianità è assodata ma sui tempi tecnici ci stiamo lavorando e non posso dire ora a circa due settimane dall’insediamento se entrerà in legge di bilancio o meno. Ma è una priorità ve lo assicuro.

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-06-18/parla-maio-piu-incentivi-lavoro-stabile-e-stretta-contratti-termine-214717.shtml?uuid=AEzFsT8E

domenica 17 giugno 2018

Stadio Roma: Lanzalone puntava ad entrare nella vicenda Atac. - Michele Suglia


Luca Lanzalone arriva in Procura, Roma, 15 giugno 2018

A comizio Pomezia cori Onestà! Leader M5s non cita mai Salvini.

                                                                                                                                                                                L'ex presidente di Acea, Luca Lanzalone, puntava ad ottenere incarichi professionali anche nella vicenda del concordato sul futuro di Atac, la municipalizzata del trasporto capitolino. Dalle carte allegate al procedimento emergono i contatti tra l'avvocato genovese e "tale Carlo" che viene descritto come ""verosimilmente Carlo Felice Giampaolino (advisor legale per il concordato Atac)" . In una intercettazione del 22 maggio "Carlo (Giampaolino) tra l'altro afferma che il ricorso dovrà essere curato da Lanzalone o da un altro professionista con la sua caratura. I due commentano i problemi che potrebbero sorgere nel momento in cui sarà incaricata l'avvocatura del Comune di Roma per seguire le pratiche legali". 
Intanto, in un'intervista al Fatto Quotidiano, il sottosegretario Giorgetti racconta la 'cena segreta' con Parnasi e Lanzalone: 'Parnasi lo conosco da 15 anni, eravamo vicini di casa. La cosiddetta cena segreta era un aperitivo... Lanzalone si è presentato come presidente di Acea, ha lasciato intendere che fosse stato l'avvocato di Grillo. Comunque loro non sono mai entrati nel confronto tra noi e i 5stelle'. 
E sull'inchiesta relativa allo Stadio di Roma, il vicepremier Luigi Di Maio risponde velocemente ai cronisti lungo i pochi metri che lo portano al palco di piazza Indipendenza a Pomezia, cittadina a sud di Roma, dove il 24 giugno i 5S si giocano (di nuovo) il Comune al ballottaggio:  "Un grande equivoco, è tutto un malinteso". Sette parole per interrompere il silenzio sull'inchiesta in corso sullo stadio di Roma che ha gettato un'ombra sul M5S, al governo da quindici giorni insieme alla Lega. Di Maio ha aggiunto di essere tranquillo. Sul palco ha spostato l'attenzione su quello che farà: non solo lui come doppio ministro ("Il decreto di dignità si farà subito, non c'è più tempo da aspettare") ma anche i suoi colleghi Fraccaro e il presidente della Camera Fico. "La prossima settimana ci sarà il taglio dei vitalizi agli ex parlamentari", assicura. Puntuale dal pubblico è arrivato l'applauso. Ma dallo stesso, a fine comizio un gruppetto ha urlato anche "Onestà onestà!". Un coro che è nel dna del movimento fondato da Grillo, ed è lo stesso gridato in Campidoglio contro l'allora sindaco Ignazio Marino. Ma oggi l'onestà potrebbe essere contestata ai 5 Stelle. Non vede nessun collegamento tra i cori e l'inchiesta romana, il candidato al Comune Adriano Zuccalà: "Sì, li ho sentiti, ero sul palco ma non è niente di diverso dal nostro solito coro. Semmai è un rafforzativo di quello che era stato detto prima", chiude il discorso. Inoltre nel giorno in cui Le Monde 'sminuisce' Di Maio contro "il tornado Salvini", il vicepremier più giovane non cita mai l'altro collega di governo. Pur parlando di immigrazione, ad esempio, tutte le parole di Di Maio sono per il premier Conte per il no detto al decreto Dublino ("La Germania ci è venuta dietro") o per l'esponente del suo partito, il ministro alle infrastrutture Danilo Toninelli e per l'aiuto offerto comunque alle donne incinte e ai bambini a bordo dell'Aquarius. Niente invece su Salvini e sul suo no all'attracco della nave Aquarius. Eppure Di Maio ha invitato gli elettori a dire no. "A volte basta dire no, un po' di no per ottenere un po' di sì per gli italiani anche a livello europeo", ha spronato.
Salvini, Lega serena, governo non deciso a cena  - "Come Lega siamo sereni, il Governo l'abbiamo deciso altrove non a cena. La responsabilità me la prendo io e Luigi Di Maio". Così il ministro dell'Interno e leader della Lega Matteo Salvini torna sul caso dello stadio di Roma questa sera a Ivrea, a margine di un incontro elettorale in vista del ballottaggio del 24 giugno.

