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sabato 11 maggio 2024
Idol Rock - Inghilterra
mercoledì 13 dicembre 2023
Le misteriose rocce della Fortezza di Sacsayhuamán - Egitto Misterioso
giovedì 25 maggio 2023
Grotte di Ellora. India.
Ellora è un sito del patrimonio mondiale dell'UNESCO situato nel distretto di Aurangabad nel Maharashtra, in India. È uno dei più grandi complessi di grotte di templi indù scavati nella roccia al mondo, con opere d'arte risalenti al periodo 600-1000 d.C.
martedì 9 maggio 2023
GLI ANTICHI PERUVIANI SAPEVANO AMMORBIDIRE LA ROCCIA? IL MISTERO DI SACSAYHUAMÁN. -
Nella sierra sud del Perù, a più di 3400 metri di altitudine, si trova Cuzco, l’antica capitale dell’Impero Inca.
Qui è possibile osservare una delle realizzazioni architettoniche più sconcertanti dell’archeologia sudamericana: la Calle Hatun Rumiyuq, la strada che va dalla piazza de Armas fino al Barrio de San Blas.
La via è costeggiata da un’incredibile muraglia in pietra realizzata a secco, utilizzando una serie di massi accuratamente tagliati per combaciare perfettamente uno accanto all’altro. I massi corrispondono così perfettamente che nella fessura tra l’uno e l’altro non è possibile inserire nemmeno uno spillo.
Nel muro è incastonata una pietra che più di tutte ha attirato da sempre l’attenzione dei ricercatori e dei turisti: è la famosa “pietra dei dodici angoli” (immagine in apertura), un masso di notevoli dimensioni perfettamente scolpito per combaciare con le pietre che lo circondano. La precisione dell’assemblaggio è davvero sconcertante.
Le terrazze di Sacsayhuamán.
A circa 2 chilometri a nord di Cuzco, ad un’altitudine di 3700 metri, si trova Sacsayhuamán, un complesso fortificato realizzato in pietra che estende su un’area di 3 mila ettari.
Anche qui la tecnica di assemblaggio delle strutture in pietra mostra una precisione che non ha paragoni in America. Alcune delle rocce utilizzate dagli antichi costruttori raggiunge le 150 tonnellate, un peso che avremmo difficoltà a spostare anche con le moderne attrezzature a nostra disposizione.
La precisione con la quale i blocchi sono stati posizionati, combinata con gli angoli arrotondati di alcuni di essi, la varietà delle forme ad incastro e il modo in cui i muri sporgono verso l’interno, ha sconcertato gli scienziati per decenni.
Come hanno fatto gli Inca a realizzare opere così precise avendo a disposizione solo utensili in pietra?
Ad oggi, il metodo utilizzato dagli Inca per abbinare con precisione maniacale le incisioni tra i blocchi di pietra è ancora sconosciuto, soprattutto perchè nessun attrezzo è stato rinvenuto in prossimità del sito.
La spiegazione “ufficiale” è che gli Inca siano riusciti in qualche modo ad indovinare la forma da dare ai blocchi utilizzando semplici strumenti di pietra. Praticamente, posizionavano la pietra sul posto, osservavano la forma di quelle adiacenti e la mettevano giù per realizzarne la forma.
Poi la innalzavano nuovamente e se non corrispondeva ripetevano l’operazione fino a quando i blocchi non combaciavano perfettamente. Tutto questo sarebbe stato eseguito con massi che raggiungevano le 100 tonnellate. Ma è possibile immaginare una procedura tanto complessa e faticosa?
Considerando l’assoluta precisione dei tagli, che sarebbe stata ottenuta utilizzando utensili in pietra, e il reiterato innalzamento dei mastodontici blocchi senza l’utilizzo di gru meccaniche, l’intero processo appare straordinariamente improbabile.
