sabato 17 settembre 2022

Gli archeologi scoprono resti di una civiltà perduta in India. - Deslok

 

Reperti antichi che ricordano un’antica civiltà avanzata sono stati scoperti, questa volta per puro caso, probabilmente a causa del clima molto caldo, che ha ridotto il livello di un fiume locale in India, lasciando dietro di sé una rivelazione spettacolare.

Il fiume si trova nel Karnataka, in India ed è la prima volta che il suo livello si è abbassato così tanto nella storia. Il caldo, il consumo eccessivo di acqua, e l’aumento della popolazione dell’India, sono le cause.
Tuttavia, il margine del fiume ormai asciutto ha permesso di scoprire reperti perduti della cultura indù che aveva perso da tempo tempo. Molti di questi reperti sono incorporati nella pietra.













Il fiume, che fino ad allora non si era mai essiccato, ha conservato questi incredibili reperti in condizioni relativamente buone, nonostante le sue correnti rapide.

E ‘curioso come il materiale sia resistito per tanto tempo, e come le persone in passato in India sono riusciti a fabbricare oggetti del genere così precisamente nei tempi antichi, quando non avevano a disposizione strumenti precisi e raffinati, tecnologicamente parlando.
Molti dei reperti sono stati trovati nello stesso posto, insieme ad altri oggetti. Gli archeologi ritengono di aver scoperto un antico tempio dedicato a Shiva e altri dei dell’antichità.


L’architettura misteriosa indica che l’antico popolo che abitava questo posto aveva una conoscenza molto avanzata quando si trattava di creazioni o astronomia. Alcuni credono che sia possibile che tutta questa conoscenza sia venuta come un dono degli dei …..

Come potevano gli antichi abitanti della zona essere in grado di costruire tali santuari impenetrabili che nemmeno un fiume potesse spostare o rompere per molti secoli?


Alcune teorie suggeriscono che queste reliquie rappresentano Vimana (antichi oggetti volanti), altri dicono che sono progetti di una antica nave aliena che li avrebbero portati agli antichi dei del cielo che erano venuti sulla Terra.

venerdì 16 settembre 2022

‘La guerra alle idee: le voci del Fatto Quotidiano’. L’intervento integr...

Marco Travaglio a DiMartedì. Intervista integrale.

Memorabile intervista a Marco Travaglio a DiMartedì. (Integrale, seconda parte)


Marte, il rover Perseverance trova rocce con molecole organiche.

Particolare del suolo del cratere Jezero, con l'ombra del rover Perseverance (fonte:NASA/JPL-Caltech)

Contengono carbonioidrogeno ossigeno, le rocce marziane ricche di molecole organiche trovate dal rover Perseverance.

Sono quattro e fanno parte delle 12 raccolte dal rover della Nasa nell'ultimo anno e destinate a essere portate a Terra dal futuro programma Mars Sample Return (Msr), di Nasa e Agenzia Spaziale Europea (Esa). "Adesso sappiamo che il rover si trova nel posto giusto", ha detto l'amministratore per la Scienza della Nasa Thomas Zurbuchen, nella conferenza stampa organizzata dall'agenzia spaziale americana e trasmessa online in diretta.

Il sospetto forte è che possano essere le spie di forme di vita esistite in passato su Marte, ma al momento non ci sono elementi per poter affermare questo perché molecole del genere possono essere anche il risultato di processi chimici che non implicano la vita. Non si tratta comunque delle prime molecole organiche scoperte sul pianeta rosso: già nel 2012 e poi nel 2018 e nel 2021 un altro rover della Nasa, Curiosity, aveva scoperto sul suono marziano molecole che contenevano elementi "comunemente associati alla vita", "ma che possono essere associate anche a processi non biologici", come dissero allora i responsabili della missione.

Di sicuro le ultime quattro rocce collezionate da Perseverance a partire dallo scorso 7 luglio sono sedimentarie, diverse da quelle ignee che da circa un anno fa ha cominciato a raccogliere in un altro punto del cratere Jezero. Questo è uno dei luoghi di Marte più suggestivi per la ricerca della vita passata perché circa tre miliardi e mezzo di anni fa ospitava un grande lago nel quale confluiva un fiume. Qui Perseverance era arrivato nel febbraio 2021. La prima roccia a essere stata raccolta dal rover si chiama, Rochette, e come le altre sette raccolte in seguito è di tipo igneo, ossia è stata prodotta in seguito alla cristallizzazione del magma.

Le ultime quattro, raccolte nella zona del delta dell'antico fiume, fanno invece parte della seconda parte della campagna di raccolta dei campioni e contengono molecole organiche. Non si tratta di molecole biologiche, hanno precisato gli esperti del Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa, responsabili dell'attività del rover. Le rocce comprendono soprattutto carbonio, idrogeno e ossigeno, ma anche azoto, fosforo e zolfo: molecole del genere possono essere prodotte da processi chimici che non implicano la presenza di vita.

Ad analizzarle è stato lo strumento Sherloc, equipaggiato con la telecamera Watson e del gruppo di ricerca incaricato di studiare i dati ci sono italiani che lavorano per l'Osservatorio di Arcetri dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf). Quasi sicuramente la risposta sulla natura di queste molecole si potrà avere solo quando le rocce arriveranno a Terra grazie alla staffetta di missioni Msr, che secondo Lori Glaze, direttore della divisione di Scienze planetarie della Nasa, potrebbe partire fra il 2027 e il 2028, mentre i primi campioni potrebbero arrivare sul nostro pianeta nel 2033. Nel frattempo, ha detto Glaze, bisognerà risolvere non pochi problemi, compreso quello di trovare un sito sicuro in cui far atterrare i veicoli del programma Msr.

https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/spazio_astronomia/2022/09/15/marte-il-rover-perseverance-trova-rocce-con-molecole-organiche-_416bc9ba-17b0-48c9-aa72-8968abe7e1bc.html

IL PREZZO DI UN ERRORE POLITICO. - Giuseppe Augieri

















L’energia elettrica non si può immagazzinare. E’ quindi necessario produrre, istante per istante, la quantità di energia richiesta dall‘insieme dei consumatori (famiglie e aziende).