Stadio della Roma, la “lista” di Parnasi: soldi a Forza Italia, Pd e Leu. “Domani vedo i Cinque Stelle, pago pure a loro”. - Vincenzo Bisbiglia

Stadio della Roma, la “lista” di Parnasi: soldi a Forza Italia, Pd e Leu. “Domani vedo i Cinque Stelle, pago pure a loro”

Non c'è solo la cena con Giorgetti e Lanzalone, coperta da tre pagine di "omissis", nell'informativa dei carabinieri. L'imprenditore fa i nomi dei politici finanziati (tutti non indagati) alla vigilia delle elezioni politiche e regionali: Ferro, Mancini e Minnucci del Pd, Riccardo Agostini (Leu), Polverini e Giro (Fi), Ciocchetti (Nci) e Buonasorte (Lista Pirozzi).


Una cena con Luca Lanzalone e Giancarlo Giorgetti, neo sottosegretario della Lega e in odore di premiership per tanti giorni. Una “lista” di politici – locali e non – saldati e da saldare, finanziamenti anche di piccole entità che gli inquirenti non specificano siano leciti o illeciti. Un tentativo di ingraziarsi Roberta Lombardi candidata M5S alla Regione Lazio “che magari non vince ma ci può essere utile sul nazionale”. E poi il finanziamento “illecito” di 25.000 euro al forzista Adriano Palozzi per lo sblocco dell’affaire Eurosystem e quello presunto, e non specificato all’indagato (anche lui azzurro) Davide Bordoni. Il rapporto fra Luca Parnasi e la politica è profondo e costante e lo dimostrano anche i brogliacci tratti dall’informativa che i carabinieri hanno consegnato nelle mani del pm Paolo Ielo.

L’INCONTRO CON GIORGETTI E GLI “OMISSIS” –Lanzalone, Giorgetti (non indagato) e Parnasi si vedono in serata a casa del costruttore. Si sa molto poco di questo incontro, perché nell’informativa trapelata appaiono ben tre pagine di “omissis”. “Dal tenore della conversazione si evince che tale incontro deve rimanere riservato”, scrivono i militari. Si sa però quello che accade dopo, intorno alle 22.40, quando Lanzalone e Parnasi restano soli: “Io vedo Luigi tutti i giorni – dice il presidente Acea – lo sento tre volte al giorno, l’ho visto due ore fa”. E ancora: “Lo risento domani mattina però in giro non lo dico perché per la cosa che fai…”. Il manager insiste: “Luigi è un po’ come Salvini, cioè molto chiuso il cerchio, io due tre persone e punto”. Non è chiaro dalle carte chi sia il “Luigi” di cui parla Lanzalone e che viene paragonato a Salvini. Possibile che sia Di Maio? Sicuramente qualcuno del M5S, dato che poi Parnasi ricambia con contatti nella Lega: “Se hai bisogno tieni conto che io parlo direttamente con Matteo (Salvini) ma in questo momento con Giancarlo (Giorgetti)”. Va ricordato che una fondazione vicina alla Lega era stata, negli anni scorsi, finanziata con 250.000 euro da Parnasi e che Salvini ha ammesso pubblicamente di conoscere il costruttore romano e di considerarlo fino a quel momento “una persona perbene”.

LA LISTA DI PARNASI – Come ricordava egli stessi in un’intercettazione, Parnasi però aveva una lista di tutti i politici. Cognomi e cifre vengono fatti durante una riunione con il suo staff, anche se non è chiara la natura di questi finanziamenti. Siamo alla vigilia delle elezioni politiche e alle contestuali regionali e il costruttore si prepara a dare un contributo a diversi esponenti. La lista dettata alla segretaria: Andrea Ferro (Pd), 5.000 euro; Emiliano Minnucci (Pd), 5.000 euro; Riccardo Agostini(Leu), 15.000 euro; Giulio Mancini (Pd), 5.000 euro; Renata Polverini (Fi), 10.000 euro. E ancora: Francesco Giro (Fi), 5.000 euro; Luciano Ciocchetti (Nci), 10.000 euro; Roberto Buonasorte (Lista Pirozzi), 5.000 euro. E poi ci sono i 25.000 euro alla Pixie Social Media di Adriano Palozzi. E ancora: “Con Forza Italia c’hai parlato? Sì… Fratelli d’Italia?” e l’interlocutore che risponde: “Già fatto, è arrivato all’amministratore, io l’ho controllato”. Poi riparte Parnasi: “Il Pd lo incontro domani”. A parte Palozzi (arrestato), va specificato che gli altri esponenti politici finanziati presenti in lista non sono indagati.
“PAGO PURE I 5 STELLE” – A completare l’arco costituzionale mancherebbero i 5 Stelle, ma Parnasi dice a un suo collaboratore: “Domani c’ho un altro meeting dei Cinque Stelle, perché pure a loro gliel’ho dovuti dare eh, mica che… ci sta l’amico tuo adesso, gliel’ho detto di quell’operazione”. Sulla vicenda stadio, in particolare, Parnasi chiede ai suoi: “Volete che faccia qualche altro passaggio politico? Visto che sto sostenendo tutti quanti. Poi vediamo Marcello De Vito, vediamo Ferrara, serve che faccio qualcosa? Avviso Lanzalone”. Poi si lascia andare: “Se c’avessimo tutto approvato, nessuno più a rompere i coglioni. Potrei pure fare il fuggiasco, alla fine”. Marcello De Vito non risulta indagato.