Nei libri di storia si legge che Sacsayhuamán all’epoca dei conquistadores era occupata dagli Inca e che i lavori della sua costruzione siano stati completati nel 1508. Ma Garcilaso de la Vega, uno scrittore peruviano nato nel 1539 a Cuzco, affermava di non avere idea su come fossero state realizzate le strutture di Sacsayhuamán.
Inoltre, quando i conquistadores spagnoli arrivarono in Perù, appresero dagli stessi Inca che le strutture megalitiche erano lì da molto tempo prima di loro, costruite da un popolo diverso.
Se i costruttori erano più antichi degli Inca, vorrebbe dire che è esistita una civiltà molto più avanzata di cui non sappiamo quasi nulla, tranne che avrebbe avuto la possibilità di creare una fortezza come quella di Sacsayhuamán.
Teoria alternativa.
Di recente, un’interessante teoria è stata avanzata per tentare di spiegare la straordinaria modellazione dei blocchi di pietra e che affonda le radici in una leggenda riportata dai primi esploratori arrivati in zona, come Hiram Bingham e il leggendario Parcy Fawett.
La leggenda afferma che gli antichi fossero in possesso di un particolare liquido ottenuto dalle piante, capace di rendere la pietra morbida e facile da modellare. Più tardi, nel 1983, Jorge A. Lira, un sacerdote cattolico, affermò di aver riprodotto la tecnica per ammorbidire la roccia, ma di non essere in grado di rendere le pietre di nuovo solide.
Altri hanno addirittura ipotizzato che i costruttori di Sacsayhuamán fossero in grado di fondere la roccia fino a darle la forma voluta, ma per ottenere un tale effetto sarebbero state necessarie temperature elevatissime.
Tuttavia, mentre le teorie rimangono speculative, si può essere abbastanza sicuri che martelli di pietra e ripetuti sollevamenti non possano garantire la precisione e la forza necessaria per realizzare una struttura come Sacsayhuamán.
Monumenti enigmatici come questi ci invitano a conoscere meglio il nostro passato, così da renderci conto di quanto possano essere stati avanzati i nostri antenati.
lunedì 24 aprile 2023
Come fanno le Rocce Trovant a vivere, crescere e riprodursi. - Andrea Centini
Distribuite in una decina di diversi siti in Romania, le Trovant sono particolari rocce in grado di accrescersi e moltiplicarsi. Ecco come fanno.
In Romania esistono pietre che vengono definite “viventi”, poiché sono in grado di accrescersi e persino di “riprodursi”. Naturalmente non si tratta di eventi biologici, ma sono processi di natura squisitamente inorganica legati alla peculiare composizione chimico-fisica delle rocce, che le ha rese una vera e propria attrazione turistica. Le Trovants, questo il loro nome, sono concentrate in una decina di siti rumeni, ma il più spettacolare è indubbiamente il Muzeul Trovantilor patrocinato dall'UNESCO, un museo a cielo aperto ove è possibile ammirarle in una grande varietà di forme e dimensioni. È sito a poche decine di chilometri da Ramnicu Valcea, capoluogo dell'omonimo distretto nella storica regione dell'Oltenia.
Ma come fanno queste rocce a crescere in dimensioni e addirittura a moltiplicarsi? Dalle analisi condotte dai ricercatori è emerso che la “pasta di sabbia” di cui sono composte è ricca di sali minerali, carbonati e acqua dura, cioè calcarea, una sorta di cemento che a contatto con l'acqua piovana produce una variazione di pressione e la conseguente crescita. Quando si staccano dei frammenti dalle rocce di dimensioni maggiori, anch'essi sono esposti allo stesso principio, suggerendo la bizzarra interpretazione della “riproduzione”.
Benché l'accrescimento sia stato confermato da evidenze scientifiche – al loro interno si possono vedere anelli simili a quelli dei tronchi degli alberi -, esso diventa visibile solo in tempi geologici relativamente brevi, ma impossibili da apprezzare da un uomo. Basti pensare che sono necessari oltre mille anni per osservare un aumento di 5/6 centimetri di dimensioni. Nel corso di centinaia di migliaia di anni, quando non milioni, il processo ha trasformato piccoli sassolini in giganti che vanno dai 6 ai 10 metri, le “sculture naturali” più imponenti visibili al Muzeul Trovantilor.