In ogni istante: questo è un concetto fondamentale. Le centrali in funzione producono la quantità di energia necessaria. Esattamente quella. Di più non si saprebbe dove metterla. Se tutte vanno al massimo della loro capacità e un qualsiasi utente accendesse una ulteriore luce – paradossalmente anche di una sola stanza – dovrebbe entrare in funzione un’altra centrale, fino ad allora in riserva, per coprire questo fabbisogno. Ho fatto, ovviamente, un’iperbole per dire al meglio possibile di questa caratteristica dell’elettricità. E’ un vincolo: ma non è colpa né mia né della politica se è così. Sono le leggi della fisica e la tecnologia.
Fin quando il "monopolista" (sempre pronunciato con tono dispregiativo) Enel ha operato sul mercato, il processo di generazione di energia elettrica, il dispacciamento/trasporto (la ripartizione secondo le esigenze dei vari territori e clienti finali), e la distribuzione erano tutte nelle sue mani. Tre fasi per la produzione di un servizio pubblico, indispensabile per la vita, affidate ad un Ente di proprietà dello Stato.….
Dopo il processo di liberalizzazione del Mercato, avviato alla fine degli anni '90 con il Decreto Bersani, alle tre suddette fasi si sono affiancate altre due relative alla vendita all'ingrosso e alla vendita al dettaglio. La legge ha favorito l'ingresso nel mercato libero di nuovi operatori. Il risultato è che tutte le fasi sono “in libero mercato” ad eccezione del dispacciamento/trasporto.
Dunque quando si pensa alla produzione di energia si pensa ancora all’Enel: e non è così.
Nel 2020 hanno prodotto energia elettrica: "Enel" (15,8%), "Eni" (8,0%), "Edison" (7,0%) "A2A" (6,0%), “EPH” (acronimo della compagnia ceca Energetický a průmyslový holding) (5,3%), “Iren” (3,6%), “Engie” (2,6%), “SORGENIA” (2,4%) ed inoltre ERG, Alperia, Axpo Group, SARAS e qualche altro minore. Altra precisazione: con queste produzioni non si soddisfa però il fabbisogno. La produzione interna è pari a circa l’88% del totale richiesto. Un altro 12% viene importato da Francia, Austria, Svizzera….Di più, tecnicamente, non è possibile in tempi brevi.
I produttori di energia vengono pagati per l'energia che producono, e immettono nella rete, in due modi diversi: tramite contratti bilaterali, stipulati tra produttore e fornitore, o tramite la borsa elettrica. L'organizzazione della borsa elettrica, attivata nel 2004, è simile a un'asta, nella quale produttori e operatori presentano offerte di vendita e acquisto. Per questo motivo il prezzo dell'energia al cliente finale riflette e segue l'andamento del prezzo di riferimento della borsa: e quest’ultimo dipende fortemente dal prezzo richiesto da quel produttore che ha il vantaggio di essere al confine tra servizio regolare e black out anche parziale. Senza di lui infatti le quantità di energia richieste non potrebbero essere soddisfatte: qualcosa andrebbe spento. Questo produttore ha un vantaggio immenso.
Fin qui, di politico, c’è solo la decisione di aver privatizzato – e come averlo fatto - un servizio pubblico. Una decisione che io ho sempre definito folle: tutto il resto è conseguenza inevitabile. Anche un forte profitto di tutti coloro che vendono energia al prezzo di mercato potendola produrre a prezzo più basso. Nella situazione attuale, chi fa produzione green – con costi non soggetti alle speculazioni in atto – e vende al prezzo definito dalla speculazione, ha un extraprofitto considerevole.
Se la produzione fosse stata nelle mani di un unico Ente, questo avrebbe potuto vendere l’energia tenendo presente che i costi di approvvigionamento delle fonti primarie oggi nel mirino potevano essere mediati con i costi provenienti da energia prodotta con altre fonti, magari quelle green. Non solo: si sarebbe potuto sgravare la tariffa all’utente finale, accollando una parte del costo alle casse dello Stato. I fondi per i “ristori” di cui oggi si parla, si sarebbero utilizzati molto meglio di qualsiasi altra metodologia. La conoscenza del tipo di clientela, la sua propensione al consumo, la possibilità concreta, per loro, di ridurre o meno i consumi stessi, avrebbero potuto assegnare il beneficio del “ristoro” con la maggiore “giustizia” sociale. Come? Le soluzioni sono tantissime.
Se questo Ente fosse rimasto pubblico, la cosa sarebbe stata di una semplicità assoluta. Non è così oggi. Ed a chi oppone che questo mia considerazione è un vagheggiamento, ricordo i tanti anni nei quali, operando sulle tariffe, l’Enel ha fatto da deflatore in una situazione difficilissima per le casse dello Stato. Tamponando persino le "autoriduzioni" della bolletta. Fino ad arrivare al rischio di non pagare le tredicesime ai dipendenti.
Già: ma allora la politica economica esisteva.

https://www.facebook.com/giuseppe.augieri