L’AIUTO ALLA CAMPAGNA DI LOMBARDI – Che Parnasi abbia “promosso” in qualche modo la campagna elettorale in Regione di Roberta Lombardi era già emerso nell’ordinanza fatta eseguire dal gip. Parnasi – scrive il giudice “avvia , come già anticipato, un’attività di promozione in favore del canditato Cinque Stelle alla Regione Roberta Lombardi. In tal modo egli, infatti, rafforza i suoi legami con Ferrara e con Marcello De Vito che gli hanno avanzato tale richiesta e che, in quanto ricoprono rilevanti incarichi nell’ambito dell’ amministrazione capitolina , svolgono un ben preciso ruolo nell’ approvazione del progetto dello stadio , e crea i presupposti per lo sviluppo di ulteriori progetti imprenditoriali , essendo la Lombardi, oltre che candidata alla Regione, personaggio di spicco dei Cinque Stelle a livello nazionale e quindi destinata, in ipotesi di un successo elettorale di tale compagine nelle elezioni politiche, a ricoprire ruoli decisionali nel nuovo assetto che si determinerà all’ esito del voto”. Dall’informativa però spuntano ulteriori dettagli. Giulio Mengosi, in qualità di responsabile comunicazione di Eurnova, dice a tale Fabio che il capogruppo capitolino Paolo Ferrara e il presidente dell’Assemblea Capitolina, Marcello De Vito (non risulta indagato) “mi hanno chiesto di aiutare la Lombardi, non lei direttamente perché neanche la conosco, ma con tutti i miei contatti sono a disposizione di tutti, sono un professionista”. Insomma, come la definiscono i militari, “un’attività di promozione in favore del candidato attivando canali da lui conosciuti”. Mangosi entra così in contatto con giornalisti romani (e non solo) ai quali prova a proporre interviste a Roberta Lombardi, aiutando di fatto il suo ufficio stampa. L’attuale consigliera pentastellata non è indagata. E dice: “Ho incontrato Luca Parnasi una sola volta alla Camera dei deputati, dove ho preteso che avvenisse l’incontro in modo che fosse registrata la presenza di questa persona, visto che istituzionalmente ogni giorno incontro le persone più varie. Mi ha parlato dello stadio della Roma, dei suoi progetti futuri imprenditoriali e della sua attività. Poi non c’è mai stato alcun contatto ulteriore, nessun seguito, nessun fattivo contributo”.

Tutti i "tavoli" di Luca Parnasi. Dalla lunga lista di politici pagati alla cena con Lanzalone e Giorgetti per il nuovo Governo. - Ettore Ferrari

Luca Parnasi


Nell'informativa dei carabinieri anche i rapporti stretti con M5S e Salvini, le amicizie con Malagò e i contatti con Sala.