Foto scaricata da: https://www.shutterstock.com/it/search/trovants
https://scienze.fanpage.it/come-fanno-le-rocce-trovant-a-vivere-crescere-e-riprodursi/
lunedì 13 febbraio 2023
IL SEGRETO DELLE MURA IMPOSSIBILI.
venerdì 16 settembre 2022
Marte, il rover Perseverance trova rocce con molecole organiche.
Particolare del suolo del cratere Jezero, con l'ombra del rover Perseverance (fonte:NASA/JPL-Caltech) |
Contengono carbonio, idrogeno e ossigeno, le rocce marziane ricche di molecole organiche trovate dal rover Perseverance.
Sono quattro e fanno parte delle 12 raccolte dal rover della Nasa nell'ultimo anno e destinate a essere portate a Terra dal futuro programma Mars Sample Return (Msr), di Nasa e Agenzia Spaziale Europea (Esa). "Adesso sappiamo che il rover si trova nel posto giusto", ha detto l'amministratore per la Scienza della Nasa Thomas Zurbuchen, nella conferenza stampa organizzata dall'agenzia spaziale americana e trasmessa online in diretta.
Il sospetto forte è che possano essere le spie di forme di vita esistite in passato su Marte, ma al momento non ci sono elementi per poter affermare questo perché molecole del genere possono essere anche il risultato di processi chimici che non implicano la vita. Non si tratta comunque delle prime molecole organiche scoperte sul pianeta rosso: già nel 2012 e poi nel 2018 e nel 2021 un altro rover della Nasa, Curiosity, aveva scoperto sul suono marziano molecole che contenevano elementi "comunemente associati alla vita", "ma che possono essere associate anche a processi non biologici", come dissero allora i responsabili della missione.
Di sicuro le ultime quattro rocce collezionate da Perseverance a partire dallo scorso 7 luglio sono sedimentarie, diverse da quelle ignee che da circa un anno fa ha cominciato a raccogliere in un altro punto del cratere Jezero. Questo è uno dei luoghi di Marte più suggestivi per la ricerca della vita passata perché circa tre miliardi e mezzo di anni fa ospitava un grande lago nel quale confluiva un fiume. Qui Perseverance era arrivato nel febbraio 2021. La prima roccia a essere stata raccolta dal rover si chiama, Rochette, e come le altre sette raccolte in seguito è di tipo igneo, ossia è stata prodotta in seguito alla cristallizzazione del magma.
Le ultime quattro, raccolte nella zona del delta dell'antico fiume, fanno invece parte della seconda parte della campagna di raccolta dei campioni e contengono molecole organiche. Non si tratta di molecole biologiche, hanno precisato gli esperti del Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa, responsabili dell'attività del rover. Le rocce comprendono soprattutto carbonio, idrogeno e ossigeno, ma anche azoto, fosforo e zolfo: molecole del genere possono essere prodotte da processi chimici che non implicano la presenza di vita.
Ad analizzarle è stato lo strumento Sherloc, equipaggiato con la telecamera Watson e del gruppo di ricerca incaricato di studiare i dati ci sono italiani che lavorano per l'Osservatorio di Arcetri dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf). Quasi sicuramente la risposta sulla natura di queste molecole si potrà avere solo quando le rocce arriveranno a Terra grazie alla staffetta di missioni Msr, che secondo Lori Glaze, direttore della divisione di Scienze planetarie della Nasa, potrebbe partire fra il 2027 e il 2028, mentre i primi campioni potrebbero arrivare sul nostro pianeta nel 2033. Nel frattempo, ha detto Glaze, bisognerà risolvere non pochi problemi, compreso quello di trovare un sito sicuro in cui far atterrare i veicoli del programma Msr.