Luca Parnasi non faceva differenze, per lui davvero destra e sinistra non esistono più. I soldi uscivano - saranno i giudici a stabilire se fossero pagamenti per "oliare" impropriamente alcuni meccanismi o contributi elettorali leciti - in tutte le direzioni, per tutto l'arco costituzionale. E poi conversazioni e cene con esponenti politici, anche di primo piano - come Giancarlo Giorgetti, oggi plenipotenziario di Palazzo Chigi al fianco del premier Giuseppe Conte, o Luca Lanzalone, uomo di riferimento dei 5 Stelle su molti dossier, non solo lo Stadio della Roma - per discutere anche sulla nascita del nuovo Governo. Il quadro emerge dalle intercettazioni e dall'informativa dei Carabinieri che viene diffusa oggi da alcuni quotidiani.
"Dieci tavoli da 50 l'uno. Scrivi, Ferro 5, Minnucci 5, Agostini 15, Mancini 5, Polverini 10" afferma il costruttore in una conversazione con una sua collaboratrice - da quanto si legge in una delle informative dei Carabinieri allegate all'ordinanza del Gip sull'inchiesta Stadio della Roma - "Francesco Giro 5, Ciochetti 10, Buonasorte 5" e così via. Sono migliaia di euro. Quindi prosegue: "Domani c'ho un altro meeting dei 5 Stelle, perchè pure ai 5 Stelle gliel'ho dovuti dare. Io sto sostenendo tutti quanti". In questo contesto - si legge ancora nell'informativa - "fa i nomi di Marcello De Vito, presidente dell'assemblea capitolina, e Ferrara, quasi certamente Ferrara Paolo, presidente del gruppo M5S". E ancora parlando con Gianluca Talone, collaboratore anche lui arrestato, in una conversazione intercettata, dice: "Con Forza Italia c'hai parlato? Sì...Fratelli d'Italia?...il Pd lo incontro io domani e questo è fatto, poi ti faccio una lista". Non è chiaro "se Parnasi stia parlando di finanziamenti leciti o meno anche se il riferimento a fatture emesse a giustificazione dell'erogazione lascia presumere la natura illecita della stessa", annotano gli investigatori. Parnasi si lamentava però del fatto che doveva "elargire somme ai politici" per avere "le autorizzazioni".
Dalle intercettazioni si delinea un ruolo centrale che arriva fino alla nascita del nuovo Governo. Giancarlo Giorgetti, braccio destro di Matteo Salvini, e Luca Lanzalone, il "mister Wolf" fedelissimo di Luigi di Maio, siedono alla tavola di Luca Parnasi. Ci comincia a lavorare dal 9 marzo, quando riferisce a Lanzalone che la cena con Giorgetti si farà. "A casa mia", dice, "il 12 marzo". Ma "dobbiamo essere super parati perché se ci vedono siamo fatti". E ancora: "dobbiamo fare di tutto perché ci sia un governo». Parnasi contatta Giorgetti con un messaggio vocale su Whatsapp: "Ci vediamo in aeroporto alle 18.15 e ti porto in tv... e vai in tv ma io non mi faccio vedere". 
Parnasi chiede a Lanzalone di portarlo da Di Maio, per mr. Wolf non è un problema: "Vedo Luigi tutti i giorni, lo sento tre volte al giorno, l'ho visto due ore fa... lo risento domani mattina però in giro non lo dico. Luigi è un po' come Salvini, cioè molto chiuso il cerchio... io, due tre persone, punto".
C'è poi nelle carte la dazione alla Onlus di area leghista, la "Più Voci". Parnasi si vanta del legame diretto con Matteo Salvini. "Con Matteo ci parlo direttamente", dice l'imprenditore, "si fa campagna con me, siamo proprio amici". E ancora: "c'è un rischio altissimo che questi facciano il governo, magari con Matteo Salvini... e quindi noi potremmo pure avere... incrociamo le dita, silenziosamente, senza sbandierarlo, un grande rapporto".
Un altro "amico fraterno" è Giovanni Malagò, il presidente del Coni. L'11 marzo i due si incontrano al Circolo Aniene e Malagò ha una richiesta. "Dopo arriva Gregorio (il fidanzato della figlia, ndr), te lo volevo presentare. Se giù si fa qualcosa sono contento! Se non si fa, problemi per me non esistono". Il 23 marzo alla sede di Eurnova si presenta Gregorio. Parnasi gli chiede se sia intenzionato a trasferirsi a Roma a parità di stipendio, gli risponde di sì. Negli atti è ricostruito come pochi mesi prima, nel novembre 2017, il Coni avesse improvvisamente cambiato opinione sul progetto dello stadio della Roma in merito a una questione di parcheggi su cui aveva competenza. Malagò, che compare nell'elenco dei nominativi per i quali i pm avevano chiesto una proroga delle intercettazioni telefoniche, precisa il suo staff sul Fatto quotidiano, non è iscritto nel registro degli indagati.
Anche il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha incontrato l'immobiliarista Luca Parnasi nell'ambito della discussione sulla possibile realizzazione di un nuovo stadio da parte del Milan. Dalle carte della Procura emerge che il costruttore si ritenesse in pole per la realizzazione dell'impianto e sostenesse di aver saputo da terzi che Sala era "gratissimo" a lui perché "se no io non facevo la campagna elettorale". Frase che il sindaco Sala smentisce. D'altro canto anche il Pd entra nelle carte, primo fra tutti quel Michele Civita, consigliere regionale Pd ed ex assessore della giunta di Nicola Zingaretti con delega all'Urbanistica, a cui sarebbe stata promessa l'assunzione del figlio in una delle società riconducibili al gruppo di Parnasi.
Un lavoro enorme di pubbliche relazioni per Luca Parnasi. "Ho dimenticato qualcuno?" dice ancora nell'intercettazione con la sua collaboratrice. "Se c'avessimo tutto approvato, nessuno più a rompere i coglioni, potrei pure .. capito?! ... fare il fuggiasco".

Aquarius Migranti: quali sono le Ong rimaste in mare. - Ottavia Spaggiari

La chiusura del porto all’Aquarius è stata solo l’ultima tappa di una lunga campagna contro le organizzazioni impegnate nel Mediterraneo. Ecco chi è rimasto, nonostante gli ostacoli, le accuse e le minacce della Guardia Costiera libica
Appena due anni fa erano gli angeli del mare. Eppure da quell’estate del 2016 che pare lontana, ma che così lontana non è, la narrativa sulle organizzazioni impegnate in operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo si è trasformata radicalmente. Un anno e mezzo di accuse, minacce, a mano armata da parte della Guardia Costiera libica, tentativi di inchieste che non hanno mai portato a nulla e, infine, addirittura, porti chiusi all’emergenza umanitaria.

A dicembre 2016 arrivano le dichiarazioni del Financial Times, che pubblica parzialmente un report di Frontex (Risk Analysis for 2017), secondo cui le operazioni umanitarie nelle acque internazionali a largo della Libia avrebbero costituito il cosiddetto “pull factor”, ovvero “fattore di attrazione”. La tesi, in realtà, non è mai stata provata. Analizzando i dati degli sbarchi, l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi) ha invece notato come non ci sia nessuna correlazione tra l’aumento degli arrivi e le operazioni umanitarie delle Ong nel Mediterraneo. Un’analisi condivisa anche dai ricercatori della University of London, che nella ricerca “Blaming the Rescuers”, sottolineano come «le organizzazioni non governative non sono stati la ragione principale dell’aumento degli arrivi nel 2016». I numeri, secondo lo studio dell’università britannica, sarebbero invece in linea con le partenze del periodo 2014-2015, dunque precedente alla presenza delle imbarcazioni umanitarie.

L’indagine conoscitiva sul lavoro delle Ong in mare aperta dalla Procura di Catania il 17 febbraio 2017 non ha mai portato a nulla. In particolare il procuratore, Carmelo Zuccaro, sulle prime pagine dei giornali nazionali, aveva sollevato sospetti su «come potessero affrontare costi così elevati senza un rientro economico» e su «chi fornisse le informazioni relative agli Sos in mare», domande a cui le Ong nel Mediterraneo hanno risposto sempre in modo puntuale. 
È proprio dopo l’apertura dell’indagine che si inizia a parlare dei “taxi del mare”. Prima il blogger Luca Donadel nel suo video “La verità sui migranti”, si chiede se le navi umanitarie non abbiano un ruolo nell’incremento degli sbarchi e se non siano coinvolte in una sorta di “servizio taxi”, concetto che piace particolarmente a Di Maio. L’attuale Ministro del lavoro e vice-presidente del Consiglio ha infatti utilizzato questa espressione ad aprile 2017, in una dichiarazione che aveva anticipato il clima di tensione altissima della scorsa estate, con una stretta dell’allora Ministro degli Interni Minniti sulle Ong e la crescente legittimazione della Guardia Costiera Libica. Proprio la violenza dei libici e le condizioni sempre più difficili avevano spinto diverse organizzazioni a sospendere, se non addirittura a lasciare, il Mediterraneo.

Quali sono quindi le Ong rimaste nella zona SAR? 
SOS Mediterranee e Medici Senza Frontiere.

Insieme gestiscono l’Aquarius, l’imbarcazione umanitaria dalle dimensioni maggiori. È lei la protagonista della prova di forza con Malta e l’Europa del Ministro dell'Interno e Vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini, che ha rifiutato di assegnare un porto alla nave su cui al momento ci sono 629 persone salvate dall’acqua, provatissime e traumatizzate. Tra queste 123 minori tra i 13 e i 17 anni, 11 bambini piccoli e 7 donne incinte. La Spagna ha dato disponibilità all’attracco della nave ma, fa sapere un giornalista a bordo: «si prevede un viaggio di tre giorni, dovremo fermarci a prelevare viveri dato che quelli a bordo non bastano».
Ideale sarebbe fare sbarcare le persone immediatamente. MSF ha infatti reso noto che, anche se al momento la situazione è stabile, questo «ritardo non necessario nello sbarco in un porto sicuro, mette i pazienti a rischio, in particolare: 7 donne incinte e 15 persone con gravi ustioni chimiche, altre con principi di annegamento e ipotermia».

Sea-Watch

Tre le imbarcazioni gestite dall’organizzazione ma solo una in questo momento è impegnata in operazioni di ricerca e soccorso, tornata in mare aperto dopo aver sbarcato, sabato scorso a Reggio Calabria, 232 persone.
Quello della Sea-Watch è stato il primo sbarco effettuato da una Ong dal giuramento del nuovo governo e proprio Salvini, oggi, si è riferito all’imbarcazione dell’organizzazione per sottolineare la linea dura contro le navi umanitarie.
«Siamo ovviamente preoccupati per la situazione, ma andiamo avanti», spiega Ruben Neugebauer, portavoce dell’Ong. «Il vero nodo è Dublino. Non si può lasciare tutta la responsabilità all’Italia, ma Salvini non può fare questo gioco di forza sulla pelle di persone innocenti scappate dall’inferno dei centri di detenzione libici».

Proactiva Open Arms

Erano stati minacciati di morte dalla Guardia Costiera libica, i volontari di Open Arms, quando avevano rifiutato di consegnare le persone soccorse in mare, lo scorso marzo. Una una volta arrivati in Italia, l’omonima nave era stata sequestrata e l’Ong era finita sotto inchiesta. Le accuse: associazione a delinquere e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Archiviata definitivamente l’accusa di associazione a delinquere, a cui era legato il sequestro della nave, rimane l’indagine su quella di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. L’Ong è però libera di tornare a lavorare. In questo periodo l’organizzazione aveva usato l’altra imbarcazione, il veliero Astral, giudicato meno adatto all’attività di ricerca e soccorso.
Adesso la Open Arms sta per partire da Valencia per raggiungere Malta. Da lì, il 18 giugno ripartirà per una nuova missione di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. «In questo periodo abbiamo ricevuto moltissime manifestazioni di solidarietà. Le difficoltà sono tante, ma andiamo avanti. » Spiega Riccardo Gatti, portavoce dell’Ong. «Il segnale più positivo è il fatto che continuiamo ad avere moltissime richieste di volontariato a bordo. Gestire l’imbarcazione costa 7mila euro al giorno. Siamo interamente sostenuti da piccole donazioni volontarie, ciò significa che ci sono moltissime persone che credono nel valore della solidarietà e in quello che facciamo».

Sea-Eye

Solo sabato scorso l’Ong tedesca aveva portato a termine la missione più difficile degli ultimi due anni, ma è già tornata al porto della Valletta, pronta a ripartire per la prossima missione.
Il piccolo peschereccio Seefuchs, gestito da volontari provenienti da tutta Europa, aveva navigato in condizioni meteo estreme per oltre tre giorni, dopo aver salvato dall’acqua 119 persone, un numero ben superiore alla capienza massima. Commentando l’Odissea della scorsa settimana, l’Ong ha spiegato che «la barca non è adatta a trasportare così tante persone», e «Nonostante questo è la terza volta in poche settimane che le autorità italiane rifiutano l’assistenza in circostanze di ricerca e soccorso e costringono la Seefuchs a trasportare le persone verso le coste siciliane». Negli ultimi due anni l’Ong ha soccorso oltre 14mila persone.

Mission Lifeline

È ferma al porto di Malta ma pronta per ripartire con una nuova missione anche l’imbarcazione di Mission Lifeline, altra Ong tedesca che aveva iniziato ad operare nel Mediterraneo nell’autunno del 2017. «Partiremo dopodomani», fa sapere via messenger Axel Steier, portavoce dell’Ong. «Siamo molto preoccupati per le persone a bordo dell’Aquarius. Gli stati europei hanno lasciato l’Italia da sola negli ultimi anni. Deve esserci più solidarietà ma non possono pagare il prezzo di queste vicende politiche gli esseri umani che sono stati torturati e stuprati in Libia e che rischiano la vita in mare».

Migranti, Salvini chiude i porti ad altre due ong. Toninelli: “L’Olanda richiami le sue navi che violano codice di condotta”.

Migranti, Frontex: “I trafficanti di uomini chiamano direttamente le navi delle ong”

Il vicepremier contro Lifeline e Seefuchs: "Mai più complici". Il ministro dei Trasporti: "Quelle imbarcazioni non sono attrezzate". La replica: "Non è vero, abbiamo mezzi e personale". In un giorno salvate 450 persone con il coordinamento della Guardia Costiera italiana. La Cei: "Salvare le vite, ma l'Italia non sia lasciata sola". I 600 dell’Aquarius quasi in Spagna. La Francia ne accoglierà una parte. Merkel: "Problema europeo, soluzioni europee".

migranti dell’Aquarius stanno per sbarcare in Spagna e così il ministro dell’Interno Matteo Salvini dopo una settimana può cambiare obiettivo. Questa volta sono due ong tedesche che operano davanti alla costa della Libia con navi con bandiera olandese, Lifeline (“La linea della vita”, in inglese) e Seefuchs (“Volpe del mare”, in tedesco). Torna l’hashtag #chiudiamoiporti e torna la linea: “Sono arrivate al largo delle coste della Libia, in attesa del loro carico di esseri umani abbandonati dagli scafisti” informa il vicepresidente del Consiglio sul suo profilo personale di facebook diventato un canale continuo e quasi esclusivo di comunicazione. “Sappiano questi signori che l’Italia non vuole più essere complice del business dell’immigrazione clandestina e quindi dovranno cercarsi altri porti (non italiani) dove dirigersi”. Una linea che unisce tutto il governo. 
Il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli chiede infatti all’Olanda di richiamare le navi ong con bandiera dei Paesi Bassi perché non sono attrezzate e violano i codici di condotta. Ma l’ulteriore giallo riguarda proprio queste ong perché dalla rappresentanza di Amsterdam all’Unione Europea rispondono a Toninelli: “Non si tratta di Ong olandesi, né sono imbarcazioni registrate in Olanda. Anche il governo dei Paesi Bassi è preoccupato per l’attività delle Ong nell’area di ricerca e salvataggio libica, in violazione del codice di condotta. Facendo così sono strumentalizzate dal cinico modello dei trafficanti di esseri umani libici e lo sostengono”.

Dall’altra parte c’è la Cei che chiede umanità, salvaguardia delle vite e rispetto dei diritti, ma lancia un forte appello all’Europa affinché l’Italia non resti sola. Nel frattempo il Pd, con David Sassoli, evoca l’intervento della Corte europea dei diritti dell’uomo perché “si stanno violando le convenzioni internazionali e trattati”.
I soccorsi della notte coordinati dall’Italia (e le ong non c’entrano).
Parole che su twitter accendono un duello a distanza anche molto ruvido tra il capo del Viminale e l’ong Lifeline, che però parevano la premessa per un altro caso Aquarius, con i porti “chiusi” (anche se formalmente non lo sono mai stati) di fronte a una nave con decine di persone salvate da un naufragio. In realtà Lifeline non ha nessuno a bordo: nella notte ha solo assistito – insieme ad una nave militare degli Stati Uniti – a un’operazione di salvataggio e trasbordo di 118 persone (tra cui 14 donne, 4 bambini e un neonato) sul Viking Amber, mercantile con bandiera di Singapore, designato dalla Guardia Costiera per effettuare l’intervento, quindi sotto il pieno coordinamento di Roma. I 118 tra l’altro sono solo una parte delle circa 450 persone che si trovano a bordo del Viking e che sono state recuperate dal mare nel corso di 4 interventi di soccorso. Tra oggi e domani i 118 verranno trasbordati su un mezzo della Guardia costiera italiana per essere indirizzati verso un porto ancora da definire.

Fin qui la parte operativa delle ultime ore che è gestita dalla centrale delle Capitanerie a Roma e che peraltro non vede le ong protagoniste. Poi però c’è la parte politica ed è su questo che ci si avvia a un nuovo braccio di ferro che conferma la linea del governo. La presa di posizione di Salvini, infatti, provoca un botta e risposta su twitter con LifeLine: “Quando i fascisti ci fanno promozione…” ha commentato in un primo momento l’associazione sul suo account. Il ministro dell’Interno ha replicato: “Una pseudo associazione di volontariato che dà del ‘fascista’ al vicepremier italiano? Questi non toccheranno mai più terra in Italia“. Lifeline negli stessi minuti ha fatto retromarcia, cancellando il messaggio precedente e precisando, forse in modo sarcastico: “No, @matteosalvinimi non è naturalmente un fascista. Ci è scivolato il mouse“. Ma Salvini non cede: “Roba da matti. A casa nostra comandiamo noi, la pacchia è STRA-FINITA, chiaro? Insulti e minacce non ci fermano”.
Toninelli: “Le navi di LifeLine non sono attrezzate”. Replica: “Non è vero”
Ma l’ong tiene a precisare che anche nell’intervento nel corso della notte “abbiamo cooperato con le autorità italiane ed americane nel pieno rispetto del codice di condotta”. Ed è esattamente questo il punto di scontro con il governo. “Le navi ong olandesi Lifeline e Seefuchs stazionano da ore in acque libiche – fa notare il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli – In violazione del codice di condotta perché non hanno mezzi e personale adatti a salvare un gran numero di persone. E potrebbero mettere in pericolo equipaggi e naufraghi. L’Olanda le faccia rientrare“.

Ma anche in questo caso LifeLine replica: “Abbiamo i mezzi ed il personale per effettuare le missioni di ricerca e soccorso – si legge in un tweet – e per fornire il primo sussidio a coloro che sono in emergenza, secondo il Codice di condotta. La nostra missione è salvare e garantire che le persone in cerca di protezione non vengano riportate in Libia e offrire loro la possibilità di raggiungere un porto sicuro”.
Crimi come Salvini: “La pacchia è finita”
D’altra parte la linea di Salvini convince tutto il governo, con il sostegno esplicito del M5s. C’è per esempio il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Vito Crimi che usa le stesse parole del leader leghista: La pacchia è finita per chi specula sui migranti”, dice Crimi, per quelli che “sui 600 migranti” dell’Aquarius “avrebbero lucrato 600mila euro al mese chissà per quanto tempo: c’è un albergatore che non ha potuto accogliere 50 persone per un mese una cooperativa che non ha avuto un appalto. E’ questo che dobbiamo bloccare in Italia. La pacchia è finita per chi ha speculato”. Crimi parla da un convegno sull’immigrazione promosso dall’associazione di magistrati Area Dg, al quale hanno partecipato tra gli altri anche il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho (che ha lamentato l’assenza della polizia giudiziaria a bordo delle navi dell’ong) e il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro (che ha definito le ong “parte di un sistema sbagliato”, con relative polemiche politiche).

Da lì arriva anche la replica dell’ex ministro degli Interni Marco Minniti. “Non posso dire a minorenne non accompagnato ‘la pacchia è finità, non capirebbe, perché non ci può essere cosa più drammatica che lasciare la propria famiglia. Le migrazioni sono un business? No. Può esserci malaffare? Sì. E tuttavia definire le migrazioni un business significa non aver capito bene quello che abbiamo di fronte. Si può dire, parlando dell’immigrazione, ‘la pacchia è finita?’ No”. Per Minniti “l’immigrazione è un fatto epocale, è una questione che riguarda il mondo, non pensiamo che riguardi soltanto l’Italia. Può essere cancellata? No, la cosa che può fare una grande democrazie è governare i flussi migratori” e lo si può fare, aggiunge nel “rispetto reciproco” tra “istituzioni democratiche, Stati e organizzazioni umanitarie”. “Se vogliamo affrontare grandi fenomeni epocali – ha concluso Minniti – dobbiamo mettere in campo una strategia complessa e difficile”.
Aquarius domenica a Valencia, la Francia accoglierà parte dei migranti
Nel frattempo le tre navi con i 629 migranti diretti in Spagna – Aquarius della ong Sos Mediterranée, Dattilo della Guardia Costiera e Orione della Marina – sta per raggiungere Valencia dopo 4 giorni di navigazione: l’arrivo è previsto per la mattinata di domenica. “Speriamo che la vicenda dell’Aquarius rappresenti realmente un punto di svolta per cambiare una volta per tutte la politica europea in tema di migrazioni” ha detto il presidente di Msf Spagna, David Noguera che ha ribadito che è “inaccettabile” che persone che scappano da guerra e fame vengano tenute per oltre una settimana in mezzo al mare in attesa di un porto sicuro e ha chiesto che a tutti i 629 migranti a bordo dell’Aquarius sia concesso lo status di rifugiato. “Sono tutte persone che hanno subito violenze nelle settimane e nei mesi di detenzione in Libia”.

La vicepremier spagnola Carmen Calvo ha annunciato tra l’altro che la Francia collaborerà all’accoglienza dei migranti dell’Aquarius. Il presidente Pedro Sanchez, racconta la Vanguardia, ha ringraziato il presidente Emmanuel Macron, sottolineando che questa è la cooperazione “con cui l’Europa deve rispondere”. In particolare, in una nota della Moncloa, si legge che dopo l’incontro tra la vicepremier e l’ambasciatore di Francia in Spagna, Parigi “accoglierà i migranti che, dopo l’arrivo al porto di Valencia e dopo aver completato tutti i passaggi formali previsti dal procedimento di accoglienza, manifestino il desiderio di recarsi in Francia”.
Sulla questione dei migranti è intervenuta la cancelliera tedesca Angela Merkel, che nel suo video messaggio settimanale ha ribadito che quella delle migrazioni è “una sfida europea che ha bisogno di una risposta europea“. Parole pronunciate in un momento molto complesso per il suo governo, che è in fase di stallo per lo scontro tra la stessa cancelliera e il suo ministro degli interni, Horst Seehofer, sostenitore di una linea “più dura”. Lunedì, invece, la Merkel riceverà il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

La Cei: “Salvare le vite, ma l’Italia non sia lasciata sola”
La Chiesa italiana chiede salvaguardia delle vite e  rispetto dei diritti ma lancia un appello all’Europa affinché l’Italia non resti sola. Il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Gualtiero Bassetti, in un messaggio sottolinea: “Crediamo nella salvaguardia della vita umana: nel grembo materno, nelle officine, nei deserti e nei mari. I diritti e la dignità dei migranti, come quelli dei lavoratori e delle fasce più deboli della società, vanno tutelati e difesi. Sempre”. Ma aggiunge: “L’Italia, che davanti all’emergenza ha saputo scrivere pagine generose e solidali, non può essere lasciata sola ad affrontare eventi così complessi e drammatici. Proprio perché crediamo nell’Europa, non ci stanchiamo di alzare la voce perché questa sfida sia assunta con responsabilità da tutti“. Bassetti ammette che il fenomeno è complessoe che “risposte prefabbricate e soluzioni semplicistiche hanno l’effetto di renderlo, inutilmente, ancora più incandescente. Crediamo nel diritto di ogni persona a non dover essere costretta ad abbandonare la propria terra e in tale prospettiva come Chiesa lavoriamo in spirito di giustizia, solidarietà e condivisione. Crediamo altresì che la società plurale verso la quale siamo incamminati ci impegni a far la nostra parte sul versante educativo e culturale, aiutando a superare paure, pregiudizi e diffidenze”.

Di soluzioni non facili sul tema dei migranti parla anche il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura: “Fermo restando che la situazione è complessa c’è però anche bisogno sempre di tenere conto di questi valori”. Quanto ai toni usati da Salvini, il cardinale, a margine della cerimonia in cui gli è stata conferita la laurea honoris causa a Bologna, ha commentato: “Penso che noi tutti dobbiamo avere una sorta di purificazione della nostra grammatica comunicativa“.